

La nuova chiesa, edificata sulla preesistente ormai in stato di abbandono, fu completata nel 1585 per opera dei monaci fondati da San Romualdo, detti Camaldolesi, che vollero dedicarla al SS. Salvatore in ricordo della prima chiesa napoletana che li accolse, denominata S. Salvatore a Prospetto.
La collina prese il nome di Camaldoli dal luogo toscano ove san Romualdo aveva fondato l'ordine dei Camaldolesi. L'Eremo annesso, intanto, iniziò a ingrandirsi, anche grazie alle cospicue donazioni elargite dalla nobiltà napoletana. Con bolla del 23 novembre 1662, papa Alessandro VII elevò l'Eremo a Noviziato, che fu considerato il primo del Mezzogiorno. Nel maggio del 1771 papa Clemente XIV lo unì insieme ad altri tre conventi, realizzando la Costituzione Eremita Indipendente.

Nei primi anni del 2000, infine, a causa della drastica riduzione di vocazioni, erano rimasti in soli due monaci, il convento è stato affidato alle suore dell'ordine del SS. Salvatore di Santa Brigida.
La chiesa cinquecentesca, in stile tardo-rinascimentale, è attribuita al valente architetto Domenico Fontana. L'elegante torre campanaria e la sobria facciata mettono in evidenza la bellezza del portale barocco in piperno che sovrasta il portone d'ingresso. Una lapide marmorea riporta la dedica al maggior benefattore del tempio, che fu Giovanni d'Avalos, figlio del marchese del Vasto Alfonso, che riposa ai piedi dell'altare:
MARCHIONIS VASTI FILIO FUNDATORI
EREMITAE CAMALDVLENSES
EREMITAE CAMALDVLENSES
GRATI ANIMI ERGO P.P. MDLXXXV
La chiesa è a unica navata, priva del transetto, con sei cappelle su ogni lato con decorazioni e stucchi realizzati praticamente del periodo barocco.
L'altare maggiore, ricco di intarsi marmorei, è opera del poliedrico architetto e scultore bergamasco, cavalier Cosimo Fanzago, attivo in quel periodo in molte fabbriche barocche napoletane, come la Real Cappella del Tesoro di S. Gennaro.
Dietro all'altare maggiore si trova il coro ligneo dei monaci, realizzato in noce e radice di ulivo, nell'anno 1792 dall'ebanista Domenico Tarallo. Sui due lati sono presenti due tondi con il volto di Cristo e della Vergine Addolorata. Nella volta del coro è affrescata La visione di San Romualdo, dipinta da Francesco Amendola.

Nella maestosa pala d'altare dell'altare maggiore è rappresentato La Trasfigurazione di Cristo sul Tabor, di dubbia attribuzione, forse opera di Andrea da Salerno. Il dipinto è eseguito in campo d'oro e si ritiene che appartenesse all'antica chiesa di S. Salvatore a Prospetto. Sulle pareti laterali sono presenti quatto grandi tele a olio, raffigurati, rispettivamente: L'allegoria della morte, Il giudizio universale, La gloria del Paradiso e l'allegoria dell'inferno. Nel grande affresco del soffitto della navata è rappresentata, tra lunette, la Gloria di San Romualdo, opera del pittore Angelo Mozzillo.
Nelle lunette sono raffigurati: San Mauro, S. Silvestro Gozzolino, San Bernardo, S. Bernardo de Tolomei, S. Scolastica, S. Celestino V, S. Guglielmo da Vercelli, S. Giovanni Gualberto e San Benedetto. Tra i capolavori custoditi, ricordiamo L'ultima cena di Massimo Stanzione, La sacra Famiglia ai piedi della croce di Luca Giordano, Il miracolo di S. Bernardino di Giovanni B. Azzolino, La Natività di ignoto, La sacra Famiglia di Ippolito Borghese, l'Assunzione della Vergine di Cesare Fracanzano, L'immacolata Concezione di Luca Giordano, La deposizione di Fabrizio Santafede, La Vergine con il Bambino e i Santi di ignoto.
Molto bella risulta essere la Sala Capitolare, luogo monastico deputato alle letture dei testi sacri; nella maestosa volta è dipinto L'Apoteosi del patriarca San Benedetto, opera del pittore Schiani. La sacrestia si compone di stipiti in noce alti oltre tre metri e sono opera dell'ebanista Gian Domenico Amitrano.
Alle spalle della chiesa ci sono diversi ambienti: il locale denominato infermeria, il refettorio, la biblioteca, la farmacia (o spezieria) e l'ospizio (ossia la foresteria per gli ospiti). In questo ultimo luogo furono ricevuti, nell'anno 1896, dal cardinale Guglielmo Sanfelice, l'imperatore Guglielmo II di Germania e la consorte Carlotta, in visita a Napoli. Una lapide marmorea ricorda quell'avvenimento.


Il convento di compone di numerose casette, che costituivano le celle dei monaci; esse sono disposte in fila ai due lati della chiesa e sono contornate ognuna da un orto e un giardino.
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
Buona Pasqua a tutti i lettori dalla redazione di Piscinolablog...
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