Carlo di Borbone |
Carlo Sebastiano di
Borbone, meglio conosciuto col nome di Carlo
di Borbone, nacque a Madrid nel 1716 (era il figlio del re Filippo V di
Spagna sposato in seconde nozze con la duchessa Elisabetta Farnese), fu in
origine duca di Parma e Piacenza, con il nome di Carlo I, ma grazie
all’abile diplomazia e alle intercessioni politiche messe in atto da sua madre,
Elisabetta Farnese, riuscì, nel 1734, a diventare il monarca di una nuova e autonoma
dinastia nel Regno di Napoli e di Sicilia; trono che resse fino al 1759, con
il nome di Carlo di Borbone (o Carlo VII), quando dovette partire per la Spagna; chiamato a reggere
quel Regno, per la prematura morte del fratellastro Ferdinando VI. In Spagna
divenne Carlo III e rimase in carica fino alla sua morte, avvenuta a Madrid, nel
1788.
Carlo fu un sovrano illuminato,
perché riuscì nel corso del suo breve regno napoletano a realizzare imponenti
riforme e opere pubbliche, riportando il Regno di Napoli nel novero dei più
importanti Stati d’Europa. Ma, oltre ai suoi pesanti impegni politici e di
governo, Carlo aveva diverse passioni e la sua via è stata un continuo interesse,
diremo quasi maniacale, nel coltivarle o praticarle, ricordiamo: la musica, la
pittura, la scultura, l’archeologia, le porcellane, la seta, ma di più su tutte
prevalse la caccia: la sua passione per
eccellenza, passione che esercitava fin dalla gioventù, quando era ancora duca
di Parma e Piacenza.
Reggia e Parco di Capodimonte visti da una foto aerea |
Quando Carlo divenne Re di Napoli e di Sicilia, nel 1734, diede subito l’incarico
di far realizzare alcuni siti dove poter praticare questa sua “innocente
passione” venatoria insieme alla sua vasta corte…. Il primo sito ad essere
realizzato fu proprio il Real sito di
caccia di Capodimonte, pensato per prima forse per meglio sfruttare questo
enorme polmone verde sito alle porte della capitale e vicinissimo alla Reggia,
dove risiedeva la Sua corte.
Il Real sito di caccia di
Capodimonte fu completato in
soli quattro anni e comprendeva anche una residenza per rinfrancare i partecipanti
(la corte reale e gli ospiti), nel corso delle faticose scorribande di caccia. Ben
presto, però, maturò in Carlo il progetto di una grande reggia da realizzare a
Capodimonte, per dare una degna sede alla ricca Collezione Farnese, ricevuta in dono da sua madre Elisabetta.
L'incarico per la costruzione della Reggia venne affidato a Giovanni Antonio
Medrano, mentre la parte antistante alla futura Reggia fu attrezzata con un
giardino all’inglese, progettato dal botanico Friedrich Dehnhardt.
Il Real sito di caccia di Capodimonte fu poi oggetto di imponenti lavori
di perimetrazione, con innalzamento di una cortina di tufo, lavori che
risultarono già ultimati nel 1736. Il Sito risultò sempre indipendente dalla Reggia
e accessibile da questa solo attraverso la cosiddetta “Porta di Mezzo”.
Casina Vanvitelliana di caccia al Fusaro |
Passarono altri anni, ed ecco che nel 1742 Carlo di Borbone affidò
all’architetto Ferdinando Sanfelice l’incarico di progettare e organizzare l'enorme estensione del sito di caccia, in un parco per la corte. Nel nuovo parco sarebbero stati piantumati alberi pregiati, come Lecci, Tigli, Querce, Castagni e Olmi, ecc., e
realizzati tanti viali, sentieri, larghi con fontane, statue e delle piccole
architetture. All’opera di Capodimonte, oltre al Sanfelice, lavoreranno anche gli arch. Domenico
Antonio Vaccaro e Antonio Canevari.
Nella parte settentrionale del parco fu costruito il Casino della Regina e in questa zona del giardino vennero piantumate
piante esotiche, in modo da creare l’atmosfera migliore per l’edificio che era
destinato ad ospitare i reali durante la caccia e le feste “private” dei vari
personaggi che animavano la vita di corte; poco distante fu piantato anche un agrumeto.
Ai confini con il Cavone di Miano,
poi, fu realizzata la Fagianeria, mentre
un’altra zona fu delimitata e chiamata “Caccietta
delli Beccafichi”, per la prevalente presenza di questa specie di uccelli.
Nella Fagianeria fu realizzato un
edificio, denominato “Casa dei Fagiani
forestieri”, in quanto destinato alla schiusa e al ricovero dei fagiani provenienti
dall’estero (Cina, America, ecc.) e anche dei Pavoni. La caccia ai Fagiani era però
quella prediletta da Carlo, infatti l’allevamento di questi volatili era molto praticato nelle
varie riserve reali campane.
Carlo di Borbone con l'abito di Cavaliere dell'Ordine di S. Gennaro |
Al completamento dei lavori, i numeri del Parco di Capodimonte erano
imponenti, infatti presentava (come presenta ancora oggi), un’estensione di circa
134 ettari di verde, coltivati con diverse varietà e specie arboree, molte esotiche
e rare (Qui sono rappresentate circa 400 entità vegetali, classificabili in 108
famiglie e 274 generi, di cui il 14% sono specie esotiche, quasi tutte
impiantate tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento). All’interno
del suo perimetro erano stati realizzati sedici edifici architettonici, tra
residenze, casini, fabbriche per artigianato, depositi e chiese, oltre a fontane,
statue, dispositivi per la caccia, orti e frutteto (quest'ultimo chiamato Giardino
delle Delizie). La
Porta di Mezzo conduceva a un grande emiciclo, dal quale si apriva un
ventaglio costituito da lunghi viali alberati. Queste scenografie naturalistiche, abilmente studiate dal Sanfelice e dagli altri architetti, con l'aggiunta di statue, di fontane e di altri elementi decorativi, conferivano al sito un tocco di originalità e di squisita raffinatezza, che esaltava e rendeva lustro alla corte, agli occhi dei visitatori stranieri. La diversificazione botanica del parco era scelta in relazione al tipo di caccia praticata dal re,
per cui, a zone sistemate "a boscheto", con l'impianto di alberi ad alto fusto, come castagni, carpini, lecci ed olmi, si alternavano altre zone sistemate con bassi cespugli, con l'uso di essenze della flora mediterranea rappresentate dal Lauro, dal Mirto, dall’Olivella e da altre specie arboree; non mancavano poi acquitrini con rane e ampie distese a prato o in battuto. Completavano l'impianto del sito reale le aree coltivate per la produzione di alimenti per gli animali domestici e per
la selvaggina, quest'ultimi erano allevati in appositi recinti e ricoveri. I prodotti orticoli e la frutta, ricavati anch'essi dalle coltivazioni presenti nel parco, erano utilizzati per le necessità della corte.
Forse per il preesistente sito di caccia o forse per la densità della vegetazione lussureggiante, l’area verde di Capodimonte è stata sempre chiamata dai napoletani con il toponimo di “Bosco”.
Forse per il preesistente sito di caccia o forse per la densità della vegetazione lussureggiante, l’area verde di Capodimonte è stata sempre chiamata dai napoletani con il toponimo di “Bosco”.
Dipinto equeste del re Carlo |
Questi siti non erano solo destinati ad essere luoghi per lo svago per la corte, ma furono anche utilizzati come delle vere e proprie aziende agricole o centri manifatturieri; essi rappresentavano una sorta di sperimentazione della nascente imprenditorialità, secondo le nuove idee illuministiche che incominciavano ad affermarsi ai tempi di Re Carlo. La produzione della seta a San Leucio, la pesca al Fusaro, gli allevamenti della Tenuta di Persano e gli allevamenti della Fagianeria di Caiazzo, rappresentano un validissimo esempio.
La selvaggina è stata sempre nei secoli scorsi oggetto di attività di bracconaggio e certamente quella di "proprietà reale" non poteva
essere meno ambita e priva di attenzione...! Probabilmente, nei decenni
successivi alla realizzazione del real sito di caccia di Capodimonte, la zona
ad esso adiacente fu spesso imperversata da ladruncoli e da cacciatori
fuorilegge che praticavano il bracconaggio e la caccia indiscriminata agli
animali in transito per il real Bosco, alcune volte erano i nobili e gli
aristocratici, proprietari delle tenute circostanti, a cacciare senza
autorizzazione, ma spesso erano gli stessi contadini a catturare gli animali e
gli uccelli, per difendere il raccolto dei loro campi oppure i loro allevamenti. Più volte re Carlo era stato
costretto ad intervenire, emanando bandi e provvedimenti con sanzioni, indirizzati
ai contravventori. Questi provvedimenti reali, per quanto severi, non avevano
raggiunto l'effetto desiderato, e gli animali continuavano a scomparire...!
Ma ecco che nell’anno 1756 il Re Carlo passò a un’operazione di dissuasione
più energica ed efficace, facendo disegnare una mappa e delimitando un’ampia area
attorno al Bosco di Capodimonte, di raggio pressappoco un miglio, onde vietare
qualsiasi attività venatoria illecita. Oltre a sancire il divieto (anche per
scoraggiare i soliti distratti…), fece rendere visibile la linea di confine, apponendovi
dei cippi dissuasori in pietra, posti con un certo intervallo, lungo le vie
pubbliche e vicino ai monumenti e agli edifici.
Carlo di Borbone, statua nel Palazzo Reale di Napoli |
Seguendo il percorso nel territorio di Piscinola,
risulta che la confinazione divide l’abitato del Casale praticamente in due parti,
anche se nel bando viene precisato che i Casali di Piscinola e quello di Secondigliano,
insieme alle masserie e alle abitazioni rientranti in quella zonizzazione, erano
da considerarsi esclusi da tale divieto. Interessante è la citazione della Chiesa del Salvatore e della Chiesa della Madonna delle Grazie, come
rilevanze architettoniche di riferimento, sono anche
citate la Cappella e il Palazzo de Luna, le masserie di Donna Romita, S. Giovanni a Carbonara e
di S. Agostino Maggiore (detta "della Zecca"). Altro
riferimento importante risulta essere il tenimento posto di fronte alla chiesa
del Salvatore, che era denominato “Supportico
dei PP. Gesuiti”.
Battuta di caccia sul lago Fusaro |
Fino agli anni '50 del secolo scorso non era raro incontrare nel
circondario del Bosco di Capodimonte, anche nei campi di Piscinola, alcune Volpi
in fuga, oppure ammirare, sul bordo del muro del Bosco, i Pavoni che mostravano la colorata ruota,
mentre ancora oggi qualche raro esemplare di Upupa, Barbagianni, Poiana o Civetta,
sono i frequentatori di questo straordinario polmone di verde cittadino a Capodimonte.
Prammatica V (Pragmaticae edicta decreta interdicta regiaeque sanctiones Regni Neapolitani….) Anno 1756
Siccome i molti, e diversi Bandi
finora pubblicati per lo divieto di cacciare così nel Real Bosco di
Capodimonte, come nel miglio di circonferenza che il cinge, non solo per gli
equivochi sorti intorno alla circonferenza suddetta, ma per la varietà eziandio
delle pene non hanno incontrata la dovuta ubbidienza, e vien tuttavia colà
disturbata la caccia, ch’è riserbata all’innocente piacere della Maestà del Re
N.S., così rimanendo i medesimi affatto aboliti, in esecuzione di più Sovrani
ordini pervenuti a questa Superiore Delegazione della sua Real Casa, e Corte promulghiamo questo Bando in istampa,
che contiene non meno la precisa esattezza della suddetta confinazione disegnata
eziandio, e circoscritta con termini di pietra, che la distinzione ancora delle
pene dovute a contravveggenti.
Ricostruzione grafica della confinazione del "Miglio" con divieto di caccia |
I. Il giro della suddetta confinazione del miglio
prende il suo cominciamento dalla Fabbrica del Reclusorio de’ Poveri, e
proseguendo per la strada Regia alla Gabella degli Otto Calli, ed a Capodichino
piega sulla sinistra della strada parimente Regia, che passando per mezzo le
due Masserie l’una del Marchese Pollice a destra, l’altra di D. Francesco de
Auxiliis a sinistra, mena a Secondigliano. Nell’ultima parte del qual Casale
lasciandosi la suddetta strada Regia si volge per l’altra pubblica, il cui
piegandosi sempre sulla sinistra s’incontra, la Masseria di Donna Romita, il
Territorio del Monte della Misericordia, nel mezzo del quale territorio è il
Limitone, che conduce diritto verso il Termine del Territorio de’ PP. Gesuiti,
donde comincia, e continua l’altro Limitone, che conduce fino al Supportico
detto de’ medesimi PP. Gesuiti rimpetto alla Parrocchia del Casale di
Piscinola. Quivi rivolgendosi a sinistra, o sia verso Oriente si prende la
strada che conduce alla Cappella della Madonna delle Grazie, dalla quale
piegandosi a destra o sia verso Occidente s’entra nell’altra strada che conduce
alla Casa con Cappella de Luna. Si prosegue quindi per lo Limitone
che cominciando in faccia alla suddetta Cappella, passa per mezzo della
masseria di San Giovanni a Carbonara, dalla qual s’imbocca nell’altro Limitone,
che passa entro la masseria di Sant’Agostino Maggiore, e termina nel mezzo
della strada innanzi l’Osteria detta del Sambuco, ove vedersi uno de’ termini
lapidei apposti per disegnare la detta confinazione. Dalla suddetta strada si
passa in un altro Limitone, che radendo la masseria del Principe di Belvedere
giunge fino alla Valletta o sia il Cavone chiamato Saliscendi, e proseguendo
verso la masseria del Marchese Valva, che rimane alla destra, indi l’altra di
D. Cristoforo d’Onofrio, ch’è chiusa sulla sinistra, poscia la masseria di S.
Giuseppe de’ Ruffi, ch’è sulla destra, s’entra nella strada pubblica, che
conduce verso l’Osteria dello Scutillo, e continuando guida fino all’altra
Osteria detta de’ Celsi o sia Taverna Nova. Dalla detta Taverna Nova si prende la
strada, che passa innanzi a la cappella, e la Casa di D. Carlo Mauro, e si
continua fino al principio del muro del Giardino di S. Vincenzo, e volgendo a
sinistra si passa innanzi la porta maggiore della Chiesa di S. Gennaro de’
Pezzenti, indi si prende la strada, che mena alla Casa di D. Alesio Fasuli,
dal portone della quale Casa la suddetta strada piega verso la Casa del Sarto
Domenico Vicidomini, la quale rivolge verso la Chiesa di S. Severo. Dal largo,
ch’è innanzi la quale Chiesa s’imbocca nel Vicolo, che diritto mena alle Case
del Principe Salernitano, e dall’angolo delle medesime Case si passa nell’altro
vicolo, che cala alla Casa di Andrea d’Andrea. Dall’angolo della quale casa si
volge diritto verso la Casa, detta il Palazzo Cento Gradi, onde si entra nel
Vicolo, che conduce fino alla Chiesa della Pacella, a cui succede l’altro detto
la Scesa de’ Saponari, e poscia l’altro, che direttamente conduce fino alla
porta della Chiesa di S. Maria degli Angioli. Quivi il confine vien dinotato
dalla filza delle Croci che sono nel largo ch’è innanzi la suddetta Chiesa, in
modo che quello spazio, che rimani fuori delle suddette Croci, sulla destra è
libero. Secondo la direzione delle medesime Croci si cala alla strada Regia,
si perviene al suddetto Reclusorio de Poveri, in cui viene a compiersi
il di sopra cominciato giro del miglio.
II. Il medesimo giro oltra dell’essersi confinato
co’ termini di pietra, per chiarezza maggiore si è tutto disegnato col cammino
delle Strade, e de’ limitoni, che vi s’incontrano, nel corso delle quali
secondo il confine di sopra additato rimane sempre vietata la parte sinistra,
libera, e sbandita la destra. In ispiega della quale generale regola, a
troncare qualunque sotterfugio si dichiara, che rimangono fuori del divieto la
Masseria del Marchese Pollice, il Casale di Secondigliano, la Masseria di Donna
Romita, il Casale di Piscinola, la Casa e la Cappella de Luna, la
Casa del Marchese di Valva, la Masseria di Auxiliis, l’Osteria de’ Celsi, la Casa di D. Carlo Mauro
ed il Giardino di S. Vincenzo; i quali luoghi tutti rimangono unicamente nominati
per meglio individuare il giro medesimo.
Particolare del "Miglio" nei Casali di Secondigliano, di Piscinola e di Miano |
III. Le pene, che s’incontreranno solo le seguenti.
Qualsivoglia persona, di qualunque grado, o condizione, anche dell’ordine
Militare ch’entrando nella disegnata estensione del giro del miglio porti lo
Schioppo, dal cui fucile non abbia tolta la pietra, oltra la perdita dello Schioppo,
e di qualunque altro genere di Arma di Caccia (la qual perdita sarà sempre sicura
in ogni caso di contravvenzione), essendo benestante, pagherà dieci ducati di
pena; essendo povero e di bassa condizione, soffrirà un mese di carcere. Se
nella medesima estensione del suddetto giro ardirà sparare, essendo benestante,
pagherà 24 ducati di pena; essendo povero, e di bassa condizione, soffrirà tre
mesi di carcere. Se finalmente oserà sparare, non già nell’estensione suddetta,
ma dentro il chiuso del Real Bosco di Capodimonte, essendo Nobile sarà
condannato a tre anni di Presidio; essendo di bassa condizione sarà condannato
a tre anni di Galea. Tutte e tre le narrate specie di pene saranno nel caso
della seconda contravvenzione duplicate, e nel caso della terza triplicate; e
le pecuniarie esigendosi, coll’intelligenza di S. M., saranno applicate alla
Fabbrica ed Opera Pia del Reclusorio de’ Poveri.
IV. Siccome nella più volte nominata estensione del
giro del miglio s’incontrano oltra la Strada Regia che per Capodichino mena in
Aversa molte altre o pubbliche o vicinali, in cui può taluno trovarsi in
viaggio portando lo Schioppo colla pietra al fucile senza il disegno di
cacciare, così comanda S. M., che, rimanendo affatto immune, libera, e sbandita
la suddetta Strada Regia, nelle altre strade pubbliche solamente sia lecito ad
ognuno il portarlo anche con la pietra al fucile, purché però non ne faccia uso
della quale così limitata facoltà sarà egli ammonito ancora dalle lapidi, che a
tal fine saranno affisse a’ lati delle suddette strade. Essendo a’ Padroni
delle Masserie necessario tenere gli Schioppi per la custodia delle biade, o de’
frutti, S. M. il concede, purché li tengano carichi di palle, e no di pallini,
sotto pena di ducati dieci a ciascuno contravvegnente parimenti da duplicarsi
nel caso della seconda, e di triplicarsi nel caso della terza contravvenzione.
Dalla Delegazione della Real Casa, e Corte il dì 20. Settembre 1756. D. Placido Principe Dentice. Bernardo di Ambrogio Segretario. Pubblicata a dì 20 Settembre 1756 Pasquale Moccia. Attesto io sottoscritto Scrivano Ordinario della Suprema Delegazione della Real Casa, e Corte essersi conferito in Capodimonte, Capodichino, Secondigliano, Arzano, Miano, Mianella, Polleca, Piscinola, ed in altri luoghi vicini, e quivi da’ Servienti delle rispettive Corti aver fatto pubblicare questi Bando. Napoli il dì di 20. Settembre 1756. Cristoforo Cordella Scivano.
Dalla Delegazione della Real Casa, e Corte il dì 20. Settembre 1756. D. Placido Principe Dentice. Bernardo di Ambrogio Segretario. Pubblicata a dì 20 Settembre 1756 Pasquale Moccia. Attesto io sottoscritto Scrivano Ordinario della Suprema Delegazione della Real Casa, e Corte essersi conferito in Capodimonte, Capodichino, Secondigliano, Arzano, Miano, Mianella, Polleca, Piscinola, ed in altri luoghi vicini, e quivi da’ Servienti delle rispettive Corti aver fatto pubblicare questi Bando. Napoli il dì di 20. Settembre 1756. Cristoforo Cordella Scivano.
Salvatore Fioretto
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Dipinto raffigurante una battuta di caccia, con personaggi della corte reale |
Scene di caccia ai tempi di re Carlo, in due dipinti
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