sabato 12 settembre 2020

"Divus Januarius",... San Gennaro... nella storia e nella tradizione... !

Cappella S. Gennaro, De Ribera, Gennaro esce illeso dalla fornace

Il giorno 19 settembre, come è noto, ricorre l'anniversario del martirio di San Gennaro, patrono principale della città di Napoli e della Campania; Santo celebre e conosciuto in tutto il mondo e oltremodo simbolo della napoletanità.

Su San Gennaro sono stati scritti fiumi di inchiostro e pubblicati migliaia di libri...  Una ricerca bibliografica condotta dal sacerdote Antonio Bellucci, nel 1925 e nel 1950 e poi aggiornata recentemente, annovera più di 2500 pubblicazioni!  Quasi tutte riguardanti il mistero della liquefazione del sangue conservato nella Cattedrale di Napoli, le opere artistiche e monumentali conservate nella Real Cappella del Tesoro nel Duomo, le Catacombe di  Capodimonte, nonché il celebre "Tesoro", accumulato a seguito delle cospicue donazioni avvenute nei secoli, da parte dei regnanti sul trono di Napoli; tuttavia della vita di San Gennaro, della sua biografia, si è scritto veramente pochissimo!

Ma chi è stato veramente Januarius, quello che oggi noi chiamiamo San Gennaro? Dove nacque e a quale famiglia apparteneva? E, soprattutto, come ha trascorso la sua breve vita, prima della sua conversione al cristianesimo?

L. da Orvieto, Madonna del Principio e S. Gennaro in abiti pontificali, 1323 (part)

Del vescovo Gennaro, ovvero di San Gennaro, della sua infanzia ed adolescenza si conosce quasi niente, e ancor meno della sua vita di sacerdote. Sappiamo che probabilmente fu nobile di nascita, qualcuno ha visto in lui origini romane, vicine alla famiglia della Gens Januaria (dal dio Giano), ovvero vicina alla stirpe dalla quale discendevano gli imperatori romani, ma non ci sono prove di tutto questo. Fu giovanissimo sacerdote, divenuto presto vescovo nella nascente comunità cristiana di Benevento, nel periodo a cavallo tra il III e il IV secolo. Fu pastore zelante, che aveva a cuore l'amore per il prossimo, per la comunità della quale era vescovo e per i suoi amici. Morì nella terza decade della sua vita, intorno a 35 anni, subendo il martirio per decapitazione, avendo dichiarato di essere cristiano; era dunque il 19 settembre del 305, come è riconosciuto dalla Chiesa Universale, nelle Passio o Atti e nei vari Calendari antichi.

Cappella di S. Gennaro,  Sossio e Gennaro, Domenichino
Dove nacque? San Gennaro è stato sempre considerato napoletano per nascita. Purtuttavia, da tempo immemorabile, è sempre in atto una specie di controversia tra le città di Napoli e di Benevento, circa l'attribuzione della cittadinanza di Gennaro. Entrambe le città mostrano, tra le proprie mura, dei luoghi antichi, con abitazioni identificate come essere quella natale del Santo, dove risiedeva anche la sua famiglia. Probabilmente l'unico indizio che possa aiutare ad attribuire la cittadinanza di Gennaro, è la frase contenuta nella Passio degli Atti Bolognesi, dove si riporta: "[...] Di notte, poi, mentre ciascun popolo premurosamente si preoccupava di rapire i propri Patroni, i Napoletani meritavano dal Signore di prendere il beato Gennaro come Patrono." Questa decisione dei napoletani, di prendere il corpo di Gennaro, mentre i beneventani si preoccupavano di recuperare quelli dei propri concittadini: Festo e Desiderio, potrebbe essere scaturita da un bonario accordo siglato tra i due popoli, probabilmente proprio per la cittadinanza vantata dalle rispettive comunità sui rispettivi martiri. Altri indizi non sono stati finora trovati. 

S. Gennaro e Santo Benedettino, affresco delle catacombe di S. Gennaro

Si apprende dalla Passio che, al momento del martirio, l'anziana madre di Gennaro, viveva con Lui a Benevento e che, avendo avuto la predizione del martirio del figlio, morì subito di crepacuore.

Gennaro era amico di Sossio, diacono della chiesa di Miseno (chiamato negli atti, Sosio), e si recava spesso a fargli visita a Miseno. Nell'ultimo incontro, avvenuto in un momento di pace, ebbe la visione di una fiammella che ardeva sul capo dell'amico Sossio. Fu interpretata dal vescovo come un segno premonitore dell'imminente suo martirio. Avendo saputo, tempo dopo, che Sossio era stato arrestato, perché denunciato di essere cristiano, e condotto nel carcere di Pozzuoli, Gennaro decise di fargli visita, per consolarlo. Il viaggio da Benevento a Pozzuoli fu compiuto assieme ai suoi due presbiteri: Festo e Desiderio, entrambi della chiesa di Benevento. Una volta giunto in carcere, Egli dichiarò apertamente ai carcerieri il proprio disappunto sulla carcerazione ingiusta subita dal suo amico Sossio, ritenuto un uomo buono, seguace di Cristo. Questa dichiarazione fu raccolta dai soldati romani come una autodenuncia e, quindi, essi furono tutti arrestati e incarcerati insieme a Sossio. Pochi giorni dopo, Gennaro, Sossio, Festo e Desiderio, assieme a Procolo, Eutiche, Acuzio (il primo diacono della chiesa di Pozzuoli e gli altri due laici, sempre di Pozzuoli), furono giustiziati tutti insieme, mediante la decapitazione, che avvenne in un luogo vicino alla Solfatara di Pozzuoli.

Ma quali sono le fonti di queste notizie?

Gli ultimi giorni vissuti da San Gennaro e compagni sono descritti nelle cosiddette "Passio", ovvero delle antiche biografie scritte il latino. Per la descrizione del martirio di San Gennaro esistono principalmente due Passio o Atti: quella chiamata "Atti Bolognesi", risalenti al VI-VII secolo (chiamati così perché rinvenuti nella biblioteca dell'Università di Bologna) e gli "Atti Vaticani", risalenti al VIII-IX secolo. Delle due "Passio", quella più attendibile, perché più antica e anche più sobria e meno enfatizzante, è sicuramente quella "Bolognese", che riportiamo nel seguito, per descrivere gli ultimi momenti di vita ed il martirio di San Gennaro.

Ecco la traduzione alquanto letterale degli "Atti bolognesi" riportati da L. Parascandalo, in "Memorie Storiche, critiche, diplomatiche della Chiesa di Napoli", anno 1848, Tomo I, pp. 222-234.

 Gennaro vede la fiammella sul capo di Sossio

I. Al tempo dell'imperatore Diocleziano, nel quinto consolato di Costantino (diminutivo di Costante) Cesare e nel quinto di Massimiano Cesare, vi era persecuzione contro i cristiani. Nella Chiesa poi di Miseno c'era un diacono di nome Sosio, uomo di spiccata prudenza e santità di circa trent'anni, come egli stesso si degnò rilevare a un certo vescovo Teodosio venuto durante la persecuzione e che affermava che il venerabile Sosio non si faceva vedere in pubblico per timore dei pagani.
Questi conobbe i beatissimi Gennaro, vescovo della Chiesa beneventana, Festo, suo diacono, e il lettore Desiderio che venivano nella Chiesa (di Miseno) nella quale, col vescovo della città, con Sosio e con diversi cittadini si visitavano occultamente. Loro scopo era parlare della legge divina in edificazione degli uomini che vedevano di credere in Cristo. E poiché in quella località, cioè Cuma, vi era un accorrere di nobili personaggi pagani per la grande Sibilla divinatrice, di cui ancora si mostra il tumulo ai nostri giorni, i Santi, che dicemmo, difficilmente apparivano in pubblico.

II. Trovandosi dunque nella città di Miseno il beato Gennaro, avvenne che leggendo il beato Sosio nella propria chiesa i santi Evangeli di Dio e subito sorgendo una fiamma dal suo capo che nessuno vide tranne il beato vescovo Gennaro, questi il segno visto predisse che Sosio sarebbe stato martire e con gioia baciò il suo capo che doveva patire per il Signore Gesù Cristo, ringraziando il Signore.

III. Dopo non molti giorni avvenne che il loro agire fu denunciato a Draconzio Giudice della Campania. Ciò udito, il giudice Draconzio comandò che, secondo l'ordine imperiale, fossero ricercati e condotti a lui. Gli inquirenti rintracciarono il beato Sosio, e lo condussero al giudice Draconzio che comandò di rinchiuderlo in carcere in attesa dell'interrogatorio. Il beato Sosio, chiuso in stretta custodia nel carcere, era vigilato dai soldati.
Avendo il beato Gennaro saputo la cosa, cioè che il beato diacono
Sosio era detenuto in carcere, subito si diresse al carcere col diacono Festo e il lettore Desiderio per consolarlo, ed entrando dove era imprigionato, diceva: "Perché senza colpa è tenuto in carcere un uomo di Dio?". Subito i soldati che custodivano il carcere lo denunciarono al Giudice, dicendo: "Ecco che quegli uomini che vostra grandezza ci avete comandato di ricercare e arrestare, venendo al carcere dicono: "Perché senza ragione è tenuto in carcere un uomo di Dio?" Appena il Giudice ebbe udito ciò, comandò di fermarli e portarli alla sua presenza.
Trovati, non si opposero a venire dinnanzi al Giudice; presentati a lui, il giudice Draconzio, sedendo nel pieno della sua carica, con le seguenti parole interrogò il beato vescovo Gennaro: "Qual'è la tua religione?" S. Gennaro rispose: "Sono cristiano e vescovo". Il Giudice: "Di quale città?". S. Gennaro rispose: "Della Chiesa di Benvento". Il giudice disse: "E che dici di costoro, sono tuoi?". S. Gennaro rispose: "Uno è il mio diacono, l'altro è il lettore". Il giudice disse: "E anch'essi si dichiarano cristiani?". S. Gennaro rispose: "Certamente, infatti se li interroghi, spero nel mio Signore Gesù Cristo che non negheranno di essere cristiani". E interrogati dal Giudice dissero: "Siamo cristiani e siamo disposti a morire per amore di Dio". Allora il Giudice pieno d'ira disse al beato vescovo Gennaro: "Avvicinatevi e offrite le libazioni secondo il decreto dell'Imperatore, e andatevene liberi". S. Gennaro rispose: "Noi offriamo ogni giorno all'onnipotente nostro Signore Gesù Cristo un sacrificio di lode, non ai vostri dei vani". Ciò udito, il giudice comandò che fossero rinchiusi in carcere e venisse preparato l'anfiteatro per il giorno seguente perché fossero esposti agli orsi insieme a S. Sosio. 

IV. Il giorno seguente, secondo il comando del Giudice è preparata l'arena nella città di Pozzuoli e i Santi vengono condotti all'anfiteatro. Il Giudice è atteso per lo spettacolo, ma trattenuto per pubblici affari e tardando la sua venuta nell'anfiteatro, l'addetto all'arena disse al Giudice: "E' troppo tardi, signore, non puoi ormai ascoltare". Allora il Giudice Dragonzio comandò che in tribunale emanò la sentenza dicendo: "Condanniamo alla pena capitale il vescovo Gennaro, Sosio e Festo diaconi, e il lettore Desiderio che dichiaratisi cristiani disprezzarono i nostri decreti".

Affresco nell'arcosolio interno alle catacombe di S. Gennaro a Capodimonte, V secolo

V. Mentre i condannati venivano condotti al supplizio della decapitazione era presente tra il popolo circostante, Proculo, diacono della Chiesa di Pozzuoli, con due laici, Eutiche e Acuzio; questi tre dissero: "Che male hanno commesso questi uomini per cui il Giudice li ha condannati a morte?". Subito le loro parole furono riferite al Giudice che avendole udite, immediatamente, con grandissima fretta, comandò che fossero trattenuti e decollati con i santi martiri.

Particolare dell'affresco con immagine di S. Gennaro, in tunica e pallio

VI. Mentre tutti ugualmente erano condotti al martirio, un vecchio molto povero, sperando d'essere aiutato dalla bontà dei santi, andò incontro al beato Gennaro pregandolo, inginocchiato ai suoi piedi, di concedergli benevolmente qualche parte delle sue vesti. Il beato Gennaro disse al vecchio: "Dopo che sarà deposto il mio corpo, sappi che io stesso ti darò il fazzoletto che avrà bendato i miei occhi.


 

VII. Anche la madre di S. Gennaro che era nella città di  Benevento, tre giorni prima, in sogno ebbe la visione del vescovo Gennaro che volava per l'aria verso il cielo. Svegliatasi ed avendo chiesto il significato della visione, da un tale le fu annunziato che il figlio Gennaro per amore di Dio era trattenuto in carcere; la donna atterrita, prostrandosi in preghiera rese l'anima santa [a Dio].

Catacombe, affresco, Gennaro tra il Vesuvio e Somma

VIII. Frattanto pervenuti al luogo della decapitazione, cioè alla Solfatara, S. Gennaro inginocchiandosi in preghiera diceva: "Signore, Dio onnipotente, nelle tue mani raccomando il mio spirito". Alzandosi e preso il suo fazzoletto, si bendò gli occhi, poi inginocchiatosi, poggiò la mano sul collo e pregò il carnefice perché colpisse.
Il carnefice con un gran colpo recise insieme al capo un dito della mano del santo martire Gennaro. Similmente gli altri santi furono decapitati ricevendo la divina aureola del martirio.
S. Gennaro, dopo la sua decollazione, apparve a quel vecchio, gli diede il velo che gli aveva promesso e con cui aveva bendato i suoi occhi e gli disse: "Ecco prendi ciò che dovevo darti secondo la mia promessa". Il vecchio ricevuto il velo, lo nascose nel seno con grandissimo onore. Poiché il carnefice e soci, vedendo il vecchio, lo deridevano dicendo: "Hai ricevuto ciò che ti aveva promesso colui che è stato decapitato?". Il vecchio disse: "Certamente", e mostrò il velo. Essi lo riconobbero e ne furono meravigliati.



Museo S. Gennaro, Francesco Solimena, S. Gennaro benedicente

IX. I cristiani delle varie città vigilarono sui corpi dei Santi per rapirli di notte e seppellirli nelle proprie città. Occultamente erano in attesa. Calata la notte, mentre tutti dormivano, nel silenzio notturno, S. Gennaro apparve ad uno di loro che erano pronti a prendere il suo corpo e gli disse: "Fratello, quando sarai per prendere il mio corpo, sappi che in quel luogo si trova anche il dito della mia mano. Ricercatelo e ponetelo insieme al mio corpo". Fu fatto come lo stesso Santo aveva indicato. I corpi dei Santi giacquero  presso la Solfatara, dove in seguito fu costruita una degna basilica al beato martire Gennaro. Di notte, poi, mentre ciascun popolo premurosamente si preoccupava di rapire i propri Patroni, i Napoletani meritavano dal Signore di prendere il beato Gennaro come Patrono.

X.  Dapprima lo nascosero in una località chiamata Marciano (forse nei dintorni di Fuorigrotta), poi, calmatisi i tempi [delle persecuzioni] un venerabile vescovo, insieme al popolo santo di Dio, presero il suo corpo con inni e lodi, lo trasportarono presso Napoli e lo deposero nella Basilica dove ora riposa (Catacombe di Capodimonte e Cattedrale Stefania). Il Santo, con l'aiuto del Signore nostro Gesù Cristo, fino ad oggi non cessa di elargire  innumerevoli benefici per i suoi meriti. Il suo giorno natalizio si celebra il 19 settembre."

T. Malvito, cappella del Succorpo, Duomo di Napoli

Dalle ricognizioni scientifiche eseguite negli anni scorsi sui resti di San Gennaro, conservati nella Cattedrale di Napoli, condotte dal prof. Gustavo Lambertini (1964) e, poi, dal prof. Baima Bollone (1989), si apprende che il soggetto era di giovane età; al momento del martirio aveva circa trentacinque anni; poi era molto alto rispetto alla statura media dell'epoca, almeno 1 metro e 90 cm, presentava una struttura scheletrica normale, eccetto una lieve imperfezione dell'osso del piede. In una carie molare, poi, sono state trovate delle tracce di graminacee, ossia i residui del suo ultimo pasto, avvenuto verosimilmente in tarda estate, quando sono diffusi questi cereali: essi rappresentano un indizio compatibile con il periodo attestato nel quale si compì il martirio.

Altre fonti sangennariane sono:
- il Calendario Geronimiano, composto in Italia nel V secolo;
- il Calendario Cartaginese, scritto agli inizi del VI secolo (il culto di S. Gennaro era già diffuso in terra africana);
- l'Evangelario di Lindisfarne, conservato presso il Britisch Museum, VIII secolo;

- la Passio di Giovanni Diacono, (inizio X sec.), anche se l'autore si limita a descrivere la vita di S. Sossio e a "scopiazzare" gli Atti Vaticani e gli Atti Bolognesi;
- gli Atti di Ranieri (sec. X), chiamati anche Strenuissime, dalla parola iniziale riguardante la traslazione delle reliquie dei SS. Eutiche e Acuzio da Pozzuoli a Napoli, e quelli di S. Gennaro a R
eichenau.
- il Calendario Marmoreo, risalente intorno al XI secolo.

Argentieri francesi, busto reliquario San Gennaro, lega oro-argento, 1305

Un'altra fonte antica che attesta l'esistenza di S. Gennaro, è la lettera "De obitu Paulini ad Pacatum", risalente presumibilmente all'anno 432, scritta sicuramente poco posteriore alla morte di S. Paolino da Nola e della traslazione delle reliquie di S. Gennaro da Pozzuoli alle Catacombe di Capodimonte. In esso si racconta che il prete Uranio, venuto da oltre mare e amante della navigazione, forse di origini spagnola, africana o gallica, fattosi discepolo del vescovo di Nola, scrive a un certo Pacato, rettore di Aquilea, confidando che desiderasse mettere in versi la visione dei santi Gennaro e Martino avuta da San Paolino prima che spirasse. Di San Gennaro scrive: "Gennaro...che illustra la Chiesa di Dio, che è a Napoli".

Veniamo ora ai "falsi storici"... Nell'anno 1713, un sacerdote, di nome Nicolò Carminio Falcone, s'inventò il ritrovamento di un antico testo, scritto in greco, dal titolo "La vita greca" che, a suo dire, narrava in dettaglio tutta la vita di San Gennaro, nonché molti aspetti del suo culto. Pubblicò l'opera: "L'intera Istoria della Famiglia, Vita, Miracoli, Traslazioni e Culto del Glorioso Martire S. Gennaro Vescovo di Benevento":  un libro voluminoso, che ebbe all'epoca un notevole successo per tiratura di copie. Ovviamente questo risultò essere un gigantesco falso storico!  Purtroppo c'è ancora oggi qualcuno, specie nel campo dell'informazione, che fa riferimento a questo testo fantasioso...

Cattedrale Napoli, cappella del Succorpo, vaso longobardo con reliquie di S. G.

Dal luogo della primitiva sepoltura del corpo di San Gennaro, identificata nella località Marcianum, oltre un secolo dopo al martirio, in un anno compreso tra il 413 e il 431, un vescovo di Napoli, probabilmente Giovanni I, con un corteo di chierici, condusse solennemente le reliquie di San Gennaro, fino alle Catacombe di Capodimonte.
Ma a questa parte della storia del culto di S. Gennaro abbiamo già dedicato un racconto,
sulle pagine di questo blog, scritto in occasione  della festa di San Gennaro, dell'anno 2014:

http://piscinola.blogspot.com/2014/09/capodimonte-e-quando-sicone-rubo-il-suo.html.

Buon San Gennaro a tutti! Auguri a Napoli, alla Campania, ai napoletani residenti all'estero, specie quelli d'America, che lo festeggiano con passione e a tutti i lettori che si chiamano Gennaro!

Salvatore Fioretto

Lello da Orvieto, Madonna del Principio, tra S. Gennaro e S. Restituta d'Africa, 1323 (Cattedrale di Napoli)