sabato 20 gennaio 2024

Quel medico lungimirante, che per primo in Italia realizzò case di cura private per i malati di mente! Giuseppe Santoro.

Riprendiamo un argomento trattato nel nostro blog nell'anno 2015 in due puntate, con a centro della storia la fondazione a Miano della casa di cura per malati di mente, conosciuta come "Villa Russo".
Descrivemmo, nella prima parte, che nell'anno 1825 un medico dell’ospedale di Aversa, di nome  Giuseppe Santoro, dopo aver ottenuto l'autorizzazione dal Ministero degli Interni, ebbe la brillante idea di prendere in fitto un appartamento della famiglia Quattromani, sito ai margini dell'antico borgo di Miano e, complice il paesaggio goduto nel luogo e la vicinanza con la Capitale, impiantò il primo stabilimento di cura privato per matti, vale a dire il primo manicomio privato del Regno di Napoli e, salvo smentite, forse il primo in Italia…!
La struttura si sosteneva con le rette mensili pagate dai familiari dei pazienti. Questo medico, infatti, ebbe la lungimiranza della reale remuneratività dell’investimento e della potenzialità di guadagno derivanti dall’esercitare pratiche di cure offerte in forma privata. Conoscendo bene i problemi di affollamento e di promiscuità dei pazienti ospitati nell’ospedale di Aversa, sapeva quanto fosse sentita la necessità di riservatezza da parte delle classi agiate e dell’aristocrazia di quel tempo, che cercavano un trattamento di riguardo e soprattutto la riservatezza per i loro familiari malati, quindi erano disposti a pagare delle rette mensili non trascurabili...
I risultati dell'investimento si dimostrarono subito brillanti, tanto che nell'anno 1839 il dottor Santoro riuscì a acquistare l'immobile di Miano, dal proprietario Cav. G. Quattromani, per la somma di 1300 ducati, con l'aggiunta di altri 121 ducati e 32 grani di interessi, da pagarsi in quattro rate, entro l'anno 1839. Lo stabilimento aveva una ricettività di circa 12 stanze, procurando al Santoro un reddito annuo di circa 1200 ducati.
Nel 1833 il dottor Santoro fu sicuramente l'artefice della fondazione di un’altra casa di cura privata, sorta poco distante dalla prima, in località Ponti Rossi. Questa struttura era inizialmente un casino di villeggiatura che fu rilevata dal profumiere Giuseppe Bayl che, dopo un infruttuoso tentativo d'investimento, cedette la proprietà a un certo Pietro Fleurent; anche se, a detta degli studiosi, fu un'operazione condotta per conto dello stesso Santoro...
Ma chi era questo dott. Santoro, dimostrato un eccellente imprenditore nella Sanità d'altri tempi?!
Il dottor Giuseppe Santoro si laureò in medicina nella antichissima Università di Salerno, il 25 Luglio 1808. Si specializzò subito per curare le malattie cosiddette mentali. Fu assunto medico assistente al Reale Manicomio di Aversa, già a partire dalla fondazione avvenuta nel 1813.
Nel 1825 abbandonò, come già detto in premessa, l'ospedale per fondare il Manicomio di Miano, che istituito con approvazione reale, nell’Aprile di quell’anno.
Santoro si dedicò anche alla ricerca scientifica. Infatti nel 1827 pubblicò un libro sulle malattie mentali, che ebbe per titolo "Trattato sull’alienazione della mente umana", dedicato a Sua Real Maestà Francesco I Re delle due Sicilie, il libro fu pubblicato attraverso la tipografia Chianese di Napoli. In questo interessante trattato, Santoro, effettuava una accurata diagnosi dello "spirito", che era messo in rapporto con l’organismo metabolico dell’uomo. Ebbe modo di dimostrare l'errore spesso commesso da quelli che programmano di trattare la pazzia con i metodi brutali e al di fuori dalla logica umana.
Il trattato ebbe come seguito il libro "Appendice e Regolamento generale", nel quale si descriveva la gestione e la direzione di un manicomio; in questo lavoro è spiegato molto accuratamente l'opera svolta dagli assistenti e dai "camerieri", il particolar modo il modo di procedere alla disinfestazione delle stanze, i turni ai bagni, la distribuzione delle medicine, il tempo e i percorsi da dedicare alle passeggiate e alle attività ludiche e di distrazione. Altri insegnamenti contenuti erano la scelta dei cibi e delle bevande da somministrare ai pazienti, per ciascun giorno della settimana e nelle diverse stagioni dell’anno; Santoro era dell'opinione che tutti questi parametri e aspetti della vita dei pazienti in un ospedale psichico avrebbero avuto una grande influenza sullo spirito e sulla natura umana del malato. Ad ogni modo, considerato il periodo della pubblicazione di questa Appendice, possiamo concludere che il Santoro ebbe modo di dimostrare con le sue ricerche le profonde e sagge cognizioni, igienico-tecniche, che egli aveva maturato nella disciplina medica assistenziale dei malati di mente.
Monumento dedicato al secondo proprietario
della casa di cura di Miano, da cui prese il nome
Il Santoro fu soprattutto un appassionato cultore della sua scienza; di fronte ai discordi pareri ed ai controversi sistemi scientifici sul trattamento dei pazzi, egli, con assillante angoscia si diede all’investigazione, all'osservazione ed all'analisi di nuovi mezzi per la cura degli alienati.
Condannò i crudeli sistemi del ferro rovente applicato sulla nuca del collo, del letto di forza a reprimere il furore, e del bagno freddo di sorpresa sbadatamente somministrato nei casi di follia, per i quali l’infelice il più delle volte soccombeva tra strazi impressionanti, per orientarsi verso nuovi criteri più umani e scientifici.
Fu così che con la nuova scuola i malati di mente furono trattati come uomini normali, attentamente vigilati ed osservati; si diede loro la possibilità di discutere col direttore, con i medici e gli  assistenti, onde ricondurli il più che possibile al ragionamento, di consumare i pasti l’uno vicino all’altro, e di avere alcune necessarie libertà nell’ambito del sanatorio.
Santoro morì a Miano, nel mese di giugno del 1866, lasciando il suo nome illustre legato alla antica casa di salute, da lui fondata, che volle con la forza di volontà farla diventare e considerare in quei tempi una delle prime d’Italia.
Per onorare la sua memoria, il Villaggio di Miano dedicò al suo nome una delle vie principali del borgo.
Giuseppe Santoro ebbe due fratelli: Tommaso, che fu canonico nella Collegiata di Marcianise, uomo dotato di eletto ingegno e di squisito senso di amore del prossimo; l'altro fu Domenico, che coprì la carica di segretario capo al Comune di Marcianise.
 
Nota che si legge nel Bollettino delle Scienze Mediche, ed. a Bologna, Volume 7 - Anno 1833

La narrazione della storia del dottor Giuseppe Santoro è un'altra dimostrazione di quanto sia importante questo territorio, che seppur periferico e posto al margine nord della grande città, ha una storia di degno rispetto, non seconda a nessun quartiere di Napoli, per opere, eventi, personaggi e cultura in generale...! 
 
Salvatore Fioretto