sabato 3 agosto 2019

La ricorrenza del SS. Salvatore per Piscinola. Origini, descrizione storica e prospettive per la promozione di un evento culturale, di fede e di folclore, di origini antichissime


I FESTEGGIAMENTI A PISCINOLA 
IN ONORE DEL SS. SALVATORE 
  
“Solo nella tradizione  è il mio amore”

Pier Paolo Paolini



“La forza dei napoletani  sta in questo: 
nel loro carattere,  nella loro tradizione,  nelle loro radici”

Marcello Mastroianni
             
Di Salvatore Fioretto
    




Cenni storici, origini ed etimologia di Piscinola
Il territorio in esame è il quartiere di Piscinola, il cui toponimo, Piscinula, si riferisce sicuramente a un antichissimo sistema idraulico, composto di piscine e di vasche, la cui presenza hanno verosimilmente caratterizzato i connotati del primitivo insediamento abitativo, già esistente nel I sec. a.C.
Ricostruzione storica della regione della Liburia, durante in periodo ducale, opera dello storico Bartolomeo Capasso (copia)
La notizia storica più antica che attesta l’esistenza di Piscinola è riportata nella "Historia Miscella", attribuita allo scrittore Landolfo Sagace (Landulfus Sagacis), vissuto a cavallo dell’IX secolo e la prima metà del X secolo, che è, a sua volta, una rivisitazione della "Historia Romana", scritta nel VIII secolo da Paolo di Varnefrido, meglio noto come Paolo Diacono, monaco del convento di Montecassino; ebbene, secondo tali fonti, nell’anno 536 d.C., alcuni abitanti della Villa di Piscinula, allora esistente e ben popolata, furono trasferiti dal generale Belisario per ripopolare la città di Napoli, dopo che l’intervento di assedio delle truppe longobarde, comandate dallo stesso Belisario, aveva decimato la popolazione residente.



Origini del culto per il SS. Salvatore, la “Terra del Salvatore”, il patronato
Da fonti attendibili si apprende che una comunità di monaci Benedettini, stabilitisi nell’Isola di Megarite (Attuale sito dove si erge Castel dell’Ovo, all’epoca staccato dalla terraferma), denominata Insula Salvatoris, possedeva a Piscinola una “grancia”, vale a dire un appezzamento di terreno, che fu chiamato dalla popolazione locale (per appellativo prediale), “Terra del Salvatore”: proprio per indicare l’appartenenza del luogo al monastero dei Benedettini.
Affresco della Trasfigurazione (XVII sec.) di ignoto, rinvenuto nel retro della cantoria dell Chiesa del SS. Salvatore


Nell’opera letteraria di Antonio Chiarito, “Commento Istorico-critico-diplomatico sulla Costituzione De Instrumentis Conficiendis Federico II”, si trova un riferimento a questo toponimo: “Iudex Petrus de Flore dictus Amalfitanus tenet a monasterio S. Petri ad Castellum quandam terram mediorum trium, sitam in villa Piscinule pertinentie Neapoli, cuius fines sunt hii, cum Terra Sancti Salvatoris de predicto loco Piscinule e cum terra […]”.
Dai continui contatti avuti con i monaci del Salvatore, e forse anche per il loro spirito missionario, deriverebbe quindi l’antico culto degli antichi abitanti verso il Gesù Trasfigurato, ossia il Santissimo Salvatore, tanto da determinarne, nei secoli che seguirono, la Sua elevazione a “protettore” speciale della loro comunità, all’epoca racchiusa in Casale. Al Santissimo Salvatore è stata dedicata, infatti, fin dal XX secolo (intorno al 950), quindi in pieno periodo normanno, anche la chiesa principale del Casale. Si legge, in una carta celebrata il 20 di agosto del 1323, che: “…i paesani di esso villaggio avuto avessero un culto speciale verso il SS. Salvatore”.

Cronotassi della storia di Piscinola, redatta dallo storico dott. F.B. Sica


Questo culto particolarissimo verso il Santissimo Salvatore, oltre al toponimo, ha sempre contraddistinto e accompagnato, per oltre mille anni, le vicende civili e religiose, sia liete che tristi, dell’intera comunità piscinolese. Infatti, durante le varie amministrazioni che si susseguivano nel governare il territorio: dal Casale, all’Università, dal Decurionato al Comune autonomo (fino al 31 dicembre 1865), il SS. Salvatore è stato sempre considerato il patrono di Piscinola, con la festa civile fissata il giorno 6 agosto. Tanto è radicata la Sua figura storica e la Sua valenza civica, che in antico, specie durante il periodo del Viceregno Spagnolo (1504 -1707), fuori alla chiesa del Salvatore si soleva far adunare l’Università di Piscinola (ossia il primitivo Comune), per discutere dei problemi urgenti, come, ad esempio, quello di “riscattarsi” contro la prospettata vendita del Casale di Piscinola: perché era un luogo sacro e caro a tutti i piscinolesi, davanti al quale venivano chiamati ad adunarsi, con il suono a distesa delle campane della chiesa parrocchiale.


Dal toponimo all’anagrafe, la presenza del Salvatore... 
Quindi i continui contatti avuti nel Medioevo, con i monaci del monastero del SS. Salvatore di Napoli, hanno sicuramente contribuito a far nascere negli abitanti questa antichissima devozione, molto particolare, verso il Gesù Trasfigurato, il cui culto fu importato in Italia meridionale dalla Grecia, dove il Salvatore era venerato adorato, con l'appellativo di "Divina Sapienza".
Confini geografici del Casale di Piscinola


E come in ogni centro, piccolo o grande che sia, il nome del Patrono ha caratterizzato oltre la storia e il toponimo del territorio anche l’anagrafe, infatti si può dire che in ogni famiglia, storicamente originaria del posto, si conta almeno un “rampollo” con il nome di Salvatore. Una tradizione nata per suggellare uno speciale “patto”, tra il Patrono, il territorio e la sua comunità: un autentico legame storico-antropologico verso la figura del Salvatore che, come si è già detto, ha caratterizzato sicuramente la storia e le vicende umane di questo luogo.


Il culto, la fede popolare, le opere missionarie in onore del SS. Salvatore

Gli abitanti di Piscinola hanno diffuso il culto per il SS. Salvatore anche lontano Piscinola e l’Italia, come in India, in Madagascar. Negli anni ’50, a seguito dei rapporti di "gemellaggio" sorti tra il parroco dell’epoca, Don Angelo Ferrillo e il padre missionario del PIME, don Nicola Frascogna, la comunità di Piscinola esportò il culto per il SS. Salvatore fino alla lontana terra d’India.

Nel libro "Come Francesco", di Ferdinando Germani, (ediz. PIME, anno 1981), si legge: "[...] Padre Frascogna tornò nel, per riprendere il suo lavoro, che crebbe a dismisura, dopo che un suo amico sacerdote, don Angelo Ferrillo, parroco di Piscinola (Napoli) gli aveva proposto di stringere un "gemellaggio" tra la sua chiesa dedicata al "SS. Salvatore" e una nuova chiesa da costruirsi in India con il medesimo titolo. 
La proposta così allettante fu subito preso a volo dal Padre Frascogna e senz'altro s'impegnò a realizzare nel più breve tempo possibile una chiesa dedicata al SS. Salvatore nel villaggio di Molgaturu."

Per sostenere questo gemellaggio per le opere missionarie intraprese da Padre Frascogna, concorsero moltissime famiglie di Piscinola, che aderirono con entusiasmo alla proposta di don Ferrillo, impegnandosi a dare un contributo mensile fisso in denaro. Diverse ragazze diedero il loro aiuto, realizzando dei bei lavori in ricamo, in filo e a maglia, la cui vendita consentì di contribuire non poco alla causa missionaria. Altre due chiese intitolate al SS. Salvatore furono edificate in altri luoghi della terra di Missioni. Alla fine i Piscinolesi donarono alla chiesa indiana, considerata “la figlia della chiesa di Piscinola”, un grande dipinto, raffigurante il Patrono a grandezza naturale, che tutt’oggi è esposto e venerato.


La festa patronale nella storia e nella letteratura: le testimonianze autorevoli



Da tempi immemorabili, nell’antico borgo di Piscinola si organizzavano i solenni festeggiamenti in onore del SS. Salvatore; festeggiamenti che richiamavano curiosi e appassionati sia dal centro cittadino che dalla sua periferia e anche oltre; ma non erano solo cittadini comuni a partecipare, infatti di questo evento ne hanno parlato diversi scrittori nelle loro opere letterarie, come ad esempio la grande scrittrice e giornalista Matilde Serao che pubblicò sulla testata de "Il Giorno", il 15 luglio 1904, un racconto, poi successivamente inserito nel libro "I Mosconi": Ecco il testo: […] “Ecco che, con l’estate grave ed asfissiante, con le prime spiche che si arrosolano agli angoli delle vie, sui fornelletti portatili, fumicano nei caldaioni trascinati sulle rotelle, con i primi cocomeri che rosseggiano sulle bancarelle, alla novissima luce dell’acetilene, tutti i vicoli di Napoli, tutte le strade dei sobborghi, tutte le piazza dei paesi suburbani diventano il regno il trionfo, l’apoteosi della festicciola. Oh, la classica, la tipica festicciola, fantasmagoria luminosa della nostra infanzia lontana, gioia degli scugnizzi, delizia delle sartine, felicità ineffabile di tutti gli inquilini delle case circostanti, che il profumo dell’olio gocciante delle lampadine policrome e i vibranti colpi di grancassa delle musiche campagnuole, mantengono in uno stato di eccitamento piacevolissimo fino a tarda ora di notte!
Quale istituzione più paesana, più indigena di questa? E quale manifestazione più caratteristica dei sentimenti di fede e di arte di un popolo amante dei colori, delle musiche, degli spari, che improvvisa una festa con quattro stracci rossi e azzurri, una frangia dorata e quattordici bicchierini di vetro colorato? E, dal giugno all’ottobre, è tutto una sfilata di santi, tutta una fioritura di festicciole, tutta un’orgia di lampadine, di ferze, di fuochi pirotecnici e di bande. Ogni strada di Napoli, dalla fastosa Pignasecca al modesto vico Scassacocchi, ha, in questi cinque mesi, il suo santo e la sua festa; e ad ogni otto passi v’imbattete in una fuga di archi luminosi, in una Kermesse di castagnari, nocellari e torronari, e ad ogni cantonata vi arriva all’orecchio la gaia voce del venditore di gelati a un soldo o uno squarcio del Trovatore o della Cavalleria Rusticana, massacrato da una banda che non è di malfattori, ma che si direbbe tale… E Miano, Piscinola, Marianella, sfoggiano anch’essi i loro lumi colorati e le loro bandiere, e San Giovanni a Teduccio, Portici e Resina, diventano tutto un caleidoscopio luminoso e disseminano le notti di punti d’oro, di rubini e d’ametista, schiudentisi nel cielo come strani fiori di luce…

Tutto questo fa sorridere, forse, lo scettico; fa strizzire, forse, l’uomo nervoso, a cui gli spari e i tromboni danno l’emicrania; ma il sognatore, ma colui che rievoca le ricordanze lontane, ma colui che vede in ciascuna di queste festicciole un poco dell’anima napoletana, anima vibrante ed entusiastica, è lieto in fondo, di questi lumi, di queste musiche, di questa piccola straccioneria clamorosa e simpatica, e si commuove, anche, un poco, alla gaiezza dei monelli seminudi che fanno le capriole innanzi ai palchi delle musiche, e alle tenerezze delle coppie d’innamorati che passeggiano sotto gli archi scintillanti, in abito di festa, con un sorriso sul labbro e un raggio di contentezza negli occhi… E pensa, il sognatore, che il nostro popolo si contenta di tanto poco, che vale, veramente la pena di benedire a ciò che gli dà un quarto d’ora di felicità, anche che sia meschino o banale, anche che i tromboni stonino e le lampadine sentano di moccolaia!".

Mentre la scrittrice Giovanna Altamura, nel suo libro di novelle, “La rivolta dell’umanità”, ricordava: “Quella scuola e le due chiese sono i fulcri intorno ai quali gravita ancora oggi la vita religiosa e civile del paesino, diventato appena un lembo d’uno dei rioni estremi della città. E che feste meravigliose che vi fanno! Ogni occasione è buona, ogni ricorrenza dà lo spunto per una festa, […]".

Una banda musicale per la festa del Salvatore: Il "Corpo musicale di Piscinola"
La principale espressione dei festeggiamenti in onore del SS. Salvatore è stata, da tempo immemorabile, la banda musicale di Piscinola, nata proprio per accompagnare le celebrazioni, sia civili che religiose, svolte durante la festa patronale. Della vocazione musicale radicata nel quartiere di Piscinola si trovano, infatti, diverse tracce antiche, come ad esempio nel poemetto in vernacolo scritto nel 1787 dal cavese Nunziante Pagano, dal titolo: “Mortella D’Orzolone, Poemma Arrojeco”. Nel canto II, troviamo la seguente strofa, nella quale è citata Piscinola:
[…] A Ppasca, e ffuorze fuorze a Carnevale,
Chella respose, e nce vo fa no nvito
De quanta nce nne stanno a sto Casale,
Pe fa fa annore a mmene, ed a lo Zito:
E ppe nce fa na festa prencepale,
Nce vo chiammà li suone de Melito, 
De Pescinola, Pollica, e Cchiajano, 
e dde Marianella e dde Mugnano.
Mmperzò, Petrillo mio, conto le juorne
Pe nzi che non se fa sta parentezza;
Uh se navimmo d’allommare forne!
Uh se nce penzo moro d’alleggrezza! […]

Il complesso musicale bandistico di Piscinola, durante i festeggiamenti del SS. Salvatore, foto anni '50
All’’inizio del ‘900 a Piscinola già preesistevano due corpi musicali distinti, denominati “‘A surgità vecchia” e “‘A surgità nova”, che si riunivano nei locali dell’associazione “SS. Salvatore e Addolorata”, in piazza Municipio. Poi con gli anni divennero un unico corpo musicale, come dimostra la foto della banda, datata intorno al 1922, ripresa sulla banchina della stazione della Ferrovia Napoli Piedimonte d’Alife.
Il direttore musicale più antico che si ricordi è stato il maestro piscinolese Onofrio Piccolo, già maresciallo e musicista della banda della Regia Marina. Il quel periodo la banda di Piscinola prese il nome di “Concerto Musicale Giuseppe Martucci”, in onore del famoso compositore di musica nativo di Capua.
La banda musicale raccoglieva i ragazzi piscinolesi dell’epoca, che avevano la vocazione per la musica. Nel secondo dopo guerra la banda fu ripresa e ampliata dal maestro Pasquale Santoro, originario di Salerno e intitolata “Concerto Musicale Onofrio Piccolo”, in onore del maestro Piccolo, ormai scomparso.
Il complesso musicale bandistico di Piscinola, durante i festeggiamenti del SS. Salvatore, foto anni '50
Seguì, nel 1948, la direzione del maestro Gaetano Azan, originario di Frignano Maggiore, arrivando a raccogliere oltre quaranta componenti, oltre a una decina di solisti. In tale periodo la banda musicale prese le caratteristiche di cosiddetta Banda di Giro, perché oltre ai festeggiamenti di Piscinola, partecipava alle cerimonie e ai festeggiamenti patronali in diversi comuni del circondario della provincia di Napoli e Caserta, tra le quali: Miano, Secondigliano, Monte di Procida, Casaluce, Frignano, S. Marcellino, Trentola, Ducenta e alte località, anche del basso Lazio. Nel 1951 il complesso musicale, ridenominato definitivamente “Corpo Musicale Piscinola,” ritornò alla direzione di Santoro. La storica banda è sopravvissuta fino agli inizi degli anni ’70, con il maestro Salvatore Longo. Diversi musicisti componenti della banda hanno continuato la loro passione all’interno di altri complessi musicali locali e, alcuni, anche in importanti corpi musicali, come l’Orchestra Sinfonica della RAI e la banda dei Carabinieri.
La banda di Piscinola fu sempre amata e apprezzata dai Piscinolesi, che la ricordano ancora oggi con immutabile affetto, tanto che durante le tombolate natalizie, al numero “55”, che nella smorfia napoletana simboleggia “la musica”, si suole usare l’espressione: “‘A musica ‘e Piscinule!”.

I  festeggiamenti in onore del SS. Salvatore 
Già nel mese di giugno, durante lo svolgimento della processione del Corpus Domini, il “comitato dei festeggiamenti” issava la “bandiera”, tra gli applausi dei partecipanti. La “bandiera” era un grosso quadro con l’immagine del SS. Salvatore e simboleggiava l’impegno assunto dal “comitato” di preparare i festeggiamenti nel corso di quell’anno. Il quadro, circondato da lampadine, rimaneva esposto fino al giorno di inizio della festa.
Il sabato precedente la festa, si eseguivano in piazza B. Tafuri dei giochi collettivi, come la “corsa nei sacchi”, “l’albero della cuccagna” (qui detto “Palo ‘e sapone”), il “tiro della fune”, la gara di velocità nel mangiare meloni rossi oppure delle pietanze (senza l’uso delle mani) e il classico “braccio di ferro”. Alla sera interveniva, poi, la banda musicale di Piscinola e si ricordavano i “Caduti di tutte le guerre”, deponendo una corona di alloro sulla lapide monumentale, situata in Piazza Municipio. Dopo la cerimonia, la banda eseguiva un concerto musicale in Piazza B. Tafuri.
Immagine del SS. Salvatore esposta sull'altrare maggiore, in ocasione della ricorrenza patronale, foto anni '50
All’alba della domenica erano fatti esplodere dei mortaretti in Piazza B. Tafuri (detta “Diana”), per annunciare a tutti l’inizio della festa patronale, dedicata al SS. Salvatore.
A mezzogiorno era celebrata in chiesa una Messa solenne, che veniva ascoltata in tutte le vie del quartiere, per mezzo di altoparlanti. Nel primo pomeriggio cominciava il raduno dei partecipanti alla processione.
Partecipavano tutte le Associazioni Cattoliche Operaie del posto; in particolare le sei Associazioni presenti negli ultimi anni: “SS. Salvatore”, “Madonna de Loreto”, “Madonna delle Grazie”, “SS. Crocifisso-S. Vincenzo”, “Madonna del Carmine-Sant’Anna” e “Santissimo Sacramento”.
Cartolina turistica, con l'altare maggiore della chiesa parrocchiale, prima della trasformazione degli anni '50
Ogni Associazione partecipava con lo stendardo e la bandiera e con tutti i soci vestiti in abiti da festa, con tracolle colorate e collari identificativi in argento. In prima linea sfilavano i soci ed il governo della storica Arciconfraternita del SS. Sacramento, guidati dal loro “superiore” in carica.
Alla processione partecipavano anche i gruppi di preghiera, i ragazzi dell’Azione Cattolica ed i bambini del corso di prima comunione. I maschietti vestivano con pantaloncino blu, camicia bianca e basco blu e con una bandierina tricolore portata a spalla, mentre le bambine indossavano gli abiti bianchi della Prima Comunione.
Seguiva il corteo dei chierichetti vestiti con i sai bianchi e rossi e, infine, il Parroco ed il Viceparroco con gli abiti ecclesiastici da cerimonia. Alla testa della processione procedeva la banda musicale di Piscinola, che si esibiva con marcette festose e trillanti.
Tutto si svolgeva con un ordine e una precisione sorprendente. I bellissimi stendardi sormontati da piume e le bandiere delle Associazioni emanavano uno sfavillio di colori e trasmettevano a tutti gioia e commozione…
Intorno alla metà degli anni ’50 del secolo scorso, si usava rappresentare la funzione del “Volo dell’Angelo”. Una bambina vestita di bianco, recitava il ruolo di un angelo. Opportunamente imbragata, veniva ancorata a un particolare dispositivo di funi e carrucole, tese tra l’edificio scolastico e la palazzata opposta, e fatta calare lentamente sulla piazza B. Tafuri, nel punto dove sostava l’immagine del Salvatore. A metà altezza, la bambina recitava alcune poesie e cospargeva la statua del Salvatore di petali di fiori colorati, tra l’applauso e la commozione dei presenti.
La processione percorreva, quindi, Via SS. Salvatore, Via Napoli, Via Vecchia Miano e Via V. Veneto; poi ritornava in Piazza B. Tafuri e proseguiva per Via Vittorio Emanuele, Via Madonna delle Grazie e, infine, ritornava in Piazza B. Tafuri. La conclusione della processione era salutata dallo sparo di mortaretti e fuochi pirotecnici.
Il corteo era accolto dagli abitanti con lancio di petali di fiori dai balconi e dalle finestre, addirittura anche dai tetti. Le donne esponevano con vanto dai balconi le più belle coperte di seta che avevano nel loro corredo nuziale. I fuochi pirotecnici e le “batterie” di mortaretti, che i Piscinolesi facevano esplodere, avevano l’intento di omaggiare il passaggio del loro illustre Protettore, per averne protezione e buona salute l’anno seguente, ma anche per auspicare un raccolto abbondante nei campi.
Processione in occasione della festa patronale del SS. Salvatore, foto anni '50
Dopo la processione, la banda di Piscinola prendeva posto sul palco ed eseguiva ancora un variegato concerto sinfonico, diretto dal maestro, che si sistemava su un podio. Durante la festa del SS. Salvatore era d’obbligo per ogni famiglia invitare parenti lontani e amici, per poi cucinare il piatto tipico dell’evento, che era a base di peperoni imbottiti (‘e puparuole ‘mbuttunate). Era motivo di vanto per i piscinolesi far partecipare anche chi non era del posto a questa gioia collettiva. La gente dopo la processione soleva fare lunghe passeggiate sotto le luminarie “accese” (‘a lummata) e recarsi a mangiare la famosa zuppa di cozze con salsa piccante, servita ai tavolini dei venditori, detti “‘e cozzecari”. I banchetti venivano sistemati in “Piazza”, in Via Vecchia Miano ed in altri luoghi soliti del quartiere.
Processione in via del Plebiscito a Piscinola, foto anni '50
I ragazzi si divertivano con il lancio delle palle di legno contro le “buatte” e col tiro a bersaglio, attraverso i fucili ad aria compressa. Si dovevano colpire e far cadere dei regali sistemati su delle mensole. Si giocava anche con i palloni colorati, con “‘e franfellicche”, le trombette di cartone, i pulcinella canterini (che erano manovrati a guisa di marionetta) ed altri semplici ma incantevoli strumenti di gioco. Per l’occasione erano anche allestite giostre e barchette dondolanti.
Non mancavano le bancarelle del torrone, quelle dello zucchero filato, le bancarelle dei meloni (‘e mullune russe ‘e ffuoco) e quelle dei fichi d’india (‘e figurine). 
Cartolina turistica di Piscinola, anni '50
I fichi d’india erano posti in palio e si vincevano quando un giocatore centrava con la punta di un coltello uno di essi, opportunamente adagiati dentro dei canestri (azzeppare ‘e figurine).
I giocatori dovevano, però, pagare un importo prestabilito per ogni tentativo... Si giocava anche ad una specie di “roulette”, costituita da un indice con molla di ferro a punta, che veniva fatta ruotare tra chiodi fissi e carte da gioco disposti a cerchio. Se la punta si fermava in corrispondenza della carta del "re di denari" si vinceva un premio consistente, se invece si fermava in corrispondenza delle altre figure di re, si vinceva un premio minore. Il lunedì sera si svolgeva la “vendita all’asta” dei prodotti raccolti.
Processione durante la festa patronale del SS. Salvatore, foto anni '50
Questi erano di solito: polli, conigli, anatre, fagioli, bottiglie di liquori, barattoli di pomodori passati e prodotti alimentari vari (salumi, dolci, ecc.), piatti di baccalà e altre pietanze, tutti offerti durante la “questua”. 
La vendita all’asta era condotta sul palcoscenico di Piazza B. Tafuri da un banditore improvvisato. Nell’intermezzo tra due aggiudicazioni, venivano eseguiti dalla banda, che pure partecipava, brevi brani musicali. Alla fine dell’asta venivano fatti esplodere i fuochi pirotecnici.
Lo sparo di questi fuochi costituiva una vera e propria gara tra le Associazioni, con tanto di premiazione, per le diverse tecniche di tiro. 
Immagine del SS. Salvatore distribuita dal comitato festa
C’era, infatti un premio per la “bomba di apertura”, un premio per il “finale” ed un premio per la “bomba di tiro”. Per le gare pirotecniche erano chiamate le migliori ditte specializzate della Campania e non. In genere, i fuochisti (‘e fuchisti) che si esibivano durante la festa erano quattro, oltre a quelli che partecipavano ai fuochi fatti esplodere durante la processione.
I Piscinolesi erano entusiasti di quella festa di colori e “correvano” a godersi l’evento sui tetti delle case dei vicini e dei parenti, da dove si poteva ammirare meglio lo spettacolo.
Si racconta che i “fuochi del SS. Salvatore” erano così famosi per la loro bellezza, che ogni anno accorrevano ad ammirare lo spettacolo pirotecnico molti visitatori dalla Provincia e anche da fuori Regione; un po’ come oggi avviene per i festeggiamenti della vicina Mugnano, durante la festa di ottobre. 
Il martedì era il giorno che chiudeva i festeggiamenti ed era dedicato al concerto canoro di canzoni napoletane, classiche o di musica leggera; spesso, venivano assoldati cantanti reduci dall’ultimo Festival di Napoli, ma anche vere stars della TV e della musica leggera italiana. Ricordiamo tra questi: Nino Taranto e Mia Martini, che parteciparono con un loro spettacolo agli ultimi festeggiamenti degli anni ‘70 e ‘80. 
Processione durante la festa patronale del SS. Salvatore, in via Plebiscito, foto anni '50 (Ass. Crocifisso e S.Vincenzo)
Anche il complesso degli “Showmen”, con il celebre cantante piscinolese Mario Musella, si sono esibiti diverse volte durante i festeggiamenti patronali.
La festa del Salvatore era anche un’occasione di divertimento e di gioco per i più piccoli. In questa ricorrenza si eseguivano dei giochi un po’ “piedigrotteschi”, con utilizzo di “attrezzi”, che venivano comprati dai genitori appositamente per l’evento.
Ricordiamo la “palla di sabbia” con la molla, la “trombetta con fischietto” e coi “riccioli” di carta (trumbettella), la “lingua di Menelike” di carta, i palloni gonfiati con “elio” o con “aria”. Quelli con “elio” si tenevano legati a un braccio con uno spago, perché rischiavano di volare via, mentre quelli ad “aria”, avevano un rivestimento di plastica con due colori e si palleggiavano con una mano, attraverso un elastico.
Durante i festeggiamenti degli anni 1977 e 1978, le luminarie, che “abbracciarono” con le loro coreografie luminose tutte le strade di Piscinola, furono particolarmente belle: Via V. Veneto, in particolare, illuminata in quel modo aveva l’aspetto di un immenso “tunnel luminoso”, composto da centinaia di migliaia di luci colorate. Nel 1978 fu anche allestita sulla facciata della chiesa del SS. Salvatore una sontuosa e altissima scenografia, detta “porta”, composta da migliaia di lampadine, che raffiguravano, quando erano “accese”, la facciata di un’altra chiesa, con un’alta cupola ed i campanili ai due lati.
Dopo il terremoto del 1980, questi festeggiamenti si svolsero, anche se in tono minore, solo negli anni 1987 e 1988.

Momenti nostalgici della festa, raccontati con gli occhi di un bimbo… (tratto da un racconto di A. M. Montesano, pubblicato su "Piscinolablog")

““Guagliù, ‘e pale, stanno mettenn’‘e pale!”, era il grido che preannunciava la festa del sei agosto a Piscinola, intitolata al SS. Salvatore. Ed era tutto uno spiare e intralciare l’operato degli uomini intenti a piantare i pali azzurri su cui sarebbero state montate le luminarie! Anche quando le luci erano ancora spente, sembrava che la monotonia di un’estate non sempre benedetta dai bagni di mare si accendesse improvvisamente di colori e promesse. Quando, poi, finalmente, risplendevano le luci, il quartiere diventava un mondo incantato, dove ogni moccioso era Aladino e ogni bimbetta una principessa. Già una settimana prima del 6 agosto, la musica della banda di Piscinola, seguita da una schiera di monelli, risuonava per le strade e raggiungeva i contadini devoti, che offrivano galline, formaggi e prodotti della terra, e i commercianti che donavano gli articoli della loro bottega; il tutto, poi, la sera della festa, sarebbe stato venduto all’asta che, da noi, veniva detta ‘a vénneta.
Processione in via Vecchia Miano, anno 1988
Qualche giorno prima del sei Agosto, già si sentiva per tutto il quartiere si provava l’impianto di amplificazione diffuso in ogni angolo, dal microfono piazzato sul palco di piazza B. Tafuri sul quale si sarebbero esibiti numerosi cantanti. E, poi, finalmente, arrivava il giorno della festa. Già nel pomeriggio, le donne, in attesa del passaggio della processione, esponevano ai balconi le loro più belle coperte di seta o di damasco, le più preziose lenzuola ricamate a mano e, a passare tra tutto quello sventolio di drappi colorati, pareva di percorrere le pagine delle Mille e una notte.
Processione in via Vecchia Miano, anno 1978
Poi, un lontano, accorato suono di strumenti musicali annunciava la banda che andava a prelevare i membri delle varie associazioni religiose: quelle del Sacramento, dell’Addolorata, S. Giuseppe e SS. Salvatore, della Madonna delle Grazie, della Madonna di Loreto, del Crocifisso, che si distingueva per le piccole luci nei taschini delle giacche dei soci, i confratelli della congrega del Sacramento e le donne dell’Azione cattolica, devote al Cuore di Gesù e che sfilavano portando sul petto e sulla schiena un “abetiello” con un grande cuore rosso.
Le associazioni e la banda, diretta dal maestro Santoro, si recavano, poi, in piazza, attendevano l’arrivo dei sacerdoti e della statua del Salvatore, sorretta dai volontari, e iniziava la processione a cui si accodavano le fanciulle in abito da prima comunione e molti fedeli.
Processione in via Vecchia Miano, anno 1988
Il corteo si snodava sott’’a chiesa, for’a vienova, per via Napoli, ‘ncopp’o principino e, finalmente, arrivava o’ cap’e coppa, dove tutti noi eravamo in attesa, per poi proseguire per via Vittorio Emanuele e ritornare in piazza. Chi in strada e chi dai balconi era pronto, con cesti profumati, per spargere sul santissimo petali di fiori variamente colorati e profumati; qualcuno si inginocchiava davanti alla statua del Salvatore per grazie ricevute o da richiedere.
La sera, bambini e genitori, tutti in ghingheri, provenienti non solo dal nostro quartiere ma anche da quelli vicini, si avviavano allegramente verso la piazza che si rivelava un trionfo di luci e di bancarelle sulle quali troneggiavano montagne di torroni di ogni colore e consistenza o secchi con gli spinosi frutti del fico d’India che il contadino provvedeva a sbucciare e ad offrire in punta di forchetta; ma i banchi più affollati erano quelli che offrivano le saporose e insuperabili zuppe di cozze: le famiglie vi si spaparanzavano intorno, gustando sapori, odori, colori e la musica e le voci che erompevano dal palco, interpretando le più celebri canzoni napoletane e anche qualche brano d’opera.
Momento conviviale durante i festeggiamenti del Salvatore, presso la trattoria Sarnacchiaro, foto anni '60
Più in là, tra le risate del pubblico, avveniva la famosa asta. 
Alla fine del concerto, le famiglie ritornavano a casa ma la festa non era ancora finita: chi poteva saliva sui tetti per ammirare al meglio il finale, gli splendidi fuochi d’artificio dei migliori fuochisti di Napoli. A mezzanotte, nell’aria tersa e nel silenzio delle strade, le voci si propagavano da un tetto all’altro con grande sonorità e chiarezza; esplodevano i fiori violetti, verdi, azzurri, seguiti da cascate di argento e d’oro ed era tutto un intrecciarsi di commenti. Poi, tutto taceva, la festa era finita e la gente ritornava in casa tra il sogno e il rimpianto, mentre i fumi dei fuochi solleticavano ancora le narici e il cuore.”

Valore comunitario del Salvatore e significato antropologico-culturale della “festa”
I festeggiamenti del SS. Salvatore a Piscinola un tempo rappresentavano come un “baricentro antropologico”, una sorta di forza di coesione, capace di aggregare e amalgamare un’antica realtà comunitaria, semplice e genuina, i cui valori erano stati perpetuati nei secoli dalle usanze della civiltà contadina. Purtroppo gli eventi che seguirono l’infausto sisma del 1980 hanno sconvolto il Quartiere, disperdendo molti dei suoi abitanti e generando una specie di spartiacque generazionale, tra realtà presente e il passato, con la perdita delle sue tradizioni e dei valori. Questo “disordine” ha praticamente causato, con il trascorrere degli ultimi decenni, l’interruzione di ogni rapporto comunitario tra gli abitanti e il territorio. Sono sopraggiunte, poi, tante forme di degrado sociali e non, alimentate anche da una mancata rivalorizzazione del tessuto urbano di Piscinola. La realizzazione massiva nel quartiere di nuovi insediamenti abitativi, con il trasferimento di molti nuclei familiari non originari del territorio, hanno fatto il resto...
Momenti della festa patronale, anni '70
Tutto questo ha in gran parte favorito il degrado urbano, la perdita delle tradizioni e il dissolvimento dell'aggregato comunitario, per continuare con la devianza minorile, la diffusione della droga e il radicamento di ogni forma di malavita, organizzata e non. Una conseguenza di questa inesorabile metamorfosi è stata proprio la cessazione di questa bella e antica tradizione piscinolese della festa del Salvatore.
Ma non proprio tutto è andato perduto, perché, nonostante tutto, il 6 agosto, come ogni anno a questa parte, a qualsiasi piscinolese verace che si rispetti, la data non può passare inosservata, ma sta a significare, ancora oggi, "la festa di Piscinola", la rievocazione annuale del suo antico Protettore!
Persiste per fortuna una parte del nucleo antico di Piscinola, con gli abitanti storicamente originari, e proprio da questa persistenza occorrerà ripartire per eseguire una meritoria opera di riaggregazione sociale, coinvolgendo e aggregando i “nuovi arrivati”, per ritornare a formare una comunità coesa. Tutto questo si può fare, mettendo al centro della vita comunitaria, coinvolgendo anche i ragazzi delle scuole, la riscoperta dei valori e delle radici antropologiche del territorio. Il progetto sociale deve però passare attraverso la riscoperta delle tradizioni, in primis attraverso la rievocazione della festa del Santissimo Salvatore.

Prospettive per future azioni di rinascita e di consolidamento della festa patronale
Dopo un lungo periodo di assenza (gli ultimi solenni festeggiamenti furono organizzati alla metà degli anni ’80), nel recente periodo si è riscontrata una ripresa della festa, anche se organizzata in maniera semplice e spontanea e con pochissimi fondi a disposizione. 
Negli anni scorsi, ad esempio, nel giorno 6 agosto, sono stati organizzati dei significativi momenti musicali e altre forme di intrattenimento, tra le quali: un concerto di musica leggera, una mostra fotografica, degli stand enogastronomici, gli immancabili fuochi pirotecnici amatoriali e infine, la celebrazione liturgica solenne nella chiesa parrocchiale.
Si spera di continuare l’opera di ripresa di questa bella tradizione di Piscinola, organizzando un programma di festeggiamenti strutturati, di un certo spessore culturale e folcloristico, che oltre a intraprendere il progetto di recupero esposto al precedente paragrafo, sia capace di innescare anche un volano di ripresa socio-economico del territorio, esaltando le eccellenze enogastronomiche della cucina popolare e l’artigianato locale, cercando così di attirare un flusso turistico, sia provinciale che regionale e, si spera, anche extraregionale, come era un tempo il momento di festa patronale.
Ovviamente la ripresa della festa deve essere organizzata con la produzione di eventi che siano adeguati ai tempi moderni.
Gli obiettivi prefissati su cui lavorare devono essere di tipo ad effetto immediato e a lungo termine. Per i primi, occorre organizzare un nutrito programma di festeggiamenti per la ricorrenza annuale del 6 agosto, con artistiche luminarie in Piazza B. Tafuri e almeno in via Vittorio Veneto, un concerto di musica leggera con artisti sia famosi che esordienti del territorio, un concerto di musica sinfonica bandistica, l’allestimento di stand culinari (zuppa di cozze, frutta di stagione, torroni, dolciumi, ecc.), l’esibizione di fuochi pirotecnici, nonché il momento religioso, con la solenne processione. Il programma a lungo termine prevede il coinvolgimento dei giovani del territorio, con la ripresa della Banda musicale di Piscinola, il recupero della tradizione enogastronomica e dell’artigianato locale, nonché l’organizzazione di gruppi musicali di musica folk e di altro genere.
(Finito di scrivere nel giugno 2018).

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In occasione della ricorrenza del nostro Protettore, il Santissimo Salvatore, di quest'anno 2019, la redazione di "Piscinolablog" porge i più calorosi auguri al Quartiere di Piscinola, a tutti i suoi abitanti, a quanti si chiamano "Salvatore" e a tutti i piscinolesi che sono all'estero, per motivi di lavoro o per scelte di vita.
Questo post è dedicato a tutti i piscinolesi che non sono più tra noi, i quali ebbero sempre nel loro cuore un posto speciale per il SS. Salvatore!
Tanti auguri Piscinola: "La Terra del Salvatore"!!

Salvatore Fioretto
 

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