venerdì 16 settembre 2022

Mariano, l’”indiano” della Piedimonte…!

Continuiamo la rubrica dedicata ai racconti della Piedimonte d'Alife. Questo racconto è dedicato a un carissimo amico, Mariano. E' una storia recente, che si svolge però attraverso il ricordo del nostro caro trenino; è un racconto struggente ma anche bello...!

Non ho conosciuto fino ad oggi un’altra persona così semplice e riservata; un ragazzo d’altri tempi, dalle maniere gentili, ma anche generoso e così innamorato della sua passione giovanile, che è stata la ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife. Era anche un padre di famiglia amorevole, un grande lavoratore, tutto dedito alla sua famiglia e ai suoi tre figli.
Si chiamava Mariano ed abitava a Secondigliano. La conoscenza di Mariano avvenne per caso, in maniera fortuita direi io. Erano pochi anni che mi ero iscritto e frequentavo il portale web dell’Associazione G.A.F.A. (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana) e dopo aver allestito la bella e apprezzata mostra fotografica a Sant’Andrea (frazione di Santa Maria Capua Vetere), nell’anno 2009, fui nominato consigliere dell’Associazione e anche coordinatore del sito web. Quindi, come gli altri soci, ero preso ad animare il forum e a proporre argomenti storici e tecnici sulla gloriosa ferrovia Napoli Piedimonte d’Alife (loro diversamente da me la chiamavano semplicemente “Alifana”, forse perché conoscevano bene solo la "Tratta Alta", che era ancora funzionante, ma con locomotori diesel), curavo anche l'accoglienza dei nuovi iscritti, che venivano abilitati ad accedere e a leggere le pagine e i commenti del forum.
Un giorno al forum si iscrisse un ragazzo proveniente da Secondigliano, che si firmava con un acronimo un po’ strano, si presentò come: “ALSAFE”… Poi in seguito ci spiegò che erano le iniziali dei suoi adorati tre figlioli. Ma la cosa ancora più curiosa fu quella che ci mostrò, poco dopo, due sue foto che lo ritraevano giovanissimo mentre posava sui binari della Piedimonte, in prossimità del ponte di Capodichino. La linea era stata già chiusa all’esercizio da qualche anno, ma i binari erano ancora ben visibili e percorribili. In una di queste foto, Mariano era seduto a terra, al centro delle traversine dei binari, con le gambe incrociate, alla maniera di un indiano che aspetta l'arrivo del treno... e quindi del treno della Piedimonte...! Rimanemmo tutti sorpresi e stupiti..., ma io capii subito che avevamo conosciuto un altro bel personaggio, un “po' matto come noi" e che, al nostro pari, adorava ricordare, anche in maniera un po' eccentrica, i momenti belli della propria gioventù, trascorsi al cospetto di questo trenino, che tutti chiamavamo semplicemente Piedimonte.
Mariano prese a intervenire con frequenza nel forum, specialmente quando si parlava della “Tratta Bassa” della ferrovia, quando si pubblicavano (postavano) notizie o foto riguardanti il percorso del treno, tra la Doganella e la stazione di Secondigliano.
Ricordo che fu l’unico a sapere e quindi a descrivere con precisione, come avveniva l’inversione dei treni, quando la linea ferroviaria fu arretrata a Capodichino. Lui sosteneva con convinzione che era stata realizzata una piccola banchina per accogliere i viaggiatori e due binari che rendevano possibile l’inversione dei convogli. Nessuno di noi in quel momento lo credette, anche perché non c’erano foto che descrivevano quella situazione della linea, che appariva un po’ azzardata... Ma, nonostante tutto, Mariano continuava, imperterrito, a difendere la sua tesi a spada tratta, perché quelli erano ricordi indelebili della sua infanzia, quando giocava con cuginetti e con gli amici del quartiere in quella stazione, negli anni prossimi al suo abbandono, a causa dell’
ulteriore arretramento avvenuto alla stazione di Secondigliano.
Negli anni che seguirono, un giorno, una persona che conobbi per altre circostanze, mi donò copie delle sue foto di gioventù con il treno, tra le quali c’erano due foto che mostravano la stazione terminale di Capodichino, esattamente come l’aveva descritta Mariano. Quando gliele feci vedere, il suo viso si illuminò e gli occhi luccicavano dalla gioia, contento e fiero per aver dimostrato di avere ragione. E mi diceva, compiaciuto: “...Hai visto che era tutto come lo raccontavo io?!”
Raccontava che il treno della Piedimonte lo vedeva spesso da casa sua, perché abitava in una stabile poco a ridosso dei binari del treno e, più che vederlo, lo sentiva, con quel classico sferragliamento che contraddistingueva il suo passaggio, quando attraversava il punto che era in curva, prima della stazione di Secondigliano. Proprio lì il treno produceva un forte rumore di attrito tra metalli, a causa del contatto dei bordini delle ruote con la parte laterale della rotaia.
Poi raccontava dei giochi che faceva con i ragazzini della sua età, che avevano come scenario i binari e un muretto che delimitava la massicciata, a ridosso della linea ferroviaria.
Una volta mi confidò, non senza emozione, che quando vedeva foto nuove o sentiva storie inedite sulla ferrovia, ricordava gli anni belli e spensierati della sua infanzia e giovinezza...!
A Mariano devo tanto per il mio lavoro di ricerca sulla Piedimonte, perché grazie a Lui sono riuscito a trovare una preziosa testimonianza su un avvenimento storico del quale si era persa ogni traccia: del bombardamento della stazione di Secondigliano, avvenuto nel 1943. Mariano conosceva una signora, che incontrava spesso per le strade del quartiere, la quale un giorno gli confidò che da bambina, dalla cucina della sua abitazione che si trovava sul corso Secondigliano, aveva assistito al cruento episodio del bombardamento angloamericano, dove persero la vita una decina di persone e ci furono molti feriti e danni. La signora, già ottantenne, raccontò molti particolari di quell'episodio che Mariano poi mi trasmise e mi permisero di scrivere il racconto storico, che ho inserito nella prima parte del mio libro dedicato alla ferrovia: “C’era una volta la Piedimonte”. Per essere certi che il racconto trascritto fosse stato fedele alla realtà dei fatti, facemmo leggere la bozza alla signora. Fu Mariano a ricontattarla. Lei, dopo averlo letto attentamente, confermò che esso corrispondeva perfettamente ai suoi ricordi.
Quando trovavo nuove foto, attraverso le mie conoscenze o amici di internet, Mariano mi chiamava spesso, chiedendo delle copie e mi assicurava che le avrebbe conservate gelosamente. Io mi divertivo un poco a fargliele desiderare (a "farlo spantecare”, come si dice a Napoli), ma poi gli passavo tutto, anche i videoclip che facevo. Dopo mi telefonava e piacevolmente commentavamo insieme le nuove foto, confrontandoci con i nostri ricordi. Lui era contento, si sentiva dalla voce, e ricordo il suo modo tutto personale di chiamarmi: non per nome, ma con il diminutivo del mio cognome, mi chiamava semplicemente “Fiore”; era l’unico a chiamarmi così. Quando mi registrai al forum del G.A.F.A. scelsi come acronimo un anagramma del mio nome e cognome (che ha anche un duplice significato legato alla mia passione per la natura e la campagna), con: “Salva Fiore”, e lui adoperava la seconda parte dell’acronimo, chiamandomi soltanto con: Fiore!
A volte gli ho chiesto dei consigli sulle cose da pubblicare su “Piscinolablog”, che raccoglie testimonianze sui personaggi e eventi del quartiere, come quella volta che ero indeciso se pubblicare un racconto un po’ autobiografico, che riguardava indirettamente alcuni episodi della mia famiglia e di mia nonna materna. L’incertezza stava nel possibile giudizio negativo che potessi ricevere dai lettori, per aver usato una storia molto personale per comporre un post (nel gergo di blogger si dice “post”). Mariano mi incoraggiò a pubblicarlo e mi disse semplicemente, alla sua maniera, che era vero che apparentemente potesse sembrare un racconto autobiografico, ma alla fine si capiva benissimo che la storia narrata, che descriveva delle vicende di famiglia, era solo un filo portante, perché indirettamente essa narrava la metamorfosi e il danno subito dal territorio di Piscinola, un tempo agricolo, con la pesante urbanizzazione del rione Scampia. Disse semplicemente: “Vai Fiore, pubblicalo!”.
Sapendo che lui leggeva tutto quello che scrivevo, gli chiesi, a pubblicazione avvenuta, che ne pensasse, e lui subito rispose: “Hai fatto benissimo, era una testimonianza commovente ed era doveroso pubblicare”!
Ricordo l’ultima volta che l’ho incontrato, fu a Secondigliano, proprio presso la stazione della Piedimonte. Era da tempo che mi chiedeva delle copie “Scan” di alcune foto inedite del treno, foto che erano state pubblicate su una rivista ferroviaria e che egli non riuscì a comprare in tempo, perchè non fu informato della pubblicazione. Io come al solito glielo feci ripetere almeno tre volte…, dicendo che lo avrei fatto, appena ne avessi avuto tempo. Ma il mio piano per lui era ben diverso..., perché conservavo una seconda copia originale della rivista, acquistata a suo tempo in un edicola della Stazione Centrale di Napoli; era ancora sigillata con cellophan ed era tutta per lui...! Un giorno lo telefonai, dicendo che avevo un dono per lui e che ci dovevamo vedere di persona. Fissammo l’incontro al corso di Secondigliano. Quando arrivai con l'auto, lui si trovava già sul posto. Proprio sul marciapiedi opposto al viale della ferrovia Piedimonte. Mi aiutò a parcheggiare l'auto in un minuscolo spazio disponibile. Poi, salutandolo, gli consegnai subito tra le mani il regalo atteso... Mi colpii subito l'espressione dei suoi occhi, come se ridessero di gioia, mentre sfogliava le pagine e vedeva le foto tutte inedite dell’amato trenino! Mi chiese quanto mi doveva per il costo della rivista, e io subito risposi:... "Solo un caffè, che ci prendiamo in questo bar qui vicino…." Mariano mi strinse calorosamente la mano, compiaciuto del mio bellissimo regalo. E ci prendemmo quell’ultimo caffè insieme... Inutile dire che, mentre attendevamo che il barista preparava il caffè ed io parlavo delle nuove trovate sulla Piedimonte, lui non faceva altro che sfogliare avanti e indietro le pagine della rivista, soffermandosi sulle foto del treno e forse non mi ascoltava nemmeno, tanto che era preso ad ammirare quelle foto...! Dopo facemmo una breve passeggiata per rivedere lo stato della bella stazioncina di Secondigliano che, inutile dirlo, si presentava sempre chiusa e abbandonata... E poi percorremmo il vialetto laterale, dove si intravedeva ancora un raro traliccio della linea aerea, con quello che rimaneva di un semaforo. Mi mostrò anche il palazzo dove abitava la signora, quella che da piccola aveva assistito al bombardamento della stazione a opera delle Fortezze Volanti. Ricordo ancora che, discorrendo, mi chiese di intraprendere una iniziativa progettuale per cercare di salvare la stazione di Secondigliano, magari rendendola sede di un museo storico della Piedimonte, includendo anche la storia della TPN e della CTP (due società di trasporti pubblici provinciali, in un certo senso legate storicamente alle vicende della Piedimonte).
Non ci vedemmo più da allora. In quel Natale (2017), lo invitammo a partecipare alla cena sociale del G.A.F.A., ma lui ci scrisse che aveva dei turni lavorativi che non glielo permettevano e purtroppo non riuscì a partecipare.
Una mattina, all'inizio della primavera del 2018, ho ricevuto una telefonata sul cellulare, da un numero che non conoscevo...; rispose una voce femminile che cercò di presentarsi, dicendo, a tratti e tra pause, le parole: “l’associazione…, la ferrovia della Piedimonte,... Mariano...”…
Era la moglie di Mariano, che poi mi disse, con voce ancora incerta e commossa, che Mariano non c’era più…! Se n’era andato, in silenzio e con discrezione, come era nel suo carattere, nel sonno, un mese prima... Un giorno, al ritorno dal suo turno di lavoro notturno, si era messo a letto per un breve riposo, come faceva sovente prima del pranzo meridiano e da quel momento non si era svegliato più. Fu trovato dalla moglie sereno, come se dormisse... Restai gelato da quelle parole!

Mariano ha lasciato, a soli 52 anni, la sua bella famiglia, la moglie e i suoi tre figlioli giovanissimi, e anche noi, e molti suoi amici, con un vuoto e una tristezza senza uguali.
 
Mi piace ricordarlo in questo racconto, come se Mariano avesse intrapreso, sognando, il suo viaggio più bello, sorridendo a bordo della sua amata Piedimonte, tutta nuova e luccicante… e che salutandoci da un finestrino, fosse diretto nella nuova sua vita, in un bel luogo, senza più fatiche e preoccupazioni!

Ciao Mariano, spero che sei felice dove ti trovi adesso. Non mi dimenticherò mai di te, caro amico mio, caro amico della bella Piedimonte…!

ps. Il post viene pubblicato senza foto, per conservare il solo ricordo narrativo della persona a cui è stato dedicato.

Salvatore Fioretto 

mercoledì 7 settembre 2022

19 settembre, solennità del martirio di San Gennaro: ma è un "Miracolo" o un "Prodigio"...?!

San Gennaro esce illeso dalla fornace, olio su rame di Ribera (part.)

Uscendo una volta tanto dai canoni tradizionali di impostazione del blog, con cui abbiamo condotto le nostre ricerche storico-antropologiche, in questo post abbiamo cercato di raccogliere assieme, riassumendo molto il contenuto, una brevissima trattazione scientifica che cerca di fare chiarezza su quello che viene indicato da secoli come il "Miracolo di San Gennaro".
L'espressione di "Miracolo di San Gennaro" è stata da sempre utilizzata, soprattutto dai media, dalla stampa e quindi dalla tradizione popolare (ma non dalla Chiesa, che però usa il termine prudenziale di "Prodigio"), per indicare il segno straordinario che manifesta e "trasmette" la reliquia attribuita al sangue del martire Gennaro (vescovo ucciso nel 305 d.C. durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano), quando avviene lo scioglimento (chiamato impropriamente "liquefazione") dello stesso sangue.
La prima testimonianza storica della "liquefazione" risale al 17 agosto del 1389 riportata
da un anonimo, nel Chronicum Siculum.

Imbusto argenteo reliquiario del 1305

Questo sangue, oltre a cambiare di fase fisica (passa da solido a liquido e viceversa), in date fisse e variabili (le date fisse sono 19 settembre, 16 dicembre e il sabato antecedente la prima domenica di maggio, mentre le date variabili rappresentano le visite occasionali di personaggi famosi o le calamità pubbliche nella città), presenta tuttavia una moltitudine di altri fenomeni e di anomalie, che descriveremo appresso, a cui la scienza fino ad oggi non ha saputo ancora dare una spiegazione scientifica attendibile, a parte l'ipotesi della "Tissotropia" (cambiamento di stato fisico, da solido/gel, a liquido) che avverrebbe per sollecitazione meccanica (durante lo scuotimento della teca), ma tale ipotesi di spiegazione, come vedremo, non sarebbe applicabile alla fenomenologia sangennariana...
Oltre alla "liquefazione" e alla solidificazione del sangue del martire, che avvengono secondo processi e sequenze non costanti, la straordinarietà del fenomeno risiede soprattutto nella modalità della "liquefazione", che non è sempre la stessa e mai costante, e avviene soprattutto in assenza di ogni apparente causa esterna scatenante. 

Numerose volte, infatti, a settembre come a maggio, il sangue esce già sciolto dalla cassaforte situata dietro all'altare della cappella, dove viene custodito durante il corso dell'anno (la cui teca ricordiamo è chiusa, oltre che con una combinazione alfanumerica, anche con doppia serie di chiavi, una in mano al Cardinale di Napoli e una alla Deputazione del Tesoro di San Gennaro, che è un organismo laico, presieduta dal Sindaco di Napoli in carica), senza che alcuna persona abbia toccata la teca che lo contiene, mentre, di contro, tante altre volte questo grumo di sangue non si scioglie per giorni interi, nonostante le ripetute sollecitazioni e oscillazioni che subisce la teca; alcune volte, poi, la "liquefazione" è mancata del tutto, in un solo giorno ma anche per l'intera durata dell'"Ottava di devozione" della festa (per tutti gli otto giorni, come nel maggio del 1976).
La "liquefazione" del sangue è accompagnata quasi sempre da altri fenomeni fisici inspiegabili, che sovente si presentano in gruppi multipli, ma senza una sequenza costante, e questi "gruppi" spesso si ripresentano ciclicamente nel tempo, anche a distanza di decenni (come ad esempio l'uscita del sangue già sciolto dalla cassaforte a settembre e il suo completo scioglimento, come sta avvenendo in questi ultimi anni).
Visita papale a Napoli, anno 2016
Tutti questi comportamenti del grumo, qui descritti, appaiono e sono considerati, come già detto, in contrasto con le regole e le leggi basilari della scienza. Altri aspetti interessanti sono rappresentati dalla variabilità dei luoghi e delle date in corrispondenza delle quali avviene il fenomeno. Essi vengono ora qui descritti in maniera particolare:

1) la variazione di volume: certe volte la sostanza aumenta di volume, eccezionalmente fino a riempire totalmente l'ampolla, senza avere più lo spazio vuoto soprastante (contro il principio di conservazione della massa), tanto che in passato si scriveva nelle cronache: "ampolla piena", altre volte il livello del sangue si abbassa in maniera tale da essere apprezzabile all'occhio dell'osservatore. Normalmente il sangue riempie circa 2/3 del volume dell'ampolla più grande;
2) la variazione di peso: a volte si è registrato la variazione del peso in contrasto con la variazione di volume (contro il principio di conservazione del peso, a parità della forza di gravità). Nell'anno 1902, dopo una serie di rilievi condotti dagli scienziati G. Sperindeo e G. Silva, tra le festività di maggio e settembre, fu apprezzata una variazione di peso fino a ben 28 grammi, in rapporto al peso complessivo della teca di circa un chilogrammo;
3) la variazione della densità: lo stato di densità della sostanza varia da molto denso, fino a pastoso, a molto fluido come l'acqua, fino a essere fluidissimo come l'etere);
4) la variazione di colore: il colore del sangue varia da scuro (nero come pece) fino al rosso vivo, con riflessi vividi, come mostra un sangue appena estratto dalle vene. Spesso a settembre, quando la "liquefazione" è completa, dopo che è stata agitata la teca, il sangue lascia un alone rosso sul vetro dell'ampolla. Quando il grumo del sangue resta completamente solido nell'ampolla, la luce che attraversa il vetro della doppia teca (angioina e barocca) e dell'ampolla esegue un caratteristico riflesso sulla superficie del sangue, che risulterebbe essere come speculare.
5) la presenza o l'assenza di un "globo": ossia una parte di grumo non si scioglie e appare duro, di forma varia, che rimane per giorni interi all'interno dell'ampolla senza sciogliersi, ma distaccato dalla parte che invece è liquida;
Paliotto d'argento: la traslazione delle ossa di S. Gennaro da Montevergine a Napoli
6) la variazione della temperatura di scioglimento o di fusione (che invece dovrebbe essere costante per ciascun elemento o composto, a parità della pressione atmosferica): si passa da una temperatura di oltre 30°C, registrata a settembre, a una temperatura inferiore a 10°C, durante la ricorrenza del 16 dicembre;
7) la variazione del tempo di scioglimento (spesso anche in contrasto con la temperatura): a volte il sangue impiega pochi minuti per sciogliersi completamente, altre volte, invece, lo scioglimento si completa dopo ore o dopo diversi giorni; 
8) la formazione di bolle isolate o di schiuma sulla massa solida o liquida del sangue: in tale circostanza, nei tempi antichi veniva indicato nelle cronache che "il sangue bolle".
9) la variazione della sequenza di scioglimento: lo scioglimento può avvenire dalla periferia marginale, quella a contatto con il vetro, verso l'interno dell'ampolla, oppure di lato al vetro, oppure dall'alto verso il centro; raramente anche dal centro della massa verso l'esterno, con formazione di un diaframma di separazione ancora solido, con formazione di uno zampillo di sangue che fuoriesce da esso;
10) la variazione della velocità di scioglimento: la velocità spesso è molto lenta, a volte invece istantanea, cioè il sangue nell'ampolla maggiore si scioglie "tutto in un botto", oppure per lento rammollimento dell'intera massa o solo di una sua parte);
San Gennaro benedicente, dipinto di F. Solimena (part.)
11) la variazione del comportamento del sangue nei giorni dell'"Ottava": la "liquefazione" si ripete per otto giorni successivi alle due ricorrenze principali (il 19 settembre e nel sabato antecedente la prima domenica di maggio), ma con comporamenti non costanti, mancando in qualche giorno o più giorni. Al mattino, normalmente, la teca si estrae dalla cassaforte con il sangue mostrato solido e, dopo le preghiere, questo si scioglie oppure esso viene trovato già sciolto.
Capita pure che esso si solidifica dopo la pausa meridiana, per poi ridisciogliersi nel pomeriggio, oppure non si scioglie fino a sera, oppure ancora non si scioglie per alcuni giorni, anche alterni, oppure per l'intero periodo dell'"Ottava", come avvenne nel maggio del 1976. Alla festa del 16 dicembre si ha invece un solo giorno di venerazione della reliquia, e spesso la liquefazione è mancata del tutto nel corso dei decenni passati oppure si  sono notate solo alcune gocce di sangue o gocce di siero che migravano sulla massa solida. Tuttavia negli ultimi sette-otto anni la "liquefazione" in questa data è avvenuta quasi sempre, mancando solo qualche anno, anche se si è verificata in orari imprevedibili del giorno di festa;
12) la variabilità dell'auditorium che attende il fenomeno: la "liquefazione" avviene davanti a migliaia di persone in preghiera oppure in presenza di poche persone oppure, inaspettatamente, davanti a pochi tecnici durante dei piccoli interventi per accomodi o per riparazioni della teca. 
Nel mentre altre volte sono stati fatti degli interventi di saldatura all'argento della teca che contiene le ampolle, quindi con notevole apporto di calore e non si è sciolto nemmeno una goccia di sangue (a tal riguardo non reggono le due ipotesi di spiegazione del fenomeno avanzata in passato, la prima per la presenza di una "energia metapsichica" che sarebbe trasmessa dalla folla, capace di sciogliere la sostanza, e quella dell'apporto di calore generato dalle candele poste in vicinanza della teca con l'ampolla); 
13) la variabilità del luogo nel quale si verifica il fenomeno della liquefazione: oltre alla Cappella del Tesoro, all'altare maggiore della Cattedrale di Napoli e alla basilica di S. Chiara, i luoghi presso i quali si è verificata la "liquefazione" sono stati anche diversi e alcuni anche atipici, come la Basilica del Gesù Nuovo (nel periodo in cui la basilica di S. Chiara era inagibile, a causa dei bombardamenti del 1943). A volte la "liquefazione" è avvenuta per strada, durante la processione di maggio, oppure all'ingresso o all'uscita della Cattedrale o della Basilica di Santa Chiara. 
Una volta si è verificata anche nella chiesa di San Giuseppe dei Ruffi, presso via Duomo (maggio 1981), per inagibilità della Cattedrale. C'è da aggiungere che nel periodo tra il XVI e il XIX secolo erano le "piazze" dei sei Sedili di Napoli e poi le chiese napoletane, cosiddette "Maggiori" (S. M. del Carmine, S. Domenico, S. Lorenzo, Pietrasanta, S. Chiara, Trinità Maggiore, ecc.) ad essere i luoghi deputati ad ospitare a rotazione la cerimonia del "prodigio" di aprile o maggio. Anche la variabilità della luminosità ambientale (al chiuso o all'aperto) e delle condizioni meteo sono fattori ritenuti non determinanti per il ripetersi del fenomeno;
14) la variabilità del giorno del prodigio di maggio e altre feste transitorie: come è noto il prodigio di maggio (che avviene dal 1800 nella basilica di S. Chiara) non presenta una data fissa, ma alquanto ballerina, essa è fissata nel sabato che antecede la prima domenica di maggio; ci sono altre variabili che concorrono per l'identificazione del giorno di questa festa, ad esempio, se la prima domenica di maggio capita il giorno 1 maggio, il "sabato antecedente" è fissato il 30 aprile. Se Pasqua poi capita nella ultima domenica di aprile, la domenica successiva di maggio è "domenica in albis" (quindi legata alla Pasqua), in tal caso la cerimonia viene spostata alla seconda domenica di maggio. Nei secoli passati, tuttavia, la data che ricordava al traslazione delle reliquie (ossa) di San Gennaro, da cui discende la festa di maggio, era fissata (secondo il Calendario Marmoreo della Chiesa di Napoli), nel 13 aprile, ma a causa della sua coincidenza ripetuta con le celebrazioni pasquali, essa fu spostata al sabato di maggio.
Altra data, nella quale si celebrava nei secoli scorsi la cerimonia di impetrazione della "liquefazione" del sangue, era il 13 gennaio, quando si ricordava la traslazione delle reliquie delle ossa di San Gennaro da Montevergine a Napoli, avvenuta nell'anno 1497; questa ricorrenza fu celebrata per oltre un secolo, sempre accompagnata con il segno della "liquefazione" del sangue, poi cadde in oblio e sostituita, a partire dal 1631 (dopo la cessazione ritenuta prodigiosa dell'eruzione del Vesuvio), con la festa del Patrocinio di San Gennaro, che capita appunto il 16 dicembre. E infine...
15)
la presenza di una goccia di siero galleggiante sulla massa compatta non sciolta del sangue: come spesso avviene il 16 dicembre quando non avviene la liquefazione. Quest'ultimo fenomeno sarebbe giudicato "un assurdo scientifico", perché il siero non dovrebbe essere presente nell'ampolla, in quanto già separato dal plasma al momento dell'effusione dal corpo del martire, quindi sarebbe (col beneficio del condizionale) una formazione ex nihilo (dal nulla)...
L'esame spettroscopico condotto sulla reliquia, nello scorso secolo, in due occasioni (nell'anno 1902, da parte di due eminenti scienziati universitari napoletani, il prof. Raffaele Ianuario e il prof. Gennaro Sperindeo, entrambi docenti della Regia Università di Napoli e, nell'anno 1989, da parte del prof. Pier Luigi Baima Bollone, docente dell'Università di Torino e componente della commissione scientifica per lo studio della Sacra Sindone), hanno evidenzato, con esiti esposti in pubblicazioni scientifiche e anche con report fotografici, la indiscussa presenza dello spettro di assorbimento dell'Ossiemoglobina (l'ossiemogolbina è una componente fondamentale del sangue), non solo, ma il prof. Bollone ha anche osservato, durante l'esame condotto nel 1989, la presenza degli spettri di assorbimento dei fattori intermedi del processo della "liquefazione" e della coagulazione del sangue, gli stessi rilevabili in un sangue normale circolante in un individuo vivente (ovvero esso si comporterebbe come se fosse in "bilancia emostatica", proprio come in una vena vivente).
Catacombe di San Gennaro, affresco con l'immagine più antica di San Gennaro, fine V sec.
In effetti il sangue, per la sua natura, una volta fuoriuscito dalle vene di un soggetto sano e dopo la separazione tra siero e plasma, si coagula e, senza aggiunti di additivi anticoagulanti, non può ritornare allo stato liquido, mentre, di contro, se esso è trattato, resta liquido definitamente.
Noi sappiamo che l'ampolla maggiore del sangue di San
Gennaro, dove si evidenzia maggiormente il fenomeno, è stata sigillata con mastice molto duro, durante il regno di Roberto d'Angiò e quindi isolata dal contesto ambientale esterno ed è racchiusa nella doppia teca che vediamo esposta in Duomo: questo dimostra che essa non può essere aperta. 
Lo scienziato napoletano Corrado Piancastelli così scriveva nel suo libro:  "L'aspetto storico e scientifico del Miracolo di S. Gennaro, Napoli, 1965" a riguardo del fenomeno sangennariaro "Abbiamo una sostanza solida, sigillata, secolare, che in maniera irrefutabile si liquefa, cambia di colore, di volume, di peso, di viscosità, dinanzi ai nostri occhi, dinanzi alle nostre macchine foto-cinematografiche, in inverno, in autunno, in primavera; nel caldo e nel freddo, con la folla e con poche persone, a date fisse o variabili, per otto giorni di seguito, restando liquida, semiliquida, pastosa, semisolida, liquida e pastosa, o liquida e solida insieme oppure non si liquefa affatto".
Tutto quanto sopra descritto, in maniera alquanto sintetica, è un fenomeno tutt'oggi non spiegabile con le leggi della fisica, della chimica e della biologia, purtuttavia la Chiesa, che custodisce la reliquia, consente l'esecuzione di ricerche e di analisi, applicando le tecnologie e i moderni mezzi scientifici d'indagine, purchè venga sempre garantita l'integrità della reliquia del sangue e l'ampolla non deve essere assolutamente aperta. Esso perché, come detto in premessa, lo scioglimento del sangue di San Gennaro viene prudentemente definito dalla Chiesa come un "Prodigio", ossia un fenomeno straordinario compiuto da un sangue antico, attribuito dalla tradizione popolare al Patrono San Gennaro, che al momento non trova una spiegazione scientifica attendibile, nel mentre si consente e si continuano ad eseguire le indagini scientifiche.
Il popolo napoletano, soprattutto quello dei secoli scorsi, specie abitante nei quartieri più popolari, ha sempre considerato questo fenomeno dello scioglimento del sangue, un "miracolo", ossia un segno soprannaturale; di conseguenza la reliquia è stata oggetto di preghiere e di suppliche comunitarie, a volte anche in maniera colorita e appassionata, specie durante le varie calamità cittadine avvenute nei secoli. La Chiesa ne consente il culto, eseguendo nel contempo un costante richiamo etico-comportamentale e una azione di inquadramento del suo significato religioso nell'ambito della ascetica cristiana.
La reliquia del Sangue di San Gennaro (insieme a quella della testa del Santo racchiusa nell'Imbusto angioino), ha infatti accompagnato tutte le vicende della storia di Napoli, dall'anno 1389 fino ai nostri giorni.
Complessivamente, i tanti devoti di San Gennaro animano l'atmosfera di preghiera, sia in Cattedrale che nella basilica di Santa Chiara, nelle quali ogni anno si verifica il "prodigio", in maniera spesso molto partecipata e raccolta, non priva di manifesti segni di gioia e di giubilo quando avviene la "liquefazione" del sangue.
Non risulta invece avere nessuna valenza statistica e nemmeno logica e storica, la mancanza della liquefazione del sangue rapportata con il verificarsi o meno di eventi di calamità cittadini concomitanti (la "liquefazione" non è un pronostico).
Infine, le ricerche archeologiche condotte nelle catacombe cristiane, sia a Roma che a Napoli, hanno testimoniato il rinvenimento di diverse fiale vitree antichissime, giudicate risalenti al IV secolo d.C., contenenti residui di sangue, queste sono state spesso trovate in vicinanza dei luoghi di inumazione dei martiri cristiani (alcune di queste fiale sono sorprendentemente simili a quelle conservate nel Duomo di Napoli, per forme, decorazioni e pasta vitrea); questo perchè era usanza dei primi cristiani conservare il sangue dei martiri ed esporlo vicino alla loro tomba, allo scopo di indicare colui che aveva donato il sangue (la vita) per Gesù e quindi santo certo in Paradiso. Ecco perchè, oltre San Gennaro, ci sono altri santi, sia a Napoli che fuori città, dei quali si conservano le reliquie del loro sangue. Tuttavia la fenomenologia manifestata nel sangue di San Gennaro, nella sua completezza, non ha altri eguali: è un vero unicum!

Con questo post di Piscinolablog, abbiamo cercato di illustrare e trasmettere al lettore, con parole semplici e in maniera alquanto distaccata dalla fede, tutta la fenomenologia mostrata dal sangue di san Gennaro, con occhio rivolto alla trattazione scientifica, così come ricavata dalla vasta bibliografia disponibile, ma anche da testimonianze e da cronache degli anni passati. L'abbiamo fatto cercando di essere quanto più possibile "asettici", al di là del condizionamento religioso, con l'unico obiettivo di rendere chiarezza a coloro che cercano di conoscere la verità.

La foto mostra la presenza del "globo" non sciolto nella teca
L'abbiamo svolto in maniera diversa e opposta a quanto fatto fino ad oggi, specie da parte di alcuni "reportage" e documentari trasmessi dai media negli anni passati, quando hanno descritto e spiegato il fenomeno della sola "liquefazione" attraverso lo svolgimento di indagini  e ricerche, che alcune volte sono risultate come condizionate dal desiderio di arrivare rapidamente a una conclusione, che apparirebbe come già annunciata, mentre l'argomento riguardante il comportamento del sangue di San Gennaro e della sua storia meritava ben altro approccio e un approfondimento scientifico e storico serio, spiegante tutte le fenomenologie fin qui descritte e non solo, in maniera approssimativa, la sola liquefazione. L'abbiamo fatto con spirito di umiltà, alla luce di una appassionata ricerca e di uno studio particolare, condotti in oltre quaranta e passa anni di esistenza! Speriamo vivamente di aver dato un contributo, seppur modesto per la brevità dell'analisi, ma comunque significativo, per amore della verità storica e scientifica.

Cappella del Tesoro di S. Gennaro, altare maggiore con l'imbusto del Santo Patrono esposto

Tuttavia, considerato che lo scrivente conserva anche una profonda e datata devozione verso il patrono San Gennaro, dedica questo post alla Sua memoria secolare, in occasione della ricorrenza del Suo martirio (giorno natale al cielo), che cade il 19 settembre prossimo. Porge poi gli auguri di buona festa patronale alla città di Napoli e a tutta la regione Campania, che come è noto sono affidati al Suo patrocinio. Auguri ancora a tutti i concittadini napoletani e campani, specie a coloro che si trovano all'estero e, non ultimi, a tutti coloro che portano il nome di Gennaro.
Auguri a tutti!

Salvatore Fioretto 

Bibliografia essenziale:

- "Il miracolo di San Gennaro in Napoli", anno 1950, di Alfano Gennaro e Amitrano Antonio;

"L'aspetto storico e scientifico del Miracolo di S. Gennaro" - Napoli - anno 1965, di Corrado Piancastelli;

- "Storia e scienza di fronte al miracolo di San Gennaro", anno 1978, ed. Lauretana - Napoli, di Aldo Caserta e Gastone Lambertini;

- "San Gennaro - Storia, folclore, culto", anno 1983, ed. LER - Napoli, di Luigi Petito;

- "San Gennaro e la scienza", anno 1989, ed. Società Ed. Internazionale - Torino, di Pier Luigi Baima Bollone;

-  Le reliquie di S. Gennaro custodite nel Duomo di Napoli - Ricerche scientifiche" - "Atti del Congresso nel VI centenario della prima notizia della liquefazione del sangue (1389 - 1989)", anno 1989, ed. ACM - Torre del Greco.

Cattedrale di Napoli, il card. Corrado Ursi mostra al popolo il sangue sciolto, 19 settembre 1984. La freccia nella foto indica lo scrivente, all'epoca già osservatore appena ventenne.