giovedì 9 febbraio 2023

Una "cronaca" della festa patronale dei santi Cosma e Damiano, a Secondigliano, nella letteratura ottocentesca...!

Abbiamo recuperato questa bella testimonianza storica sulla festa di Secondigliano, contenuta nel libro "Secondigliano - da documenti inediti" (ed. Aldo Fiore, Napoli anno 1972), scritto da don Salvatore Loffredo e che ci piace riproporre oggi ai nostri lettori, in omaggio al Quartiere a noi tanto vicino e caro...
Il racconto descrive alcuni particolari della festa patronale svolta in onore dei Santi Medici Cosma e Damiano, svolta il 27 settembre, in un anno imprecisato...
Nel racconto emerge una descrizione che potremmo definire "verista", riportante alcuni dettagli dell'evento, come la descrizione delle strade, della processione,  dei personaggi del popolo con i loro abiti e persino il piatto tipico della festa, preparato secondo la tradizione locale in omaggio ai due Santi protettori di Secondigliano. Una bella tradizione perpetuata ininterrottamente senza alcune modifiche, almeno fino ad alcuni decenni fa.
Ecco il testo:

"SS. COSMAE ET DAMIANI CAS. (casale)
SECUNDILJANI A.D. 1735"

"LA FESTA DEI SS. COSMA E DAMIANO, DA TESTIMONI OCULARI 

Domenica 27 settembre: festa dei Santi Cosma e Damiano.
Sono le ore 9 e '30 di un anno ormai lontano.
Si leggono sui volti di tutti i segni della gioia e dell'allegria.
Belli a vedersi, i Secondiglianesi, sono vestiti tutti a festa. Abiti neri, scarpe lucide, con calzettoni bianchi che stringono le imboccature dei calzoni alle ginocchia: giacche  con risvolti di merletti; cappelli a tuba.
Si cammina frettolosamente; la campana della parrocchia invita con il suo suono e par che dica: "E' festa: venite ad onorare i vostri Patroni!".

Tutti obbediscono, le abitazioni restano vuote, salvo qualche infermo che aspetta il passaggio dei Simulacri per impetrare la loro protezione.

Corso Umberto (odierno Corso Secondigliano) a lato la tramvia provinciale

La stessa voce spinge tutti: Cammina, avanza, corri, non ti fermare, perché potrai  non fare a tempo; devi indossare il saio, il priore è già vestito e sta ad aspettare!
Noi siamo della Confraternita del SS. Sacramento - dicono - quest'anno usciremo con i sai nuovi e le mozzette rinnovate.
Gli altri sono della Congrega dell'Assunta. Fanno a gara per farsi onore. Vi è stata sempre una grande emulazione.
Con questi discorsi che si sentivano si poteva fare un esatto esame dei tipi e caratteri di quei cittadini in quel giorno, ch'era diverso dagli altri.
I "Maestri" o "Governatori" sono pronti.
Un gruppo di uomini con abiti diversi per eleganza, ci dicono che sono il Sindaco con i decurioni. I valletti portano il confalone del Comune.

Corso Umberto (Corso Secondigliano) visto dall'alto

Si accendono i grossi torcioni, che pesando molto per gli anziani, vegono portati dagli aiuti. Che sacrificio! Il tragitto è lungo e ci vuol pazienza. Ma per S. Cosma si fa tutto!...
Le congreghe aprono la processione, seguono le statue dei SS. Michele, Vincenzo de' Paoli, Pasquale Baylon, Teresa, Maria Maddalena de' Pazzi, il Patriarca S. Giuseppe, che sono portate dai rispettivi devoti o padroni. Infine il Clero con la Croce ed il parroco. Dietro le statue dei SS. Cosma e Damiano con in mezzo quella della Madonna Del Rosario.
Seguono i decurioni con il Sindaco, il popolo che canta inni sacri. Tra questi si notano delle persone vestite con colori rossi e verdi: sono  da tutti ammirati  ed additati e sottovoce si dice da qualcuno: E' stato grave e S. Cosimo l'ha guarito; quell'altro è tornato sano e salvo a casa, era incappato  in un brutto affare. Beati loro!

Stemma del Comune di Secondigliano

S. Cosimo aiuta tutti, sono suoi devoti, venuti dai paesi vicini per sciogliere  i loro voti, e ringraziare i SS. Medici.
Col rientro della processione la festa continua ed adesso è lo stomaco che deve far festa, poiché nella prima mattinata s'era sensato allo spirito. La tavola è pronta, il pranzo è a base di "polpette" di carne suina.
Con la festa di S. Cosimo iniziano ad ammattare i maiali. E Secondigliano porta il primato per la macellazione e lavorazione delle carni suine."

Dall'analisi del contesto storico, che traspare dalla lettura del racconto sopra trascritto, soprattutto per la presenza del "Sindaco" e dei "Decurioni" del Comune di Secondigliano,  si deduce che esso è ambientato in un periodo compreso tra la prima decade dell''800 e gli ultimi anni del Regno delle due Sicilie (1860), in quanto le denominazioni dei "Decurioni" e del "Decurionato", per indicare quelli che erano chiamani "consiglieri" e "consiglio comunale" dell'epoca, sono rimasti in uso, anche dopo il "Decennio Francese", fino al termine della successiva "Restaurazione Borbonica".
A dimostrazione di tale ipotesi, abbiamo trovato, continuando la consultazione delle pagine dello stesso libro, diverse testimonianze che narrano l'iter di richiesta e l'ottenimento all'elevazione a status di "Santi patroni del Comune di Secondigliano", i due Santi Medici Cosma e Damiano, con l'istituzione della relativa festività civile, fissata, come quella liturgica, il 27 settembre; infatti per essa risulta più volte riportato a margine dei vari documenti, l'anno 1854. Per risalire all'anno preciso della festa, che nel racconto capita nel giorno di domenica (27 settembre), dobbiamo spostarci di tre anni avanti, fino al successivo anno 1857, che risulterebbe, quindi, l'anno cercato.

Salvatore Fioretto

P.S. La fonte storica da cui è stato tratto il testo per la scrittura di questo post è stata il libro "Secondigliano", di Salvatore Loffredo, ed. Aldo Fiore - Napoli, 1972.
Le foto pubblicate sono state tratte dal web, da alcuni siti dedicati oppure appartengono a collezioni o raccolte.
A tal proposito si dichiara che essi (testo del racconto e foto) sono stati inseriti in questo blog senza fini di lucro, ma con il precipuo scopo della libera diffusione della cultura e della nostra storia patria. In ogni caso, si invitano i cari lettori a non diffonderli per utilizzi non culturali.


sabato 4 febbraio 2023

I toponimi delle strade di Piscinola a inizio dell' '800... curiosità e nuove scoperte...

L'antico " 'O Capo 'e Coppa", angolo vico I Risorgimento

Oggi tutti conosciamo la toponomastica delle strade del Quartiere in cui viviamo, che comprende nomi di personaggi famosi, ma anche date o luoghi di storiche imprese o eventi della vita della Città e dello Stato. Molto interessante è stato consultare la toponomastica presente due secoli fa nell'allora Comune di Piscinola, che ovviamente riprendeva i modi di dire utilizzati dal popolino per indicare i posti del territorio e che poi l'amministrazione civica dell'epoca ha preso in uso e utilizzato per redigere i riferimenti degli atti pubblici, come registri, l'anagrafe, gli atti amministrativi, gli atti notarili, ecc.

Piazza B. Tafuri, angolo con Via del Salvatore
Molto curioso risulta il fatto che per indicare i domicili delle persone non erano utilizzati i numeri civici (crediamo che nemmeno fossero presenti sui cespiti), forse perchè, essendo contenuto il numero di abitati (nell'anno 1865 a Piscinola abitavano poco meno di 2000 unità), le residenze delle persone o delle famiglie erano facilmente individuabili.
Precisiamo che probabilmente, in coincidenza dell'Unificazione dell'Italia, le strade di Piscinola (all'epoca ancora un Comune autonomo), sono state ridenominate, intestandole a personaggi famosi della storia oppure ai nomi delle città, un po' come avvenuto in ogni Comune.
Quando poi Piscinola è stata annessa al Comune di Napoli (1 gennaio 1866), alcune strade sono risultate dei doppioni e si è quindi proceduto, per fare un doveroso distinguo con le altre strade omonime presenti nel Comune di Napoli, ad aggiungere a queste la dizione di "...a Piscinola".

Vico degli Operai (detto Vico "'Appagliare")

Ecco i nomi delle strade e dei luoghi che siamo riusciti a recuperare dalla ricerca storica intrapresa:

-"Capo 'e Coppa": oggi "via Vittorio Emanuele a Piscinola".

-"Capo della Chianca": oggi "Via Plebiscito a Piscinola".

-"Via Figuretta" o "strada della Figurella": tratto di "via Napoli a Piscinola", situato in prossimità dell'incrocio con "via Vecchia Miano". Il toponimo richiamerebbe, a nostro avviso, l'immagine della Madonna, presente ancora oggi in una cappellina situata sul tratto di strada.

Angolo di Via Napoli con Via V. Miano (detto "'a Fiurella")

-"Strada delle (o alle) Pagliaje" (o Capo): attuale "vico degli Operai". La denominazione è stata rinvenuta nei documenti risalenti al Decurionato Francese, e dimostrerebbe che la presenza nel luogo di numerosi pagliai, abbia condizionato il suo toponimo, infatti, ancora oggi nell'inventario collettivo popolare il luogo viene indicato come "'o Vico Appagliare".

-"Largo della Chiesa" (o Capo): riferibile all'attuale "Piazza G. Bernardino Tafuri"; un tempo denominata anche "Piazza della Chiesa" e anche "Piazza Municipio".

-"Strada della Chiesa" (o Capo): riferibile all'attuale "Via Del Salvatore" o "Via SS. Salvatore": le targhe affisse ai due capi della via riportano le due diverse dizioni, sicuramente la prima è più antica (nell'inventario popolare "Sott''a Cchiesa" e anche "Aret''a Cchiesa").

Via del Plebiscito a Piscinola (detta" 'o Capo 'a Chianca")

-"Capo Rovignano o Ruvigliano" (o strada), attuale "via Vecchia Miano a Piscinola". Non abbiamo trovato le fonti che giustificherebbero l'utilizzo di questo termine e neppure la sua etimologia, tuttavia un racconto popolare, tramandato di generazioni, indicherebbe che l'antica masseria ivi presente, che fu della famiglia napoletana "Altamura", era stata di proprietà della Marchesa di Ruvigliano. A dimostrazione di tale ipotesi, in un atto notarile del 1925, rogato per l'acquisto di un cespite esistente in tale zona, abbiamo rinvenuto il riferimento di "Tenimento Marchesa di Ruvigliano".

-"Dietro Vigna": l'attuale "Via Dietro la Vigna" (edificato che si ergeva sul lato appartenente a Piscinola), il cui toponimo deriverebbe dal nome che prendeva tale parte di territorio, in quanto confinante con un canale o lagno, chiamato fin dall'antichità "Canale di Vigna" (vedi foto mappa); l'attuale lapide stradale, affissa nella zona di Marianella, riporta la precedente denominazione di "già Cupa Canale", vedi foto (In effetti la "Via dell'Abbondanza" ricalcherebe un tratto dell'antico alveo del Canale di Vigna).

Canale di Vigna, in una mappa primi anni '800
-"Strada per Napoli", riferibile all'attuale "Via Napoli a Piscinola", probabilmente in antichità era la via diretta e maggiormente utilizzata per il collegamento del centro cittadino con Piscinola e viceversa.

-"La Scampia": La zona che attualmente è il rione Scampia era in passato una sconfinata piana agricola e come "puntellata" da antiche masseria; ovviamente ci riferiamo alla parte compresa nel soppresso Comune piscinolese. Interessanti anche i nomi delle masserie presenti, delle quali ne citiamo tre: "Masseria Carrasiello", "Masseria Cascella" e "Masseria Donnaromita" (vedi foto mappa). 

-"La Filanda": parte del territorio situato nel lato nord-ovest dello "Scampia", chiamato così, quasi sicuramente, per la presenza di diverse filande abidite alla tessitura del lino, della canapa e anche della seta. In aggiunta, sappiamo che molte donne dell'epoca dichiaravano all'anagrafe la loro professione di "filatrice".

-"L'Acquarone": oggi "via Cupa Acquarola"), la stradina consentiva il collegamento del centro edificato di Piscinola con i campi dello Scampia, ancora oggi esistente, anche se è diventata una strada cieca per i lavori di costruzione delle due ferrovie. Il toponimo richiama l'utilizzo della stada anche per far confluire le acque meteoriche attraversanti il territorio, durante le copiose precipitazioni, verso la piana di Scampia. Occorrerebbe ricollocare oggi la targa stradale, che è andata perduta.

-"Madonna delle Grazie", parte di territorio situato a meridione del centro edificato di Piscinola, chiamato così per la presenza secolare di una chiesetta o di una cappella dedicata alla Madonna delle Grazie (vedi foto mappa). Il toponimo è riportato nelle mappe sette-ottocentesche e anche negli "atti di morte", redatti durante i momenti di epidemia, come la peste, quando le salme degli appestati erano sepolte in questa località, secondo le vigenti disposizioni di sanità pubblica. Oggi il territorio in questione è attraversato dalla "Via Madonna delle Grazie".

-"Masseria San Giovanni a Carbonara": il toponimo, oltre alla masseria, era usato per indicare la parte del territorio circostante essa, situata a meridione dell'antico centro edificato di Piscinola (vedi foto mappa). La masseria si erge ancora oggi in posizione isolata, sulla strada di collegamento con Marianella, che prende il nome di "Cupa S. Giovanni a Marianella". Per quanto concerne la masseria, nel corso di un contenzioso sorto tra la Parrocchia di Piscinola e quella di Marianella (sec. XVII), fu sancita l'appartenenza del cespite coi suoi abitanti alla giurisdizione ecclesiastica della parrocchia del SS. Salvatore in Piscinola.

Ci piace aggiungere all'elenco alcune particolarità più recenti:

Il "Cancello" in una mappa di metà '800

"Via Vittorio Emanuele": la zona che viene ancora oggi chiamata "'o Capo 'e Coppa" fu inizialmente denominata "Via Del Risorgimento", desumiamo che fu poi cambiata dopo l'Unità d'Italia, intitolandola al re di casa Savoia (sempre se il nome del re si riferisce a Vittorio Emanuele II).
Tale deduzione è confermata dal nome, ancora esistente, per indicare le due traverse che da essa si diramano, denominate: "Vico I° e Vico II° Risorgimento". Queste due stradine (o vicoli)  erano chiamate
in antichità "Venelle", per la loro conformazione tortuosa e stretta; sappiamo anche che per la prima di esse, il toponimo locale utilizzato era di "Venella 'o Sagramento".

"Fore 'o Ttrentotto" e "Abbascio Miano": al completamento della costruzione della nuova via carrabile di collegamento per Miano, quella che oggi è chiamata "Via Vittorio Veneto" (inaugurata nell'anno 1913), fu deciso di denominarla inizialmente "Via Nuova Miano Piscinola"; desumiamo, per logica conseguenza, che l'antica strada parallela (collegante sempre Piscinola con Miano), fu ridenominata "Via Vecchia Miano Piscinola". Tale designazione è ancora in uso per quest'ultima strada (nell'inventario popolare è detta "Abbascio Miano o Abbascio 'a cupa e Miano"), mentre per la prima strada, Via Vittorio Veneto, è ancora in uso indicare la sua parte terminale col toponimo di "Fore 'o ttrentotto" (chiamata così per essere stata il capolinea del tram n.38).

Via del Plebiscito (detto 'o Capo 'a Chianca")

La strada che in antico tempo collegava la strada "Via Ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife" con le campagne dello "Scampia", prendeva il nome di "Abbascio 'o Canciello"; diverse tesi sono state avanzate per spiegare l'etimologia del toponimo, alcune si riferirebbero a cancelli interpoderali presenti, mentre altre a barre ferroviarie di segnalazione del passaggio a livello pericoloso, tuttavia in alcune mappe risalenti alla metà dell' '800 abbiamo trovato scritto il toponimo di "Cancello" (vedi foto).


Salvatore Fioretto

 

Via Vecchia Miano a Piscinola (detta "Abbascio Miano"), in foto la Masseria abbattuta nel 2002


lunedì 30 gennaio 2023

Un poeta filosofo, Daniele Buopane, in "Aneliti poetici"...!

Il territorio dell'Area Nord di Napoli è uno scrigno di artisti, sia uomini che donne,
di qualsiasi età, che si dedicano alle varie forme dell'arte: musica, pittura, letteratura, poesia, scultura, recitazione, canto, composizione, lavori in miniatura, ecc. La cosa che più sorprende è quella che le lamentele che si sentono in giro, sostenendo che i giovani di oggi non seguirebbero la poesia e la scrittura, sono qui ampiamente infondate, come dimostreremo nello scritto di questo post, dedicato al giovanissimo poeta e filosofo piscinolese, che si chiama Daniele Buonpane.
Daniele Buonpane è nato a Napoli, nell'anno 1988. Vive a Piscinola, suo quartiere natio, a cui è legato particolarmente, come ha dimostrato in molte sue poesie e aforismi.
Buonpane si è laureato in Filosofia, alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Napoli "Federico II". Ha partecipato a diverse kermesse culturali e a convegni. Si dedica al volontariato, insegnando ai giovani sportivi del territorio i valori del rispetto e della condivisione della giustizia e dell'etica sportiva.
Ha già pubblicato diverse raccolte di poesie, tra le quali: Lo scrigno dei sogni (2011), "Siamo monete di poco valore" (2012), "Non riesco ad essere infelice" (2013) e una raccolta di aforismi intitolata "I miei pensieri" (2016).
Ultimo lavoro presentato a Marianella, alla fine dello scorso anno, è stato la raccolta di poesie intitolata"Aneliti poetici", Edita da LFA Publisher, novembre 2019, ricevendo un buon apprezzamento da parte dei lettori e degli appassionati del genere.
Per capire la sua letteratura e il suo spirito poetico, prendiamo in prestito il testo dell'"Introduzione", contenuta nel libro "Aneliti poetici":
"Per questa mia nuova raccolta di poesie, non sono partito dal primo gemito del bambino, ma dall’ultimo anelito dell’uomo. La vita è un soffio vitale, la poesia è un anelito poetico. La Poesia riesce a farci perdere il fiato, questo accade sia per il poeta che la compone e la libera fuori di sé, sia per il lettore che la legge e l’assorbe dentro di sé. L’anelito è un respiro pesante, affannoso, riflessivo, contemplativo, è dunque il punto più alto della massima espressione della poesia, il momento più forte per comporre. Poiché verso la fine della vita tutto assume un senso e diventa più chiaro. La Poesia è immortale; l’ unica cosa che si avvicina alla morte senza mai morire, ed è viva senza una vera vita. La Poesia è un anelito che ci toglie sempre il fiato senza mai farci morire. Questo è il compito del poeta: lasciarci anche per pochi momenti senza il fiato, dove in quei momenti di eternità viviamo qualcosa di infinito, questo infinito ansimare è la poesia. Tutto questo mio vivere e comporre sono aneliti poetici. Questa raccolta di Poesie non si chiama anelito poetico, non l’ho ridotto alla singolarità di un attimo, perché se fosse stato l’ultimo anelito, avrei raffigurato la morte della poesia, o almeno la fine del mio essere poeta; perciò, si chiama aneliti poetici perché il mio vivere è un perpetuo essere di stati spasmodici, definibile come una serie infinita di aneliti poetici. Spero dunque di regalare ancora negli anni, tante altre poesie per far respirare ai miei lettori qualcosa di bello. Negli anni ho forgiato e regalato tante poesie in tre raccolte, questa è la quarta, anche se non mi consacra come poeta, inizio a vivere da poeta. Con il passare dei miei anni, avverto il peso della mia esistenza come essere pensante nel mondo e condivido il mio vivere nei versi con una certa passione. Nonostante abbia scritto tante poesie, so bene che il vestito del poeta, per ora mi va ancora grande, devo ancora crescere per poterlo indossare, forse un giorno mi andrà bene e potrò portarlo, quindi, per rispetto della poesia e dei poeti, mi sento semplicemente un uomo abitato dalla poesia, ma ancora in perenne formazione poetica.
Per dirla in termini moderni, sono un apprendista poeta. Senza moralismo alcuno, mi sento di redarguire la nostra società, perché prima c’era una certa forma di riverenza nei riguardi dei poeti, oggi invece si ha una scarsa considerazione di essi. Tutto questo fa male non solo come poeta, ma come creatura sensibile alla vita e all’arte. Questa raccolta si presenta come una poesia che lascia senza fiato, un serie infinita di aneliti poetici, la poesia è l’ultima e unica speranza per un mondo migliore. La Poesia che toglie il fiato, ma che non muore mai, l’immortalità dei versi che si imprimono nella storia e nelle coscienze umane. Almeno interiormente con la poesia, avviene una modificazione del nostro essere, se poi i versi diverranno pratici, le parole dei poeti cambieranno anche l’esteriorità degli uomini. Questa raccolta di poesie oltre a porgere un messaggio umanitario e anche promotrice di valori e di bellezza. L’anelito è anche un desiderio ardente in qualcosa di importante. Una tensione dei nostri desideri verso l’inesauribile bellezza della vita. Ad ogni uomo, in punto di morte, si concede sempre un ultimo desiderio; la poesia, generoso ingegno dell’uomo, concede ai lettori nell’arco della loro vita tantissimi aneliti poetici. Adesso immergetevi pure nei miei versi, leggeteli e rileggeteli con calma, fate proprie le mie parole affinché vi regalino emozioni. Fatevi investire da tutti i sentimenti umani senza alcuna paura, vedrete che poi, un dolce anelito poetico vi agguanterà".

Trascriviamo nel seguito, tra le tante poesie contenute nel libro "Aneliti poetici", questa che ci ha particolarmente colpito:

L'Anonimo
"L'anonimo è il poeta che non conosci, ma che credi di conoscere davvero tramite le sue tante poesie.
Anonimo è il destino della nostra vita che è fatta da Dio e vissuta da noi, ma lui non si rivela mai a nessuno.
L'anonimo è il barbone sotto casa mia che dice che esiste ma nessuno lo sa, perché il suo vivere è solo sopravvivere.
Anonima è una qualsiasi prostituta, che vende il suo corpo senza anima agli uomini che sono in cerca di se stessi.
L'anonimo è il nascondersi della politica che spara le leggi folli in parlamento, ma quando poi combinano guai scappano via.
Anonima è tutta questa mia vita, che vivo tanto per doverla vivere, ma poi sono felice ma non capisco nulla.
L'anonimo è lo stato italiano che ci ha lasciato per sempre la mano, dove non si sa più come crescere.
Anonima è l'intera nostra esistenza, che la si vive senza alcun senso ma si cerca comunque di darne uno."

Salutiamo Daniele Buonpane, che conosciamo personalmente, augurandogli di coronare tutti i suoi sogni e passioni, letterarie, professionali e di vita.
Salvatore Fioretto

venerdì 27 gennaio 2023

L'Università di Piscinola, da Decurionato a Comune, con i nomi dei sindaci eletti...

Carta degli Itinerarj militari da Bologna fino a tutto il Regno di Napoli, inizi '800

Con l'occupazione francese del regno di Napoli (1806-1815) e la nomina di Gioacchino Murat  a Re di Napoli (fu incoronato da Napoleone che era anche suo cognato), ebbero inizio importanti riforme del nuovo Regno, ritenute necessarie dai francesi, in particolare, fu eseguita la riforma della macchina amministrativa, su modello di quanto organizzato in Francia a valle della Rivoluzione Francese (Legge 28 Piovoso, dell'anno VIII), che prevedeva l'abolizione della feudalità e la chiamata delle persone del popolo a coprire le cariche organizzative dello Stato, soprattutto della borghesia e del ceto medio. Fu quindi eseguito un vero e proprio accentramento delle funzioni dello Stato, secondo una conformazione "piramidale", che prevedeva alla sommità il controllo da parte dei vari ministeri e del Re; tale struttura  rimarrà in vigore, seppur con piccole modifiche, anche nella successiva Restaurazione Borbonica, fino all'Unificazione dell'Italia.
I Francesi suddivisero il Regno di Napoli (la Sicilia fu esclusa perché rimasta in mano borbonica) in 14 Province (Napoli, i 3 Abruzzi [Ulteriore I, Ulteriore II e Citerione], Terra di Lavoro, Principato Citerione, Principato Ulteriore, Contado di Molise, la Capitanata, la Terra di Bari, la Terra d'Otranto, Basilicata, la Calabria Citerione e la Calabria Ulteriore).
La Provincia di Napoli, che venne istituita l'8 agosto 1806, fu suddivisa inizialmente in 3 Distretti (Napoli, Pozzuoli e Castellammare di Stabia), ed era amministrata principalmente da due organismi elettivi: da un "Consiglio Provinciale" e da un "Consiglio di Intendenza".
Dal 1809 i Distretti della Provincia di Napoli passarono a quattro, infatti fu aggiunto il Distretto di Casoria, secondo una legge emanata dal Re, Giocchino Murat.
Il Distretto di Casoria era formato da 9 "Mandamenti": Casoria,
Pomigliano d'Arco, Afragola, Frattamaggiore, Arzano, Sant'Antimo, Caivano, Mugnano e Giugliano. Ogni "Mandamento" aveva giurisdizione su un certo numero di Comuni confinanti. Il "Mandamento di Mugnano" amministrava 4 Comuni, ossia: Mugnano, Melito, Calvizzano e Piscinola
Il
“Comune di Piscinola”, come del resto tutti gli altri comuni,
era amministrato da un Sindaco, assistito da due eletti e dal Decurionato; quest’ultimo, in sostanza, corrispondeva a quello che noi oggi chiamiamo il “Consiglio Comunale”.

Gioacchino Murat, re di Napoli

Al Decurionato spettava il compito di curare gli interessi del Comune e nominava il Sindaco ed i due Eletti, fornendo una terna di nomi per ogni carica all'Intendente della Provincia, che poi sceglieva in base alle informazioni ricevute. Di essi, il primo reggeva la Polizia Municipale, mentre il secondo aiutava il Sindaco nell’esercizio delle funzioni amministrative.
Inizialmente i membri del Decurionato erano scelti tra i capi famiglia inseriti negli elenchi dei contribuenti. Nell’ottobre del 1806, tale norma fu modificata istituendo l’elettorato “attivo” e “passivo” su base censitaria.
La nuova norma, infatti, prevedeva che i Decurioni fossero nominati, ovvero tratti a sorte, tra coloro che erano possessori di una rendita fondiaria annua non inferiore a ventiquattro ducati, per i Comuni comprendenti fino a tremila anime (come per il Comune di Piscinola), oppure del doppio per quelli fino a seimila abitanti e del quadruplo per i Comuni da seimila abitanti in poi.

L'Albero della Libertà in un dipinto dell''800

L’età minima per essere eletti Decurione era di ventuno anni. Nel 1808 le norme elettive furono ulteriormente riformate, inserendo la possibilità di eleggere tra le cariche (decurionati, sindaco e due eletti) anche rappresentanti delle arti e dei mestieri.
Il numero dei Decurioni dipendeva dalla densità della popolazione del Comune. Nei Comuni con meno di tremila abitanti, come Piscinola, potevano essere eletti fino a dieci Decurioni.
Si arrivava fino a un massimo di trenta membri, per quei Comuni con più di 10.000 abitanti (infatti la norma prevedeva tre membri eletti ogni 1000 abitanti).
Un’altra condizione che sanciva la validità del Decurionato era quella che un terzo del numero dei Decurioni sapesse leggere e scrivere.
La sessione ordinaria del Decurionato cadeva nel mese di maggio di ogni anno. In tale assemblea si eleggevano gli amministratori e i deputati della “Revisione dei Conti Consuntivi” e si formava lo “Stato discusso” delle entrate e delle spese, ossia quello che oggi chiamiamo “Bilancio”.

Timbro utilizzato dai francesi nel Decennio

Quest’ultimo andava trasmesso all’Intendente della Provincia che poteva approvarlo o sanzionarlo. Le entrate erano costituite per lo più da rendite patrimoniali derivate dall’affitto di beni patrimoniali o demaniali.
I Comuni che non riuscivano a finanziarsi attraverso le rendite patrimoniali potevano ricorrere ai “proventi giurisdizionali”, ai “dazi di consumo”, ai “grani addizionali” e alle “privative”.
I “proventi giurisdizionali” erano le multe applicate dalla polizia municipale e rurale, ma anche i diritti dei posti fissi nelle strade del Comune e i diritti dei “pesi e misure”.

Timbro del Comune di Piscinola nel Decennio Francese

I “dazi di consumo” erano le imposte indirette sui consumi, riscosse durante la circolazione di un bene da un Comune all’altro, mentre, i “grani addizionali” erano le sovraimposte aggiunte su imposte già riscosse.
Le “privative” erano le concessioni date a un singolo soggetto per l’esclusiva vendita di un dato bene. Le spese erano divise in ordinarie e straordinarie.

Le prime, di quantificazione certa, riguardavano gli stipendi dei dipendenti, il mantenimento delle scuole comunali, la manutenzione delle proprietà e delle opere pubbliche, i pubblici servizi e altro.

Timbro del Comune di Piscinola con la Restaurazione

Il Sindaco era la principale autorità del Comune, che amministrava l’Ente insieme ai due Eletti e al Decurionato. Egli poteva disporre della forza interna o militare che possedeva il Comune, ma era comunque subordinato al “Sotto Intendente” (del Distretto di competenza), suo superiore diretto.

Nei Comuni dove non c’erano agenti dell’amministrazione militare, il Sindaco era anche Commissario di Guerra. Era, inoltre, “Membro nato” delle Commissioni e dei Consigli di Amministrazione degli stabilimenti pubblici; presidiava il Decurionato e ne faceva eseguire le deliberazioni, dopo che avevano ottenuto “La superiore approvazione.

Lapide toponomastica posta all'ingresso di Mugnano, che riporta le antiche ripartizioni







La validità delle assemblee decurionali era confermata con la presenza di almeno 2/3 dei suoi componenti. Il Sindaco rimaneva in carica 2 anni (per i comuni fino a 6000 abitanti) oppure 3, per quelli con maggior numero di abitanti. La sua elezione avveniva nella prima settimana di settembre, durante la riunione del Decurionato, sempre proponendo una rosa di tre nomi.
In caso di assenza o suo impedimento, il Sindaco era sostituito dal Secondo Eletto.

Abbiamo trovato il nome dei sindaci eletti nel Comune di Piscinola, dal 1809 al 1865, ecco l'elenco suddivisi per periodi:

"Periodo del Decennio Francese":
-dal 1809 al 1811   Carmine Danese,

-dal 1812 al 1813   Gennaro Cuozzo,

-dal 1814 al 1815   Francesco Antonio Piccirillo.

"Periodo della Restaurazione Borbonica":
Con la restaurazione borbonica avvenuta nel 1816, la suddivisione amministrativa non fu modificata, anche se i Borboni abolirono definitivamente i Sedili di Napoli, organi che amministravano la Capitale, prima dell'invasione francese.
-
dal 1816 al 1823   Donato Danese,

-dal 1824 al 1826   Nicola Mele,

-dal 1827 al 1833   Luigi Salzano,

-dal 1834 al 1840   Nicola Mele,

-dal 1841 al 1844   Raffaele Basso,

-dal 1845 al 1849   Luigi Salzano,

-dal 1850 al 1855   Gennaro Cuozzo,

-dal 1856 al 1860   Vincenzo Cuozzo.

Sappiamo che nell'anno 1834, il "secondo eletto" del Comune di Piscinola era il sig. Felice Cuozzo.  

"Periodo post Unificazione dell'Italia":

Con l'annessione del Regno delle due Sicilie all'Italia unificata, furono aboliti i "Distretti" e al loro posto furono istituiti i "Circondari", seppure conservando le precedenti sedi.
-dal 1861 al 1865   Giovanni Russo (ultimo sindaco del Comune di Piscinola).


Conosciamo inoltre anche i nomi dei "Cancellieri" comunali:

Dal 1809 al 1841: sig. Natale Buonaurio,

Dal 1842 al 1846: sig. Francesco De Curtis,

Dal 1847 al 1865: sig. Giovanni Buonaurio.


A partire dal 1 gennaio 1866, il Comune di Piscinola fu abolito, come sancito dalle disposizioni contenute nel Regio Decreto n. 2650, del 29 novembre 1865. Il suo territorio fu denominato "Villaggio di Napoli" e annesso al Comune di Napoli. La sua collocazione amministrativa fu inserita nell'ambito delle competenze del quartiere San Carlo all'Arena. Al quartiere di San Carlo All'arena erano stati già assegnati, fin dal 1809, i Villaggi di Miano, Mianella e Marianella, poi confermati con editto del 1851. Erano a quell'epoca "Villaggi di Napoli" anche: Capodimonte, Arenella, Posillipo, Antignano, Capodichino,....

Speriamo che nel prossimo futuro possiamo trovare anche le foto e le biografie dei sindaci del Comune di Piscinola, come pure lo stemma comunale.

Salvatore Fioretto 

P.S. Le fonti storiche utilizzate per la scrittura di questo post sono state principalmente il libro "Dal Parlamento al Decurionato - L'amministrazione dei comuni del Regno di Napoli nel Decennio Francese", di Stefano Vinci, ed. Scientifiche Italiane, 2008 e il libro "Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto. ed. The Boopen, 2010.
Le foto pubblicate sono state tratte dal web, da alcuni siti dedicati oppure appartengono a collezioni o raccolte; a tal proposito si dichiara che esse sono state inserite in questo blog senza fini di lucro, ma con il precipuo scopo della libera diffusione della cultura e della nostra storia patria. In ogni caso, si invitano i cari lettori a non diffonderle per utilizzi non culturali.

martedì 24 gennaio 2023

“Mamma Draga” di Salvatore Tofano . Una recensione all'opera, a cura della prof. Rosa Bianco

Per la rubrica "Un libro uno scrittore del territorio", pubblichiamo la recensione al libro "Mamma Draga" (di Salvatore Tofano - ed. LFA Publischer - marzo 2022), scritta dalla prof.ssa Rosa Bianco, riconosciuta promotrice culturale del territorio.
Del lavoro di Salvatore Tofano abbiamo già pubblicato un post dedicato, a maggio dello scorso anno. Ammiriamo il clima
positivo che si è creato attorno a questo lavoro e abbiamo deciso quindi di amplificare i contenuti e i commenti al libro.

Ecco la recensione:
"Mamma Draga" di Salvatore Tofano è un romanzo non usuale, molto diverso dai suoi lavori precedenti. Narrato dal giovane Roberto, professore di filosofia al suo primo incarico in un paese del Sud, Torre di Sotto, dove conosce Alessia e la sua famiglia, in cui troneggia la figura dell’anziana Mamma Draga. Intorno a questa figura materna “patriarcale”, che egemonizza le sue relazioni con le quattro figlie e i generi, in nome di un millantato potere, che le deriva dal fatto di essere rimasta vedova e di dover provvedere da sola alla sussistenza della famiglia, si sviluppano il materiale narrativo, le azioni dei personaggi e i pensieri del narratore.
L’elaborazione stilistica e la narrazione dei fatti, secondo un preciso disegno, sono la chiave di volta dell’operazione del Tofano, che affida alla letteratura il messaggio da consegnare al lettore.
Il messaggio o idea principe del romanzo, che è fortemente psicologico e introspettivo, é la narrazione della "storia" di un'anima, quella di Mamma Draga in ogni sua sfaccettatura, in ogni sua dimensione: emotiva, sentimentale, identitaria e dell'incontro o lo scontro del razionale con l'irrazionale.
Mamma Draga non ha avuto un matrimonio felice e per questo è possessiva con le figlie e le fagocita, al punto da renderne infelice la loro vita. Vivono tutte con lei, nella stessa casa con i mariti (solo Alessia non è sposata ed ha appena conosciuto il giovane professore di filosofia), isolate dal resto del mondo e asservite alla sua volontà. E’ il classico esempio di famiglia, che oggi verrebbe definita con una sola parola “disfunzionale”, dove non ci sono quelle risorse psicologiche, atte a favorire la coesistenza dei suoi membri in modo positivo e assertivo, ma al contrario è covo di odi, intrighi, malesseri e rancori.
Il clima in cui vivono tutti nella casa di Mamma Draga è lugubre e triste. Su di loro aleggia un’atmosfera inquietante, fatta di storie di stregoneria, di magia nera, di malefici e di omicidi.  Per rendere questa atmosfera più avvincente, anche il linguaggio del Tofano si fa intrigante, ma chiaro e preciso nelle descrizioni e nelle argomentazioni, strategia letteraria che egli utilizza volutamente per dare maggiore forza e sostanza al senso del suo narrare, via via che il suo racconto si snoda.
Solo nell’epilogo finale Mamma Draga si ravvede e consapevolizza quella che per lei è una verità ineludibile: l'Amore, quello autentico, lei non lo hai mai conosciuto e non essendo stata amata, non ha saputo amare le figlie e donarsi a loro. Riesce quindi anche se ormai è troppo tardi, è anziana e malandata, a riscattarsi da una vita iniqua e a rivalersi sul male, che l’ha erosa per tutta la vita.
Il romanzo di Salvatore Tofano ha, perciò, una caratteristica unica: parla direttamente al lettore, non gli fornisce solo insegnamenti o strumenti concettuali e strategie psicologie, ma mostra anche le forme, le modalità in base alle quali, ognuno secondo le sue qualità, sensibilità e intelligenza, può attivare in sé un processo di sottrazione al nulla, senza disattivazione irenica dal dolore, senza superare in una sintesi superiore e utopica le antinomie costitutive dell’essere-al-mondo, senza ricadere nelle spire della trascendenza religiosa o della teleologia storica.

La recensione è firmata dalla prof. Rosa Bianco

Per i lettori interessati riportiamo il link del precedente post pubblicato nel blog.

Presentazione del libro Mamma Draga a Scampia. 

Auguriamo all'amico Salvatore un maggior successo per l'opera, nel mentre attendiamo altri suoi lavori letterari e grafici, sperando che concentri la sua attenzione anche sulla saggistica riguardante il territorio di origine. 

S.F.