sabato 7 aprile 2018

Quando gli abitanti di Piscinola e di Chiaiano ripopolarono la città di Napoli...


Una volta deposto l'ultimo imperatore dell'Impero Romano d'Occidente, Romolo Augustolo (il giovane sovrano fu catturato nell'anno 476 e messo in prigione proprio a Napoli, in una cella del Castel dell'Ovo), gli Ostrogoti, con Odoacre, estesero il loro dominio in città e nell'intera penisola.
L'imperatorio di Bisanzio Giustiniano
I Bizantini (del sopravvissuto Impero Romano d'Oriente), incoraggiarono Teodorico a cacciare gli Ostrogoti, riuscendo poi nell'impresa; si ebbe quindi un lungo periodo di pace per la penisola. Ma alla morte di Teodorico (536 d.C.), Teodato, con un colpo di mano, riuscì a riprendere il potere. L'imperatore Giustiniano, nel frattempo asceso al trono di Bisanzio (Costantinopoli), mal vedendo l'usurpazione, di quello che fu il glorioso Impero Romano, pensò di muovere guerra agli Ostrogoti e affidò il comando dell’esercito al suo “magister militium”, Flavio Belisario.
Belisario, che era nato in Germania nell’anno 500, già aveva comandato le truppe bizantine nel 533, conducendole vittoriosamente nella “Guerra vandalica”, con la quale conquistò l’Africa settentrionale che era sotto il dominio dei Vandali.
Il generale Belisario
Nel 535 il generale Belisario mosse guerra contro gli Ostrogoti: con l'impresa che prese il nome di “Guerra gotica”. Sbarcò in Sicilia e in poco tempo la sottomise, a partire dalla città di Palermo. Passò poi in Calabria e, più su, fino a raggiungere la città di Napoli. Qui cercò di condurre alla resa pacifica le frange di Goti che vivevano in città, ma non riuscendo nell'impresa, mosse assedio alla città rinchiusa delle sue possenti e inespugnabili mura greche. Nel frattempo un soldato svelò un facile accesso alla città, attraverso l'ingresso dell'acquedotto romano, forse individuato nei pressi di Capodichino. Belisario, grazie a questa scoperta inattesa, riuscì finalmente a penetrare in città, con a seguito i suoi soldati. Le cronache raccontano di episodi efferati perpetuati contro la popolazione inerme, infatti le soldataglie, mosse senza pietà, non fecero distinzione tra donne, vecchi e bambini... Tanto fu accanita e cruenta l'oppressione, che la città si mostrò subito spopolata, forse anche perchè in tanti cercarono scampo, fuggendo via da quel triste campo di battaglia.
Ricostruzione approssimata di Napoli medioevale
Tale strage fu subito condannata dal pontefice dell'epoca, papa Silverio, che ammonì Belisario a rimediare subito a tanto male commesso. Belisario ritornò a Napoli e vedendo le condizioni pietose in cui versava la città, ormai ridotta a un campo di macerie, pensò di ripopolarla e di farla amministrare. E così convinse gli abitanti dei centri periferici, non si sa però con quale opera di convincimento, a trasferirsi nella città semi-abbandonata. Tra questi centri, sono citate le "Ville" di Piscinola e di Chiaiano. Furono le basi storiche di quello che sarà il Ducato Bizantino di Napoli, a partire dal VII secolo. 
Questa è la sintesi storica dell'avvenimento riportata in maniera semplice e scorrevole, tuttavia la notizia storica è contenuta nell'opera "Historia Miscella", attribuita allo scrittore Landolfo Sagace (Landulfus Sagacis), vissuto a cavallo dell’IX secolo e la prima metà del X secolo ed è, a sua volta, una rivisitazione della "Historia Romana", scritta nel VIII secolo da Paolo di Varnefrido, meglio noto come Paolo Diacono, monaco del convento di Montecassino.
L'imperatore Giustiniano, Belisario e altri generali, in un mosaio a Ravenna
Ecco il testo storico trascritto e, a seguire, la relativa traduzione: "Belisarius vero sedulé 'a Papa Sylverio acriter increpatus, cur tanta, ac talia homicidia Neapoli perpetrasset; tandem correptus, et poenitens rursum proficiscens Neapolim, et videns domus civitatis depopulatas, ac vacuas, tandem reperto consilio recuperandi populi, colligens per diversas villas Neapolitanae cìvitatis viros ac mulieres domibus habitaturos immisit, idest Cumanos, Puteolanos, et alios plurimos Ligurià degentes, et Playà, et Solà et Piscinulà et Locotrocclà et Summà, aliisque villis: [...]"
Belisario
(Traduzione) "Belisario (fu) in verità aspramente rimproverato dal diligente papa Silverio per aver perpetrato tanti e tali omicidi a Napoli; alla fine messo alle strette e pentito, di nuovo partendo per Napoli e vedendo le case della città saccheggiate e vuote, finalmente presa la decisione di ripristinare la popolazione, raccogliendo per diversi villaggi della città napoletana uomini e donne, li immise nelle case perchè vi abitassero, cioè (immise) Cumani, Puteolani e parecchi altri che vivevano a Liburia, a Chiaiano, a Sola, a Piscinola, a Trocchia e a Somma e in altri villaggi [...]".
Questa notizia è stata integralmente riportata, secoli dopo, dal celebre storico: Ludovico Antonio Muratori,  nella sua opera capolavoro: "Rerum Italicarum Scriptores" (Tomo I, pag. 107). 
Generali Ostrogoti
Altro celebre storico di cose napoletane, Antonio Chiarito, nel suo libro "Commento istorico-critico-diplomatico sulla costituzione...", pubblicato postumo, cosi scriveva riguardo a Piscinola:  "Del villaggio detto Piscinula. La più antica memoria, che s'incontra di questo Villaggio si è nell'Istoria miscella in occasion di narrarci, che avendo Bellisario Capitan dell'Imperador Giustiniano quasicchè distrutta la nostra città, e fatto uccidere un numero grande de' Cittadini di essa, avesse poi presi da vari luoghi degli abitatori, affin di farla popolare; e fra gli altri Piscinula. Dalla nostra carta, e da altre più antiche, e anche da' diplomi abbiamo chiare memorie di esso Villaggio." [...]
Mentre lo storico Lorenzo Giustiniani, nella sua opera: "Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli", tomo VII, scriveva:
Scena di vita in una citta del medioevo
 "Piscinola, casale regio della città di Napoli, alla distanza di 5 miglia, è situato in pianura di aria mediocre. Si dice nella storia Miscella che Belisario avendo quasi distrutta Napoli, prese da varj luoghi degli abitanti per ripopolarla, e fra questi alcuni individui di Piscinola. Da una carta celebrata in Napoli citata dal Chiarito, a 20 agosto XLIV dell'impero di Costantino e VII di Romano si legge: Petiam terre in loco dicto Prato in Piscinula. Nelle carte angioine è detto Pissinula."

Abbiamo riproposto ai lettori una pagina di storia dei quartieri di Piscinola e di Chiaiano, attraverso il racconto di un episodio che appartiene alla storia di Napoli, risalente a ben quindici secoli fa, dimostrando che all'epoca questi due centri, chiamati "Ville" (da cui deriverà il termine di Villaggi), erano già conosciuti e anche ben popolati, tanto da permettere il trasferimento di alcuni suoi abitanti nel centro cittadino. 
Questa notizia servirà a tanti concittadini a riprendere forza e orgoglio, a non mollare, contro i malesseri della vita quotidiana e contro i tanti mali sociali che affliggono i nostri territori, oggi considerati semplicemente di "periferia", prendendo spunto dalla storia, quando anche nei momenti peggiori della vita cittadina è stato possibile rinsaldare tutta la comunità in difficoltà, con azioni e opere di cooperazione e di solidarietà sociale.
Salvatore Fioretto


sabato 24 marzo 2018

Il mondo di Susella: Pane, pallone e fantasia...


Questa settimana racconteremo uno spaccato di storia della vicinissima Miano, narrando la vita di un personaggio originario del quartiere, una donna che è stata organizzatrice di squadre sportive di calcio, a livello sia dilettantistico che di categoria, a cui hanno aderito diverse generazione di giovani sportivi di Miano: parliamo di Lucia Natale, soprannominata  "Susella".
Il testo, scritto dal giornalista dott. Antonio Valenti, è stato pubblicato due anni fa, in una rubrica speciale, sulle pagine sportive del giornale "Campania Sport", l'8 marzo 2016.
Interessante è la citazione nell'articolo di un tecnico formatore di squadre di calcio nel quartiere di Piscinola.

"La febbre del sabato sera, prima che della discoteca 2001 Odissey del film di John Travolta, nasce là in quel basso, un bigliardino, come si diceva allora, all’angolo di Vico Cotugno oggi risucchiato non dal terremoto ma dalla ricostruzione post terremoto, non dalla natura ma dalla natura dell’uomo.
Miano e lo stabilimento della Birreria Peroni in una foto aerea degli anni '60

E’ in quell’angolo scomparso di Miano che il sabato sera un gruppo di giovani si ritrovavano per preparare la gara del giorno dopo, mister Pasquale ‘o pazzo dettava la formazione e spiegava la tattica che all’epoca era “letterale e non numerica”, niente 4-4-2 o 4-4-3, tutto molto semplice: tu giochi ala destra, tu libero in difesa, insomma non si litigava con i numeri come oggi.
A litigarci con i numeri, seduta a un tavolino c’era  una signora, ma più che numeri erano gli stessi giocatori ad autotassarsi per raccogliere la somma necessaria. Lo sballo era un chinotto o una gassosa e terminato il “raduno” prepartita con le convocazioni, fatte all’improvviso tra i presenti, si tirava la sera con un tressette, una partita a flipper o a calco balilla.
Non era il mondo di Suzie Wong ma il mondo di Susella, nome, o meglio il soprannome di battaglia di un personaggio straordinario del calcio dilettantistico campano conosciutissimo da tutti i campi degli anni che vanno dal 1950 al 1970.
Il pedigree calcistico di Lucia Natale, questo il vero nome che pochi conoscevano e a nessuno interessava, lo riassunse lei stessa in un’intervista al “Campania Sport” del 23 maggio 1972: Sono nel calcio da più di vent’anni, anche se non ricordo con esattezza. Il primo campionato l’ho fatto col CSI verso il ’50, poi ho fatto quattro anni di lega giovanile e dal ’57-’58 ininterrottamente in terza categoria. L’ho vinta quattro anni fa e sono giunta varie volte seconda o terza”.
Questi i numeri dell’attività agonistica, i numeri dei ragazzi coinvolti è stupefacente: siamo sulle mille unità e il verbo “acquistare” non è mai esistito nel vocabolario di Susella, si andava là per pura e semplice passione e per divertirsi, era un mondo senza trucchi e senza inganni, che , quando crollerà, verrà sostituito da un mondo tutto trucchi e inganni, proprio in quelle zone a maggior rischio sociali, in cui molti ragazzi imboccheranno le strade del disagio.
I “Made in Sud” all’epoca erano anche i ragazzi che crescevano alla scuola del Calcio Napoli, con personaggio come Lambiase e De Nicola, allenatori e conoscitori della realtà calcistica campana, e così succedeva che avversari della Polisportiva Miano erano tali Juliano, Montefusco e Abbondanza.
Susella e alcuni atleti
L’ospedale Cardarelli all’epoca sfornava cure mediche ma anche  calciatori con una sua squadra, l’Alba Napoli di Totonno Montepiccolo e Mario Vulcano e un’industria come la Cirio aveva una squadra in serie D da cui uscì un certo Rosario Rivellino poi approdato al Napoli.
Certi sociologi attuali dovrebbero partire proprio da queste realtà, anche sportive, e dalla loro distruzione per capire la desertificazione di valori e il malessere odierno.
In questo mondo di Susella: zero acquisti e diverse cessioni, ricordava lei stessa in quell’intervista: Ho venduto parecchio. Cedetti Spanò, Riccio e Bevar al Quarto  per 400.000 lire. Un altro, Quereta, gioca in serie D.
Era il mondo di Susella, ma anche di tanti altri, come Raffaele Zazzaro a Piscinola o Corduas con la sua Freccia Azzurra a Secondigliano, che accoglievano i ragazzi e li indirizzavano su una via fatta di alcuni campioni e tanti valori che allo sport sono intrinsechi.
Questa la Susella calcistica da tutti conosciuta e sinonimo del calcio mianese, tanto che se parlavi del calcio e di Miano la domanda era sempre la stessa: Chi, Susella?
Accanto a Susella “pubblica” poi, non è che lei vivesse di pallone, c’era la Susella che puoi definire: “Pane, pallore e fantasia”.
La fantasia era, ed è ancora in molti casi, quella che ti fa mettere il piatto a tavola con una certa serenità giorno dopo giorno. Quando le donne si affacciavano al mondo del lavoro, comprese le borghesi in una scuola allora feudo incontrastato maschile, Susella è stata anticipatrice ed emancipatrice.
Quando Lourdes e Medjugorje erano di là da venire, le nostre donne, per il resto dell’anno casa e chiesa, riversavano la loro fede nella juta a Montevergine, in macchinoni addobbate con fiori ogni settembre con l’abito e lo scialle d’occasione e rincannaccate con chili di monili d’oro, all’epoca la ricchezza la potevi ostentare anche se era virtuale, perché poi, per il resto dell’anno, quell’oro prendeva spesso e volendo la via di Secondigliano, da "zì Vicienzo", l’uomo del Banco dei Pegni, così per sopravvivere.
Susella era una delle artefici e organizzatrici di tali viaggi ed ebbe un’evoluzione notevole, con lo scomparire delle macchine addobbate, passo all’organizzazione di viaggi organizzati annuali per la stessa Montevergine e Pompei e poi, in una notevole escalation, viaggi di più giorni per Assisi e Venezia e tante altre mete italiane che altrimenti sarebbero restate dolce chimera di tanti, è stata una delle inventrici del turismo popolare, un’operazione sociale non da poco conto per quei tempi.
E non finisce qui, quando non era impegnata col calcio o con i viaggi, Susella dispensava nei tanti vicoli di Miano i guanti che, provenienti dalle fabbriche della Sanità, venivano distribuiti, oggi si dice terziarizzazione, alle donne che dalla mattina alla sera, sedute alla loro macchina da cucire a pedale, il motorino avrebbe fatto il la sua comparsa negli ultimi tempi, cucivano coadiuvate da tutta la famiglia, quei guanti che poi ultimati riprendevano la via delle fabbriche con pagamento, ovviamente, a “cottimo” e una percentuale per le “distributrici”.
La Sanità brulicava di fabbriche di guanti e di scarpe, c’era un artigianato fiorentissimo che dava da campare a tutti i suoi abitanti ed addirittura esportava lavoro, certo era spesso lavoro nero e, evidentemente dei due termini uno era di troppo ed andava eliminato, infatti così è stato che dei due termini è scomparso il “lavoro” ed è rimasto “nero”."
Articolo giornalistico di Antonio Valenti

Ringraziamo il dottor Valenti per questa bella pagina di storia del nostro territorio; terra con tanti personaggi di spessore, come fu donna Susella di Miano.