sabato 18 gennaio 2025

Della serie i racconti della Piedimonte: "La linea ferroviaria: Stazioni, armamenti, ponti..." 2^ parte

(continuo della prima parte)

Nell’estate del 1972 la tratta tra Miano e Piscinola fu ammodernata. Furono sostituiti binari, traversine e massicciata. Ricordo le pale meccaniche cingolate, che asportavano le pietre vecchie della massicciata ed i grossi camion ribaltabili, che scaricavano le nuove pietre, facendo un rumore breve, ma assordante e tanta, tanta polvere.
Ricordo pure i lavori della chiodatura dei binari alle traversine. Si utilizzavano, già a quei tempi, i macchinari automatici per avvitare i bulloni.
Non ricordo se fu sostituita pure la linea aerea. Però so per certo che, negli ultimi tempi, ai lati dei tralicci in esercizio erano presenti spezzoni di tralicci più antichi, demoliti per corrosione avanzata.
Nel tempo i nuovi tralicci furono consolidati eseguendo alla loro base, ma fuori terra, un plinto di cemento armato a forma di piramide tronca.
Per lasciare il ricordo della ristrutturazione, al centro delle traversine di legno fu conficcato una sorte di chiodo d’acciaio inox, con incisa sulla “testa” di metallo, il numero “72”. Il numero si riferiva sicuramente all’anno dell’ammodernamento della tratta.
Spesso si vedevano gli operai che facevano la manutenzione della massicciata. Era frequente osservare due manovali utilizzare, per ausilio alla loro attività, un attrezzo particolare: una sorte di forchettone a otto denti, con una catena che si agganciava mediante un gancio al manico di legno.
Un manovale teneva fermo il forchettone per il manico, facendo però leva sulle pietre alla base della massicciata e l’altro manovale tirava verso di se il forchettone, agendo con forza sulla catena che aveva cinta al busto. Cosi facendo, veniva risagomato il profilo della massicciata secondo la classica forma a trapezio isoscele, senza fare poi un grande sforzo fisico.
La stazione di Calvizzano - Mugnano era, come ho già detto, praticamente uguale a quella di Piscinola e per fortuna essa si conserva tutt’oggi ancora quasi intatta. E’ sopravvissuta fino a due anni fa anche la bella palma posta a lato dell’edificio.
Di questa stazione conservo il ricordo di un oggetto particolare e molto strano. Esisteva in quell'impianto un sistema di segnalazione a servizio del vicino passaggio a livello, attivabile a distanza mediante un rinvio a corda metallica.
La corda percorreva un certo tratto a vista, sorretta da sostegni alti quasi in metro.
Praticamente, al sopraggiungere del treno, l’addetto in stazione andava ad azionare il sistema di allarme acustico-visivo (di tipo “a pale”) del passaggio a livello, tirando semplicemente la corda. Mi sono sempre chiesto negli anni a seguire come si faceva a riarmare il meccanismo dopo l’intervento…
Immagino ad una sorte di sistema con ricarica a molla, come quello dei giocattoli di una volta…! Ma il dubbio mi rimane ancora.
Spesso i sentieri esistenti ai lati della strada ferrata e gli stessi binari erano utilizzati come scorciatoie, per raggiungere i vari posti del paese.
C’era uno, in particolare, che dal ponticello vicino a quella che diventerà la "167" di Scampia, conduceva direttamente alla stazione di Piscinola e, da lì, alla piazza Bernardino Tafuri.
Occorreva però arrampicarsi, ma senza particolari difficoltà, ai lati della volta di mattoni, dove c’era l’inizio del sentiero. Un altro sentiero, formato da un “lemmate”, conduceva dalla stazione di Piscinola direttamente alla masseria dei nonni e quindi a casa nostra.
Ai lati della scarpata ferroviaria spesso crescevano dei cespugli selvatici molto particolari, che ancora oggi crescono normalmente su "siepi" o terrazzamenti abbandonati. Questi arbusti avevano un odore sgradevole, quasi di orina, tanto che tutti gli abitanti del posto li chiamavamo, in tono dispregiativo: “’e fetienti”. L’odore sgradevole si accentuava dopo la pioggia.
In estate, invece, durante la fioritura emanavano un odore più sopportabile all’olfatto, una specie di profumo... Ironia della sorte, fino a pochi anni fa, i rami di questi arbusti  venivano utilizzati dai fiorai, per fare da sostegno ai gambi dei fiori nella composizione di ghirlande. Credo che oggi qualche fioraio li usa ancora.
Quando questi arbusti diventavano invadenti, tanto da intralciare la visibilità ai convogli e le periodiche ispezioni dei cantonieri, il personale della ferrovia Piedimonte eseguiva un trattamento di diserbo, nelle prime ore del mattino, spruzzando liquidi con convogli speciali, muniti di nebulizzatore.
Ricordo ancora le imprecazioni di mio padre quando osservava le foglie degli alberi da frutta o gli ortaggi che diventavano gialli, a causa del contatto accidentale con queste sostanze chimiche…! Il vento spesso diffondeva oltre misura il prodotto nebulizzato, senza che gli operai potessero regolarne il getto con precisione…
Nel quartiere di Piscinola la ferrovia attraversava diverse strade, in gran parte su ponti “a volta”, quasi tutti realizzati nello stesso stile, anche se con dimensioni diverse. Ne ricordo cinque in particolare e cioè: Via cupa di Piscinola, Via cupa Acquarola, Via Piscinola Mugnano, Via cupa della Filanda e Via cupa Spinelli.

Via Don Bosco, poco prima di Piazza Carlo III

Quello ad avere la luce più grande era situato in Via Piscinola Mugnano, mentre il più basso era quello in via Cupa Vicinale di Piscinola.
Mio padre mi racconta che quest’ultimo attraversamento fu rimpicciolito, a causa della sopraelevazione fatta alla sede stradale.

I ponti avevano i due pilastri in tufo con pietre angolari in piperno e la volta realizzata in mattoni rossi.
Le volte dei ponti erano costruite in maniera molto singolare: avevano le generatrici dei mattoni non in asse alla linea ferroviaria, ma stranamente allineate, secondo una linea a sviluppo elicoidale.

Questi ponti, tranne quello di via Cupa Spinelli, che è ancora lì, sono stati tutti abbattuti, tra gli anni 1989 e 2008, per dar corso alla costruzione delle nuove linee ferroviarie della “MetroCampania NordEst” e della linea 1 della metropolitana. L’ultimo in ordine di tempo ad essere demolito è stato quello di Via Cupa di Piscinola, buttato giù, senza pietà, agli inizi del 2007.
Molto struggente e commovente è il ricordo di un avvenimento che lega il ponte di Via Piscinola - Mugnano con la visita papale di Giovanni Paolo II, che si svolse nel Novembre del 1990. Ricordo il Papa, che a bordo della “papamobile”, oltrepassò il ponte della "nostra" Piedimonte, tra due ali di fedeli che lo acclamavano, quando da Marianella si recava alla villa comunale di Scampia, per consacrare il Rione "167" alla Madonna della Speranza.
A fare buona guardia della zona, sopra il ponte, si piazzarono due aitanti poliziotti in borghese, che da lì poterono controllare facilmente la sicurezza del pontefice. Se avessi fatto almeno una foto di quell’avvenimento, l’avrei conservata gelosamente...! Purtroppo non portai con me la macchina fotografica...! Fatale distrazione!

Salvatore Fioretto

Il racconto è tratto da un libro pubblicato ed, in quanto tale, è soggetto ai diritti d'autore e di editoria, pertanto è vietato copiare, modificare ed eseguire qualsiasi altro utilizzo del testo, per fini anche non commerciali, senza ricevere l'esplicita autorizzazione da parte dell'autore.

Stazione "Scalo Merci" di Napoli, anni '50. Fotogramma tratto dal film "Napoli sole mio"

venerdì 17 gennaio 2025

Della serie i racconti della Piedimonte: "La linea ferroviaria: Stazioni, armamenti, ponti...", I ^ parte

Continua la pubblicazione dei capitoli del libro: "C'era una volta la Piedimonte" ed. Athena Net, anno 2014. E' la volta del terzo capitolo del libro, che s'intitola: "La linea ferroviaria: Stazioni, armamenti, ponti...". Sull'onda emozionale che potrà suscitare la rievocazioni dei ricordi della storico trenino dell'Area Nord di Napoli e del basso casertano, visti dagli occhi di un fanciullo degli irripetibili primi anni '70, auguriamo a tutti i lettori, una "buona lettura"!

 

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"Chissà perché... ora che sto raccontando un pezzo della storia della “Piedimonte” e anche un po’ della mia vita, ho la gradevole sensazione che quello che racconto appartenga ad un mondo sereno e tranquillo, dove il tempo trascorreva senza intoppi e preoccupazioni… e questo mio rievocarli adesso mi regala una certa pace interiore…

Stazione di S. Maria C. V., foto tratta dalla collezione Roherer

Sicuramente il particolare periodo spensierato dell’infanzia fa sembrare, a distanza di tempo, tutto più bello e speciale. Ma forse a quei tempi il mondo più tranquillo lo era per davvero, rispetto ad oggi…!

Quando ci recavamo in stazione per prendere il treno, l'attesa a volte durava ore intere, specie quando si perdeva per pochi minuti il treno della corsa precedente. Essendo la linea ad un unico binario, occorreva che sopraggiungesse prima il convoglio proveniente da Mugnano, per poter "liberare" la tratta al nostro treno proveniente da Secondigliano. La nostra meta era quasi sempre Mugnano. Quell’attesa oggi potrebbe apparire estenuante, ma c’è da dire pure che allora la vita aveva altri ritmi e non era frenetica come oggi! Forse non si crederà, ma stranamente quel tempo di attesa trascorreva molto, ma molto velocemente…

Stazione di Secondigliano, foto Roherer

Durante questi momenti di attesa in stazione, essendo un bambino vispo e abbastanza irrequieto, quindi insofferente a stare fermo per molto tempo, mi divertivo a saltellare tra i binari ed a raccogliere da terra i biglietti usati. Ne conservavo a centinaia, di tutti i tipi e tutti diversi per la destinazione: “Piscinola – Mugnano”, “Piscinola – Marano”, “Aversa – Piscinola” …e cosi via. A casa ne facevo strumento di giochi con gli amichetti: usavo quei biglietti veri per un una ferrovia virtuale, che era frutto della mia immaginazione… ovviamente simile alla mia preferita: la “Piedimonte”! Ne avessi conservato almeno uno di quei biglietti!! Non vi nascondo che li cerco ancora oggi, ma invano, nei mercatini delle pulci che spesso visito...
Vicino all’edificio della stazione di Piscinola erano presenti due belle palme grandi, un po’ come nelle altre stazioni della “Piedimonte”.
Ai lati dell’edificio viaggiatori vi erano altri due locali in muratura, più piccoli: il locale attrezzeria/magazzino, con vano d’accesso chiuso da una saracinesca ed il locale servizi igienici. Il locale attrezzeria/magazzino aveva davanti una banchina alta poco più di un metro. Spesso sul “binario morto”, posto in un angolo del parco ferroviario, sostavano carri merci con sponde basse, colmi di traversine, binari, brecciame o altro materiale utilizzato per la manutenzione della linea.

Stazione di Giugliano, foto tratta dalla collezione di Roherer

Sulle banchine dei passeggeri non erano presenti panche. Inizialmente c’era una sola banchina posta a filo della stazione, mentre ai lati del binario centrale c’era solo una fascia pavimentata in terreno battuto composto di pietrischetto giallo, che permetteva di accostarsi al treno senza rischiare di inciampare. Negli ultimi tempi fu realizzata anche una banchina centrale in cemento armato.
Comunque, le banchine non avevano un’altezza sufficiente per poter accedere direttamente al treno, ma si dovevano sempre affrontare gli scomodi e alti gradini. Lascio immaginare cosa significava per gli invalidi, gli anziani, le donne e i bambini piccoli…!
L’illuminazione del parco dei binari era assicurato da quattro (o forse cinque) lampioni: due erano ancorati alle pareti dell’edificio stazione e gli altri ai tralicci della linea elettrica. Essi erano realizzati in ferro battuto, in stile liberty, con alcuni piccoli motivi floreali.
Ogni lampione terminava con piatto smaltato, di color bianco con bordatura nera, dentro il quale era avvitata una grossa lampadina.
La caratteristica forma dell’edificio della stazione faceva ricordare un po’ quelle stazioncine di montagna, infatti la forma del tetto a capriata, con tegole ed attorno molto verde rendeva quel luogo molto singolare... rispetto al resto dell’abitato; posso dire che essa trasmetteva una sensazione singolare e un non so che di fantastico...!
Le finestre e le porte della stazione di Piscinola avevano sormontate la classica cornice con arco a sesto ribassato, con la chiave di volta in rilievo. Le finestre erano due per ogni facciata e si trovavano allineate alle sottostanti porte di ingresso. Le pareti esterne della stazione erano tinteggiate con colori tenui: giallo ocra, con cornici e riquadri di colore bianco e grigio. Gli infissi erano di legno, molto semplici, con stipiti interni ciechi.
Posso dire che essa era rigidamente uguale allo standard delle altre stazioni della “Piedimonte” (uguale a quelle sopravvissute di Calvizzano o Secondigliano, tanto per fare un esempio). Ai margini del parco ferroviario c’era una staccionata a grate di cemento (la classica recinzione ferroviaria).
In prossimità della stazione di Piscinola c’era il passaggio a livello incustodito della via Napoli Ferrovia Piedimonte d’Alife, oggetto purtroppo, come dirò in avanti, di luttuosi avvenimenti.
Per quanto riguarda la linea elettrica, a differenza delle altre stazioni, dove erano presenti lunghe travi orizzontali di acciaio, sorrette da tralicci verticali, a Piscinola i cavi elettrici della linea aerea erano sostenuti da un sistema di doppi cavi tiranti, collegati attraverso isolatori ai pali di sostegno, posti alle estremità dei binari. Tra i due tiranti c’erano dei listelli distanziatori.
I tralicci della rete elettrica erano composti da profilati imbullonati e controventati. La linea aerea si componeva di tre conduttori di rame fissati a isolatori di porcellana marrone: due superiori alla mensola del traliccio e uno inferiore. Quello inferiore era il conduttore destinato al contatto con il pantografo strisciante.
Sul lato esterno di ogni traliccio erano presenti due isolatori più piccoli, che sostenevano i fili sottili, utilizzati per la rete telegrafica".

(segue nella seconda parte)

Salvatore Fioretto

Il racconto è tratto da un libro pubblicato ed, in quanto tale, è soggetto ai diritti d'autore e di editoria, pertanto è vietato copiare, modificare ed eseguire qualsiasi altro utilizzo del testo, per fini anche non commerciali, senza ricevere l'esplicita autorizzazione da parte dell'autore.

Stazione di Scalo Merci, fotogramma tratto dalle scene del film "Napoli sole mio".