venerdì 10 aprile 2015

Il Salvatore va in India...! "Come Francesco" 2^ parte

(continuo della prima parte "Come Francesco... Padre Nicola Frascogna", pubblicata il 4 aprile 2015)
 
Ritornando ai rapporti di "gemellaggio" sorti tra il parroco di Piscinola, Don Angelo Ferrillo e padre Nicola Frascogna, possiamo affermare che i due religiosi si conoscevano da tempo, sicuramente ancor prima della partenza di padre Nicola per le lontane Indie; forse si conobbero in qualche raduno ecclesiastico, per la passione che entrambi nutrivano verso le opere missionarie. Forse frequentavano lo stesso padre spirituale, il mons. Salvatore Cavallo, parroco di Mugnano, celebre per la sua azione di incoraggiamento alle opere missionarie o, addirittura, frequentavano il celebre missionario: padre Paolo Manna (oggi Beato), fondatore del PIME e del centro missionario di Ducenta che, proprio a Ducenta, trascorse gli ultimi anni della propria vita. Purtroppo non abbiamo le informazioni dettagliate su questo aspetto della loro biografia.
Nel libro "Come Francesco", di Ferdinando Germani, (ediz. PIME, anno 1981), sono riportate diverse notizie di questa conoscenza e le opere missionarie che ne seguirono; riportiamo in questa seconda parte del post dedicato a Padre Nicola Frascogna,  alcuni brevi stralci che ci interessano:
"Il gemellaggio missionario di Piscinola" (tratto dal libro "Come Francesco)"

"[...] Padre Frascogna tornò nel distretto di Bhimavaram, per riprendere il suo lavoro, che crebbe a dismisura, dopo che un suo amico sacerdote, don Angelo Ferrillo, parroco di Piscinola (Napoli) gli aveva proposto di stringere un "gemellaggio" tra la sua chiesa dedicata al "SS. Salvatore" e una nuova chiesa da costruirsi in India con il medesimo titolo. La proposta così allettante fu subito preso a volo dal Padre Frascogna e senz'altro s'impegnò a realizzare nel più breve tempo possibile una chiesa dedicata al SS. Salvatore nel villaggio di Molgaturu."
 
Per sostenere questo progetto di gemellaggio con Padre Frascogna, concorsero moltissime famiglie di Piscinola, che aderirono con entusiasmo alla proposta del Parroco Angelo Ferrillo, impegnandosi a dare un contributo mensile fisso in denaro. Diverse ragazze diedero il loro aiuto, realizzando dei bei lavori in ricamo, in filo e a maglia, la cui vendita consentì di contribuire non poco alla causa missionaria. Molti ricordano ancora che sulla parete dell'ingresso laterale della chiesa del SS. Salvatore era presente una statuetta di San Pietro in bronzo (una riproduzione in miniatura di quella esistente nella Basilica Vaticana), con alla base una cassetta dedita alla raccolta delle offerte in denaro, con sopra la scritta "Sante Missioni" e un grande quadro contenente diverse foto delle chiesette fino a quel momento realizzate nel centro missionario indiano. 

          
La prima chiesa "figlia" a Mogalturu
Ecco una lettera trasmessa da Don Angelo Ferrillo a Padre Frascogna, riportata nel libro "Come  Francesco":
"Voglio costruire a Molgaturu una chiesa figlia o sorella della parrocchia di Piscinola.... Considererò tale paese come il mio paese, se fossi stato missionario...
Nei pochi momenti di riposo, che mi lascia la parrocchia di Piscinola, mi recherò con il pensiero e con l'anima alla nuova chiesa. Spero che Gesù Salvatore davvero voglia farci centro di irradiazione nell'India e che anche Piscinola possa sentirne il beneficio... Ho parlato della mia idea anche agli amici sacerdoti e spero che qualche altro sacerdote faccia anch'egli una cappella nelle missioni.... Vorrei che le due chiese di Mogalturu e di Piscinola si leghino per sempre. Farò un piccola lapide da murare nella chiesa di Piscinola per ricordare ai posteri che esiste una chiesa sorella  lontana nelle missioni.... Vi manderò una tela ad olio (metri 2,3 per 1,30) immagine fedele della statua del SS. Salvatore, Patrono di Piscinola. Sto spiegando ai miei fedeli nelle messe che Gesù Salvatore partirà per le missioni a fare il missionario... Una cappella delle missioni sarà più utile di una cappella cimiteriale, che poi non si sa che fine farà... Dite ai cristiani di Molgaturu che un santo sacerdote, Don Salvatore Cavallo, instillò nella sua anima l'amore alle missioni sin da quando era fanciullo. Negli anni di studi, ebbi sempre il desiderio di farmi missionario, ma la mia salute era malaticcia e non potei attuarlo... Ora ho voluto fare un monumento nelle missioni, e ho voluto anch'io essere un po' missionario. Dite loro che li abbraccio e bacio tutti".


Padre Frascogna così commentava, stracolmo di felicità, la sera dell'inaugurazione della chiesa "gemella del SS. Salvatore" a Molgalturu:
[...] "La chiesa è proprio bellina: è piaciuta a tutti, ai missionari che sono venuti a condecorare la festa, alle suore missionarie della Immacolata del P.I.M.E., che in numero di circa 40, tra italiane e indigene, sono venute in autobus da Bhimavaram, ai neofiti e ai catecumenali, che a centinaia sono accorsi anche dai paesi lontani, ai pagani e anche ai luterani del luogo.
Il rev.mo P. Arlati, Superiore regionale dell'India che anni fa battezzò il primo nucleo di Mogalturesi, durante la Messa in canto, eseguita dalla comunità delle suore presenti , ha rivolto alla folla un ardente discorso e distribuito un gran numero di Sante Comunioni. Alle 9:30, una grande processione con un grande crocifisso è sfilata ordinata per le strade della cittadina, sotto lo sguardo commosso dei pagani. Alle 12, neofiti e catecumeni uniti seduti a terra, come si usa qui, hanno pranzato insieme. Poi c'è stata anche la rappresentazione della vita di nostro Signore.
Chiesa di San Giuseppe


Una giornata veramente piena e indimenticabile non solo nella storia di Mogalturu, ma anche in quella del mio immenso distretto di Bhimavaram.
Stasera, stanco, si sono messo a fare i... conti. Una bella chiesa eretta; un appezzamento di terreno acquistato, dove fabbricare domani , con l'aiuto della Provvidenza, un conventino e un ospedale per la povera gente di questa zona, che vive senza alcuna assistenza medica; un lungo muro di cinta costruito attorno al terreno... e poi un entusiasmo indescrivibile in tutta la popolazione anche pagana; e, ciò che è addirittura miracoloso, ben quattro nuovi villaggi, che mi hanno fatto la domanda di farsi anch'essi cristiani: una nuova Pentecoste!.... Sia benedetto lo zelo e la carità del caro parroco don Angelo Ferrillo. A lui va tutto il merito di questo miracolo. Una lapide ne ricorda il nome della nuova chiesa del SS. Salvatore a Molgaturu; ma il suo nome è scritto con caratteri ancora più indelebili e lo ricordano come un padre. Mi hanno perfino chiesto: "Il nostro padre Angelo quando verrà a trovarci?" E si sono meravigliati che per la festa di questi memorabile giorno egli non si sia fatto vedere..." (dalla rivista V.T.R. 1961, pp. 30-31).

Nella residenza di Molgalturu: la gratitudine...
In segno di gratitudine e di riconoscenza verso Don Angelo Ferrillo, una famiglia abitante nel villaggio di Molgalturu decise di attribuire al proprio figlio, appena nato, il nome di Angelo. Padre Nicola fu ben lieto di farsi fotografare con il piccolo Angelo e spedire questa foto al parroco di Piscinola... La foto, già inserita nella "prima parte", è riportata anche in questo post, con il commento contenuto nel libro preso come fonte.
[...] "Per organizzare una cristianità non basta la chiesa: questo è soltanto la prima tappa di un lungo cammino; è necessario poi costruire la residenza del missionario, un conventino per le suore ed eventualmente anche una scuola ed un ospedaletto.
Tutte queste cose Padre Frascogna le aveva già messe in programma, ma aspettava la provvidenza... e questa venne ancora tramite don Angelo Ferrillo e qualche altra anima buona di Napoli. Difatti dopo un anno, il 6 dicembre 1961, a fianco della chiesa del SS. Salvatore poteva essere inaugurata anche la residenza missionaria."

L'Ospedaletto "Madonna Addolorata" di Molgalturu
[...] Passò ancora un anno e Padre Frascogna, grazie all'aiuto di un generoso benefattore (don Ferrillo), poté realizzare anche il progettato ospedaletto di Molgalturu, dedicato alla Madonna Addolorata.

 
La seconda chiesa "figlia" a Kalipatnam
Don Angelo Ferrillo, qualche anno dopo di aver fatto costruire la prima chiesa "figlia" del SS. Salvatore a Molgalturu, pensò bene di farne costruire un'altra. La scelta cadde su Kalipatnam distante una decina di chilometri da Molgalturu.
"Che festa che gioia - scriveva Padre Frascogna - il giorno in cui ho celebrato per la prima volta la Messa in questa seconda cappella dedicata anch'essa al SS. Salvatore!
Era la stagione delle piogge, e l'acqua torrenziale, fino alla sera precedente l'inaugurazione, non aveva permesso ai cristiani e catecumeni di lasciare le loro capanne per venire in chiesa. Ma la mattino eravamo tutti felici. Felici le suore Missionarie dell'Immacolata (PIME) che per una settimana avevano dato l'ultima preparazione al battesimo a quaranta catecumeni ritardatari; felici i neofiti che quel giorno facevano la loro prima Confessione e per la prima volta ricevevano la S. Comunione; entusiasti i Catechisti che erano venuti da villaggi lontani ad amministrare la nuova chiesa del SS. Salvatore ed eseguire in buon canto gregoriano la "Messa degli Angeli": soddisfatti persino i pagani, dei quali tanti vennero a felicitarsi con me e ad offrirne banane "al tuo Dio" come essi dicevano.
L'unico assente (ed era chi più degli altri doveva godere di tanta comune gioia) era il parroco don Angelo Ferrillo di Piscinola. Ma il suo nome era sulle labbra e nel cuore di noi tutti, che uniti pregammo per lui e per la sua parrocchia lontana, di cui ci sentiamo parte". [...]
Padre Frascogna aveva raggiunto per la prima volta il villaggio di Kalipatnam nell'anno 1959.

La terza chiesa "figlia" a Perupalem
Il parroco don Angelo Ferrillo, non contento di aver già fatto costruire due chiese "figlie" del "SS. Salvatore" di Piscinola, nel 1964 propose al Padre Frascogna di erigerne un'altra.
Ecco cosa scriveva Padre Frascogna a Don Ferrillo:
"Proprio sull'Oceano, ai confini del mio distretti e... del mondo, c'è un villaggio chiamato Perupalem, nascosto in mezzo a piantagioni di noci di cocco e di pini, In questo villaggio il buon Dio mi fece pescare un buon numero di catecumeni, che si mostravano assai bravi e mi davano consolazione. Come al solito per un momento eressi una povera capanna, che servisse da cappella. Ma i  miei catecumeni non ne erano contenti, perché volevano una cappellina in muratura. [...]. 
"[...] Arrivai a Bhimavaram. Trovai una lettera dall'Italia. Veniva da Piscinola... Mi scriveva lo zelante parroco Don Angelo Ferrillo che mi proponeva di erigere una nuova chiesina (la terza per ora!) e di dedicarla al SS. Salvatore. Ditemi un po' esiste o no la Provvidenza?... Scrissi subito al Parroco lontano che egli mi aveva già fatto erigere due chiesine al SS. Salvatore: ora, col suo permesso avrei voluto dedicare la terza chiesina alla "Madre del SS. Salvatore"... Il caro parroco accettò subito la proposta. E il 6 agosto dell'anno scorso, la chiesina è stata anche inaugurata! Ed è venuta bellina davvero. Ed ha destato l'ammirazione anche dei pagani. [...]
La chiesa fu dedicata alla Madonna del Rosario di Pompei.

L'esempio di don Ferrillo viene imitato...
L'esempio del parroco di Piscinola aveva stimolato anche il parroco di Bari, don Vito Zotti, a stringere un gemellaggio con un villaggio in India, perciò questo parroco aveva scritto a Padre Frascogna, già suo compagno di seminario nel PIME.

Chiesa di S. Gennaro, P. Frascogna impartisce la Cresima
La chiesa dedicata a S. Gennaro a Lankalakoderu
[...] "Cercai di farla bellina il più possibile, secondo la disponibilità dei mezzi, anche perché ho una segreta speranza che quel grosso villaggio, in seguito possa diventare centro di un nuovo distretti missionario. Perciò cercai di acquistare, e ci riuscii, circa 4000 metri quadrati di suolo (una piccola risaia). Quando il mio Vescovo avrà più personale, quel suolo potrà servire per erigere la residenza per un altro missionario. [...] 
La festa dell'inaugurazione fu disturbata dalla pioggia. Fango da per tutto. Ma i neofiti erano ricolmi di gioia per la realizzazione. Padre Frascogna impartì in questa cerimonia anche il sacramento della Cresima, ricevendo una delega dal Vescovo locale.
[...] Ora San Gennaro, oltre che di Napoli, è patrono anche di Lankalakoderu, grazie alla fede del caro parroco don Angelo Ferrillo, della archidiocesi napoletana, che ha voluto erigere un trono al grande Santo in questo promettente angolo dell'India misteriosa".

La chiesa di S. Agnese a Goraganamudi
A fine dicembre 1971, oltre alla gioia di avere nel suo distretto un sacerdote indigeno ebbe la soddisfazione di dedicare una chiesa a S. Agnese nel villaggio di Goraganamudi.
[...] "La chiesa di Goragabamudi, scriveva padre Frascogna, è stata fabbricata un po' alla volta, con l'aiuto del parroco di Piscinola (Napoli) don Angelo Ferrillo, che mi ha aiutato anche in altre occasioni" [...]

La chiesetta de "l'Angelo Custode" a Mahadevapatnam
La costruzione della chiesetta dedicata all'Angelo Custode, risale al 1972. Possiamo ritenere che la dedica sia un ringraziamento all'opera benefattrice di Don Angelo Ferrillo.
[...] "La misera cappella di questo villaggio era stata distrutta da un incendio assieme alle casette dei cristiani nel 1966. Grazie all'aiuto di don Angelo potei costruire non solo la cappella (muri di fango essiccati e tetto con travi e bambù coperto con foglie di palma) ma anche nuove capanne alle famiglie che avevano avuto la loro distrutta nell'incendio".[...]

Le chiese missionarie edificate con le offerte dei piscinolesi
Ecco le chiese costruite da Padre Frascogna, con l'esclusivo l'aiuto della parrocchia di Piscinola e di don Angelo Ferrillo:
-SS. Salvatore                   Molgalturu              1960
-SS. Salvatore                   Kalipatnam             1962
-Madonna di Pompei       Perupalem               1963
-SS. Salvatore                   Komatitippa            1965
-Addolorata                      Srungavruskham     1968
-S. Giuseppe                     Artakatla                  1968
-S. Gennaro                       Lankalakoderu         1969
-S. Agnese                         Goraganamudi         1971
-Angelo Custode               Mahadevapatnam    1972
-S. M. Maddalena              Màipa                       1980
-S. Filomena                      Kancharadibba        1980
All'elenco delle chiese realizzate (che risultano essere 12, ma dall'elenco ne manca una), occorre aggiungere anche la realizzazione dell'ospedale intitolato all'Addolorata, sorto a Molgalturu e diverse capanne nel villaggio di Mahadevapatnam, distrutte dall'incendio.  


Tuttavia le chiese edificate da padre Nicola Frascogna furono molte di più, come si può vedere dall'elenco che alleghiamo in foto, dove sono menzionate 37 chiesette, e per tutte queste sicuramente ci fu anche il contributo dei Piscinolesi e di don Ferrillo, che nei decenni continuavano a finanziare ininterrottamente le opere della missione indiana. 
La testimonianza che segue sostiene questa deduzione.
La cooperazione di Don Ferrillo alle opere missionarie nell'India, attraverso il PIME, non si interruppe con la morte di padre Frascogna; nel libretto di Ferdinando Germani, dal titolo: "P. Nicola Frascogna e il centro di riabilitazione dei lebbrosi in India", anno 1990, ed. PIME, è riportata questa interessante frase:[...] "Questi esempi di generosità non sono mai isolati; so che anche il parroco di Piscinola, mons. Angelo Ferrillo, già benefattore del padre Frascogna per la costruzione di una trentina di cappelle, morendo si è ricordato anche dei suoi lebbrosi predisponendo un fondo di sussistenza". 
Da leggere anche il commento riportato a margine della foto del mons. Angelo Ferrillo, inserita nel secondo libro biografico "P. Nicola Frascogna", scritto da Ferdinando Germani .


Il PIME, alcuni anni dopo la scomparsa di padre Nicola Frascogna, per ricordare l'instancabile missionario, ha voluto dedicargli il nuovissimo e moderno centro di riabilitazione dei lebbrosi, a Srugavruksham (anno 1990), che s'intitola "Centro Nicola Frascogna".
Salvatore Fioretto

Si ringraziano calorosamente i responsabili del PIME di Ducenta e di Roma per il sostegno e il generoso aiuto fornitoci durante il lavoro di ricerca della documentazione, inerente la vita di padre Nicola Frascogna.

Le foto sono di proprietà del PIME e sono contenute nel libro "Come Francesco" di Ferdinando Germani, ed. PIME, anno 1981, dal quale sono state tratte anche le notizie biografiche. E' vietato copiare e utilizzare le foto senza aver ricevuto l'autorizzazione.

Momenti di vita missionaria di P. Nicola Frascogna, in un villaggio e con alcune suore



 


Centro di riabilitazione dei lebbrosi, in India, dedicato alla memoria di padre Nicola Frascogna

sabato 4 aprile 2015

Come Francesco...padre Nicola Frascogna (1^ parte)

La vita e il sacrificio dei semplici sono dei grandi esempi per i saggi e per coloro in cerca della verità, ma sono anche uno scandalo per gli stolti e i miseri di cuore... Tuttavia il loro esempio genererà sempre frutti ubertosi e copiose opere di carità per il prossimo...
Con questo pensiero desideriamo introdurre la figura di un figlio di questa terra, nato nella vicina Mugnano, ma che ha frequentato tante volte Piscinola, dove ha anche concelebrato la Santa Missione comunitaria: ci riferiamo al padre Nicola Frascogna, sacerdote missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME).
Nicola Frascogna nacque a Mugnano di Napoli, il 15 settembre 1916, da Antonio e Agnese Gargiulo. Suoi fratelli furono Gennaro, Carmela e Maria. Rimase presto orfano di padre, quando aveva appena sei anni.
Dopo le scuole elementari, nel 1927, si iscrisse presso la scuola comunale di Giugliano per iniziare la "prima tecnica". Ma già al primo anno del corso di studi maturò in lui il proposito di farsi missionario. Fu incoraggiato nel progetto di vita dal parroco di Mugnano dell'epoca, il compianto mons. don Salvatore Cavallo, che tanto promuoveva l'opera missionaria realizzata a Ducenta dal padre missionario Paolo Manna (oggi Beato).
Il giovane Nicola entrò, quindi, nel Seminario del Sacro Cuore di Ducenta, nel dicembre del 1928; e dopo i primi quattro anni di studi passò nel 1933 ad Aversa, per compievi l'ultimo anno del Ginnasio.
Nel 1934 fu trasferito presso la casa apostolica del PIME di S. Ilario (Genova) per trascorrere l'anno di noviziato e per seguire il primo corso di Filosofia. Dal 1935 al 1936 seguì altri due corsi di Filosofia a Monza, mentre nel 1937 frequentò a Milano il corso di Teologia.
Fu ordinato sacerdote nel duomo di Milano, dal celebre cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, il 6 agosto del 1939, festività della Trasfigurazione (SS. Salvatore). 
La prima messa solenne Nicola Frascogna la celebrò poco dopo nella sua Mugnano; ma dovette presto ritornare a Milano, per completare l'ultimo anno degli studi teologici.
Dal 1940 al 1943 fu insegnante al ginnasio della casa apostolica del PIME a Treviso. 
Quando, nel 1943, l'Istituto di Ducenta divenne sede della Regione Meridionale del PIME, a Nicola Frascogna fu assegnata la cattedra di Teologia. 
Tra il 1950 al 1951 si dedicò alla predicazione nelle Sante Missioni al popolo volute da P. Manna, tra cui anche in quella tenuta presso la comunità di Piscinola. 
Dal 1951 al 1953 fu rettore del seminario teologico del PIME di Aversa. 
Proprio nell'estate del 1953 gli fu comunicata la sua destinazione, che fu per la missione di Vijayavada in India. Ma dovette aspettare il successivo mese di ottobre per la "consegna del crocefisso" dalle mani del vescovo, segno del mandato ricevuto di "andare, predicare, battezzare, curare".
Prima di partire volle salutare la comunità di Mugnano, radunata nella chiesa Parrocchiale di San Biagio, nella quale fu celebrata una Messa di commiato, presieduta dal cardinale di Napoli, Marcello Mimmi.  
Partì da Genova il 5 novembre del 1953, con il piroscafo "Onda", che approdò dopo circa un mese nel porto di Bombay, il 7 dicembre successivo. Riuscì a raggiungere la méta assegnata, la cittadina di Vijayavada, con un altro missionario, dopo due giorni di un estenuante viaggio in treno, l'11 dicembre successivo. Fu accolto dal vescovo Ambrogio Battista, con queste parole: "La missione ha ora una popolazione di 4 milioni di anime di cui oltre settantamila sono già cristiani. Molti villaggi si convertirebbero, se potessi dar loro un missionario. Questa è l'ora del soffio dello Spirito Santo per la nostra diocesi. Ma temo che essa passerà invano, perché non ho missionari sufficienti". Il presule sottolineò, poi, che i missionari in suo affido passavano a quattro, ma erano ancora insufficienti per compiere l'evangelizzazione...
Padre Frascogna si mise subito a lavoro per la sua missione e, negli anni che seguirono, con zelo apostolico e con grandissimo spirito di sacrificio realizzò moltissime opere, tra scuole, lebbrosari, chiese, conventi e orfanotrofi e, ancor di più, esercitò con passione il suo ministero sacerdotale, convertendo neofiti e celebrando i sacramenti. 
Nel 1959 fu nominato capodistretto a Bhimavaram.
Molti furono gli amici che dall'Italia lo sostennero e aiutarono i suoi progetti, con offerte in denaro e con aiuti di ogni genere, tra questi il più zelante e assiduo fu sicuramente il parroco della chiesa del SS. Salvatore di Piscinola, mons. don Angelo Ferrillo, assieme a tutta la comunità piscinolese, che nel 1960 vollero stipulare un vero e proprio gemellaggio con l'opera missionaria in India, impegnandosi a donare una retta fissa mensile. Con il loro aiuto padre Frascogna riuscì a realizzare molte chiesette e tante altre opere di carità, in vari punti del distretto indiano a lui affidato. Ma della amicizia e del gemellaggio spirituale tra padre Nicola Frascogna e la comunità piscinolese parleremo nella seconda parte del post, che pubblicheremo nelle prossime settimane.
Nel 1963 iniziò l'assistenza ai lebbrosi con il "lebbrosario volante"... Per raggiungere i suoi lebbrosi, sparsi nei villaggi della sterminata regione affidata, era costretto a spostarsi con fatica, sia a piedi e sia facendo uso di un vecchia bicicletta, difficoltà aumentata per la presenza delle suore Missionarie dell'Immacolata che sovente l'accompagnavano, ma padre Frascogna riuscì a rimediare a questo problema procurandosi una jeep, grazie all'aiuto di alcuni amici americani. La vettura fu da questi generosamente trasformata in una specie di autoambulanza, ben equipaggiata con le attrezzature mediche e in grado di trasportare i missionari e le missionarie nei villaggi più lontani e dove c'erano i malati più gravi, bisognosi di cure. Per questo motivo che la jeep fu chiamata il "lebbrosario volante"!
Nello stesso anno 1963, padre Nicola Frascogna aprì l'ospizio della SS. Trinità, per l'assistenza degli ammalati di Mogalturu.
Nel 1969 comprò un appezzamento di 1200 metriquadrati di terreno, nella periferia della cittadina di Viravasaram, per allestire un accampamento provvisorio capace di accogliere i lebbrosi che non potevano più camminare e quindi poter chiedere l'elemosina. Il centro fu realizzato con  capanne di paglia e fango. Nel recinto furono scavati due pozzi per fornire l'acqua potabile ai quaranta lebbrosi, che nel frattempo si erano lì rifugiati. Assicurò anche un piatto di riso per il loro sostentamento giornaliero.
Padre Frascogna dovette presto lottare anche e soprattutto contro i pregiudizi dei cittadini e contro le autorità che volevano i lebbrosi lontano dai loro centri abitati, per paura di essere contagiati; lui non si arrese mai e quando la battaglia si preannunciava già persa, si affidò con fiducia alla Provvidenza, e l'aiuto non tardò a venire...
Intanto, sempre con aiuto dei benefattori, aveva acquistato altri due piccoli appezzamenti di terreno, siti in aperta campagna, a Gonupundi e a Srugavruksham, ove istituì due centri per la raccolta di circa 200 lebbrosi. Gli aiuti continuavano ad arrivare dagli Stati Uniti e dall'Italia e presto le capanne di paglia e fango furono sostituite con casette in muratura e tetti in lamiere zincate. Per il sostentamento della comunità, padre Nicola lanciò un appello "Adotta un lebbroso con 200 lire al giorno" e la risposta non tardò a venire, infatti in molti risposero con slancio di generosità, attraverso il PIME, con numerose offerte, molte provenienti da Napoli, che a distanza di un anno furono moltiplicate.
Nel 1973 iniziò la campagna del piatto di riso per sostenere i lebbrosi. 
Nel 1976, padre Nicola Frascogna aprì, nel villaggio di Vegavarum, la "Casa P. Manna", un centro destinato alla cura e all'assistenza dei figli dei lebbrosi. L'opera era estesa su dodici ettari di terreno, comprendente anche una chiesa, un refettorio, una casa per il medico e un conventino per suore. Il centro, che si componeva di diversi reparti, fu dato in gestione alle Missionarie dell'Immacolata. L'impresa fu sostenuta da una comunità di Avellino, raccogliendo ben quattro milioni di lire dell'epoca... racimolati attraverso convegni, conferenze, dibattiti, mostre d'arte, concerti e visite alle parrocchie. Alcuni anni dopo il centro fu ampliato, con la costruzione di un reparto dedicato all'assistenza delle bambine, grazie al contributo della parrocchia del S. Cuore al Corso V. Emanuele di Napoli.
Nel 1979 Frascogna celebrò nella Casa Paolo Manna, "l'Anno internazionale del bambino", una ricorrenza indetta dall'ONU. Durante le cerimonie organizzate per la circostanza, le bambine e i bambini ospitati nei vari centri si esibirono in danze, canti e scenette artistiche.
Il Padre realizzò anche un'alta cortina di recinzione per proteggere il suo villaggio contro il continuo depredamento dei lebbrosi, da parte dei cosiddetti Mutragiolu: l'opera fu realizzata grazie all'offerta di un benefattore di Meta di Sorrento.
Chiesa Parrocchiale di S. Biagio a Mugnano, facciata
Prestò però la sua malferma salute iniziò a segnare il passo e ad aggravarsi, infatti nel 1980 fu sottoposto a cure per il diabete e per l'instaurarsi di una miocardite acuta. Nel 1981 fu ricoverato nell'ospedale di Bombay per l'aggravarsi della situazione clinica, in attesa del rientro definitivo in Italia. 
Padre Nicola Frascogna, sentendo la sua fine approssimarsi, non volle più tornare in Italia. Chiese di morire in terra di missione e di essere sepolto tra i suoi cari lebbrosi.
Morì nel piccolo ospedale di Versova, gestito dalle suore Missionarie dell'Immacolata di Bombay, il 20 maggio 1981 e fu dapprima sepolto nel cimitero di Gunadala, ove già riposavano altri missionari del PIME e poi successivamente riposto tra i suoi cari lebbrosi.
Il suo ultimo desiderio era stato così esaudito...
Alla comunicazione della scomparsa di padre Nicola Frascogna, così scriveva il padre Superiore Regionale, P. Vivenzi: "...Nonostante che soffrisse molto non l'ho mai sentito una volta lamentarsi per le sofferenze. Il suo pensiero erano i suoi cristiani, i suoi lebbrosi. Quante volte parlava di loro, delle loro sofferenze, specialmente quando vaneggiava. 
Ne ho assistiti diversi di sacerdoti, ma un'anima come la sua, preoccupata solo del bene delle anime, e dei suoi fedeli non l'ho mai incontrata.
Tutta la sua vita, le sue forze sono state usate solo per il bene delle anime, e così ha voluto finire i suoi giorni...".
Nella presentazione del libro biografico "Come Francesco", scritto da Ferdinando Germani, il cardinale di Napoli, Corrado Ursi, così scriveva sul missionario di Mugnano: "Sentì l'ansia dell'evangelizzazione, diede l'abbraccio ai lebbrosi, costruì il tempio di Dio in molti villaggi, suscitò la cooperazione tra le Chiese".                                                        (Fine prima parte)

Salvatore Fioretto 

Si ringraziano calorosamente i responsabili del PIME di Ducenta e di Roma per il sostegno e il generoso aiuto fornitoci durante il lavoro di ricerca della documentazione, inerente la vita di Padre Nicola Frascogna.

Le foto sono di proprietà del PIME e sono contenute nel libro "Come Francesco" di Ferdinando Germani, ed. PIME, anno 1981, dal quale sono state tratte anche le notizie biografiche. E' vietato copiare e utilizzare le foto senza aver ricevuto l'autorizzazione. 

(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)

La zona dell'India dove era situata la terra di missione di padre Nicola Frascogna

lunedì 30 marzo 2015

Un personaggio, un artista: Salvatore Nappa

Una recente foto di S. Nappa con lo scrittore Imperatore, alla Biblioteca Severino
Questo territorio ha dato i natali a tanti bravi artisti, che lo illustrano nei vari campi: nella letteratura, nella musica, nel teatro e nello sport. Un grande artista in questi ultimi tempi sta dando il massimo della sua creatività e composizione, sia nel teatro che nella musica e nella letteratura, parliamo di Salvatore Nappa, che vive tra Piscinola e Marianella, luoghi a lui cari.
Salvatore ha svolto con passione e talento il suo attaccamento alla musica e alla composizione letteraria e teatrale, infatti nella sua lunga carriera artistica ha prodotto e diretto diversi lavori, collaborando con importanti personaggi del mondo del teatro, della canzone e del cinema campano e non.
Locandina dello spettacolo "Per amore del mio popolo"
Tra le sue opere ricordiamo il bel lavoro scritto con il suo amico Luigi Sica, dal titolo "L'albero dei cento piani". Tratta da questo lavoro, la fiaba "Il mago nel pozzo" è stata pubblicata nel 2004 e successivamente rappresentata per due anni nel corso della rassegna annuale del Maggio dei Monumenti a Piscinola: "O_Maggio a Piscinola", negli stessi luoghi dove la fiaba era stata ambientata dagli scrittori.
La produzione letteraria registra due importanti lavori, nel 1989 "L'umana Bestia", ed. Delfino e, nel 1998, "Storia di Napoletana follia".
Bello il testo teatrale scritto nel 2007: "Klan-destini", del qual Salvatore Nappa ha curato anche la regia.
Salvatore ha scritto diversi pezzi musicali, tra i quali ricordiamo quello dedicato a Piscinola, dal titolo "Periferia", che esibì per la prima volta alla presentazione del libro "Piscinola, la terra del Salvatore", presso il "Caffè Letterario" del Centro Hurtato a Scampia, nel 2011. 

Negli ultimi anni la sua attenzione è stata dedicata ai problemi d'integrazione della comunità degli extracomunitari originari dell'Africa, che sono residenti in Italia e in particolare a Castelvolturno, realizzando diversi reportage. 
Locandine di "Neri di tutti i colori"

Nel 2005, Nappa ha messo in scena, presso gli spalti del Maschio Angioino, curando la regia, un reading di poesie, prose e musiche, dal titolo: "Neri di tutti i colori", del quale seguì anche un reportage televisivo della RAI al TG3.
Notevole eco di critica ha suscitato il film: "Non tutti i neri vengono per nuocere", scritto e diretto da Salvatore, girato tra Napoli e Castelvolturno, nel 2009, registrando significativi consensi di pubblico e di critica.
Nel 2010 scrive "La ballata delle anime perse" e "La mozzarella della legalità" con Don. Luigi Ciotti, dei quali firma anche al regia.
Altri lavori negli anni lo hanno visto impegnato insieme allo scrittore e attore Peppe Lanzetta.

La copertina dell'ultimo libro scritto da Salvatore Nappa: "Aldilà del mare"
L'ultimo libro scritto da Salvatore Nappa s'intitola: "Aldilà del mare" (libro di poesie in italiano e arabo + CD). Il libro è stato presentato al centro Hurtado di Scampia nello scorso mese di gennaio. Ha avuto seguito, poi, la partecipazione dello scrittore al 34° Festival Internazionale di Poeti a Tozeur, in Tunisia, ricevendo un premio e un attestato di riconoscimento dopo la presentazione del libro.
L'ultimo lavoro teatrale di Salvatore Nappa è il poema tragico dedicato al sacerdote don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra a Casal di Principe, dal titolo "Per amore dal mio popolo - il profumo della memoria", scritto insieme a Raffaele Sardo.


Salvatore Fioretto 
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Premio e attestato ricevuti al Festival di Tozeur (Tunisia)
Salvatore Nappa


mercoledì 25 marzo 2015

Un medico molto familiare...! Il dott. Lapenna Giuseppe

Chi viene ricordato non muore mai...!
Quando una comunità ricorda, a distanza di 27 anni dalla scomparsa, un proprio "figlio adottivo", si può dire che questo rappresenta il massimo riconoscimento che possa essere conferito ad una persona che ha dato tutto se stesso per il suo lavoro, andando spesso al di là degli obblighi dettati dalla stessa professione, ben sapendo il significato di impegno sociale, diremo "missionario", assunto nell'esercitare l'attività di "medico di famiglia" nella stessa comunità di appartenenza, fino a diventare un emblema nell'inventario collettivo, paragonabile alla figura di un "benefattore", oppure di un "vecchio" amico di famiglia...!
Intendiamo qui ricordare e soprattutto celebrare in questo scritto, un grande medico, piscinolese di adozione, che ha per tanti anni assistito diverse generazioni del quartiere e anche fuori zona, parliamo del dottor Giuseppe Lapenna, che fu "medico delle casse mutue" a Piscinola, a partire dalla metà degli anni '50, fino alla sua scomparsa, avvenuta tragicamente nel 1988.
Piazza Bernardino Tafuri e l'ex edificio scolastico "Torquato Tasso"
Giuseppe Lapenna nacque nel 1925 da una famiglia benestante originaria della Puglia. Il padre Francesco fu un importante ufficiale dell'esercito, raggiungendo al culmine della sua carriera il grado di colonnello. Durante la seconda guerra mondiale l'ufficiale Lapenna fu trasferito a Piscinola, a prestare servizio presso la scuola Torquato Tasso, allora militarizzata: era infatti qui allocato il "10° Reggimento Automobilistico Autocentro" del Regio Esercito Italiano. Francesco Lapenna trasferì quindi a Piscinola la sua famiglia, abitando nel palazzo Grammatico, in un appartamento situato al primo piano, con affaccio su via del Salvatore e su piazza Bernardino Tafuri.
Chiesa del SS. Salvatore e palazzo Grammatico, anni '40
A Piscinola, Giuseppe trascorse gran parte della sua gioventù, e anche se in un periodo non proprio tranquillo, riuscì ad ambientarsi rapidamente, senza nessun problema. Con la fine della guerra, riprese il corso degli studi intrapresi, frequentando, dapprima il liceo classico nel centro cittadino e poi, una volta conseguita la maturità classica, si iscrisse all'Università di Napoli, alla facoltà di Medicina, dove conseguì la laurea in Medicina, a metà degli anni '50. Essere medici rappresentò un po' una tradizione nella famiglia Lapenna, infatti anche il nonno paterno di Giuseppe fu un valente medico. Ma la sua famiglia si distinse per le prestigiose cariche pubbliche coperte o per le fiorenti attività imprenditoriali: uno zio, ad esempio, fu direttore della Colonia Penale di Procida, mentre un altro zio fu un facoltoso armatore navale procidano.
Di Giuseppe Lapenna, medico di famiglia, si ricorda la sua travolgente simpatia, la sua umanità e soprattutto la sua generosità. Aveva un numero considerevole di assistiti e, nonostante questo, non si risparmiava mai nella sua professione, accettando di svolgere, al termine delle sue estenuanti giornate di ambulatorio medico, tutte le numerose visite a domicilio nel contempo prenotate. 
Tramonto dal palazzo Grammatico,  foto di S. Fioretto, 2013
Per raggiungere i suoi pazienti allettati, spesso era costretto a percorrere le vie più impervie, fino alle distanti masserie piscinolesi, spesso con le più avverse condizioni meteoriche. 
Preciso e accorto nella professione, dedicava anche ore per le visite, tanto, che era una sua prassi ricorrente terminare il suo giro di visite domiciliari a tarda sera, spesso fino e oltre le ore ventitrè. 
Il suo primo studio medico fu allestito all'interno del palazzo Grammatico, successivamente, agli inizi degli anni '70, fu trasferito al primo piano di uno stabile sito in via Napoli a Piscinola.
Tuttavia, al di là della sua professione e di essere un bravo medico, il dottore Giuseppe Lapenna si era integrato benissimo nella comunità piscinolese e sovente partecipava alla vita sociale, frequentando anche delle associazioni, addirittura si racconta che fu diverse volte membro di giuria del comitato per i festeggiamenti in onore del SS. Salvatore, per l'assegnazione dei premi alla gara pirotecnica che si svolgeva durante la festa.
Piazza B. Tafuri, composizione grafica di S. Fioretto
Molti ricordano ancora oggi l'entusiasmo e la positività che egli trasmetteva durante il suo discorrere ma, soprattutto, ricordano il suo saper essere una persona semplice e modesta, sempre alla portata di tutti; non faceva mai pesare il suo ruolo di medico e soprattutto quello di essere una persona facoltosa. 
Non ostentava mai atteggiamenti altezzosi, mettendo sempre tutti a proprio agio, soprattutto le persone anziane, i contadini e i bambini...
Le passioni della sua vita, oltre la professione medica e la famiglia, sono state la caccia, e la cura della campagna. Possedeva un appezzamento di terreno situato in una frazione dell'isola di Procida, presso il quale si "rifugiava" e trascorreva piacevolmente i fine settimana, assieme alla sua cara famiglia. Per tale motivo tutti i venerdì prendeva sempre l'ultima corsa del traghetto che da Napoli conduceva a Procida; mentre il lunedì, puntualmente, era sul primo traghetto diretto a Napoli, per raggiungere il suo studio in via Napoli a Piscinola e iniziare in orario il suo impegno settimanale.
Piazza Municipio a Piscinola. Cartolina anni '4o
Altra sua passione era il laboratorio di analisi cliniche; tutti erano a conoscenza che presso la sua residenza procidana aveva addirittura allestito un laboratorio di analisi privato e spesso lo utilizzava per eseguire alcuni accertamenti clinici urgenti ai suoi pazienti delle "casse mutue", senza chiedere compensi per tali prestazioni aggiuntive oppure differiva il loro rimborso, secondo le possibilità dei singoli... 
Diverse testimonianze ricordano che spesso il dottore Lapenna non faceva pagare le visite private e molte volte aiutava le persona bisognose, specie quei malati indigenti che avevano difficoltà a pagarsi le prestazioni sanitarie e le costose medicine. Per tale motivo gli fu coniato il nomignolo di "'o miedeco d''e puverielle"... altri tempi diremo oggi...!
E' stato amico di tutti quanti lo conoscevano, infatti tanti anziani, interrogati oggi, lo ricordano ancora con molta nostalgia e compianto. Fu anche grande amico del farmacista dott. Raffaele Chiarolanza e del cantante Nicola Mormone.
Edificio T. Tasso. Foto di Serena Russo, 2013
Il dottor Lapenna ha incoraggiato diversi giovani a intraprendere gli studi universitari, spronandoli e aiutandoli nei momenti di scoraggiamento e di difficoltà.
Una brutta sera di febbraio del 1988, a causa di un gravissimo incidente automobilistico, avvenuto sulla superstrada perimetrale di Chiaiano, la comunità di Piscinola fu privata di questo valente e generoso medico, amico di tutti, quando aveva soli 63 anni!
Alla commemorazione funebre, tenuta nella chiesa del SS. Salvatore a Piscinola, alcuni giorni dopo i funerali di Procida, partecipò commosso l'intero quartiere, in segno di attestato di ringraziamento per tutto quanto il dottore Giuseppe Lapenna aveva fatto per la comunità, e da allora il suo ricordo non si è mai affievolito, infatti in tanti raccontano ancora aneddoti legati all'amicizia con il dottore. Sono ancora oggi memorabili le divertenti battute che spesso pronunciava durante le visite allo studio o a casa, soprattutto quando alcune volte non rinunciava alla tentazione di accettare l'invito per una frugale e gustosa cena, offerta "a volo" dalle brave massaie piscinolesi di un tempo.

A conclusione di questo ricordo del dott. Giuseppe Lapenna, riportiamo una preziosa testimonianza scritta da Pasquale di Fenzo, in commemorazione del compianto medico, che fu pubblicata sulle pagine del giornale IlMattino di Napoli, qualche giorno dopo la sua scomparsa.
Salvatore Fioretto

"Napoli, 15/2/88 Spett.le IL MATTINO, "Lettere al Giornale"
Vorrei approfittare di questa rubrica, per ricordare un uomo che non è più fra noi: Dr Lapenna Giuseppe, Geppino per gli amici. Da 20 o 30 anni, o forse da sempre, per cinque giorni su sette Vi imbarcavate sul primo traghetto per Napoli e dopo una giornata a curare e consigliare i Vostri pazienti ritornavate a Procida con l'ultima partenza. La sera dell'8 febbraio s'era fatto tardi perché un'ultima, inaspettata, visita domiciliare Vi doveva portare incontro ad un tragico destino. Avete approfittato dello sciopero dei quotidiani per andarvene in silenzio, così come avevate vissuto. Esercitavate la Vostra Missione (non professione) di medico a Piscinola, dove il dopoterremoto ha fatto più danni dello stesso terremoto. In questo quartiere malato Voi eravate non un medico di famiglia ma “il medico di famiglia» si veniva da Voi non solo per farsi visitare ed eventualmente curare ma, soprattutto, per scambiare quattro chiacchiere con un vecchio amico. Proprio quello che mi accingevo a fare martedì 9 febbraio, quando arrivato al Vostro studio ho trovate uno scarno biglietto listato a lutto: "Chiuso per la morte del Dr. Lapenna". Non è giusto morire così, improvvisamente, specialmente se si pensa che la strada sulla quale siete rimasto vittima di un assurdo incidente (la maledetta Via Nuova Toscanella) ha già fatto registrare tre morti a meno di un anno dalla sua apertura. Caro Dr Lapenna quella sera a casa mia, come credo in casa di chiunque vi conoscesse, regnava uno strano silenzio; i bambini non facevano i capricci, e Voi sapete quanto questo fosse difficile, quando li dovevate visitare. Nessuno di noi aveva l'influenza, i piccoli non erano raffreddati e non avevano il mal di gola, ma mai come in quel momento sentivamo la mancanza del nostro medico di famiglia. Perché Voi eravate il nostro medico di famiglia praticamente da sempre. Ricordo quando mio padre Vi rincorreva per pagarVi la visita domiciliare (allora era così), e poi immancabilmente tornava indietro dicendo: non sono riuscito ad infilargli i soldi in tasca.. Altre volte si veniva da Voi con un dolore al petto pensando sempre al peggio, e spesso bastava il Vostro sorriso rassicurante per mettere tutto a posto. E quante volte invece la Vostra umiltà trattandosi di malattie più serie ci ha indirizzati da uno specialista. Ricordo una Vostra massima: “il medico generico che ti vuole curare una malattia seria lascialo perdere. E' già bravo se ti sa indirizzare da un giusto specialista”. Spesso, dopo aver visitato uno dei bambini la sera, poi passavate la mattina dopo per vedere come stava, senza neanche aspettare la chiamata. “Sono passato per prendere il caffè”, mentivate. E la giornata assumeva un sapore particolare, addolcita da quel caffè preso assieme a Voi.. “Portamela allo studio, ma non per visitarla, ti trattieni un paio d'ore: devo “sentire” come tossisce”. Dr Lapenna mi mancheranno molto lo nostro lunghe conversazioni. Riuscivate ad appassionarmi ai Vostri racconti di caccia, a me che la caccia non amo. Riconoscerei i Vostri figli senza averli mai visti, tante me ne avete parlato, erano il Vostre orgoglio, li seguivate costantemente, anche se non Vi allontanavate dal Vostro lavoro per più di dieci giorni all'anno. E immancabilmente in quei dieci giorni un mio bambino si ammalava; quante volte da Piscinola ho telefonate a casa Vostra a Procida e Voi pazientemente e con cortesia mi ascoltavate mentre Vi descrivevo i sintomi della malattia, poi più che una diagnosi formulavate un augurio di pronta guarigione. E tante volte è bastato. Il giovane Dottore che prenderà il Vostro posto ha bisogno di tanti auguri ed incoraggiamenti, per lui sarà difficile sostituirvi, per noi sarà impossibile dimenticarVi.
Pasquale Di Fenzo - Piscinola"

Si ringrazia l'amico Pasquale di Fenzo per averci fornito il testo della lettera pubblicata dal giornale IlMattino di Napoli e per aver autorizzato la sua pubblicazione in questo post. Si ringrazia inoltre il dottor Lanzuise Giuseppe per la preziosa collaborazione di ricerca condotta.
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Crepuscolo a Piscinola, foto di Ciro Pernice, anno 2014