venerdì 19 aprile 2024

Secondigliano, 4 aprile 1943: bombe sulla Piedimonte…!

Questo racconto è stato liberamente scritto prendendo spunto dai ricordi narrati da alcuni anziani del quartiere e dalle rarissime e scarne testimonianze riportate in alcuni libri di storia cittadina. Alcune scene sono state ricostruite con un po’ di immaginazione, anche se pensiamo che non diversamente dovettero svolgersi gli eventi di quel giorno.

Di questo eccidio di Secondigliano oggi si è persa completamente la memoria.

L'episodio nella Stazione di Secondigliano è stato raccontato anche nel libro "Campania 1943 Napoli. Le incursioni, le Quattro Giornate, la Liberazione", di Simon Popock, vol. II, parte III,  ed. Three Mice Books (pagg. 177-179); nel quale, assieme alle incertezze della ricostruzione storica, che purtroppo persistono, si riportano anche le testimonianze di alcuni sopravvissuti, oltre le fonti scritte dell'epoca.

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In memoria di quei viaggiatori che persero la vita nella stazione di Secondigliano.

 

"Trascorrevano tranquille le ore in quella tiepida domenica napoletana, del 4 aprile del 1943. Sembrava un qualsiasi giorno settimanale, quel pomeriggio di inizio primavera; d’altra parte si era nel pieno conflitto della seconda guerra mondiale ed era difficile distinguere un giorno qualsiasi dalla domenica... La natura continuava, come ogni anno, imperterrita, a fare il suo corso, manifestando l’incomparabile bellezza, attraverso i suoi colori e profumi, quasi a voler ignorare o forse contrastare, quelle brutali alterazioni al paesaggio, compiute da quei “piccoli uomini”, che si mostravano come impazziti dalle loro ideologie, come imbestialiti dai comizi e dalle adunate patriottiche, pervasi solo dalla bramosia del potere e dal desiderio di distruzione…!Secondigliano viveva, in quell’epoca, come in tanti piccoli centri d’Italia, un’atmosfera alquanto surreale, potremmo dire quasi mistica; come se fosse ovattata di un mistero indefinito, ma pur presente... Regnavano in quel tempo nell’animo delle persone i sentimenti più disparati: dalla paura, alla rassegnazione, dal rancore, alla speranza… La gente avvertiva sempre di più la paura: la paura di perdere per un non nulla la propria vita, la paura di perdere i propri cari. I bombardamenti degli Anglo-americani si facevano sempre più frequenti e distruttivi e non facevano più distinzione tra zona alta o zona bassa, tra chiese, ospedali e navi. Si viveva nel terrore di dover scappare da un momento all’altro, al sopraggiungere del sibilo di una sirena della contraerea, che preannunciava l’inizio dell’”apocalisse”…!

 Stazione di Secondigliano, jeep americana riadattata per la ferrovia, 1972
Elvira era una bambina di appena di otto anni e abitava a Secondigliano, in un bel palazzo d’epoca, che si affacciava sul corso principale. Da questo palazzo si godeva la vista di una magnifico panorama collinare, composto dalla sconfinata macchia di verde del Bosco di Capodimonte. Più vicino, si poteva ammirare il lussureggiante e selvaggio Vallone San Rocco e, ancor prima, la piccola e graziosa stazione delle ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife, con i suoi giardini e le aiuole fiorite. Dalla sua finestra, Elvira poteva osservare ogni angolo del piazzale della stazione, finanche le banchine e i binari e poteva scrutare, appagando la sua ingenua curiosità di fanciulla, il passaggio di quei convogli color panna e amarena, sempre stracarichi di passeggeri.
Quella domenica la bimba era presa a giocare con la sua bambola di stoffa e ogni tanto dava una mano alla mamma a preparare il pranzo domenicale. Il menù di quel giorno, alquanto succulento per lei, consisteva in un unico primo piatto a base di gnocchi al ragù, inutile dirlo, senza carne e con la solita razione di pane raffermo, pari a 150 grammi procapite: quanto cioè stabiliva la tessera annonaria. Certo erano momenti di ristrettezza quelli, ma la sua era pur sempre una famiglia agiata e le privazioni della guerra non si facevano ancora avvertire a tavola... Preparare gli gnocchi in quella famiglia non era infatti un evento tanto eccezionale…, anche perché le patate al mercato nero si trovavano con più facilità della farina e di altri alimenti più ricercati.

Numerose erano le campagne sparse nelle vicine contrade di Miano, Piscinola e Chiaiano, che offrivano buone occasioni per trovare ortaggi, cereali e legumi a buon prezzo: perché questi venivano comprati direttamente dai contadini, dei quali si conoscevano finanche i nomignoli.
Erano da poco passate le due del pomeriggio, di quella strana domenica primaverile, quando, senza neppure udire il suono della sirena, gli aerei americani (le famose “Fortezze Volanti”), iniziavano a rombare, solcando carichi di bombe l’azzurro e indifeso cielo di Napoli. Fu una ecatombe! Gli aerei iniziavano a lanciare, da diverse miglia di altezza, centinaia di bombe, seminando distruzione e morte ovunque! Dal porto, alla stazione, dal centro di Napoli all’aeroporto di Capodichino, i piloti puntavano a colpire obiettivi militari Italo-tedeschi ritenuti strategici. Purtroppo e inevitabilmente venivano colpite e distrutte anche tantissime abitazioni e poi anche chiese ed ospedali. Moltissimi furono in quel giorno i morti e i feriti. Una vera carneficina...!
Stazione di Secondigliano, anno 1972
Dalla finestra della cucina Elvira diventava, suo malgrado, la spettatrice inconsapevole di una scena raccapricciante. Una bomba centrava in pieno un vagone del treno della ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife, che era in sosta nella stazione di Secondigliano, mietendo una decina di vite e facendo moltissimi feriti tra i viaggiatori e il personale di servizio. Il treno aveva un carico considerevole di passeggeri. Proveniva da Piazza Carlo III e proseguiva verso i paesini della provincia di Napoli e di Caserta. Si componeva di una elettromotrice e di due vetture rimorchiate. Molti viaggiatori ritornavano dalla città dopo aver visitato i propri parenti, oppure recuperato qualche indumento o oggetto personale, lasciato nel loro appartamento abbandonato. Diversi erano stati, infatti, i napoletani che, a causa della guerra e dei continui bombardamenti americani, avevano preferito “sfollare” nelle campagne napoletane periferiche oppure nei tanti paesini disseminati nella piana casertana, fino alla cittadina di Piedimonte d’Alife. Paesi nei quali trovavano un tetto a buon prezzo e, soprattutto, un po’ di pace in quel inferno che tutti chiamavano semplicemente ‘a guerra!
La città di Napoli aveva molti presidi militari italo-tedeschi, tante postazioni antiaerei disseminate ovunque e poi tantissimi obiettivi sensibili: le raffinerie, le centrali elettriche, il porto, l’aeroporto, i depositi, gli arsenali, tutti obiettivi che gli anglo-americani continuavano a prendere di mira e a bombardare.
 Elettromotrice in fase di ricostruzione, forse mai completata, foto 1972
Dal suo appartamento, poco distante dalla stazione, la vista del treno lì fermo era nitida, senza alcun ostacolo che le impedisse la visuale; Elvira fu, quindi, spettatrice di quel penoso evento, che le ha cambiato la vita. Dopo un gran boato, una nuvola di polvere e di fumo avvolgeva il misero campo di battaglia. I vetri delle finestre e dei balconi dei palazzi, che si affacciavano alla stazione, si riducevano in mille frantumi, a causa dell’imponente spostamento d’aria. Intonachi e pezzi di cornicioni venivano distaccati e ridotti al suolo in mille frantumi. Si udivano grida di disperazione e di dolore che si levavano da quella gelida stazione. I morti accertati furono più di dieci.
I corpi di questi sfortunati restavano al suolo oppure sul treno, con le braccia penzoloni dai finestrini, immobili, orami senza più vita; altri gemevano o piangevano, tra rivoli di sangue e con vistose ferite alla testa e al corpo. I pianti ed i lamenti che si levavano erano assordanti…, non per l’intensità del suono, ma per la brutalità della scena da cui provenivano…, tantissimi erano i feriti, che levavano le braccia in alto, per chiedere aiuto, molti si trascinavano, strisciando, tra pietre traversine e rotaie, cercando scampo nell’edificio di stazione, anche perché temevano altre possibili incursioni degli aerei. Moltissimi trovarono rifugio sotto il pianale del treno della Piedimonte e furono salvi! Quanti bambini, ragazzi, donne e anziani non erano più vivi…! Quanti di questi sfortunati quella sera non abbracciarono i loro cari! Erano partiti la mattina, per una semplice commessa e non sapevano che quel fugace saluto, dato partendo da casa, era stato proprio l’ultimo di una vita così breve e grame…! Pochi chilometri più a nord, a San Pietro a Patierno, avvenne una scena di morte simile, vissuta in quello stesso infernale pomeriggio domenicale del 4 aprile 1943. Quasi contemporaneamente all’episodio di Secondigliano, alcuni aerei Anglo-americani, di ritorno dalle missioni di guerra, prendevano sotto tiro i convogli di un tram delle Tranvie Provinciale di Napoli. Morivano molti passeggeri e altri rimanevano al suolo gravemente feriti.
Un altro aereo Anglo-americano centrò la contraerea tedesca sulla calata Capodichino causando, altri morti tra i civili.
In quel giorno anche l’ospedale dei Pellegrini subì ingenti danni, con morti e feriti.
Durante questi sanguinosi episodi un pompiere napoletano, in forza al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli, si distingueva per il suo eroismo, mostrando il più puro altruismo e l’abnegazione al dovere, riusciva a trasportare molti di questi feriti al centro di Napoli, attrezzando alla buona un convoglio del treno delle “Ferrovie Secondarie” (un tram delle Tramvie Provinciali o forse proprio un treno della ferrovia Napoli-Piedimonte) e conducendolo fino allo stazionamento di Napoli, dove i feriti potevano essere rapidamente soccorsi presso un ospedale cittadino. Tante persone devono la loro vita a questo eroe, che si chiamava brigadiere Sarno.
Elvira oggi è una simpatica signora settantottenne, che vive ancora in questo antico e popoloso borgo di Napoli; ride e scherza Elvira, come tutte le signore napoletane della sua età; però, quando ricorda e racconta quel triste episodio vissuto quando era piccola, la sua voce di fa subito rauca e tremula, gli occhi luccicano affioranti lacrime e ritorna indietro con il pensiero: a quella bambina, terrorizzata e stupita, nascosta dietro ai vetri di una finestra di cucina, che aveva conosciuto troppo presto il significato del “male”, durante un assolato e triste pomeriggio di primavera di settanta(1) anni fa…!"
(1) Il racconto è stato scritto nell'anno 2013.

Secondo alcune testimonianze raccolte, l'elettromotrice coinvolta nel bombardamento di Secondigliano fu pesantemente danneggiata e non più rimessa in circolazione. Questa dovrebbe essere stata contraddistinta con la denominazione "E4". Sappiamo che le elettromotrici costruite per la ferrovia "Napoli Piedimonte d'Alife" furono nove, mentre quelle conosciute circolanti fino alla soppressione della ferrovia sono state otto, mancante appunto della numero "4". In tutta la raccolta fotografica rinvenuta fino ad oggi, questa vettura. la "E4", non appare mai in circolazione, mentre nella raccolta fotografica di Rohrer è riportata una foto, dell'anno 1972, che ritrae una elettromotrice in fase di ricostruzione, con cassa atipica, che presenta su di un lato una finestra ovale, quindi mai vista in circolazione...

Stazione di Secondigliano oggi
 
Oggi, a distanza di 81 anni da quell'episodio cruento, sarebbe opportuno eseguire un approfondimento storico documentale e ricordare, magari con una lapide, questi nostri sfortunati concittadini, che hanno perso ingiustamente la propria vita in un momento travagliato della storia della Nazione.
Salvatore Fioretto
 
I nomi dei personaggi inseriti in questo racconto sono di fantasia. Qualsiasi riferimento a persone, dell’epoca o anche recenti, è puramente causale.
Il testo è stato integralmente tratto dal libro: "C'era una volta la Piedimonte" di S. Fioretto, ed. Atena net, anno 2014 e come tale è soggetto al diritto d'autore.

 

venerdì 12 aprile 2024

"Piscinola, la terra della musica", ecco Antonio Sarnacchiaro... di G. Sarnacchiaro

"Piscinola è la Terra della Musica...!" Abbiamo sempre più motivi per sostenere che questo non è un semplice slogan scelto a caso, ma è una definizione acclarata, nella quale si concentrano tantissimi ricordi e molte testimonianze riguardanti le storie e le biografie di tanti personaggi: di direttori di musica, di musicisti, di compositori, di cantanti, e di cantautori... Infatti questa pagina divulgativa di "Piscinolablog" ha raccolto in questi anni tante testimonianze di storie, di eventi e di aneddoti a tal riguardo; alcuni di questi artisti, purtroppo, sono stati letteralmente dimenticati nel tempo e altri non sufficientemente divulgati.
Siamo convinti che la fonte di questa dedizione per la musica scaturisca da un retaggio culturale ereditato dalle generazioni precedenti, che hanno trasmesso alle nuove leve questa passione, tanto da favorirne il pullulare di maestri e di cantanti, nati o vissuti in questo piccolo borgo di periferia a settentrione della città di Napoli. Sicuramente avrà contribuito tantissimo la tradizione contadina con i suoi canti 'a figliola, 'a fronna, le tammurriate e le nenie e, ancor di più e certamente, la passione per la musica di insieme, come quella bandistica, che qui grande successo e molta attenzione ebbe nei decenni passati! 
Siamo quindi convinti che sono stati questi retaggi trasmessi dagli antichi piscinolesi, che si sono poi contaminati con altri generi musicali, come il Bughi bughi e  il Blues introdotti da parte dei soldati angloamericani, durante l'occupazione di liberazione nell'ultimo conflitto bellico, che hanno dato seguito a tutto questo attecchimento e a questa dedizione per la musica tra le generazione degli anni del dopoguerra, passando per il "boom economico", fino ai nostri tempi. Infatti tanti sono stati i complessi musicali e i singoli artisti che hanno saputo raccogliere il testimone ereditato dagli antichi, di coltivare l'arte della musica e del bel canto,  adattando la tradizione musicale e sperimentando nuovi generi e ritmi musicali, come il Rock & Roll.
Quella che si racconterà in questo post è la storia di un'altro cantautore piscinolese, il quale, oltre ad affermarsi nel panorama musicale cittadino, ha saputo varcare anche i confini regionali e farsi apprezzare nel mondo dello spettacolo, partecipando ai festivals canori e ai programmi televisivi; parliamo del cantautore Antonio Sarnacchiaro, noto anche con il suo pseudonimo d'arte di "Tony Sarno".
Svolgendo le nostre ricerche, siamo riusciti a conoscere la sua storia e quindi a contattare il suo caro fratello, Gaspare, il quale
ci ha generosamente scritto una biografia del maestro, che pubblichiamo, oggi, integralmente.
Ecco la storia di Antonio Sarnacchiaro, purtroppo ha un epilogo un po' triste.

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"Antonio Sarnacchiaro nacque a Piscinola il 12 gennaio 1947, da Sarnacchiaro Eugenio e Musella Angela. Mentre la mamma era casalinga, il suo papà lavorava di mattina come impiegato presso il ministero della difesa, dopo lavoro andava a dare un aiuto ai fratelli nel loro locale situato in piazza Bernardino Tafuri a Piscinola, noto come la cantina dei fratelli Sarnacchiaro.
Antonio fin dall'infanzia, essendo il primo di quattro figli, (Maria, Flora e Gaspare) ebbe una responsabilità che lo avvicinò ancor di più ai suoi genitori e lo dotò di un senso precoce di dovere e protezione verso i suoi fratelli. Crescendo in una famiglia che valorizzava l'unione e il sostegno reciproco imparò presto l'importanza dei legami familiari e comunitari.
Antonio per il suo carattere un po' troppo vivace fu mandato dai genitori nel collegio dei frati teatini, vicino Morlupo (Roma) con il cugino Gaspare Musella. Grazie all'insegnamento dei frati e la ferrea vita religiosa all'interno del collegio, ebbe un radicale cambiamento, però finite le scuole medie decise di non seguire più la vita monastica e andò via dal collegio.
Dai frati fu notato per le sue doti canore e fu inserito nel coro come solista e da lì nacque il suo amore per il canto. Proseguì gli studi fino alla laurea in economia e commercio presso l'ateneo Federico II di Napoli. Crebbe in quegli anni la passione smisurata per il suo idolo: "Elvis PRESLEY "di cui la voce era molto simile. Conosceva a memoria tutte le sue canzoni e le cantava in un inglese perfetto, infatti peculiare è un episodio che era solito raccontare, di una sua esibizione in un locale di Napoli frequentato da soldati americani, che si congratularono con lui credendolo Elvis, visto il suo perfetto accento, americano.
Fece diversi passaggi in tv private dell’epoca, e diverse incisioni tutte sempre seguendo lo stile e la musicalità di Presley (rock e blues).  
In seguito fu notato dall’ingegnere GUZZO, che aveva la distribuzione alla FONIT cetra. Questi lo fece presentare nel 1981 al festival di Napoli, diviso in tre serate dall' 8 al  10 maggio, trasmesso anche in televisione.
Antonio presentò il brano in napoletano intitolato: "E CE 'A STA'" scritto e musicato da Sarnacchiaro, Liberato, Barassi, Sica. Il festival fu presentato da Franco Solfiti, coadiuvato da Maria Laura Soldano e l'orchestra era diretta dal maestro Gianni Aterrano e trasmesso a colori dal teatro Metropolitan da "Rai 3". Il coro era quello dei "2 più 2" di Nora Orlandi e ospiti famosi furono: Gino Bramieri, Gianfranco D'angelo, Ugo Pagliai, Paola Gasmann, Franco Rosi, Ida Di Benedetto, Lina Sastri, Lilli Carati, Franco Franchi, I sergenti a sonagli, e infine Ambra e Nando Orfei.
Poco dopo la partecipazione al festival Antonio incise anche un LP cantando sulle basi di canzoni di Presley. Questo album rappresentava una produzione molto particolare e all'avanguardia in quanto non si trattava di semplici cover, ma di basi di Presley riarrangiate con testi in lingua napoletana (cosa molto rara per l'epoca), scritti da Antonio e Renato Rutigliano.
Antonio quindi si stava pian piano affermando come nascente talento musicale, tanto che iniziò a ricevere svariate proposte per partecipare a tournée in giro per l'Italia.
Dopo aver vinto un concorso in Pretura come cancelliere però scelse il sicuro al probabile, mettendo da parte la carriera artistica.
Nonostante ciò, continuò a nutrire la passione per il canto, in particolare per Presley, di cui era riuscito a reperire dischi introvabili in Italia come quelli della casa discografica americana "CAMDEM".
La sua passione ed il suo talento furono molto apprezzate anche dai colleghi, i quali lo invitarono occasionalmente alle feste in locali, organizzate da giudici della pretura di Napoli.
Inoltre incise diversi C.D. in studi di registrazione di suoi amici avvocati, dischi che conservo gelosamente fra i miei ricordi più cari. Dopo aver tracciato il sentiero per i suoi fratelli minori, Antonio proseguì il suo viaggio nella vita con gioia e determinazione.
Nel corso degli anni, si avvicinò a un nuovo capitolo emozionante: il matrimonio e la paternità dalla quale ebbe due splendidi figli, Laura ed Eugenio, che rappresentavano la ragione della sua vita, amati più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Antonio inoltre non era solo un padre amorevole, ma anche uno zio eccezionale. Tra i suoi nipoti c’è anche Nicola Nardella, attuale presidente della Municipalità Piscinola, Marianella, Chiaiano, Scampia.
Ma purtroppo questa storia non ha un lieto fine, in quanto il triste mattino del 3 febbraio 2010, mentre attraversava le strisce pedonali facendo il solito tragitto per andare al lavoro, Antonio fu travolto da un’auto che viaggiava a
folle velocità."

Gaspare Sarnacchiaro

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Ecco alcune sue incisioni:

1) Ce 'a sta'

2) Ma che guaje ch'amme passato

3) 'O miezz blues

4) M'abboffo 'e sciù

5) Freve

 

Quando abbiamo letto questa storia ci siamo commossi, perché, oltre ad aver scoperto un altro artista di questa terra, forse ingiustamente e molto presto dimenticato, abbiamo conosciuto la sua breve ma intensa vita artistica e siamo rammaricati per la sua ingenerosa e triste fine. Abbiamo chiesto di avere notizie più approfondite su questo artista di Piscinola, e trascriverle nella nostra pagina culturale, al fine di farlo conoscere soprattutto ai giovani lettori ma anche ai veterani, che forse non hanno ancora conosciuto Antonio.
La sua storia inserita in questo blog rimarrà, da oggi in avanti, un indelebile ricordo nella bella storia di Piscinola!
Ringraziamo calorosamente il caro fratello di Antonio, Gaspare, che ha scritto per noi questo bel ricordo; ringraziamo anche il dott. Giuseppe Lanzuise, per averci aiutato a conoscere questa storia. 

Grazie! Viva la musica di Piscinola!

S.F.


venerdì 5 aprile 2024

I sistemi di segnalamento della ferrovia Napoli Piedimonte... dell'anno 1914 (terza parte)

 "Compagnie des Chemins de fer du Midi de Italie

Società Anonima Capitale Fs. 5000 - Sede Sociale Parigi

Regolamento Pei Segnali

Napoli - 1914"

(Terza Parte)

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PARAGRAFO 2° - PALI INDICATORI.
 
Art. 35 - Disposizioni e significato.
1. Le stazioni non protette da dischi girevoli e le fermate sono munite di pali indicatori collocati a 100 metri almeno dai deviatori d'ingresso; pali che portano un dischetto verde disposto in senso normale al binario ed un fanale da accendersi nelle ore notturne, che proietta luce verde verso i treni in arrivo.
2. I pali indicatori servono a richiamare l'attenzione del guidatore all'avvicinarsi delle stazioni e fermate nelle quali i treni percorrono ordinariamente unica via nelle due direzioni.
3. Se i pali indicatori presentano il dischetto o la luce verde indicano che la via è libera; ma che il guidatore deve ridurre la velocità del treno in modo da poterlo arrestare alla prossima stazione o fermata, se ciò è prescritto dall'orario o da segnali esposti dal treno stesso o dalla stazione o fermata.
4. Se sui pali indicatori trovasi esposta la bandiera rossa di giorno o un fanale a luce rossa di notte, essi indicano via impedita ed ordinano ai treni l'immediata fermata.
 
Art. 36 - Protezioni dei treni fermi ai pali indicatori.
1. E' dovere dei Capi-treno di provvedere alla sicurezza dei treni arrestati nel oro corso dai segnali esposti ai pali indicatori, facendo esporre segnali d'arresto a mano alla dovuta distanza al di dietro dei treni.

Art. 37 - Protezione delle stazioni e fermate munite di pali indicatori.
1. Fuori dell'ora del passaggio e sosta dei treni previsti di servizio, il binario di corsa delle stazioni e fermate munite di pali indicatori, è considerato come un tratto di binario in piena linea.
2. Ogni agente che per manovre o per motivi  di servizio, debba eccezionalmente ingombrare il binario di corsa delle stazioni e fermate munite di pali indicatori, fuori dell'ora del passaggio o della sosta dei treni, deve prima esporre i segnali di arresto sui pali indicatori di entrambi i lati della stazione o fermata.
3. Nelle stazioni e fermate munite di pali indicatori, quando per un motivo qualsiasi un treno prolunghi la fermata per tre minuti oltre il tempo stabilito dall'orario, il Capo-treno deve fare esporre il segnale di arresto sul palo indicatore dal lato della coda del treno.



Art. 38 - Mancanza di irregolarità dei segnali fissi.
1. La mancanza dei segnali fissi sui posti stabiliti, la posizione irregolare, imperfetta od incerta dei dischi, o di notte il fanale spento od invisibile dei dischi girevoli o dei pali indicatori, impongono al guidatore l'obbligo di arrestare il treno, salvo che egli abbia avuto in precedenza speciali comunicazioni e prescrizioni al riguardo. 
2. Appena fermato il treno, il Capo-treno dovrà assicurarsi della vera posizione dei segnali e nei casi dubbi manderà un agente alla vicina stazione o posto di manovra per avere istruzioni.
3. Quando il Capo-treno si sarà così accertato che la via è libera, darà al guidatore il segnale di riprendere la corsa.

IV. - Segnali per le manovre con automotrici o locomotive.

Art. 39 - Indicazioni convenzionali.
1. Per le locomotive e le automotrici elettriche, le quali possono indifferentemente marciare nei due sensi, viene stabilito convenzionalmente di indicare con i nomi delle stazioni estreme della linea il senso di movimento: così col comando "Napoli" si ordinerà un movimento nella direzione per avvicinarsi a Napoli, ossia nel senso dei treni pari, e col comando  "Piedimonte" si ordinerà un movimento nella direzione per allontanarsi da Napoli, ossia nel senso dei treni dispari.
2. Le stesse convenzioni sono estese alle eventuali manovre con locomotive a vapore.

Art. 40 - Segnali per le manovre.
1. Le manovre con automotrice o con locomotiva si comandano con i seguenti appositi segnali:
a) un movimento nel senso dei binari, verso Piedimonte, si comanda con l'agitare orizzontalmente l'involto della bandiera di giorno, e il fanale con la luce bianca di notte;
b) un movimento nel senso dei pari, verso Napoli, con l'agitare orizzontalmente la bandiera verde di giorno, ed il fanale con luce verde di notte;
c) La fermata si comanda con l'agitare dall'alto al basso la bandiera rossa di giorno, ed il fanale a luce rossa di notte.
2. Ognuno dei sopracennati segnali deve essere preceduto da un fischio di moderata lunghezza  dato con apposito fischietto a trillo dall'agente che comanda la manovra, per richiamare l'attenzione del guidatore.
3. Soltanto gli agenti incaricati di comandare e dirigere le manovre possono fare uso del fischietto a trillo.
4. Ad ogni segnale di manovra il guidatore che non potesse immediatamente ubbidire all'ordine ricevuto col segnale stesso; deve rispondere con un breve fischio della automotrice o locomotiva, ovvero con un tocco della campana a pedale, in segno di aver inteso.
5. Prima di eseguire qualsiasi movimento, il guidatore deve darne preavviso con un fischio della automotrice o locomotiva, o con due tocchi di campana a pedale, come agli articoli 5 e 7.

 
V. - Segnali sussidiarii.
 
1. Nel caso di nebbia o di forte bufera, di giorno e di notte, e quando i segnali a mano od i segnali fissi disposti a via impedita non siano visibili a 100 metri di distanza, per comandare ad un treno l'arresto immediato si farà uso di petardi o scatole fulminanti destinate a richiamare l'attenzione.
2. Si collocano almeno due petardi uno su ciascuna rotaia, il primo a 100 metri di distanza dal primo allontanandosi dal segnale.
3. Si adoperano ugualmente i petardi per indicare ai treni che un ostacolo si trova innanzi ad una distanza più o meno grande.
4. Il guidatore di un treno che incontra dei petardi deve immediatamente mettere in opera tutti i mezzi di cui dispone per arrestare il treno.
5. Dopo l'arresto, presi accordi col Capo-treno, avanzerà al passo e con precauzione per essere in grado di formare immediatamente se si presenta un ostacolo od un segnale che comandi l'arresto.
6. Se dopo il percorso di 1000 metri almeno, nulla si presenta di anormale sulla via, il guidatore può riprendere la corsa a velocità normale.
7. L'uso dei petardi non dispensa da quello dei prescritti segnali ordinarii.

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Con questa terza parte del post termina il documento che abbiamo trascritto; l'abbiamo fatto innanzitutto per fare cosa gradita agli appassionati ed ai ricercatori della storia di questa ferrovia napoletana, ma anche per destare un pizzico di curiosità nei lettori che seguono con attenzione questa pagina di "Piscinolablog". Ci rendiamo conto che gli argomenti riportati sono estremamente tecnici e forse anche un poco complicati (come si dice, "per addetti ai lavori"), ma siamo del parere che la sua pubblicazione e la sua conoscenza aiuterà a far capire a tutti che la "Napoli - Piedimonte d'Alife" era una ferrovia a tutti gli effetti, anche se di piccole dimensioni (infatti ai tempi della sua realizzazione veniva definita, come per le tante altre sparse in Italia, "Ferrovia economica"), perché a differenza delle tramvie, era dotata innanzitutto di una sede propria, e poi di tutti i sistemi, di tutte procedure e di tutte le regole previste, non inferiori alle ferrovie ordinarie, come quelle denominate "Ferrovie dello Stato", oltre ad essere dotata di stazioni presidiate, comunicanti tra loro e dotate di biglietterie. La ferrovia svolgeva anche un servizio di trasporto merci, di un servizio postale e, fino all'abolizione dei dazi, aveva anche di un presidio doganale.
Il regolamento che abbiamo trascritto è solo uno dei tanti esistenti e applicati; infatti c'era il regolamento della manutenzione e della sorveglianza della linea e degli scambi, il regolamento per la circolazione dei treni, ecc.
 
Salvatore Fioretto