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giovedì 19 dicembre 2024

Non c'è Natale senza "Tu scendi dalle Stelle"!

Non esiste Natale senza ascoltare almeno una volta la dolce melodia del canto "Tu scendi dalle stelle", composto dal santo marianellese, Sant'Alfonso Maria de Liguori. Il luogo e l'anno di composizione di questo famosissimo canto natalizio è stato molto dibattuto nel corso degli scorsi decenni; infatti, mentre secondo alcuni biografi del Santo le strofe furono pubblicate inizialmente con il nome di "Coroncina a Gesù Bambino" e inserite nel testo: "Operette Spirituali" (VI^ edizione), pubblicato da Benedetto Gessari, a Napoli, nell'anno 1755, per altri, invece, fu composto quando Alfonso si trovava a Nola, durante una Santa Missione popolare, ospite del sacerdote D. Michele Zambadelli, probabilmente nell'anno 1759 (quindi quattro anni dopo la prima fonte).
Di quest'ultimo riferimento si tramanda anche un curioso aneddoto, che vedrebbe il sacerdote D. Michele coinvolto in prima persona... Per descrivere l'episodio, prendiamo in prestito il racconto scritto da P. Celestino Berruti in: "Lo spirito di S. Alfonso Maria de Liguori" (
cap. 22/4) e pubblicato nel sito web "Sant'Alfonso e dintorni". Eccolo:

"Curioso deve dirsi il conoscimento soprannaturale che Padre Alfonso ebbe in missione riguardo ad un sotterfugio di D. Michele Zambadelli, presso cui abitava coi suoi compagni. Il santo compose colà la sua canzone sul Bambin Gesù, che incomincia “Tu scendi dalle stelle”.
D. Michele lo pregò, appena l’ebbe terminata, che gliela facesse copiare. Ma Alfonso rifiutò dicendo che non poteva permettergli ciò, finché non si fossa stampata. Giunta l’ora della predica, Alfonso andò alla chiesa, lasciando il suo scritto nella stanza. D. Michele confidentemente se lo prese per copiare la canzoncina, e fattane una copia, se la pose in saccoccia.
Ora Padre Alfonso in quella sera appunto cantò la detta canzoncina al popolo, perché correva il tempo del Natale di Gesù Cristo. Il sacerdote stava nel coro ad ascoltare. Quando all’improvviso il santo, dimenticandosi alcuni versetti di detta sua canzoncina, disse al chierico, che l’assisteva: “Chiamate subito D. Michele Zambadelli”, il quale sta nel coro, e tiene in saccoccia lo scritto della mia canzoncina; ditegli che me la porti, per poterla proseguire”.
Arrossì D. Michele a questa intimazione; ma poiché osservò che il santo essendosi sovvenuto proseguiva la canzoncina, non vi andò; e neppure ardiva di presentarsi a lui la sera in casa.
Ma il santo lo mandò a chiamare, e gli disse per scherzo di voler fare con lui un contraddittorio per il furto fattogli della canzoncina."

Nel corso dei secoli, il canto natalizio fu reso popolare col titolo di "Tu scendi dalle stelle", che è poi la prima strofa del canto. Esso sarà tradotto in tutte le principali lingue e verrà diffuso in ogni angolo della Terra.
Per capire la sua importanza e universalità, si può osservare che viene cantato
ogni anno dal coro della Cappella Sistina, a conclusione della Santa Messa di Natale, quando il Pontefice si reca in processione a deporre la statuetta del Bambino Gesù, nel presepio allestito all'interno della Basilica Vaticana.
Dopo questo brano, S. Alfonso compose l'altro canto natalizio, anch'esso famoso, interamente scritto in lingua napoletana, che s'intitola: "Quanno nascette ninno a Bettalemme", brano che riprende pressappoco anche l'impostazione e il ritmo musicale di "Tu scendi dalle stelle", al quale abbiamo dedicato negli scorsi anni un apposito post; ecco il link:
Quanno nascette Ninno a Bettalemme

Ecco il testo completo di "Tu scendi dalle Stelle":


"Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo.
O Bambino mio divino,
io ti vedo qui tremar;
o Dio beato!
Ahi quanto ti costò l’avermi amato!
ahi quanto ti costò l’avermi amato!

A te, che sei del mondo il Creatore,
mancano panni e foco, o mio Signore,
mancano panni e foco, o mio Signore.
Caro eletto pargoletto,
quanto questa povertà
più m’innamora,
giacché ti fece amor povero ancora,
giacché ti fece amor povero ancora.

Tu lasci il bel gioir del divin seno,
per venire a penar su questo fieno,
per venire a penar su questo fieno.
Dolce amore del mio core,
dove amor ti trasportò?
O Gesù mio,
perché tanto patir? Per amor mio!
perché tanto patir? Per amor mio!

Ma se fu tuo voler il tuo patire,
perché vuoi pianger poi, perché vagire?
perché vuoi pianger poi, perché vagire?
Sposo mio, amato Dio,
mio Gesù, t’intendo sì!
Ah, mio Signore,
tu piangi non per duol, ma per amore,
tu piangi non per duol, ma per amore.

Tu piangi per vederti da me ingrato
dopo sì grande amor, sì poco amato,
dopo sì grande amor, sì poco amato!
O diletto del mio petto,
se già un tempo fu così,
or te sol bramo:
caro non pianger più, ch’io t’amo e t’amo,
caro non pianger più, ch’io t’amo e t’amo.

Tu dormi, Ninno mio, ma intanto il core
non dorme, no ma veglia a tutte l’ore,
non dorme, no ma veglia a tutte l’ore.
Deh, mio bello e puro Agnello,
a che pensi? dimmi tu.
O amore immenso,
“Un dì morir per te” – rispondi – “io penso”,
“Un dì morir per te” – rispondi – “io penso”.

Dunque a morire per me, tu pensi, o Dio
ed altro, fuor di te, amar poss’io?
ed altro, fuor di te, amar poss’io?
O Maria, speranza mia,
s’io poc’amo il tuo Gesù,
non ti sdegnare
amalo tu per me, s’io nol so amare!
amalo tu per me, s’io nol so amare!"

L'amore di Sant'Alfonso per il Bambinello è stato più volte manifestato nei suoi scritti e soprattutto nella raccolta intitolata: "Canzoncine spirituali". Ricordiamo il libro: "Novena del Santo Natale".
Ecco uno dei tanti scritti, nel quale si evidenzia tutta la dolcezza e l'amore nutriti dal Santo per Gesù Bambino:

"Mio Gesù, Figlio del Creatore del Cielo e della terra, Tu in una gelida grotta hai una mangiatoia come culla, un po’ di paglia come letto e poveri panni per coprirti. Gli Angeli Ti circondano e Ti lodano, ma non sminuiscono la tua povertà.
Caro Gesù, Redentore nostro, più sei povero, più Ti amiamo poiché hai abbracciato tanta miseria per meglio attirarci al tuo amore.
Se fossi nato in un palazzo, se avessi avuto una culla d’oro, se fossi stato servito dai più grandi principi della terra, ispireresti agli uomini maggior rispetto, ma meno amore; invece questa grotta dove giaci, questi rozzi panni che Ti coprono, la paglia su cui riposi, la mangiatoia che Ti serve da culla: oh! Tutto ciò attira i nostri cuori ad amarti!" [...].

Un'altra canzoncina di Alfonso, anche se poco conosciuta, sempre scritta in napoletano, è la delicata "Giesù Cristo peccerillo", eccola:

"Giesù Cristo peccerillo,
mariuolo, acchiappa core,
vuò lo mio? Te teccatillo,
tutto tujo, eccolo cchà.
Si i core de ll'aute gente
Po volisse, Ninno bello,
fatte sulo teaì mente,
cali ffaje spantecà.

ritornello (risponde il popolo dopo ogni due strofe)
Bello Ninnomio d'amore,
Sulo a Te io voglio amà.
Ovvero
Bello mio, Ninno Dio
Io pe Te voglio abbruscià

So craune, e so bruttezza
tutti i gigli, e giusummine;
de sta Faccia la janchezza
fa li Sante addobbeà

Chi è lo Sole 'n Paraviso?
Ninno mio, è sta janchezza;
chino bello, e ghianco viso
mena luce 'nquantità.

ritornello...

Venc' e rrose o russolillo
de sti belle Mascarielle:
mille vase apezzechillo,
chi le bede, t'ha da dà.
Dint'a st'Ucchie sta 'nserrata
tutt' a lluce de le stelle:
chi da st'Ucchie è smecceato
già è feruto, e t'ha da amà."

In questo link si può ascoltare la musica e il canto:

Giusù Cristo Peccerillo 

-----------------------------------------  o  O  o  -----------------------------------------

La redazione di Piscinolablog augura un Sereno Natale a tutti i lettori affezionati e ai simpatizzanti di questa pagina culturale del territorio, sia ad essi che ai loro familiari ed amici!
Buon Natale e ancora Auguri!!

Salvatore Fioretto

 

mercoledì 14 dicembre 2022

Natale e... «La terra è arreventata Paraviso» ! Ricordando S. Alfonso M. de Liguori

A Sant'Alfonso Maria de Liguori abbiamo dedicato negli anni trascorsi diversi post in questo blog, riguardanti sia alcuni episodi della sua vita e sia le numerose opere letterarie, poetiche, ascetiche e dogmatiche da lui scritte e pubblicate; ci piace ricordare anche quest'anno, in occasione della ricorrenza del Natale, il Santo di Marianella, dando però risalto alla sua immensa spiritualità sul tema del Natale e, in particolar modo, sugli affetti riservati al Bambino Gesù, considerato la salvezza dell'Umanità. 

-------------------------------   o   O   o   -------------------------------

S. Alfonso che scrive canzoncine sul Natale

Iniziamo con riportare una meditazione di Sant'Alfonso, che rappresenta come una sorta di richiamo rivolto agli uomini, inducendoli a ricercare, soprattutto interiormente e a vivere conformemente, il significato del mistero del Natale.
Ecco quanto scrive Alfonso:
«Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo
».


Sant’Alfonso, oltre alle opere ascetiche e alle famosissime canzoncine  sul Natale (Tu scendi dalla Stelle, Fermarono i cieli, Quanno nascette ninno a Bettalemme, Gesù Cristo Peccerillo, ecc.), diede ampia dimostrazione del suo estro artistico anche nel campo della pittura, nella quale eccelleva soprattutto con le composizioni a carattere sacro, miranti a raggiungere, come una catechesi figurativa, anche le classi sociali più analfabete e povere della popolazione dell'epoca, soprattutto i contadini e i pastori dei casali e contadi più abbandonati.
Ricordiamo, che da giovane, Egli fu allievo del maestro Francesco Solimena. Il suo primo biografo, padre Antonio Maria Tannoia, scriveva a tal proposito, che nei comuni di Ciorani e Deliceto sant’Alfonso raffigurò «ad olio nei paliotti dell’altare maggiore una bella campagna col mistero della nascita, cioè il santo Bambino adorato dai pastori, con la Vergine e san Giuseppe» (Vita ed istituto del vener. Servo di Dio Alfonso M. Liguori, I, Napoli 1798, p. 8).

Sant’Alfonso nel corso della sua lunga vita non si stancò mai di scrivere affetti e dediche a Gesù fatto Bambino, dimostranti a riguardo una venerazione particolarissima, ne sono una testimonianza le dolci e amorevoli parole di questa preghiera, scritta di suo pugno:
Allegoria della Natività con Sant'Alfonso

“Mio Gesù, Figlio del Creatore del Cielo e della terra, Tu in una gelida grotta hai una mangiatoia come culla, un po’ di paglia come letto e poveri panni per coprirti. Gli Angeli Ti circondano e Ti lodano, ma non sminuiscono la tua povertà.
Caro Gesù, Redentore nostro, più sei povero, più Ti amiamo poiché hai abbracciato tanta miseria per meglio attirarci al tuo amore.
Se fossi nato in un palazzo, se avessi avuto una culla d’oro, se fossi stato servito dai più grandi principi della terra, ispireresti agli uomini maggior rispetto, ma meno amore; invece questa grotta dove giaci, questi rozzi panni che Ti coprono, la paglia su cui riposi, la mangiatoia che Ti serve da culla: oh! Tutto ciò attira i nostri cuori ad amarti!
Ti dirò con San Bernardo: “Più Tu diventi povero per me, più sei caro all’anima mia”. Poiché Ti sei ridotto così, lo hai fatto per arricchirci dei tuoi beni, cioè della tua grazia e della tua gloria.
O Gesù, la tua povertà ha indotto tanti Santi ad abbandonare tutto: ricchezze, onori, corone, per vivere poveri con te povero.
O mio Salvatore, stacca anche me dai beni terreni, affinché divenga degno del tuo santo amore e di possedere Te, Bene infinito.
Ti dirò dunque con Sant’Ignazio di Loyola: “Dammi il tuo amore e sarò ricco abbastanza; non cerco altro, Tu solo mi basti, o mio Gesù, mia Vita, mio Tutto! Madre cara, Maria, ottienimi la grazia di amare Gesù e di essere sempre da Lui amato”.

Altrettanto belle e profonde sono le strofe di questa poesia, che ancor di più ci fanno scoprire un Alfonso profondamente innamorato del Bambinello...

"Bambino mio dolcissimo,
Tu m’hai rubato il cuore!
Bambino mio dolcissimo,
per te ardo d’amore.

Bambino mio innocentissimo,

tu già mi hai innamorato
E questo cor durissimo

per te già è piagato.

Ben mio, ti veggo piangere
E per freddo tremare.
Il cor mi sento stuggere
Né so quello che fare.

Vieni  Gesù, nelle mie viscere.
Vieni mio dolce amore,
e se hai voglia di suggere
suggimi questo mio core.”


Dalle prime strofe della canzoncina scritta da S. Alfonso, "Giesù Cristo peccerillo":

Disegno di S. Alfonso: Gesù bambino che cattura cuori


Giesù Cristo peccerillo,
Mariuolo, acchiappa core,
Vuoi lo mio? Te teccatillo,
Tutto tuojo,  eccolo cchà…!

Si i core de ll’autre gente
Po vulisse, Ninno bello
Fatte sulo tenì mente,
ca li ffaje, spantecà.

rit.: Bello ninno mio d’amore,
Sulo a Te io voglio amà.

 
Il tema della nascita di Gesù viene poi asceticamente trattato dal Santo nell’opera “Novena del Santo Natale”, dalla quale ci piace estrarre due considerazioni apologetiche molto belle, sia dal primo che dal secondo "discorso" della “decina”, come risulta suddivisa l'opera:
Dal "primo discorso":
“L’uomo disprezzando Dio, dice S. Fulgenzio, si partì da Dio; ma Iddio amando l'uomo, venne dal cielo a ritrovare l'uomo. E perché venne? Venne affinché l'uomo conoscesse quanto Dio l'amava e così almeno per gratitudine l'amasse. Anche le bestie che ci vengono appresso si fanno amare; e noi perché siamo così ingrati con un Dio che scende dal cielo in terra per farsi da noi amare? Un giorno, dicendosi da un sacerdote quelle parole della Messa "E il Verbo si fece carne ", un uomo ivi presente, non fece alcun atto di riverenza; allora il demonio gli diede un grande schiaffo, dicendogli: Ah ingrato! Se Dio avesse fatto tanto per me quanto ha fatto per te, io starei sempre colla faccia per terra a ringraziarlo.”
Dal "secondo discorso": “Poteva il Figlio di Dio nel farsi uomo per nostro amore comparire al mondo in età d'uomo perfetto, come comparve Adamo quando fu creato; ma poiché i bambini sogliono maggiormente tirarsi l'amore di chi li guarda, perciò egli volle comparire in terra da bambino, e da bambino il più povero e spregiato che mai tra bambini sia nato, Scrisse S. Pier Crisologo: "Così volle nascere il nostro Dio, perché così voll'essere amato, Avendo già predetto il profeta Isaia che il Figlio di Dio doveva nascer bambino e così darsi tutto a noi per l'amore che ci portava: Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio " (Is. 9, 5)” […]

Bambinello regalato ad Alfonso dalla madre. Museo Casa Redentoristi di Pagani

Con questa breve raccolta di meditazioni spirituali di Sant'Alfonso sulla nascita di Gesù, uno dei misteri più grandi della vita cristiana, porgiamo ai cari lettori l’augurio sincero di tanta PACE e serenità, unitamente alle loro famiglie ed amici, che possano aver inizio da questo Natale 2022...!
Buon Natale a tutti!

Salvatore Fioretto

 

I links dei post natalizi degli anni scorsi, dedicati a S. Alfonso:

http://piscinola.blogspot.com/2013/12/marianella-capitale-della-musica.html

http://piscinola.blogspot.com/2014_12_14_archive.html 

 

http://piscinola.blogspot.com/2020/12/il-grande-santo-di-marianella-alfonso.html

 

Presepe realizzato dall'amico Carmine Cecere

giovedì 24 dicembre 2020

... Contento e riso, la terra è arreventata Paraviso...!! La più celebre pastorale natalizia!

Il grande Santo di Marianella, Alfonso Maria de Liguori, come è noto, fu un delicato poeta e un raffinato compositore di musica sacra, oltre a essere un eccellente musicista; infatti, fin dalla giovane età diede mostra del suo gran talento musicale, attraverso superbe e ammirate esibizioni al clavicembalo, nei più sontuosi e frequentati salotti della nobiltà  napoletana. Alfonso scrisse molte canzoni a tema sacro. Tra le tante "canzoncine" composte (così Alfonso le definiva), molte ebbero per tema la Natività e l'amore che Egli nutriva per Gesù Bambino. Questo attaccamento spirituale al mistero del Natale gli fu trasmesso da sua Madre, Anna Cavalieri, fin dalla tenera età. "Tu scendi dalle stelle" è la canzone natalizia da lui composta in lingua italiana, più famosa e cantata in ogni angolo del mondo, ma altrettanto belle sono anche "Gesù Cristo Peccerillo", "Fermarono i cieli", "A Gesù Bambino nel Presepe"... Sicuramente la più profonda di significati e di allegorie a tema natalizio, è il canto composto in lingua napoletana: "Quanno Nascette Ninno a Bettlemme".
Questa Pastorale, che fu scritta da Alfonso nel dicembre del 1754, ha per tema centrale il grande stupore generato dalla nascita del Salvatore, nel cosmo, sulla terra, nel creato e tra i popoli. Alfonso usa
allegorie e metafore con grande abilità e metrica poetica, seguendo l'ispirazione della corrente musicale barocca, secondo i gusti in auge nel suo tempo (Arcadia), per narrare l'eccezionalità dell'Evento, atteso dagli uomini da millenni: la venuta sulla terra di un Salvatore. Il canto è tutto un crescendo di passione e di amore spirituale verso il Bambinello, arrivando a culminare con l'annuncio dell'Angelo ai pastori: "La terra è arriventata Paraviso!" (La terra è diventata Paradiso!).

Per la "ricorrenza forte" dell'anno, che ci apprestiamo a commemorare tra poche ore, quella del Santo Natale, riportiamo l'intero contenuto del lungo testo del canto, scritto in napoletano e, contestualmente per ogni strofa, la traduzione letterale, in lingua italiana.


Quanno nascette Ninno a Bettlemme (di S. Alfonso Maria de Liguori)

Quanno nascette Ninno a Bettlemme
Era notte e pareva miezo juorno.
Maje le Stelle – lustre e belle Se vedetteno accossí:
E a chiù lucente
Jette a chiammà li Magge ‘a ll’Uriente.

Quando nacque il Bambino Gesù a Betlemme
Era notte ma per lo splendore della luce sembrava mezzogiorno
Mai le stelle furono viste così lucenti e belle,
E la più lucente di esse,
Andò a richiamare l’attenzione dei Magi dall’Oriente.

De pressa se scetajeno l'aucielle
Cantanno de ‘na forma tutta nova:
Pe ‘nsí l’agrille – co’ li strille,
E zombanno a ccà e a llà:
È nato, è nato,
Decevano, lo Dio, che nci'à criato

Ed in fretta si destarono gli uccelli
Iniziando a cantare in un modo inconsueto e tutto nuovo:
Perfino i grilli, con i loro versi,
Saltellavano di qua e di la’
E tutti insieme dicevano: E’ nato, è nato,
Quel Dio che ci ha creati. 

Co’ tutto ch'era vierno, Ninno bello,
Nascetteno a migliara rose e sciure.
Pe'nsí o ffieno sicco e tuosto
Che fuje puosto - sott'a Te,
Se 'nfigliulette,
E de frunnelle e sciure se vestette.

Nonostante fosse inverno inoltrato, caro Bambinello,
Fiorirono a migliaia rose e fiori,
Perfino la paglia di fieno, secco e duro,
Che fu posto nella mangiatoia, dove tu giacqui,
Riprese vita e germogliò di nuovo,
E di foglioline e di fiori si rivestì.

A ‘no paese che se chiamma Ngadde,
Sciurettero le bigne e ascette l'uva.
Ninno mio sapuritiello,
Rappusciello - d'uva sí Tu;
Ca tutt'amore

Faje doce ‘a vocca, e po’ mbriache ‘o core.

In un paese che si chiama Nazaret,
Si generarono i grappoli e maturò l’uva.
Bambino mio dolcissimo,
Sei come un dolce grappolo d’uva;
Come un grande amore,
Rendi dolce la bocca e poi inebri il cuore.

Non c'erano nemmice pe’ la terra,
La pecora pasceva co’ lione;
Co’ e’ caprette - se vedette
‘O liupardo pazzea’;
L'urzo e ‘o vitiello
E co’ lo lupo 'npace ‘o pecoriello.

Non c’erano più nemici sulla terra,
La pecora pascolava in compagnia del leone;
Con il capretto, si vide
Il leopardo giocare,
L’orso e il vitello
E il lupo stava in pace con l’agnello.

Se rrevotaje nsomma tutt'o Munno,
Lu cielo, ‘a terra, ‘o mare, e tutt'i gente.
Chi dormeva - se senteva
Mpiett'o core pazzea’
Pe la priezza;
E se sonnava pace e contentezza.

Insomma tutto il mondo ebbe come un contraccolpo,
Il cielo, la terra, il mare e tutte le genti.
Chi dormiva, avvertì
Il suo cuore battere forte
Per la gioia;
E sognava pace e gioia.

Guardavano le ppecore i Pasturi,
E ‘n'Angelo sbrannente cchiú d’ ‘o sole
Comparette - e le dicette:
No ve spaventate no;
Contento e riso
La terra è arreventata Paraviso.

Ai pastori, mentre erano a custodire le pecore,
Un angelo luminoso più del sole
Apparve loro e disse:
Non temete, no;
Siate allegri e sorridenti
La terra è diventata Paradiso.

A buie è nato ogge a Bettlemme
D' ‘o Munno l'aspettato Sarvatore.
Dint'i panni’ o trovarrite,
Nu potite - maje sgarra’,
Arravugliato,
E dinto a lo Presebio curcato.

Per voi è nato a Betlemme oggi,
Del mondo l’atteso Salvatore.
Dentro panni lo troverete avvolto,
Non potere mai sbagliarvi,
Sta dentro alla mangiatoia riposto.

A meliune l'Angiule calare
Co’ chiste se mettetten' a cantare:
Gloria a Dio, pace in terra,
Nu cchiú guerra - è nato già
Lo Rre d'ammore,
Che dà priezza e pace a ogni core.

Discesero dal cielo milioni di angeli
E assieme a questo si misero a cantare:
Gloria a Dio, pace in terra,
Non più la guerra, è nato già
Il Re d’amore,
Che da' gioia e pace ad ogni cuore.

Sbatteva ‘o core mpietto a ssí Pasture;
E l'uno 'nfaccia all'auto diceva:
Che tardammo? - Priesto, jammo,
Ca mme sento scevoli’
Pe’ lo golío
Che tengo de vedé’ sso Ninno Dio.

Sbatteva il cuore a questi pastori;
E ognuno in faccia all’altro diceva:
Che aspettiamo? Presto, andiamo,
Che mi sento impazzire
Per il desidero
Che ho di vedere questo bambino divino.

Zombanno, comm'a ciereve ferute,
Correttero i Pasture a la Capanna;
Là trovajeno Maria
Co’ Gíuseppe e a Gioia mia;

E 'n chillo Viso
Provajeno ‘no muorzo 'e Paraviso.

Correndo e saltellando, come cervi feriti,
Corsero i Pastori verso la Capanna;
In quel luogo trovarono Maria
Con Giuseppe e Gesù, gioia mia;
E mirando quel viso provarono un pezzo di Paradiso.

Restajeno ‘ncantate e boccapierte
Pe’ tanto tiempo senza di’ parola;
Po’ jettanno - lacremanno
Nu suspiro pe’ sfoca’,
Da dint' ‘o core
Cacciajeno a migliara atte d'ammore.

Restarono incantati e con le bocche aperte
E muti per molto tempo;
Poi emisero, piangendo,
Un sospiro di sfogo,
E da profondo dei loro cuori,
Manifestarono con molti gesti il loro amore.

Co’ a scusa de donare li presiente
Se jetteno azzeccanno chiano chiano.
Ninno no li refiutaje,
L'azzettaje - comm'a ddi’,
Ca lle mettette
Le Mmane ‘ncapo e li benedicette.

Con la scusa di fargli un dono
Si avvicinarono piano piano.
Gesu’ Bambino non li rifiutò
Li accettò (mostrando gradimento)
Mettendo la sua mano sul loro capo
E li benedisse.

Piglianno confedenzia a poco a poco,
Cercajeno licenzia a la Mamma:
Se mangiajeno li Pedille
Coi vasille - mprimmo, e po’
Chelle Manelle,
All'urtemo lo Musso e i Mascarielle.

Prendendo confidenza piano piano,
Chiesero permesso alla Madre:
Riempirono di baci i piedini prima, e poi
Quelle manine,
E, infine, il visino e il piccolo mento.

Po’ assieme se mettetteno a sonare
E a canta’ cu l'Angiule e Maria,
Co’ na voce - accossí doce,
Che Gesú facette: a aa...
E po’ chiudette
Chill'uocchie aggraziate e s'addormette.

Poi insieme si misero a suonare
E a cantare assieme agli angeli e a Maria,
Con una voce, così dolce,
Che Gesù prima sbadigliò…
E poi socchiuse
Quegli occhi aggraziati e si addormentò.

La nonna che cantajeno mme pare
Ch'avette ‘a esse chesta che mo’ dico.
Ma ‘nfrattanto - io la canto,
Mmacenateve de sta’
Co li Pasture
Vecino a Ninno bello vuje pure.

La ninna nanna che cantarono
Mi sembra la stessa di quella che ora vi dico.
Ma mentre io la canto, immaginate
Di stare  con i pastori
Vicino al bel Bambino anche voi.

Viene suonno da lo Cielo,
Viene e adduorme ‘sso Nennillo;
Pe pietà, ca è peccerillo,
Viene suonno e non tarda’.
Gioia bella de sto core,

Vorria suonno arreventare,

"Vieni sonno dal cielo,
Vieni e addormenti questo Bambino;
Per pietà, perché è piccolino,
Vieni sonno e non tardare.
Gioia bella di questo cuore,
Vorrei sonno diventare,

Doce, doce pe’ te fare
‘Ss'uocchíe bell'addormenta’.
Ma si Tu p'esser'amato
Te sí fatto Bammeníello,
Sulo ammore è o sonnaríello
Che dormire te pò fa’.

Dolce, dolce per fare
Addormentare questi belli occhi
Ma se tu per essere amato
Ti sei fatto bambino,
Solo amore è quel sonnellino,
che può farti dormire.

Ment'è chesto può fa nonna,
Pe Te st'arma è arza e bona.
T'amo, t'a’...
Uh sta canzona
Già t'ha fatto addobea’!

T'amo Dio - Bello mio,
T'amo Gíoja, t'amo, t'a’...

Se è così puoi dormire,
Per te quest’anima è tutt’ardente.
Ti amo, Ti amo… Uh questa canzone
Già ti ha fatto addormentare!
Ti amo, Dio, bello mio,

Ti amo Gioia, Ti amo, Ti amo…"       

Cantanno po’ e sonanno li Pasture
Tornajeno a le mantre nata vota:
Ma che buo’ ca cchíú arrecietto
Non trovajeno int'a lu pietto:
A ‘o caro Bene
Facevan' ogni poco ‘o va e biene.

Cantando e suonando, i pastori
Tornarono indietro nuovamente alle loro greggi:
Ma che vuoi fare, non trovarono
Più riposo nei loro petti,
E per il loro caro Bene,
facevano ogni tanto il va e il vieni.

Lo ‘nfierno sulamente e i peccature
‘Ncoccíuse comm'a isso e ostinate
Se mettetteno appaura,

Pecchè a scura - vonno sta’
Li spurteglíune,
Fujenno da lo sole li briccune.

Solo l’inferno e i peccatori,
Che sono duri (ncucciuse) e ostinati come l’inferno,
provarono paura,
Perché, come i pipistrelli, vogliono stare al buio
E fuggono dalla luce del sole, i bricconi.

Io pure songo niro peccatore,
Ma non boglio esse cuoccio e ostinato.
Io non boglio cchiú peccare,
Voglio amare - voglio sta’
Co’ Nínno bello
Comme nce sta lo voje e l'aseniello.

Anch’io sono un peccatore,
ma non voglio essere duro e ostinato.
Io non voglio più peccare,
Voglio amare – voglio stare
Insieme al bel Bambinello
Come si trovano il bue e l’asinello.

Nennillo mio, Tu sí sole d'ammore,
Faje luce e scarfe pure ‘o peccatore
Quanno è tutto - níro e brutto
Comm'a pece, tanno cchiú
Lo tiene mente,
E ‘o faje arreventa’ bello e sbrannente.

Gesù Bambino mio, tu sei un sole d’amore,
Illumini e riscaldi anche il peccatore,
Quando tutto appare nero e brutto
Come la pece, tanto più
Tu l’osservi,
E lo fai ridiventare bello e splendente.

Ma Tu mme diciarraje ca chiagniste,
Accíò chiagnesse pure ‘o peccatore.
Aggio tuorto - haje fosse muorto

N'ora primmo de pecca’!
Tu m'aje amato,
E io pe’ paga’ t'aggio maltrattato!

Ma tu mi dirai che piangesti,
Affinché piangesse anche il peccatore.
Ho torto, ahi! Fossi morto,
Un’ora prima di peccare!
Tu mi hai amato,
E io per ripagarti, ti ho maltrattato (peccando)!

A buje, uocchie mieje, doje fontane
Avrite a fa’ de lagreme chiagnenno
Pe’ llavare – pe’ scarfare
Li pedilli di Gesù;
Chi sa, pracato,
Decesse: Via, ca t'aggio perdonato.

E voi, miei occhi, dovete diventare due fontane
Dovete piangere tante lacrime,
per lavare, e per riscaldare
i piedini di Gesù:
Chissà, mai se placato,
Dicesse: Via, basta che ti ho perdonato.

Viato me si aggio sta fortuna!
Che maje pozzo cchiú desiderare?
O Maria - Speranza mia,
Ment'io chiango, prega Tu:
Penza ca pure
Si fatta Mamma de li peccature.

Me beato, se avrò questa fortuna!
Cosa mai altro potrò più desiderare?
O Maria, Speranza mia,
Mentre io piango, prega Tu:
Pensa che sei diventata pure
Madre dei peccatori.

 

La redazione di Piscinolablog augura un sereno Natale a Tutti i lettori. Buon Natale!

Salvatore Fioretto