venerdì 5 aprile 2024

I sistemi di segnalamento della ferrovia Napoli Piedimonte... dell'anno 1914 (seconda parte)

 "Compagnie des Chemins de fer du Midi de Italie

Società Anonima Capitale Fs. 5000 - Sede Sociale Parigi

Regolamento Pei Segnali

Napoli - 1914"

(Seconda Parte)

Stazione di Santa Maria C.V. - S. Andrea de Lagni

III. - Segnali della linea e delle stazioni.

A. - Disposizioni generali.

Art. 15 - Via libera.

1. L'assenza di ogni segnale indica che la via è libera. 

2. Chi ingombra od interrompe la via o la trova ingombra od interrotta, in qualunque sito ed a qualunque ora, deve provvedere alla sicurezza della circolazione coi segnali, come se fosse imminente l'arrivo di un convoglio. 

B. - Segnali a mano.

Art. 16 - Rallentamento.

Per far rallentare un treno si presenta al medesimo:

a) di giorno: una bandiera verde spiegata;

b) di notte: la luce vede in un fanale.


Art. 17 - Arresto.

1. Per ordinare al treno di fermarsi, si presenta al medesimo:

a) di giorno: una bandiera rossa spiegata;

b) di notte: la luce rossa di un fanale.

2. I guidatori devono sempre procurare , con tutti i mezzi a loro disposizione di non oltrepassare mai il segnale di fermata.

3. Per meglio indicare l'imminenza di un pericolo, chi fa il segnale d'arresto deve agitare la bandiera rossa o il fanale a luce rossa.

4. In mancanza di bandiera rossa o di luce rossa al fanale, ogni oggetto di giorno od anche le sole braccia, e qualunque lune di notte agitati violentemente dall'alto in basso, impongono l'immediato arresto.

5. Mancando la bandiera verde o la luce verde al fanale per fare il segnale di rallentamento, si da il segnale di arresto.

Deposito officina di Santa Maria C.V. - S. Andrea de L.


Art. 18 - Posizione e distanza dei segnali straordinarii.

1. Il segnale di fermata straordinaria deve collocarsi alla distanza di metri 300 dall'ostacolo che impedisce la circolazione.

2. Nel caso di un treno in salita maggiore del 20 per mille, la distanza può essere ridotta a 200 metri.

3. Il segnale sarà possibilmente ripetuto ove esiste l'ostacolo.

4. Il segnale di fermata si mette da ambo le parti dell'ostacolo.

5. Il segnale di rallentamento straordinario si espone alla distanza di 200 metri dal punto in cui devesi eseguire il rallentamento.


Art. 19 - Posizione e distanza dei segnali ordinarii.

1. Per le fermate ed i rallentamenti ordinarii (ossia prescritti con disposizioni generali note al personale) ed anche per quelli straordinarii, quando sono notificati al personale interessato con appositi ordini scritti, basta che i segnali rispettivi siano collocali soltanto nel posto ove la fermata od il rallentamento debbono eseguirsi.


Art. 20 - Durata dei segnali.

1. L'esposizione dei segnali di arresto e di rallentamento ordinarii è limitata al passaggio dei treni.

2. I segnali di fermata e di rallentamento straordinarii, debbono conservarsi in posto senza interruzioni finchè sussistono le cause che li hanno resi necessarii.

Deposito officina di Santa Maria C.V. - S. Andrea de L.


Art. 21 - Segnali del personale di vigilanza.

1. Quando nulla si opponga al libero e sicuro avanzarsi del treno, il personale di vigilanza non fa alcun segnale, ma semplicemente presenta:

a) di giorno: la bandiera ravvolta entro il fodero steso orizzontalmente:

b) di notte: fanale con la luce bianca rivolta verso il treno.

2. L'omissione di queste formalità non ha significato pel treno.

 

Art. 22 - Segnali per arrestare un treno già passato.

1. Per arrestare un treno già passato si corre dietro al medesimo emettendo con la tromba suoni brevi e staccati, facendo sventolare la bandiera rossa di giorno e agitando il fanale a luce rossa di notte. Questo segnale deve essere ripetuto dai successivi agenti della vigilanza fino che sia stato veduto il guidatore, oppure dall'agente di vigilanza che trovasi davanti al treno, e che allora rivolgerà il segnale d'arresto al guidatore.


Art. 23 - Segnali per domandare soccorsi di soli uomini.

1. Per domandare soccorso di soli uomini si emettono colla tromba suoni brevi e ripetuti correndo verso la parte dalla quale si può credere di avere più prontamente il soccorso desiderato ed agitando di notte il fanale a luce bianca.

2. Lo stesso segnale si deve fare nel caso di veicoli in fuga correndo nella stessa direzione dei medesimi.

3. Un treno fermo sulla strada  domanda, occorrendo, l'aiuto del personale della via con lunghi e ripetuti fischi o con suoni di tromba brevi e staccati.

Stazione di Santa Maria Capua Vetere - S. Andrea de Lagni


Art. 24  - Segnali per domandare soccorso di locomotiva.

1. Per domandare la locomotiva di soccorso si emettono suoni di tromba lunghi e ripetuti camminando nella voluta direzione ed agitando:

a) di giorno: la bandiera verde;

b) di notte: il fanale a luce verde.

2. Il segnale si ripete camminando finchè il vicino agente di vigilanza, in prova di averlo compreso, lo abbia ripetuto all'indietro, e quindi cominciato a sua volta a trasmetterlo avanti, così si deve continuare fino al prossimo posto telefonico.


Art. 25 - Segnali per domandare soccorso di locomotiva con lavoratori ed attrezzi.

1. Si emettono suoni di tromba lunghi e ripetuti agitando:

a) di giorno: la bandiera rossa;

b) di notte: il fanale a luce rossa.

2. Il segnale deve ripetersi e farsi proseguire nello stesso modo indicati all'articolo precedente.

Deposito officina di Santa Maria C.V. - S. Andrea de L.


C. - Segnali fissi.

PARAGRAFO 1° - DISCHI GIREVOLI

Art. 26 . Scopo e significato.

1. I segnali a disco girevole servono ad indicare che la via è impedita o che la via è libera.

2. Il disco ha una faccia dipinta in rosso e l'altra in bianco, ed è munito per la notte di un fanale a luce variabile.

3. Per indicare via impedita il disco deve disporsi in direzione normale al binario, mostrando al treno che arriva :

a) di giorno: la faccia rossa;

b) di notte: la luce rossa del fanale.

4. Per indicare via libera il disco deve essere disposto parallelamente al binario, mostrando, di notte, la luce verde o bianca del fanale al treno che arriva.

Art. 27 - Manovre dei dischi

1. Gli agenti incaricati della manovra dei segnali a disco non devono limitarsi a manovrarli secondo il bisogno; ma assicurarsi , con tutti i mezzi a loro disposizione, che il segnale voluto sia realmente fatto e per tutto il tempo necessario.

2. Tale disposizione deve essere specialmente osservata quando il segnale  non sia visibile dal posto di manovra.

Stazione di Mugnano Calvizzano, anni '20 (?) Cartolina

Art. 28 - Rispetto ai dischi.

1. Il guidatore in viaggio, approssimandosi ad un segnale a disco girevole deve raddoppiare di attenzione e se trova il disco voltato all'arresto, deve immediatamente e senza esitanza mettere in opera tutti i mezzi a sua disposizione per arrestare il treno possibilmente prima di oltrepassare il disco.

2. Dopo aver così fermato il treno, ed accertatosi che si tratta di un segnale manovrato a distanza, il guidatore, ad eccezione del caso in cui si tratta di dischi di protezione di attraversamenti, (art. 34, parag. 4,5 e 6) se ha dinanzi la visuale libera e se vede la via sgombra, avanza  lentamente sino a portare l'ultimo veicolo del treno di fianco al disco; ma non oltre, e ad ogni modo senza giammai ingombrare il punto che il segnale a disco è destinato a proteggere.

3. Dopo ciò il treno non deve più avanzare finchè il segnale a disco non sia voltato a via libera, ed il Capotreno non ne abbia dato l'ordine con la cornetta.


Art. 29 - Protezione dei treni fermi ai dischi.

1. Durante lo stazionamento di un treno fermo al disco, il personale di vigilanza deve provvedere a proteggerne la coda esponendo alla dovuta distanza il segnale d'arresto e mantenendolo fino a che il treno ha ripreso la corsa.

2. Il capo-treno, appena il treno è fermo, deve assicurarsi che questo sia protetto dal personale di vigilanza, ed ove non lo fosse, provvederà per mezzo di un agente del treno, facendo esporre il segnale d'arresto alla distanza prescritta.

Napoli, Piazza Carlo III - stazione terminale. Anni '50


Art. 30 - Prolungata fermata ai dischi.

Se la fermata del treno al disco si prolunga senza ragione apparente, malgrado i ripetuti fischi dell'automotrice o locomotiva di cui all'art.5, il Capo-treno manda un agente alla vicina stazione o posto di manovra del segnale per avere istruzioni.

Art. 31 - Posizione normale dei dischi delle stazioni.

1. I dischi per proteggere l'ingresso delle stazioni sono collocati ad opportuna distanza  dal primo deviatoio incontrato di punta.

2. La posizione normale dei dischi di stazione è quella di via libera; nell'orario di servizio sono indicate le stazioni per le quali è fatta eccezione a tale massima.

Art. 32 - Dischi alle biforcazioni.

Alle biforcazioni su ciascuna delle linee concorrenti si colloca ad opportuna distanza dai deviatoi, un segnale a disco girevole la cui posizione normale è quella di via impedita.

Art. 33 - Manovra dei dischi delle biforcazioni.

1. Un disco di biforcazione deve essere girato a via libera soltanto quando il treno che si vuol far passare si trova in viste del disco stesso. Ecco viene rimesso a via impedita tostochè il treno lo abbia oltrepassato completamente.

2. Nelle biforcazioni è assolutamente vietato di disporre a via libera più di un disco alla volta; prima di disporre uno di tali dischi a via libera bisogna accertarsi che tutti gli altri siano preventivamente disposti a via impedita.


Art. 34 - Dischi ai passaggio a livello con attraversamento di tramvie.

1. I passaggi a livello con attraversamenti di binarii di linee tramviarie sono protetti da quattro dischi girevoli, uno per ciascuno tronco, collocati ad opportuna distanza.

2. La posizione ordinaria di questi dischi è quella di via impedita nei due sensi per la ferrovia; e di via libera dei due sensi per la strada ordinaria percorsa dalla tramvia; la manovra dei dischi è collegata a quella delle chiusure del passaggio a livello.

3. L'agente di servizio al passaggio a livello, tostochè è avvertito dell'approssimarsi del treno, deve chiudere le barriere dai due lati della ferrovia ed accertarsi che i due dischi della strada ordinaria si siano disposti all'arresto, e quelli della ferrovia a via libera.

4. Nel caso che il disco della ferrovia per la protezione di un attraversamento si presenti a via impedita, il guidatore deve arrestare il treno prima di oltrepassare il segnale.

5. Il guidatore fermato per qualsiasi motivo, al disco di protezione di un attraversamento, non dovrà, in nessun caso, avanzare lentamente; ma attenderà il segnale del Capo-treno per riprendere la corsa a velocità normale.

6. Il Capo-treno non darà il segnale di riprendere la corsa, se non quando abbia assicurare le necessarie disposizioni per essere certo che, il treno, nell'avanzare, possa liberamente transitare sul passaggio a livello a velocità normale e sufficiente per oltrepassare l'attraversamento.                          

 (fine della seconda parte)

Salvatore Fioretto

 

giovedì 4 aprile 2024

I sistemi di segnalamento della ferrovia Napoli Piedimonte... dell'anno 1914 (prima parte)

In questo post, che dedichiamo al personale della gloriosa ferrovia "Napoli Piedimonte d'Alife": ferrovia divenuta purtroppo di storica memoria, riportiamo una trascrizione anastatica del libretto di servizio, dal titolo:

 

 

 

 

 

"Compagnie des Chemins de fer du Midi de Italie

Società Anonima Capitale Fs. 5000 - Sede Sociale Parigi

Regolamento Pei Segnali

Napoli - 1914"

 

Il testo viene diviso in tre parti, in base alle pagine componenti il libretto, nel quale vengono descritti con meticolosità il regolamento adottato dal personale di esercizio, nel 1914: primo anno di esercizio della ferrovia; ecco la prima parte:

 

..................................................  o  O  o  ..................................................

 

I. - Avvertenze

Art.1 - Obbedienza passiva ai segnali.

E' stretto dovere di tutti gli agenti della Ferrovia, qualunque sia il loro grado, di prestare continua attenzione, immediata e passiva obbedienza ai segnali.

Art. 2 - Obbligo di avere, di conoscere ed osservare il regolamento.

Ogni Agente addetto al servizio attivo della ferrovia deve essere munito di un esemplare del presente regolamento e deve rilasciarne ricevuta e dichiarazione di averne perfetta cognizione.

 

Art. 3 - Accensione dei fanali.

1. Tutti i fanali che servono per la segnalazione notturna sui treni, nelle Stazioni e sulla via, quando non sia diversamente disposto con istruzioni locali, devono essere accesi al tramontare del sole e non dovranno mai essere spenti se non mezz'ora dopo il passaggio dell'ultimo convoglio della giornata.

2. Essi saranno egualmente accesi; ove occorra, all'inizio del servizio giornaliero, durante le ore del mattino fino allo spuntare del sole.

3. Anche di giorno, in tempi di nebbia densa, dovranno accendersi i fanali.

II. - Segnali dei treni.

 A. Segnali di partenza.

Art. 4 - Segnali del Capo treno.

1. Il Capo-treno, dopo aver ricevuto l'ordine di partenza di un convoglio, per iniziare la corsa o per riprenderla dopo una fermata, deve darne il segnale al guidatore col suono della cornetta; emettendo un unico suono pei treni che marciano nel senso dei dispari e due suoni ben distinti pei treni che marciano nel senso dei pari.

 

B. - Segnali del guidatore.

Art. 5 - Fischio prolungato.

1. Un fischio prolungato moderatamente, ma senza modulazione , vien dato:

a) prima di muovere il treno per partire;

b) nell'entrata delle curve che non permettano una visuale libera di almeno 150 metri:

c) all'entrata delle gallerie;

d) accostandosi ai principali passaggi a livello ed agli attraversamenti;

e) ai segnali fissi di protezione delle stazioni in cui il treno debba arrestarsi; se il segnale è disposto all'arresto il fischio viene ripetuto dopo che il treno si sia arrestato.

2. Un fischio prolungato e ripetuto quante volte occorra deve essere dato dal guidatore.

a) quando vede gente sul binario.

b) durante la corsa, in tempo di nebbia od altra intemperie che impedisca la visuale.

3. Avvicinandosi alle biforcazioni, un fischio moderatamente prolungato indica che il treno è diretto sulla via di sinistra; due di tali fischi indicano che il treno è diretto sulla via di destra.

Art. 6 - Fischi per la manovra dei treni.

1. Tre fischi brevi ma vibrati ordinano la pronta chiusura di tutti i freni.

2. Più di tre fischi brevi e vibrati sono segnale di allarme, prescrivono la pronta ed energica chiusura di tutti i freni, ed ordinano al personale della via di spargere sabbia e ghiaia fine sulle rotaie.

3. Quando i freni sono serrati, un breve fischio ne ordina il parziale allentamento; questo segnale si adopera soltanto sulle forti discese.

4. Un fischio lungo seguito da un altro breve ordina il completo allentamento dei freni.

Art.7 - Segnale con la campana a pedale.

1. Nelle traverse degli abitati e nei luoghi che saranno indicati sull'orario di servizio, invece del fischio, il guidatore darà i segnali con la campana a pedale.

2. Due tocchi di campana indicano la messa in moto o l'avvicinarsi del convoglio.

3. Tre o più tocchi di campana ordinano la pronta ed energica chiusura dei freni.

4. Quando i freni sono serrati , un tocco di campana ordina l'allentamento dei freni.

 

C. - Segnali annessi ai treni.


Art. 8 - Normali diurni.

Di giorno ed in circostanze normali i treni non portano alcun segnale.

 

Art. 9 - Normali notturni.

1. Di notte i treni portano due fanali riflettori a luce bianca sul davanti dell'automotrice o della locomotiva; e due fanali proiettanti luce rossa all'ultimo veicolo.

2. Sui treni merci, i fanali dell'ultimo veicolo proiettano luce bianca verso la locomotiva.

Art. 10 - Locomotive od automotrici sciolte.

Le locomotive o automotrici viaggianti isolate , portano gli stessi segnali dei treni composti di più veicoli.

 

Art. 11  - Segnalamento di treni straordinarii.

(facoltativi e speciali)

1. I segnali per annunciare treni straordinari (facoltativi e speciali) si fanno, in via normale, per mezzo del treno che precede nella stessa direzione quello straordinario.

2. Per segnalare un treno facoltativo che segue: 

a) di giorno: si espone bandiera verde al lato posteriore destro dell'ultimo veicolo;

b) di notte: so cambia in verde la luce rossa del fanale di coda laterale destro.

3. Per segnalare un treno speciale che segue:

a) di giorno: si espone bandiera verde al lato posteriore sinistro dell'ultimo veicolo;

b) di notte: si cambia in verde la luce rossa del fanale di coda laterale sinistro.

4. Quando non sia possibile segnalare un treno straordinario per mezzo di quello che lo precede nella stessa direzione, esso si fa segnalare dal treno che precede in direzione opposta coll'applicazione alla locomotiva od automotrice: 

a) di giorno: di una bandiera verde sulla testata a sinistra nel senso della corsa:

b) di notte: luce verde al fanale anteriore sinistro.

Convoglio presso la stazione di Giugliano, con i soldati di leva della I Guerra Mondiale


Art. 12 - Segnalamento delle locomotive di ritorno.

1. Quando una locomotiva od automotrice viaggiante sciolta od attaccata ad un treno, in testa od in coda, in semplice od in doppia trazione, debba fare tosto ritorno senza orario prestabilito, si espongono nell'andata i seguenti segnali:

a) di giorno: la locomotiva sciolta o rispettivamente la prima locomotive del treno porta una bandiera verde sul traversone anteriore a destra nel senso della corda;

b) di notte: la stessa locomotiva porta la luce verde al fanale anteriore di destra.

2. Il personale di vigilanza non deve abbandonare il suo posto finché non abbia avuto luogo il ritorno della locomotiva così segnalata.

 

Art. 13 - Segnalamento di treni bis o supplementari.

1. I treni supplementari sono segnalati dal treno di cui formano il bis:

a) di giorno: con bandiera verde su entrambi i lati dell'ultimo veicolo di coda;

b) di notte: con luce verde in luogo della rossa su entrambi i fanali di coda laterali. 

2. Il personale di vigilanza non deve abbandonare  il posto finché non sia passato il treno bis così annunciato.

 

Art. 14 - Segnalamento per la soppressione di un treno.

1. La soppressione di un treno, qualora non si possa annunziare con correntale, viene segnalata dal convoglio che lo precede nella stessa direzione o in direzione opposta:

a) di giorno: esponendo la bandiera rossa, in centro, sulla parete esterna dell'ultimo veicolo di coda;

b) di notte: aggiungendo un terzo fanale sulla parete esterna dell'ultimo veicolo di coda, proiettante luce rossa sulla strada.

(fine della prima parte) 

 

E' opportuno chiarire che i segnali visivi a colori, con bandiere e luci,  erano innanzitutto necessari soprattutto per comunicare le disposizioni di servizio al personale addetto alla gestione dei passaggi a livello, ai cantonieri e agli addetti alla manutenzione in corso sulla linea, che si trovavano lungo l'intero percorso, altrimenti non c'era all'epoca altro sistema utilizzabile, in quanto la linea ferroviaria era sprovvista di segnalamento a distanza tramite telegrafi o sistemi elettrici, fatta eccezione per le stazioni. La cosa sorprendente, che si apprende per la prima volta, soprattutto per gli studiosi della storia della ferrovia, è quella che i convogli della "Piedimonte d'Alife", oltre al segnale acustico del "fischio", erano dotati anche di un segnale definito "campana a pedale"...

Salvatore Fioretto



venerdì 29 marzo 2024

Il "sovrano" di ogni festa ...Ecco sua maestà il forno!


Se volessimo allestire un museo storico-antropologico del nostro territorio, sicuramente nella sua parte centrale dovremmo installare una riproduzione, superba e solenne, nelle sue fattezze antiche, per ricordare l'importanza che ha avuto per le antiche generazioni: ci riferiamo al forno a legna, che un tempo era al centro della vita quotidiana di ogni masseria e di ogni cortile sia di Piscinola che di tanti altri borghi.
Il forno, infatti, era un elemento basilare della società contadina di un tempo e possedeva molteplici correlazioni con diverse discipline umane, come, ad esempio, con l'architettura, con la gastronomia, con la sociologia e soprattutto con la biologia, per la sua elevata azione ecosostenibile, a favore dello sfruttamento e della trasformazione dei rifiuti organici. In merito a quest'ultimo aspetto, è dimostrata la benefica azione esercitata dal forno, durante il suo funzianamento, nel rispetto dell'ambiente... Innanzitutto non produceva inquinanti tossici, ma sono anidride carbonica, tuttavia questa produzione di gas rientrava comunque nell'ambito di un ciclo biologico chiuso, che non apportava l'innalzamento dei valori globali del gas.

La preziosissima opera esercitata dai forni nei tempi andati (assieme ai camini) consisteva nella termodistruzione dei materiali di risulta, che in pratica erano solo organici e assimilabili al legno, alla carta e a fibre vegetali secche derivanti dalle lavorazioni dei legumi e dei cereali.
L'azione dei forni era quindi determinante per quell'epoca, quando i rifiuti urbani erano ridotti al minimo e quelli industriali erano praticamente assenti, il tutto attraverso un ciclo naturale e sostenibile. Ricordiamo anche, come riportato in un precedente post, che molti rifiuti risultanti dalle lavorazioni dei prodotti agricoli erano riutilizzati anche come concime nei campi.
Il forno, che un tempo era capillarmente presente negli antichi palazzi a corte e nelle masserie, aveva una conformazione costruttiva che era il risultato di lentissime stratificazioni storiche avvenute nei secoli, apportate in base alle esperienze maturate dai popoli che si sono succeduti. La forma dell'opera è stata
forse iniziata dai primi popoli conquistatori e da quelli cosiddetti italici: Greci, Etruschi, Osci, Sanniti, ecc.; tuttavia possiamo dire che già ai tempi dei Romani il forno aveva assunto una conformazione costruttiva praticamente definitiva, che come si noterà dalle foto inserite in questo post, non era molto discostante dalla forma assunta ai nostri tempi.
I forni antichi a Napoli e in Campania presentavano una caratteristica fondamentale che era quella di essere realizzati interamente con materiali di terracotta (mattoni e lastre di base) mentre le pietre di tufo erano utilizzate per realizzare la parte portante; un format classico era la realizzazione della superficie della base del forno con lastre di terracotta (dette biscotti), prodotti nelle fornaci della penisola sorrentina, mentre i mattoni potevano provenire sia dall'entroterra casertana che da quella napoletana. Come legante tra questi elementi di costruzione era utilizzato il gesso.
Altra caratteristica importante del forno napoletano era quello di presentare una camera di cottura ampia, a forma circolare, fino a 3 metri di diametro, sormontata da una volta
a sesto ribassato. Tale ampiezza consentiva di contenere fino a 200 e oltre pezzi di pane, in cottura contemporaneamente ...
Spesso anche la parte esterna (quella sormontante la bocca del forno), presentava una volta ad arco, ma più sovente c'era una semplice piattabanda a forma di cassa. Nella parte sottostante alla camera di cottura era poi presente un piccolo ambiente, alto pressappoco un metro, che aveva la funzione di conservazione del legno (legnaia). Una curiosità da dire è che tanti erano coloro che attrezzavano questo piccolo ambiente come pollaio. L'adattamento si mostrava ottimale nel periodo invernale, ma non era indicato nel periodo estivo, a causa della eccessiva temperatura ambientale e la scarsa areazione... 
Poichè la camera di cottura era priva di sfiati, il fumo prodotto durante la combustione della legna veniva veicolato all'esterno della bocca del forno, dove era presente l'imbocco di una canna fumaria.
La bocca del forno era chiudibile con un coperchio realizzato in lamiera di acciaio a forma semicircolare, di diametro poco più grande della luce presente, questo per assicurare una sufficiente tenuta. Questo coperchio era munito di un piede di appoggio sempre di acciaio, che veniva anche utilizzato per la presa manuale, durante l'apertura e la chiusura del forno.
Per riscaldare il forno si utilizzavano le famose "fascine", che consistevano in fasci di rami raccolti durante i lavori di potatura degli alberi e delle piante, come ad esempio di pioppi, di viti, di alberi da frutto. Per il legamento delle fascine si usavano rami verdi di salice rosso, di pioppi o di viti. Le fascine avevano la forma a fuso, di diametro pressappoco di 50 cm e di lunghezza variabile, fino a circa 2 metri. La cosa importante era quella che l'avvio della combustione nel forno doveva avvenire al mattino presto, al fine di poter raggiungere la temperatura richiesta al momento di infornare i pezzi di impasto, tale temperatura doveva aggirarsi intorno a 250 °C. Considerato che soprattutto in estate la fermentazione dell'impasto era veloce, a causa dell'alta temperatura ambientale, l'accensione del forno doveva avvenire molto presto, e non era infrequente che si doveva iniziare la procedura già alle 4 del mattino...!
Una cosa importante che bisogna dire è quella che i forni erano considerati dei beni collettivi comunitari, e potevano essere utilizzati da tutte le famiglie abitanti nel cortile o nella masseria dove erano presenti. Tutte queste persone dovevano però concorrere alle spese della manutenzione o al rifacimento. Ovviamente per l'utilizzo del forno si fissava una turnazione e occorreva mettersi d'accordo prima. Chi lo utilizzava doveva approvvigionarsi della legna occorrente e doveva provvedere alla sua pulizia finale.
Una volta raggiunta la temperatura richiesta, si procedeva all'estrazione della cenere formatasi durante la combustione, compreso i tizzoni che erano ancora accesi. In questa fase c'era anche la possibilità di formare il carbone (carbonelle) utile per essere utilizzato per gli usi  domestici, sia per il riscaldamento degli ambienti con bracieri di ottone
('o vrasiero) e sia per l'alimentazione di piccole fornaci ( furnacelle).
Per produrre il carbone si procedeva a separare e a raccogliere i tizzoni attivi in opportuni contenitori metallici a tenuta, muniti di coperchi (perchè si doveva garantire l'assenza di ossigeno nel contenitore), tale contenitore permetteva così di bloccare il completamento della combustione. Dopo il raffreddamento, il carbone era cernito con setacci metallici e conservato in sacchi asciutti per l'uso domestico della famiglia.
Per la pulizia del forno si utilizzava un apposito attrezzo, costituito da un asse di legno terminante all'estremità con una scopa realizzata con foglie di palme secche (scopa di foglie di chamaerops, chiamata in gergo "scopa p''o furno").
Durante l'operazione di pulizia del forno, onde evitare la combustione, la scopa doveva essere ripetutamente bagnata, immergendola in un apposito secchio pieno d'acqua, sistemato ai piedi del forno. Per la gestione del fuoco si utilizzava una specie di pertica di legno (sovente di pioppo o di castagno), sufficientemente lunga per raggiungere tutte le zone dalla camera del forno. Altri due attrezzi utilizzati per l'utilizzo del forno erano: una pertica di legno terminante all'estremita con un uncino, anch'esso di legno; tale attrezzo consentiva di movimentare i pezzi di pane durante la cottura e il relativo prelievo (scazzaturo); e poi c'era la "pianella": un attrezzo che era indispensabile per infornare il pane, composto da un asse di legno, terminante all'estremità con un piatto circolare, sempre di legno. Sopra questo piatto si sistemavano i pezzi di pasta di pane per poterli infornare. Lo spargimento di un velo di farina sulla superficie del piatto era necessario per evitate attaccamento dell'impasto al legno...
Il pane aveva una forma solitamente circolare, ma erano in tanti a utilizzare altre forme, come quella affusolata ('e panielli).
Per preparare l'impasto nei tempi antichi era utilizzata una farina di tipo integrale; col tempo, però, si diffuse anche l'utilizzo di farine raffinate. Il pane prodotto con la farina integrale era chiamato 'o pane 'e rrane... (pane di grano duro).

Durante le
feste solenni  dell'anno, come Natale, Santo Stefano, Pasqua, Ascensione e durante le feste patronali, i forni diventavano il "centro" comunitario di ogni masseria o di ogni cortile del Borgo: il luogo adibito alla cottura di numerose pizze, tortani, ruoti di carne o di pesce, e soprattutto di dolci... 

Ovviamente l'emanazione di profumi più variegati, durante la cottura di queste pietanze, completavano la "scena", e il vento contribuiva a trasmettere questi aromi anche a notevole distanza, per tutto il circondario...
Per descrivere le principali pietanze che erano cotte nei forni, iniziamo per primi con i sottoprodotti del pane, che erano le "freselle", i biscotti per fare le zuppe e il pane raffermo grattugiato.
Le "freselle" erano realizzate utilizzando una porzione dell'impasto preparato per produrre il
pane, stabilendo in precedenza le quantità dedicata a esse. Per realizzare le "freselle", si formavano con l'impasto delle ciambelle circolari, di diametro pressappoco di 30 centimetri.  Il procedimento di cottura delle "freselle" prevedeva due fasi. Nella prima fase, le ciambelle erano infornate a seguire i pezzi del pane, riservandone uno spazio libero anteriore alla camera di cottura, prospiciente alla bocca del forno. Appena le ciambelle iniziavano a cuocersi e la loro forma a gonfiarsi, venivano estratte dal forno e, anche se caldissime, erano tagliate a metà, lungo l'asse circonferenziale, in modo da ottenere due semi ciambelle, che poi erano le classiche forme delle freselle.

Le freselle appena formate venivano quindi di nuovo infornate, per far completare la cottura e farle diventare dure e dorate. Un procedimento molto simile avveniva anche per preparare i biscotti duri utilizzati per fare le zuppe.
Il pane grattugiato (grattato) era invece prodotto recuperando il pane raffermo avanzato nel corso delle settimani precedenti. I vari pezzi erano raccolti e infornati sopra appositi vassoi metallici (guantiere). Questa cottura era eseguita solitamente dopo aver estratto il pane. Una volta che i pezzi di pane erano tostati, venivano estratti dal forno e fatti raffreddare; successivamente venivano ridotti in graniglia, usando apposite grattugie manuali (rattacaso).
La regina dei nostri forni è sempre stata la pizza di pomodoro, che qui da noi era preparata disponendo la pasta su delle apposite teglie metalliche (spesso rudimentali e annerite per l'uso continuo)... Sopra la pasta erano sistemati i pomodori freschi (quelli del piennolo), schiacciati a mano, aggiungendo: aglio, basilico e origano, prodotti nei giardini di famiglia. Per condire la pizza era utilizzata la sugna preparata in casa. Questa pizza al pomodoro, preparata in maniera tipicamente contadina, si presentava, in pratica, come una sorta di focaccia, con la pasta abbastanza spessa ma morbida, dal profumo intenso e dal sapore invitante...!!
I tortani e le pizze rustiche, che venivano preparate durante le feste erano di diversi tipi: a Natale, faceva da padrona la pizza di scarole, preparata con l'aggiunta di pinoli, uva passa e alici sotto sale, mentre a Pasqua c'erano: il "casatiello" e la "pizza chiena". Sul casatiello facevano bella mostra le uova sode.
Per le feste patronali erano preparati ruoti con carne di coniglio o di pollo alla cacciatora, oppure l'immancabile cappone o gallina farcita, detta 'a gallina 'mbuttunata. Qualcuno preparava anche anatre ed oche al forno. Per la festa del SS. Salvatore il piatto tipico era i "peperoni imbottiti" (peperoni 'mbuttunati), con carne macinata, uova, uva passa, pinoli, formaggio, prezzemolo e pane raffermo.
Anche i dolci erano cotti nel forno a legna. A Pasqua c'erano le immancabili pastiere di grano e i tortani dolci, mentre a Natale si preparavano i roccocò; a questi ultimi si preferiva dare la forma di biscotti e non tondi. Altri dolci cotti durante l'anno erano le cosiddette 'muniache, che erano dei biscotti dolci e molto fragranti oppure gli ancinetti (biscotti all'anice). Per i rustici non mancavano i saporiti taralli, con sugna, mandorle e pepe (taralli 'nzogna 'e pepe)
Anche la cenere del forno era riutilizzata, sia come concime nei campi e sia come detergente da aggiungere nel bucato dei capi di biancheria (
'a culata).

Roccocò a forma di biscotti
Il forno era utilizzato anche per la produzione dell'acqua calda, sfruttando il calore latente che veniva immagazzinato nei mattoni anche per molte ore dopo la cottura del pane. L'acqua era contenuta dentro a dei pentoloni che riuscivano ad entrare attraverso la bocca del forno.
Il forno, infine, era utilizzato anche per cuocere preliminarmente alcuni alimenti che poi erano conservati, come i pomodori, i peperoni e la frutta (mele cotogne e prugne).

La redazione di Piscinolablog augura Buona Pasqua a tutti i lettori e simpatizzanti!

Salvatore Fioretto


venerdì 22 marzo 2024

Quella Santa Visita a Piscinola , dell'anno 1542.... condotta dall'arciv. Francesco Carafa

Foto facciata della cattedrale di Napoli, fine '800

Molte informazioni storiche sullo stato degli antichi Casali di Napoli provengono dalle "Relazioni di Sante Visite", scritte a partire dal XVI secolo, da parte degli arcivescovi della Arcidiocesi di Napoli, quando periodicamente questi si recavano in visita pastorale presso le parrocchie di ogni Casale dell'epoca e facevano registrare quanto rilevavano nel corso delle loro interrogazioni. Il primo documento del genere, pervenuto ai nostri giorni, risale all'anno 1542, ed è stato redatto dai "commissari" al seguito dell'arcivescovo di Napoli, Francesco Carafa. Il testo è stato pubblicato anastaticamente nell'anno 1983, col titolo di "Il Liber Visitationis". Iniziamo col descrivere i contenuti della Santa Visita condotta dal Carafa nella chiesa parrocchiale del Casale di Piscinola, dedicata al Santissimo Salvatore, avvenuta a metà di agosto dell'anno 1542.

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Piscinola, Chiesa di San Salvatore

"Lo stesso giorno (tra il 17 e il 19 agosto 1542),
i suddetti signori commissari, in visita, si recarono alla chiesa parrocchiale sotto il nome di San Salvatore, edificata all'interno del detto Casale, il cui rettore è don Baldassarre Pepe. 
Produsse le lettere di provvedimento fatte a sé dal suddetto Reverendissimo, dal quale si provvide alla detta cappella allora vacante per le dimissioni del don Michele Ritis, alla mera collazione del detto R.mo, come risulta dalle medesime lettere, sotto il sigillo del detto tribunale, sotto l'atto d'accusa del giorno 17 luglio 1542 (della 15^ Indizione).
Quando gli fu chiesto che cosa avesse all'ingresso, rispose che per detta cappella aveva cioè il sottoscritto.
In primo luogo, la rendita annua di cinque ducati e quindici grani, che veniva pagata dal magnifico Geronimo Carmignano in base ad un certo appezzamento di cinque moggi di terreno nel Casale, indicato con lo Perillo, accanto ai beni del magnifico Raimondo de Luna, accanto ad altri beni del suo d. Geronimo, accanto alla proprietà del nobile barone Poderico e altri. Allo stesso modo,
Ritratto dell'arcivescovo Francesco Carafa
l'affitto annuo di nove carlini e mezzo, che Daniele de Lisa pagava per un certo terreno di una misura o press’a poco nel detto Casale, dove si dice a la Zafarana, secondo i beni dello stesso Daniele e secondo la merce d. Ecco Pietro Ranuzzo (pagava) parimenti l'affitto annuo di cinque ducati e mezzo, che qui pagano, dà in proprietà a Giovannino Gaudino per conto di due piccoli cinque moggi e mezzo di terreno situati nello stesso Casale (villa) di Piscinola, prossimi ai beni dell'ottimo Conte di Trivento, secondo i beni di donna Eleonora Bos', accanto ai beni di Antonello Fioretto (o forse Fiorillo n.d.r.), la strada pubblica e altri confini. (Include) Anche l'affitto annuo di nove tareni, che pagava don Loynes. Anche l'affitto annuo di nove tareni, che pagava don Luigi de Alandro a causa di una certa casa in detto Casale, accanto ad altri beni di detto Luigi, accanto ai beni di Lionetto de Lionetti. Anche l'affitto annuo di sette tareni, che Lionetto pagava a Sarnataro per una certa casa sita nel medesimo Casale, accanto agli altri beni di detto Lionetto, accanto ai beni di Luigi de Alandro. Inoltre, l'affitto annuo di sei carlini, che viene pagato dagli eredi del patrimonio di Domenico de Lisa, per un certo casolare situato nello stesso Casale, accanto ad altri beni erede dei ricchi, alla strada pubblica e ad altri confini.

Ugualmente l'affitto annuo di quattro tareni, che mastro Giovanni Mandro paga per il sito di una certa casa nel Casale di Mariglianella (forse Marianella), accanto ai beni della confraternita di S. Giovanni, accanto ai beni di Domenico Caso, la pubblica via e altri confini.
Anche l'affitto annuo di cinque grani, che viene pagato dai maestri, dagli amministratori e intendenti della confraternita della chiesa di San Giovanni, del detto Casale di Marianella, per l'ubicazione di una certa casa nel detto Casale di Marianella, accanto alla chiesa di San Giovanni del detto casale. Inoltre l'affitto annuo di quattro tareni e mezzo, che pagava a Luca de Lisa a causa di una certa sorgente, o giardino verde situato nello stesso Casale, accanto ad altra proprietà con luce sulla strada vicina. Inoltre una certa casa terranea con un certo giardino situata nello stesso Casale, accanto alla suddetta chiesa. Prende ancora per un certo orto sito nel Casale, appresso al muro della detta chiesa di San Salvatore, confinante con la strada della Chiesa ed altri. Del quale orticello si paga una tassa annua di cinque carlini al detto rettore Costantino Testa.
Nella detta chiesa sono i seguenti beni, cioè: una croce d'argento; una coppa d'argento; un pianeta di velluto cremisi e l'altro di stoffa d’Olanda; con una camicia e un mantello; quattro tovaglioli che sono acquistati attraverso l'elemosina, dagli uomini dell'Università (governo del Casale n.d.r.).
Don Antonino Ristaldo (o Ristaino), cappellano di detta chiesa, fu esaminato e approvato riguardo alla celebrazione della messa, al ministero dei sacramenti ecclesiastici, all'ascolto delle confessioni e ad altri compiti propri di qualsiasi sacerdote idoneo."

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Ecco il testo originario, scritto in latino (con una traccia in napoletano (sic!)):

Piscinula, Ecclesia Sancti Salvatoris

Eodem die 

Prefati dd. commissarii, visitando, accesserunt ad parrocchialem ecclesiam sub vocabulo Sancti Salvatoris, constructam intus dictam villam, cuius rectore est donnus Baldaxar Pepe.

Particolare della Tavola Strozzi, veduta di Napoli

Qui produxit literas provisionis sibi facte per prefatum R.mum, per quem provisum fuit de ditta capella vacante tunc per resignationem d. Michaelis Ritii, ad meram collationem prefati R.mi, prout constat per easdem literas, sigillo dicte curie impendente munitas, sub die XVII mensis iulii XV indictionis, 1542. Interrogatus quos introytus habeat, respondit quod ratione dicte capelle habet infrascriptos, videlicet. In primis annuum redditum ducatorum quinque et granorum quindecim, quem solvit magnificus Hieronimus Carmignanus ratione cuiusdam petii terre modiorum quinque siti indicta villa, ubi dicitur a lo Perillo, iuxta bona magnifici Raimundi de Luna, iuxta alia bona ipsius d. Hieronimi, iuxta bona magnifici Baronis Puderici et alios confines. Item annuum redditum carlenorum novem cum dimidio, quem sibi solvit Daniel de Risa ratione cuiusdam terre modii unius vel circa site in ditta villa, ubi dicitur a la Zafarana, iuxta bona ipsius Danielis et iuxta bona d. lo. Petride Ranuzo. Item annuum redditum ducatorum quinque cum dimidio, quem solvunt here des condam lohannelli Gaudini ratione duorum petiorum terre modiorum quinque cum dimidio sitorum in eadem villa Piscinule, iuxta bona excellentis comitis Triventi, iuxta bona d. Elienore Bos', iuxta bona Antonelli Fioretto, viam publicam et alios confines. Item annuum redditum tarenorum novem, quem solvit d. Loynes. Item annuum redditum tarenorum novem, quem solvit d. Loysius de Alando ratione cuiusdam domus site in dicta villa, iuxta alia bona dicti Loysii, iuxta bona Lionecti de Lionecto. Item annuum redditum tarenorum septem, quem solvit Ionectus Sarnetano ratione cuiusdam domus site in eadem villa, iuxta alia bona dicti Lionecti, iuxta bona Loysii de Alando. Item annuum redditum carlenorum sex, quem solvunt heredes condam Minici de Lisa ratione cuiusdam casaleni siti in eadem villa, iuxta alia bona dittorum heredum, viam publicam et alios confines. Item annuum redditum tarenorum quatuor, quem solvit magister Ioannes Mandro ratione cuiusdam domus site in villa Mariglianelle, iuxta bona confratemitatis Sancti loannis, iuxta bona Minici Caso, viam publicam et alios confines. Item annuum redditum granorum quinque, quem solvunt magistri et yconomi et procuratores confratemitatis ecclesie Sancti Joannis, de ditta villa Marianelle, ratione cuiusdam domus site in dicta villa Marianelle, iuxta ecclesiam Sancti Ioannis de ditta villa. Item annuum redditum tarenorum quatuor cum dimidio, quem solvit Luchas de Lisa ratione cuiusdam orti, seu viridarii siti in eadem villa, iuxta alia bona ipsius Luce et viam vicinalem. Item quedam domus terranea cum quodam orticello sita in eadem villa, iuxta predictam ecclesiam. Item quoddam orticellum situm in villae adem iuxta parietem dicte ecclesie Sancti Salvatoris, viam puplicam et alios confines. De quo orticello solvit annuum censum carlenorum quinque ditto rettori Constantinus Testa.

Altare della chiesa, foto risalente a metà '900

In dicta ecclesia sunt infrascripta bona, videlicet: una croce de argento; uno calice d’argento; una pianeta de velluto carmosino et un altra de tela de Alanda; uno cammiso et ammicto; quattro tovaglie. Quale robbe sono state facte per li homini de la università de elemosina. Fuit examinatus donnus Antoninus Ristaldus capellanus in ditta ecclesia, et approbatus quoad celebrazionem misse, et ecclesiastica sacramenta ministrare, et  confessiones audire, et alia spettantia et pertinentia ad quemlibet idoneum sacerdotem.

 

Dalla lettura del testo antico si apprende che all'epoca della Santa Visita, la Chiesa del SS. Salvatore era sotto la guida spirituale del parroco don Antonio Ristaldo (o Ristaino), mentre era amministrata da un rettore, il cui nome era don Baldassarre Pepe, subentrato al dimissionario don Michele Ritis. Sono poi descritte le diverse proprietà e le rendite che all'epoca godeva la chiesa, frutto di lasciti e di donativi, oltre agli arredi sacri e alle suppellettili utilizzate per i riti. Interessante è anche la menzione di alcune località antiche di Piscinola, riportate per descrivere i cespiti, tra le quali: Perillo, Zafarana, e di Marianella. Da notare ancora la ricorrente identificazione del "Casale", con l'arcaico toponimo di "Villa".
Ritoneremo sull'argomento, trascrivendo i rapporti della Sante Visite che hanno riguardato la Parrocchia di Marianella, quella di Miano e di altre vicine. 

Salvatore Fioretto

Il testo della relazione di Santa Visita è stato tratto dal libro "Il Liber Visitationis", di Francesco Carafa nella Diocesi di Napoli, 1542-1543", pubblicato a cura di mons. Antonio Illibato, nell'anno 1983 (Roma, Ediz. Storia e Letteratura), già direttore responsabile dell'Archivio Diocesano di Napoli, recentemente scomparso.