mercoledì 4 febbraio 2015

Tra ponti e "ponticelli"... l'Area Nord di Napoli...


Parte superiore del ponte della ferrovia Napoli-Piedimonte d'Alife, su via Calata Capodichino
Il territorio che abbraccia la cosiddetta ”Area Nord di Napoli”, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, contiene numerosi ponti e attraversamenti stradali, alcuni molto antichi, che sono sopravvissuti fino ai nostri tempi, altri invece sono stati demoliti, sia durante il secondo conflitto mondiale e sia nel corso degli ultimi decenni: vuoi per la loro vetustà e vuoi per le modifiche apportate alla viabilità stradale. Ma ci sono anche diverse strutture realizzate ex novo negli ultimi tempi.
Mappa IGM con il ponte Boscariello a Piscinola e il ponte su Via Miano
I ponti più antichi sono quelli realizzati per scavalcare le cupe ed i valloni derivanti dalla conformazione geomorfologica del territorio; infatti gran parte del territorio dell'Area Nord di Napoli si è sviluppato sullo sperone collinare del Vomero e dei Camaldoli, che assume in alcuni punti delle apprezzabili pendenze. A causa di queste conformazioni del suolo, il perenne defluire delle acque meteoriche, spesso in regime torrentizio, ha causato diffuse forme di erosioni superficiali, con la formazione di valloni e cupe. Esempi di questo genere li troviamo nel cosiddetto vallone San Rocco e nelle varie “cupe” (paragonabili a piccoli canyon), che nel tempo sono diventate strade (Cupa Spinelli, Cupa Dei Cani, ecc.). I ponti sono stati realizzati anche in corrispondenza degli attraversamenti stradali di alvei e di lagni.
Ponte Nuovo di San Rocco, sul Vallone omonimo
Tra i ponti più antichi troviamo il “ponte di San Rocco”, detto “ponte Vecchio di San Rocco”, per distinguerlo da quello "Nuovo" realizzato nel 1861. Il ponte è ubicato ai confini di Piscinola-Marianella con i Colli Aminei. La via vecchia Comunale Miano Piscinola ('a cupa 'e Miano), nella conformazione antica, attraversava tramite un ponticello la strada che da Secondigliano conduce a Capodimonte, ossia l'odierna Via Miano, nel luogo ubicato nei pressi del ex Cimitero di Guerra chiamato "Cimitero dei Francesi". E' da supporre che nel corso della costruzione della ferrovia "Napoli-Piedimonte d'Alife" la zona sia stata oggetto di sterramenti e di "colmate" e questo abbia comportato l'innalzamento della sede stradale e quindi la chiusura del ponte. La presenza del ponte è documentata nel particolare della mappa dell'IGM di fine '800, che riportiamo in questa pagina.
Altro esempio è il “ponte di Chiaiano”, ubicato ai confini di Chiaiano con Mugnano. Poco noto è il “ponte di Piscinola”, detto anche “del Boscariello” (Viscariello), un tempo visibile nei pressi dell'incrocio con via Marfella e via Janfolla. Non si sa quando questo ponte sia stato tombato.
Ponte Vecchio di San Rocco
Altro ponte, anch’esso non più visibile, è quello chiamato “Ponte di Marianella”, esistente tra via Cupa delle Fascine e via S. Maria a Cubito. E' possibile che sia stato realizzato per permettere il defluire delle acque dell'Alveo detto "Canale Vigna", durante la costruzione della strada provinciale Santa Maria a Cubito, e poi interrato con lo sviluppo edilizio.
Anche in via Giovanni Antonio Campano (lato Chiaiano) era presente un ponte in tufo che permetteva di oltrepassare l'alveo sottostante. Sui bordi stradali, in corrispondenza del ponte, erano presenti due bassi parapetti in muratura.
In località Ponte Caracciolo (nell’incrocio di Marco Rocco di Torrepadula e Via Nuova Toscanella), esistono ancora le tracce di quello che fu il ponte, chiamato appunto “Caracciolo”, che permetteva lo scorrere dell'alveo proveniente dalle zone alte di Chiaiano (S. Croce e Orsolona) e diretto al Vallone di S. Rocco.
Ponte di via Lazio, su via del Ponte (Miano)
Altri ponti importanti, che sono ancora oggi strategici per la viabilità del territorio, sono i due ponti, chiamati “ponte di Bellaria” e “Ponte Nuovo di San Rocco”.
Questi due ponti sono legati tra loro da una storia comune, infatti furono entrambi minati e fatti saltare in aria dai "guastatori tedeschi" in ritirata, nel settembre del 1943. Questi soldati cercavano, cosi facendo, di difendere la ritirata delle compagini naziste, al sopraggiungere delle truppe Anglo-Americane in città. I due ponti furono successivamente ripristinati dall'esercito di occupazione Anglo-americano con strutture provvisorie di legno e, anni dopo, furono definitivamente ricostruiti in cemento armato.
Regio Decreto del 17 dicembre 1905
I tedeschi minarono anche i ponti di Chiaiano e della Sanità ma, grazie al provvidenziale intervento dei partigiani napoletani, furono salvati nel corso delle gloriose “Quattro Giornate di Napoli” (28 settembre-1 ottobre 1943). Per il prolungamento della linea tramviaria, esercita dalla Società Anonima Belga Tramways di Bruxelles, nella tratta “Museo-Miano”, fino a Secondigliano, furono realizzati, nell’allora Villaggio di Miano, i nuovi tratti stradali colleganti Via Miano con l'allora Corso Umberto I (oggi Corso Secondigliano); le strade oggi si chiamano: via Lazio e via Regina Margherita. Per la costruzione di queste strade fu necessario realizzare il ponte, in mattoni rossi, per scavalcare l'antica cupa (oggi via del Ponte), collegante il Casale di Miano con le campagne limitrofe. Sappiamo che la strada e quindi il ponte furono autorizzati con il Regio Decreto del 11 settembre 1905.
Curiosamente il capolinea del tram a Secondigliano è chiamato ancora oggi “Ponte di Secondigliano”, probabilmente per la presenza di un primitivo ponte in zona, poi interrato.
Meno noto, ma molto suggestivo (già l'abbiamo descritto alcuni mesi fa nel post dedicato al bosco di Capodimonte), è il ponte pedonale che si trova nel Parco di Capodimonte, nelle vicinanze dell'ex Eremo di Capodimonte. Il ponte è in tufo e mattoni a due ordini di arcate.
Per il sottopasso esistente all'inizio di Viale Colli Aminei, tratteremo l'argomento in un futuro post riguardante la viabilità antica della nostra zona.
Foto aerea di Capodichino, con evidenziati i due ponti della ferrovia Piedimonte
Belli e suggestivi erano certamente i "ponticelli" o "passetti", come si usava allora chiamarli, che un tempo attraversavano le vie comunali dei vari borghi, realizzati dai coloni e dai proprietari per poter raggiungere rapidamente i loro poderi agricoli. Da una testimonianza raccolta sappiamo della presenza di uno di questi "passetti" in via Napoli a Piscinola, purtroppo demolito subito dopo la seconda Guerra Mondiale, per consentire l'ampliamento di via Napoli. Altro passetto esisteva in via Croce a Chiaiano, anch'esso purtroppo demolito qualche anno fa.
Parte superiore del ponte della ferrovia su via Calata Capodichino
La realizzazione della ferrovia “Napoli-Piedimonte d'Alife” ha comportato la realizzazione di numerosi ponti, alcuni di acciaio o cemento e la gran parte realizzati in mattoni di terracotta e in pietre di Piperno. Il più importante è sicuramente quello in cemento armato tutt'oggi esistente sulla via Calata di Capodichino. Il ponte, costruito intorno al 1910, subì dei danni nel corso dei bombardamenti del 1943 ed è molto probabile che sia stato ricostruito subito dopo la guerra nella forma attuale.
Altro ponte era presente in via Comunale Vecchia di Miano (Secondigliano), realizzato in travi e in lamiere di ferro. Mentre nella stessa zona di Capodichino, tra i due citati ponti, esiste ancora un bel ponte in mattoni rossi. Altro ponte ferroviario in mattoni esiste ancora oggi in Via Filippo Maria Briganti, anche se in parte demolito negli anni '70 per consentire la costruzione dei piloni della Tangenziale di Napoli.
Ponte della ferrovia Napoli-Piedimonte in via cupa Grande a Miano
I caratteristici piccoli ponti  in mattoni rossi della “Piedimonte erano presenti in gran numero tra Miano, Piscinola, Chiaiano e Mugnano. Procedendo in ordine, i ponti erano presenti negli attraversamenti stradali con: via Cupa Grande di Miano (Miano), Via Cupa Acquarola (Piscinola), via Cupa Perillo (Piscinola), Via Cupa della Filanda (Marianella), Via Cupa Spinelli (Chiaiano) e via Antica di Chiaiano (Mugnano- località Torricelli).
Ponte della ferrovia Napoli-Piedimonte in via cupa Grande a Miano
In prossimità del ponte di Chiaiano (Via Santa Maria a Cubito) la ferrovia attraversava l'Alveo dei Camaldoli con un piccolo e rumorosissimo ponte di acciaio. Questi ponti della "Piedimonte" sono stati tutti demoliti per la realizzazione delle nuove vie su ferro o assi stradali, tranne quello esistente in via cupa Spinelli, che è l'unico sopravvissuto, anche se è stato in parte modificato.
Murales realizzati al viadotto della stazione della metropolitana di Chiaiano
Con la realizzazione della Metropolitana di Napoli e del raccordo stradale all'”Asse mediano”, il territorio è stato oggetto della costruzione di interi tratti di viadotti in sopraelevata, realizzati con strutture metalliche o di cemento armato, strutture che hanno conferito un aspetto non certamente esaltante al territorio, causando anche problemi di natura ambientale.
Murales realizzati al viadotto della stazione della metropolitana di Chiaiano
La stazione della metropolitana di Chiaiano è stata realizzata su viadotto ed è, in realtà, essa stessa un ponte che scavalca la strada provinciale via Santa Maria a Cubito. La stazione assolve sicuramente, nell'organizzazione dei trasporti cittadini, a una importante funzione di interscambio modale per i viaggiatori che provengono dai comuni della periferia nord di Napoli (Marano, Mugnano, Giugliano, ecc.), permettendo loro di raggiungere agevolmente il centro cittadino, evitando lunghe code di traffico stradale. La stazione è stata costruita agli inizi degli anni '90, anche se, a differenza delle omologhe stazioni del metrò della city, si presenza senza decorazioni ed opere d'arte.
Tuttavia, in questi mesi, l'opera di cemento è stata oggetto di un'azione di restyling, con la realizzazioni di imponenti murales coloratissimi, che hanno conferito alla struttura moderna un aspetto molto curioso ed interessante, sicuramente migliore di quello precedente.
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
 
N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.



Ponte della Ferrovia Napoli-Piedimonte in via Cupa Spinelli

Ponte della Ferrovia Napoli-Piedimonte in via Cupa Spinelli
 















Ponte Vecchio di San Rocco

Via Santa Maria a Cubito - Località "Ponte di Marianella"

domenica 25 gennaio 2015

A Piscinola, il cotone o un acquedotto...!? I Meuricoffre


La Villa Fiorita costruita dai Meuricoffre ai Colli Aminei, in un ventaglio d'epoca (Da http://www.svizzeri.ch (§))
Fotoritratto di Tell Meuricoffre (§)
A partire dall’anno 1760, la famiglia svizzera dei Meuricoffre si era impianta nel Regno delle Due Sicilie, fondando a Napoli una propria banca, promuovendo soprattutto investimenti ed affari nel campo della finanza, dell’agricoltura e della navigazione (*). Dopo alcuni decenni e dopo la gestione di George Meuricoffre, fu la volta del rampollo Oscar, che era nato nel 1824. 
Ancora giovanissimo, Omar Meuricoffre prese nelle proprie mani la conduzione dell’eredità paterna, introducendo miglioramenti e trasformazioni nella Banca e nelle società possedute o controllate dalla ricca famiglia. I Meuricoffre elessero la loro dimora a Capodimonte, nella celebre Villa Fiorita (oggi Villa Domi), nella quale ospitarono celebri scrittori, musicisti e pittori europei in visita a Napoli, tra i quali Mozart, Goethe, Schliemann (archeologo che scoprì Troia), Huxley e Cottrau.
Il celebre scultore Francesco Jerace eseguì, su commissione dei Meuricoffre, diverse sculture che abbellirono le sale della prestigiosa residenza di Capodimonte.
Fotoritratto di Oscar Meuricoffre (§)
A seguito della Rivoluzione Americana (1780), le importazioni in Europa del cotone si erano drasticamente ridotte e Oscar pensò bene di attrezzare il suo terreno situato a Piscinola, con piantagioni di cotone. Tale progetto però richiedeva la costruzione di due capienti cisterne per l’irrigazione delle piantine di cotone, oltre che di un sistema di condotte per l’adduzione dell’acqua piovana.
L’investimento si presentava già al suo nascere assai costoso, perché era necessario assoldare maestranze specializzate e importare macchinari provenienti da fuori Napoli. 
Ritratto della famiglia Meuricoffre (disegno di A.J. Gros) (§)
A chi gli faceva notare l’enormità della spesa da affrontare in relazione al guadagno atteso, Oscar rispondeva che... l’acqua poteva essere utile anche ai contadini piscinolesi...

Dopo l’approvazione da parte del Comune di Piscinola, il progetto passò alla Deputazione Provinciale di Napoli.

Ecco il testo della delibera di approvazione: 
Tornata del 12 marzo 1864 (Ordine X - Atto 198)
Raccolta degli Atti della Dep. Provinciale di Napoli, 1863
“Il signor Meuricoffre, proprietario di un fondo adiacente la strada pubblica di Piscinola, domandò di aprire due fori nel muro che cinge il detto fondo, per farvi passare le acque piovane che scorrono per la strada medesima, e così andare in due cisternoni costruiti nel suo fondo senza alterare però il livello della strada. Il Consiglio comunale a maggioranza, nella tornata del 14 passato mese (14 febbraio 1864) ineriva alla domanda senza l’obbligo di pagamento da parte del Signor Meuricoffree, benvero con le dichiarazioni fatte dal Sindaco, e con le condizioni da lui proposte, e segnatamente:
- che i lavori da farsi saranno diretti dall’architetto del Comune e con l’assistenza dell’Appaltatore della strada;
- che il Municipio potrà in ogni tempo ritirare la concessione, sia per destinare quelle acque a vantaggio del Comune, sia per farne la concessione mediante compenso, senza obbligo d’indennizzare in modo alcuno il sig. Meuricoffre delle spese fatte.
La Deputazione - A proposizione del Deputato Barone Nolli:

Stralcio dell'art. 198, con la disposizione a favore dei Meuricoffre
Approva detta deliberazione con le dichiarazioni e le condizioni proposte dal Sindaco presidente del Consiglio comunale”.
Non sappiamo se l’investimento ebbe un buon rendimento, sappiamo solo che l’opera idraulica fu realizzata, come pensata da Oscar.

Le cronache registrano che, alla sua morte, il Comune di Piscinola si trovò in possesso di un piccolo acquedotto, per soddisfare i bisogni idrici e di sete della popolazione locale.
Portale d'ingresso Villa Fiorita (part. da riv. L'Illustrazione Italiana)
Omar Meuricoffre, oltre a distinguersi nel campo della finanza, fu sempre presente in tutte le sottoscrizioni o eventi sociali che pullulavano nella Napoli di fine Ottocento, specialmente nel capo scientifico, artistico e letterario. Finanziò la costruzione di diversi asili infantili, scuole serali, scuole elementari, ospizi e altre opere filantropiche. 
Oscar e la sua famiglia furono anche promotori di opere assistenziali e di aiuti materiali offerti in occasione delle calamità naturali, come durante l’eruzione del Vesuvio, che nell’8 dicembre 1861 colpì duramente la città di Torre del Greco e in occasione dell'altrettanto disastroso terremoto di Casamicciola.
Sala da pranzo della villa Fiorita (da una stampa ottocentesca)

Oscar Meuricoffre morì a Napoli il 4 gennaio 1880, a soli 56 anni. Ai suoi funerali parteciparono migliaia di napoletani, dai più umili ai più altolocati.
Dopo la morte di Oscar, il fratello Tell rilevò tutti gli affari di famiglia e la gestione della Banca, ma non riuscì ad arrestare l’inesorabile declino del patrimonio dei Meuricoffre. La Banca fu rilevata nel 1905, dal "Credito Italiano" e la ex sede dei Meuricoffre diventò la prima filiale di questa banca nella città di Napoli.
Via Capodimonte, in fondo  la primitiva Villa dei Meuricoffre, poi demolita
Tell Meuricoffre fu anche fondatore dell'Ospedale Internazionale in Via Tasso e ne fu il suo primo presidente; all'interno della struttura è ancora presente un busto in marmo a lui dedicato. 
Sotto la spinta dei Meuricoffre fu aperta a Napoli la Scuola Svizzera, ideata, in un primo tempo nel 1811, nella forma di centro educativo. La sede più prestigiosa era ubicata nella centrale Piazza Amedeo a Chiaia, dal 1933 fino al 1967 e poi trasferita a via Manzoni. La Scuola, purtroppo, è stata chiusa nel 1984. 
P.zza Amedeo-Villa Maria, sede della Scuola Svizzera, fondata dai Meuricoffre
La residenza dei Meuricoffre, la Villa Fiorita, è diventata un'importante struttura per ricevimenti, con il nome di Villa Domi.
C’è da aggiungere, a margine di questo curioso racconto storico, che l’idea di coltivare il cotone non era poi tanto una novità nelle nostre zone in quell’epoca. 
Coltivazioni di cotone erano diffuse nei primi decenni dell’800 in diverse provincie del Regno e oltre a Piscinola, soprattutto in alcune zone circostanti la città di Napoli, come a Torre del Greco. Infatti:
Articolo tratto dall'Annuario scientifico ed industriale, del 1863
Nell'Annuario scientifico ed industriale, scritto nel 1863, da F. Grispigni, G. Celoria, F. Denza, A. Usigli, A. Righi, viene riportato un prezioso riferimento sulla Esposizione di Cotoni Indigeni, tenutasi in quell'anno a Napoli, con l'appezzamento del cotone prodotto a Piscinola, a cura di Giovanni Stainer.
Busto in marmo di Tell Meuricoffre
Nel notiziario “Atti del Regio Istituto d’incoraggiamento alle scienze naturali”, si riporta una sostanziosa descrizione delle piantagioni di cotone e dei ricavi industriali attendibili, oltre ad uno studio del clima e della geomorfologia del territorio esistente attorno alla città di Napoli ed in altre terre del Regno delle Due Sicilie. 
In quest’opera si dimostrava, in effetti, la fattibilità tecnico-agraria della coltura del cotone anche nel nostro territorio, come poi sperimentata da Oscar.

Nel Cimitero degli Inglesi in Napoli (Piazza Santa Maria della Fede), oggi giardino pubblico, si trovano i sepolcri di Tell ed Oscar Meuricoffre, con delle belle decorazioni in marmo bianco, anche se purtroppo dimenticati troppo presto dai napoletani... 

Salvatore Fioretto
 
Mappa ottocentesca dei dintorni di Napoli, con evidenziato il tratto di acquedotto realizzato nel territorrio

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(*) Racconto tratto dal Libro "Piscinola, la terra del Salvatore" di S. Fioretto, ed. Boopen, anno 2010.
  
N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, (tra cui http://www.svizzeri.ch), ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.
 
 
 
Villa Meuricoffre a Capodimonte (poi demolita)

 
Busti celebrativi in marmo di Oscar e Tell Meuricoffre
 

Villa Fiorita, oggi Villa Domi



L'Illustrazione Italiana, copertina con il particolare della villa Fiorita dei Meuricoffre

domenica 18 gennaio 2015

Padre Rocco...E fu luce...!

Stampa con padre Rocco
Nei secoli scorsi era nota la pericolosità delle strade di Napoli: moltissimi dedali di vicoli e di stradine erano rese impervie e pericolose già all'imbrunire, soprattutto per la mancanza d'illuminazione; la situazione diventava critica, specie quando il cielo era coperto, anche se a volte, in alcuni posti, neppure i tenui raggi argentei della luna riuscivano a poter illuminare per quel poco che bastasse per la sicurezza... Le strade erano buie, ma soprattutto pericolose, perché erano imperversate dai banditi e dai ladruncoli, di ogni genere e destrezza che, approfittando delle tenebre, riuscivano a mettere a segno i loro piani per saccheggi e furti. Poi c'erano anche i sicari e gli assassini che, assoldati, colpivano a morte nobili e anche popolani, resi oggetto di rancori e azioni di vendetta da parte di loro nemici. 
Insomma, almeno fino al XVIII secolo, le strade di Napoli e del suo contado erano proprio insicure, tanto da invogliare i suoi abitanti a restare la sera al sicuro, tra le mura domestiche, specialmente per donne e bambini.
Questa situazione era stata affrontata alla buona da aristocratici e facoltosi che illuminavano, come potevano, le facciate dei loro palazzi nobili e gli ingressi dei loro sontuosi portoni, utilizzando grosse fiaccole o torce, ma la situazione rimaneva insostenibile per il resto della capitale, specie nei quartieri popolari, nei sobborghi e nei suoi numerosi Casali.
Più volte il governo cittadino aveva cercato di porre un rimedio, installando nel vasto territorio delle lanterne alimentate ad olio, ma, inutilmente, questa soluzione aveva avuto i benefici attesi, sia per la limitata diffusione dei punti luce e sia, soprattutto, per la sottrazione del prezioso olio da parte dei più poveri, che per le ristrettezze economiche lo utilizzavano per far fronte alle loro esigenze domestiche... 
Cappella del SS. Sacramento in via V. Emanuele a Piscinola (da"Suburbia e Metropoli")
Quindi i progetti di illuminazione fallivano uno dietro l'altro e non si vedeva proprio una via d'uscita...!
Come per tutte le cose, basta un'idea geniale, a volte semplicissima, per risolvere spesso dei problemi a prima vista insormontabili; questa idea l'ebbe un uomo che fu un personaggio popolare, conosciutissimo nel secolo dei lumi, un umile fraticello, che tanto fece per la città e per il popolo con sue opere di carità: quest'uomo si chiamava Gregorio Rocco ed era un frate dell'ordine di san Domenico. Per tutti i popolani era conosciuto semplicemente con il nome di "Padre Rocco".
Cappelline in vico II Risorgimento Piscinola (foto primi anni '80)
Padre Rocco era un personaggio importante e anche influente per il popolo nel periodo nel quale visse, in quanto persona credibile, carismatica e umile. Era famoso per il suo operato tra gli ultimi e per le sue prediche e i sermoni serali, spesso eseguiti all'ombra della lanterna che un tempo era presente sul molo del porto di Napoli. Consigliere del re Carlo III, fu tra i promotori e tra coloro che incoraggiarono l'opera di costruzione del Real Albergo dei Poveri (Palazzo Fuga in piazza Carlo III): struttura avveneristica per l'epoca dei Lumi, progettata da Ferdinando Fuga con l'obiettivo utopistico di raccogliere tutti i poveri del Regno: si calcola che il progetto originario incompiuto era capace di contenere oltre 8000 persone...! Padre Rocco rappresentava un ideale anello di congiunzione tra la corte reale e il popolo, ma spesso era anche chiamato dall'Arcivescovo di Napoli, in soccorso della Curia, specie quando la situazione si faceva critica in tema di ordine pubblico, quando la sicurezza pubblica diventava poco gestibile anche con la forza dei soldati. Era l'unica persona capace di placare gli animi turbolenti della plebaglia e di disperdere quei facinorosi in animo di guerriglia.
Cappella in ricordo delle S. Missioni in via M. delle Grazie
Padre Rocco constatò le difficoltà in tema di sicurezza delle strade cittadine e ben pensò d'incoraggiare moltissime persone ad edificare ad ogni vicolo e ad ogni angolo di strada della città e del contado, numerose edicole e cappelle votive e quindi a illuminarle ogni sera, come una pratica devozionale quotidiana. Così fu subito fatto...! Napoli divenne la prima grande città europea a possedere un impianto di illuminazione pubblico, grazie alla trovata geniale di un personaggio semplice e modesto, il domenicano Padre Rocco!
Quando Padre Rocco morì, tutto il popolo lo pianse amaramente e a lungo, perché capì che aveva perso un grande padre spirituale e una figura carismatica insostituibile. 
Ecco cosa scrisse il celebre Alessandro Dumas in quella circostanza: "Nel corso dell'anno 1782 morì a Napoli, in età di 82 anni, un monaco domenicano, più popolare, e più celebre pe' suoi sermoni, di quel che non sono stati in Francia Flechier, Fenelon, Bossuet, ed anche il piccolo Padre Andrea di faceta memoria. Questo monaco si chiamava Padre Rocco. Egli era più potente a Napoli del Sindaco, dell'Arcivescovo, ed anche del Re." 
Cappellina in via S. Maria a Cubito (nei pressi del Ponte di S. Rocco)
I primati di Napoli in tema di illuminazione pubblica non finirono con l'esperienza eclettica di Padre Rocco, ma continuarono nel secolo successivo, sulla scia del progresso e delle nuove invenzioni tecniche; infatti, un secolo dopo, Napoli fu una delle prime città europee ad essere illuminata in maniera capillare con un impianto di illuminazione a gas (la sperimentazione con un'impianto pilota fu eseguita al colonnato della basilica di S. Francesco di Paola). Nel 1839 la città già possedeva una rete con 350 punti luce alimentati a gas! Seguì, poi, l'illuminazione elettrica, il cui primo esperimento pilota in Italia fu realizzato proprio a Napoli, nei viali del parco di Capodimonte, quando regnava ancora la dinastia borbonica (1852).


Cappellina M. SS. Addolorata in via Napoli a Piscinola
Anche nel nostro quartiere sono state edificate nei secoli cappelle ed edicole votive, sia in cortili che in strade pubbliche, diffuse anche negli atri dei palazzi e sui pianerottoli delle scale. Non ci dimentichiamo che questa usanza di porre immagini sacre, considerate protettrici della comunità e dell'ambiente domestico, ha dei retaggi storici che risalgono ai tempi dei Romani, quando si edificavano altari dedicati ai dei Lari e si offrivano ad essi libagioni quotidiane e in determinate ricorrenze.
Le edicole sono state per secoli punti di riferimento nel panorama geo-antropologico cittadino e spesso hanno influenzato la denominazione di luoghi e strade; un esempio per tutte è l'incrocio di via Napoli a Piscinola con via Vecchia Miano, dove la presenza di una edicola votiva dedicata alla Madonna Addolorata ha condizionato, non solo il toponimo del luogo, infatti è ancora oggi indicato dagli abitanti come 'a Fiurella, ossia "luogo dell'immagine", ma anche la strada è stata riportata nella prima mappa castale, redatta a fine Ottocento, con la denominazione di Via Figuretta.  
Cappella della Madonna Immacolata in via Del Salvatore a Piscinola
Ricordo che fino a qualche anno fa, il 15 di settembre, giorno della festa liturgica della Vergine Addolorata, gli abitanti originari di 'Abbascio Miano (via Vecchia Miano), che nei decenni precedenti erano stati trasferiti e dispersi  nei vari rioni di Scampia, per il Programma di Ricostruzione del Dopoterremoto, si ritrovavano ogni anno ai piedi di quest'immagine, adottata come un luogo simbolo delle loro origini, come per non dimenticare il loro legame con il territorio, e qui solevano far festa tutti insieme, in maniera spontanea.
A queste cappelle si sono aggiunte anche steli e monumenti, pure essi illuminati di notte con candele e lumini, sormontati da croci di legno o in ferro, che ricordano le Sante Missioni popolari tenutesi nel territorio nei secoli precedenti, ad opera di ordini religiosi, come passionisti, gesuiti e redentoristi. Nel nostro territorio ne troviamo molte, anche se diverse sono state abbattute negli ultimi decenni. In via Madonna delle Grazie è presente una cappella con il crocifisso dipinto su tavola di legno, che ricorda le Sante Missioni tenute in quel luogo negli anni '50.
Cappellina di S. Rocco in via S. Maria a Cubito
Questa immagine sacra un tempo era posta in un'edicola, proprio sul margine della strada, tuttavia, con la costruzione dell'edificio privato adiacente, è stata amorevolmente inglobata in una cappella all'interno del palazzo, perché se ne conservasse la sua memoria. Altre stele si trovano in via Marco Rocco da Torrepadula, Piazza Chiesa a Marianella e in Via S. Maria a Cubito (ai confini con Mugnano). Mentre il crocifisso in ricordo delle Missioni, che un tempo era addossato alla base del campanile della chiesa parrocchiale del SS. Salvatore, è stato eliminato durante i lavori di ampliamento della facciata, realizzati intorno agli anni '50 del secolo scorso. Tra le missioni  eseguite a Piscinola, sono ancora ricordate dagli anziani quelle svolte negli  anni '50 da un umile sacerdote gesuita, che tutti chiamavano semplicemente Padre Juè.  
Nei secoli scorsi imponenti sono state le Sante Missioni organizzate nel territorio dai vari santi e beati, quali: S. Francesco Geronimo, Beato Gennaro Maria Sarnelli, S. Gaetano Errico. Dello stesso S. Alfonso Maria de Liguori è descritta nella sua biografia la dispendiosa Santa Missione da lui condotta a Marianella e a Porta Piccola di Capodimonte, quando aveva all'incirca 56 anni, prima di ammalarsi gravemente per l'esaurirsi delle sue forze...!
Cappellina di S. Antonio in via Vecchia S. Rocco
Il cardinale Spinelli fu uno stenuo promotore delle Missioni, convinto di far fronte, con questi eventi straordinari, allo stato di profondo abbandono spirituale e morale in cui versava la popolazione napoletana e quella del suo contado.
Tra le edicole artisticamente più belle presenti nel territorio sono da menzionare quella di Via del Salvatore, dedicata alla Madonna Immacolata, quelle in via S. Maria a Cubito, dedicate a S. Antonio (Chiaiano) e San Rocco (Frullone). Singolare poi è quella edicola presente in via Croce a Chiaiano, realizzata dentro ad un caratteristico arcosolio in terrapieno, con ingresso allineato al margine della strada. Molte edicole invece sono state abbattute per il Programma di Ricostruzione già accennato, come la cappella della Madonna del Carmine presente alla sommità della Carrara (vicoletto di via Vecchia Miano), l'edicola di S. Anna  nelle stessa strada precedente, la cappella del Sacramento, in via V. Emanuele e molte cappelle presenti nei vicoli del nostro antico Cape 'e coppe e Cape 'a chianca... come le due raffigurate in questa pagina, un tempo presenti al vico II Risorgimento.
Ruderi di antica cappellina in via Dietro la Vigna a Piscinola
Purtroppo all'epoca della distruzione non era ancora sviluppata la cultura della conservazione di queste opere, che oggi possiamo definire "opere d'arte spontanee e di devozione popolare", ma si è pensato che demolendo il "vecchio" e ricostruendo il "nuovo", con edifici in stile cosiddetto moderno, semplici, essenziali, funzionali..., si potesse migliorare la vivibilità del territorio, allora considerato degradato, ma in realtà la distruzione di un contesto antropico preesistente, assieme ai propri simboli, ai luoghi chiave e ai punti di riferimento, che erano radicati in una popolazione che si succedeva da secoli, di generazione in generazione, ha causato disaffezione, anonimia e distacco dei nuovi abitanti dal constesto urbano che li contiene, al quale non si sentono appartenenti e, forse, non hanno nemmeno gli stimoli per amarlo... 
Salvatore Fioretto 
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)  

 
Cappella della Deposizione in via Croce (Chiaiano)

Antico affresco di un santo (S. Francesco?) nella scalea del palazzo Chiarolanza (Piscinola)