sabato 25 luglio 2015

Un pittore per anime.... Alfonso da Marianella!


Ritratto di Sant'Alfonso trentenne
Lo scorso anno, nella ricorrenza di Sant'Alfonso de Liguori, abbiamo ricordato la Sua singolare opera di addottrinamento rivolta agli ultimi, sia con l'insegnamento dell'aritmetica che della grammatica. Ma non è una eccezione...
Alfonso fu davvero una personalità forte, dotata di un accentuato spirito poliedrico, grazie anche al sostenuto indirizzo formativo ricevuto dai suoi cari genitori. Egli si dedicava con dedizione e successo a tutte le arti e le discipline praticate, attività consone al suo rango di cavaliere e di nobile napoletano. Vedremo che di questo periodo e di tutti questi insegnamenti ricevuti, nulla fu vano e tutto fu utile per Lui, perché una volta abbandonato il mondo e lo stato secolare, Alfonso de Liguori da sacerdote utilizzò tutte queste conoscenze per raggiungere i suoi fini e le aspirazioni più nobili: essere un operaio del Suo Signore!
Forse non tutti sanno che Giuseppe de Liguori, padre del Santo, aveva una particolare predisposizione e passione per la pittura, probabilmente si dedicava a quest'arte durante i lunghi periodi di attesa, quando a comando della nave Capitana egli era in giro a navigare per mari e per oceani lontani. Alcuni dipinti li abbozzò timidamente, facendoli poi colorare da altri pittori; ma nel tempo egli si specializzò a dipingere delle caratteristiche miniature, passione che continuò a coltivare nella sua residenza di Marianella, dove si ritirò a trascorrere la sua vecchiaia.
Francesco Solimena, autoritratto
Giuseppe de Liguori approfondì questa sua passione iscrivendosi alla bottega di quello che fu un celebre pittore del tardo barocco napoletano, parliamo del grande Francesco Solimena.
Decise poi di iscrivervi anche il suo primogenito, Alfonso, allora poco più che giovinetto. E Alfonso, come negli altri insegnamenti che gli venivano impartiti, assoldando i migliori precettori disponibili in città, non deluse il caro genitore, ed ebbe modo di distinguersi nella bottega del gran maestro, con opere che sono tutt'oggi conservate nei luoghi e nei musei alfonsiani.
Presso la bottega del Solimena, Alfonso conobbe e divenne amico di altri giovani allievi, come il celebre Francesco De Mura, suo coetaneo e il non meno conosciuto pittore, Paolo di Maio.
In quel periodo, quando era ancora giovane cavaliere e studente di Giurisprudenza, Alfonso dipinse il celebre crocifisso piagato e diversi ritratti della Madonna.
Alfonso capì, col tempo, quando divenne sacerdote, l'importanza delle immagini, oggetti capaci di trasmettere, con immediatezza, emozioni e passioni; strumenti questi di gran lunga superiori alla musica e alla scrittura. Il dipinto era un mezzo molto utile all'epoca per raggiungere gli ultimi, i poveri, che erano in gran massa analfabeti e non sapevano né leggere e né scrivere.
Quindi, con gli anni della maturità, non smise di dipingere immaginette della Madonna, di Crocifissi, di Bambinelli e farli distribuire ai poveri.
Disegno che introduce il libro "Le glorie di Maria"
Sant'Alfonso arrivò alla gente attraverso le immagini. L’immagine per Lui aveva il precipuo scopo di richiamare l’attenzione, a smuovere gli animi ad amare Gesù e la Madonna, a spingere coloro che guardavano e ammiravano le sue opere, a commuoversi, a riconciliarsi o trovare Dio.
E i soggetti delle sue tele sono naturalmente tutti soggetti religiosi, con immagini di Gesù Crocifisso, di Gesù Bambino e della Madonna.
Quest'usanza l'adottò, ancora e con maggior frequenza, quando Egli iniziò la pubblicazione delle sue opere letterarie, e sono più di 110! 
Per ogni libro, infatti,  Alfonso dipinse e fece inserire nelle prime pagine, un'incisione, che in chiave metaforica riassumeva, con simboli, personaggi e paesaggi, il contenuto del libro e il messaggio che intendeva trasmettere al suoi lettori.
Analizziamo ora i dipinti di Sant'Alfonso de Liguori.
Crocifisso dipinto da S. Alfonso, conservato a Ciorani
Il più conosciuto, anche dal punto di vista artistico, è sicuramente il celebre Crocifisso piagato conservato a Ciorani. E un crocifisso molto sui generis, è un'immagine drammatica della morte di Cristo, che impressiona per la crudeltà delle piaghe. Tuttavia, in tutta quella sofferenza espressiva che Alfonso ha voluto dare e trasmettere con l'opera, contrasta una stupefacente immagine del volto del Cristo, che si presenta sereno e senza un graffio... Come se il Cristo stesse già contemplando la prossima Resurrezione!
Ancora oggi questa immagine non passa inosservata nemmeno agli animi più duri e insensibili...  
Ritratto di Sant'Alfonso, vescovo di Sant'Agata dei Goti
Guardando questo crocifisso riecheggia, nel pensiero dell'osservatore, la celebre frase di esortazione di Alfonso: «Anima mia, alza gli occhi e guarda quell’uomo crocifisso. Guarda l’Agnello divino già sacrificato su quell’altare di pena. Pensa che egli è il Figlio diletto dell’Eterno Padre e pensa che è morto per l’amore che ci ha portato. Vedi come tiene le braccia: sono stese per abbracciarti; il capo chino per darti il bacio di pace; il costato aperto per riceverti nel suo cuore. Che dici? Merita di essere amato un Dio così amoroso?». Alfonso fece poi riprodurre il suo crocifisso in tantissime immaginette, che regalava ai fedeli. Qualche volta lo faceva anche dipingere su tele abbastanza grandi, utilizzate sia per le comunità dei Redentoristi che Egli fondava e sia anche per i suoi missionari, che durante la predicazione lo mostravano agli ascoltatori.
Un’altra immagine che è stata dipinta intorno al 1719, cioè quando S. Alfonso era un benestante avvocato, ma non ancora sacerdote, è un piccolo dipinto, posto in una cornice ovale dorata, che riproduce l’immagine della Madonna dal volto dolcissimo, il cui capo è contornato delle simboliche dodici stelle dell’Apocalisse.
Questo dipinto è stato inserito anche nell'introduzione delle opere: le Glorie di Maria e le Massime Eterne.
Singolare e bello è il quadro della Madonna che viene detto "Della Divina Pastora". Rappresenta una bella signora seduta, col cappello in testa, con il bambino seduto sulle braccia  e intorno delle pecorelle, alle quali Ella distribuisce rose. Anche questo è un dipinto metaforico: le pecorelle simboleggiano i fedeli, mentre le rose rappresentano le "grazie" e le benedizioni dispensate dalla Vergine ai fedeli che La invocano.
Altra opera significativa e abbastanza insolita, è la Madonna dello Spirito Santo. Questo dipinto fu disegnato da Alfonso e completato dal suo amico Francesco De Mura.
Bozzetto della "Madonna della Spirito Santo"
La Madonna presenta le braccia aperte e guarda alla sua sinistra, dove si può immaginare la presenza, l'angelo Gabriele. La cosa singolare è che questa singolare Annunciazione è rappresentata per la prima volta con la riproduzione simbolica di una colomba sul petto della Vergine, simbolo dell'affermazione dello Spirito Santo. Di questa opera, purtroppo, si conserva solo il bozzetto, perché il dipinto originale è andato perduto nel corso del tempo.
Ritornando ora alle incisioni che Alfonso faceva inserire nell'antiporta dei suoi libri, c'è da sapere che Egli stesso preparava questi disegni oppure li suggeriva agli incisori che poi li riportavano su lastre di rame per la stampa. Queste illustrazioni, come abbiamo detto, sono oltre 100... Ci piace ricordare qui nel seguito alcune opere, quelle che riteniamo più significative.
"Visite al SS. Sacramento e a Maria SS."
Nella prima edizione delle Visite al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima (1745) si trova l’immagine che è divisa in due parti: nella parte superiore c'è l’ostensorio in gloria, attorniato da nimbi e da angeli in adorazione; dall’ostensorio si vedono partire poi delle frecce d’amore che arrivano nella parte bassa, colpendo dei cuori e dove ci sono dei monti e le tre croci che ricordano il Calvario. Il significato è eloquente: l’amore di Cristo espresso nella Sua passione, indicata dalle Croci, continua a rivelarsi all’umanità attraverso l’Eucaristia la quale non è altro che un richiamo per gli uomini alla sua presenza.
Dal libro: "Riflessioni utili ai vescovi..."
Nel 1745, Alfonso pubblica Riflessioni utili ai Vescovi per la pratica di ben governare le loro Chiese; l’immagine utilizzata per questo libro è molto significativa: un pastore seguito da un gregge che cammina faticosamente verso l’alto, verso una croce, dietro alla quale c’è una luce intensa, segno della presenza di Dio. Dall’altra parte si vede, invece, un altro pastore, che è seguito anche lui da pecore, ma scende verso un dirupo. La metafora significa che se c’è un pastore buono che porta i fedeli alla salvezza, ma ci sono anche dei non bravi pastori che invece portano le anime alla rovina. Questo scendere verso il precipizio richiama dunque molto la responsabilità del clero, ma anche la responsabilità dei fedeli...
Incisione del libro "Novena di Natale"
Nel 1758, Sant'Alfonso diede alle stampe la prima edizione del libretto della Novena di Natale. Nell'introduzione di questo libretto c'è il disegno con un Gesù Bambino seduto sugli scogli, in atto di pescare i cuori umani. Sotto di essa sono riportati due versetti a rima baciata, che così recitano: «Dunque il desio dei cuori, o mio Signore, Bambin ti fece e pescator d’amore».
Forse questa è l’incisione più ricca di particolari coreografici, anche perché qui lo scrittore Alfonso presenta Gesù Bambino che pesca i cuori in un mare molto aperto, che sicuramente vuole rappresentare il golfo di Napoli.
Introduzione al libro: "Apparecchio alla morte"
La seconda edizione del libro "Apparecchio alla morte", stampato del 1762, contiene un’incisione veramente drammatica, composta da due parti: nella parte bassa c’è il cadavere di una persona, mente in quella superiore contiene un moribondo attorniato da un prete, da un angelo e da un demonio, i quali sono nell'atto di contendersi l'anima del poveretto. Davanti al letto, poi, c'è una inutile clessidra, che rappresenta lo scadere del tempo...

Anche quest'anno, come ormai da due anni a questa parte, ricordando il grande concittadino Alfonso Maria de Liguori, vescovo, fondatore, santo e dottore della Chiesa, auguriamo, per sabato prossimo, una felice giornata a tutti i lettori che portano il Suo nome e  alla comunità di Marianella, Sua patria natale
Auguri!
Salvatore Fioretto


Sfera armillare posseduta da Alfonso de Liguori
Incisione dell'opera "Il trionfo della Chiesa", 1772

martedì 21 luglio 2015

Il cantore degli Osci... Domenico De Luca!

Tra gli storici e i ricercatori di storia locale, appartenenti all'Area Nord di Napoli, merita un riconoscimento particolare su queste pagine del blog, lo storico, nonché scrittore e poeta, Domenico De Luca
Nato a Mugnano di Napoli, nell'anno 1932, egli risiede da sempre a Chiaiano, luogo a lui molto caro, a cui ha dedicato molte liriche e ricerche storiche.  
De Luca è una persona molto disponibile, semplice e profonda, che ha speso tutta la sua vita per la ricerca e per la diffusione della storia locale, ma soprattutto per quella branca di storia del sud ritenuta da molti ostica e ombrosa, per la scarsità delle fonti e di approfondimenti, parliamo della storia del popolo Osco (Gli Osci).
In questi decenni De Luca ha pubblicato moltissimi lavori editoriali, tra i quali ricordiamo:

Sulla storia degli Osci:
-Oscologia
-Preistoria del Sud
-Bibliografia Osca, 2003
-I 36 punti etruschi che li escludono dalle loro fondazioni di città in Campania
-Index poporum Oscorum
-Osca vite maranese e Giugliano dimezzata.
Su altri argomenti di storia napoletana e locale:
-Santa Maria Accubito - Cappella romanico normanna Santa Maria ad Compitum
-Sedili Napoletani
-Marchese Carlo Mauri feudatario di Polvica giustiziato nel 1799, ed. E. Velardi,  1993
-Introduzione etimologica alla geomorfologia storica di Marano ed. Athena, 1992
-Per Chiaiano Comune autonomo - Municipio di Chiaiano ed Uniti, registro 1883, 2004
-Corso di Chiaiano - Nato nel 1886 a Chiaiano - Preghiera per Chiaiano

-Mons. Gennarino Salzano de Luna - 50° di sacerdozio. Un modello di coraggio di prete, 1992 ed. E.Velardi.
E altri saggi...

Questi saggi di storia locale e altri lavori, sono stati pubblicati, per la maggior parte, nella "Collana della poesia Campana - Gruppo poesia e territorio", oppure nella "Collana Acta Osca - Storia e territorio", entrambe edite a cura della Fondazione Plajanum Napoli, in diversi anni.


Il poeta e cantore:
Domenico De Luca è anche un sensibile e raffinato poeta; tra le tante sue raccolte date alla stampe, ricordiamo:
-La stanca verità, 1970
-Assalto d'amore a Dio, 1983
-170 scritti, Napoli 1987
-I ragazzi del Turriciello (ode), 1990
-Ode per i 90 anni di don Cipriano Arcopinto, 2009
-Mito e canti del ciliegio e della cerasa
-Cupa Vrito e le cave di Chiaiano (ode)
-Sorbo rosso (ultimo canto del Sud)
-Poesia
-Introduzione all'estetica per i valori
-Il dubbio magico della poesia
-Lamento del Contadino
-Ultimo deserto
-Giovedì Santo.
E tante altre opere...

Ecco un brano tratto dall'Ode "Tenerezza Campana":

[...]
Campania, tenera d'albe e terra mia,
a sfuggirmi come un sogno che al risveglio
stride al sole tra trattori lucidi di grasso
e alberi chiusi nel dolore della cenere e polvere
e lamiere disseminati nei tuoi occhi,
una ferita tenerissima amara sul tuo volto d'ombre
che cadono sui tuoi fiumi rossi di preistoria.
Ora dentro la tua terra un seme più puro
germoglia senza sconto di pane ma di lotta, di pace,
e come il tuono ghermisce dopo un lungo errare
l'albero più bello del bosco, la città ruba il tuo verde
d'un tempo e nascono cave di tufo nelle tue strade.
Tu rimani abbandonata, Campania, ai freddi rioni
d'inverno delle tue città di mare e dei tuoi tornanti
d'allarmi. Pianura ormai contadina senza terre
incisa di cemento come una condanna nucleare; sui capelli
il tuo appennino anche lui langue di neve per il tuo caldo
e io non ho più il mio nido di pietra su cui a sera
ripiombavo come il falco al suo morire
per ripetere l'assetato mestiere d'essere cielo
che si spezza come le strade che ti sfiorano il seno
e ti chiudono in pieno giorno le porte
come al cane in fondo al fosso, l'uscita dal buio
che abbaia innocenze perdute nei suoi rancori 
senza una via di terra che accende alla speranza [...] 

Domenico de Luca è uno scrittore molto attivo e prolifico, scrive da diversi anni sulle pagine di molti periodici e su collane di letteratura, anche all'estero, come la collana "Symposiacus".
In una recente recensione cosi viene riassunta la sua poetica: E' lirico della profonda ricerca del divino in ansia e sete di verità. Una prospettiva poetica nuova, quella di Domenico de Luca, un'indagine che nasce da un frustato appagamento che il poeta sembra avvertire in quel formalismo linguistico incapace, per lui, di esprimere l'uomo e la sua tumultuosa esistenza nei confronti di Dio e di se stesso. Egli penetra e scava nell'animo umano usando il diamante del cuore impreziosito dalla luce del sapere lasciandovi affiorare verità rigeneratrici di vita.

Ecco un brano della bellissima lirica "Ode XI", tratta dal poema inedito:"Addio dolci campi di Cuma"; stralcio pubblicato su "Europainsieme 2 - Poesie e brevi storie - Ibiskos Ulivieri - Empoli 2006.

"Dolci occhi di ragazze"
[...] Al Crocevia, a Cannito, oggi assolato,
allora pieno di lota e polvere,
distrussero romane tombe, larghe,
a camera: a Scampagnia, nelle terre
del nonno osco di due metri, i tuoi fiori,
di storia uccisi come rossa rosa
che si spetala, uno per uno, a forza,
senza lasciare un seme vivo e forte.
Così tu, Munianum, non hai dato più semi
di terra di canapa lino e grano.
Oggi Munianum anche tu sei scomparsa
di muri antichi, per un pugno di soldi,
e pietre, quando, se non ne cadeva
una, non si metteva l'altra, a taglio.
Perciò le tue ragazze non corrono
più per campi di grano canapa e lino
e archi di tela, e per sogni e libertà,
ma anche per bar e profumi e porti e piazze.
Non sanno oggi la storia degli Osci
alle Paparelle, letto di tombe,
immenso, né quelle al Turriciello, 
né quelle a Senzafegato ai Quarto,
né la Baseleca dei Castagneto (*),
oltre il Bosco, scomparse sotto case.
La terra intera del popolo è chiusa

tra Chiaiano, Villaricca, Melito,
tra Napoli e Marano, Calvizzano
e Giugliano, in cui bravi quei Cirino
a tessere canapa in casa, soli,
e Giugliano a nord, distratta al sole. 
..............

Quando la Santa Maria Accubito
non aveva ancora solcato le falde 
delle pendici sacre alle ciliege
dei Camaldoli e quindi, non ne aveva
la terra dei Caracciolo spezzata,
né il predium Scondito, né la cupa
dei Cani, antichi tratturi locali,
che la legavano a Napoli, a Capua,
ad Atella urbs Oscorsum con la via Antica 
di Chiaiano, tratturo millenario,
con le Cupe Cannito per Melito,
noi non eravamo ancora nati in città.
Su queste sono state rinvenute,
sempre, saccheggiate, tombe romane,
osche e umane, a centinaia, ora distrutte.
Tra rare  grandi masserie che già
nel Catasto Ottocento, si perdono.
Ragazzi del Turriciello più svegli
delle api, si svegliavano col fischio
della Piedimonte, pregni di terra
negli occhi, fino ai piedi la camicia
lunga dei padri, fino ai piedi, come
un saio francescano che gli serviva.
Ma laggiù i dolci occhi delle ragazze,
di domenica, lente si svegliavano
nei Luoghi, nelle masserie, nei bassi,
scappavano a san Biagio, in frotte, svelte,
per ritrovarsi, contro, altri occhi dolci,
che oggi, pur essendo più vivaci e vispe
li ignorano voluttuosi nel tempo.
Mugnano non ha più la sua memoria
e identità, perciò il senso di vuoto
di tutti e dei giovani del paese.

Domenico De Luca ha destato sempre l'interesse della critica, le sue poesie sono state tradotte in greco e in tedesco. E' stato insignito del premio della cultura 1960, della Presidenza del Consiglio dei Ministri.  Egli è stato inoltre menzionato nel "Dizionario storico letterario" (poeti e scrittori italiani dal V secolo a. C, ai giorni nostri), e "Lettura e vita", collana: Annali storici dell'Accademia Culturale d'Europa, a cura di Rino Pompei, volumi III e IV, Viterbo ed. 1989-91.
Lo scrittore e poeta Domenico De Luca dedica molto del suo tempo libero alla divulgazione della cultura e della storia dell'Area Nord di Napoli e della immediata provincia, tra i giovani delle scuole del territorio, di ogni ordine e grado.
Salvatore Fioretto


(*) Le località menzionate nella Ode sono quelle un tempo presenti nel territorio a Nord di Napoli, tra Piscinola, Aversa e Quarto. "Scampagnia" è l'attuale rione Scampia, mentre "Munianum" è l'antico toponimo di Mugnano di Napoli.

Si ringrazia lo scrittore Domenico De Luca per il materiale gentilmente fornitoci, utilizzato per la realizzazione di questo post.

martedì 14 luglio 2015

I luoghi di Piscinola, di ieri e di oggi....II^ parte



Dopo i toponimi medioevali di Piscinola, esaminiamo qui i luoghi e i toponimi della Piscinola di oggi, tralasciando per ora quelli delle masserie antiche, per le quali dedicheremo un apposito post futuro.
Molti toponimi, nati in un periodo relativamente recente, sono rimasti ancora nel linguaggio corrente nel territorio in esame.
Particolare della mappa del 1778,  "Carta de evirons de la Villa de Naples"
Per prime ricordiamo le località i cui nomi erano legati alla vicinanza della ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife. Ancora oggi diverse località sono indicate, specie dagli anziani, con le locuzioni: “Vicino ‘a Piedimonte’” e “’Ncoppa ‘a linea d’’a Piedimonte”.
Elenchiamo ora i toponimi più importanti ed utilizzati:
‘O Cap’ ’e Coppa: Via Vittorio Emanuele. Il toponimo è sicuramente scaturito dalla posizione geografica di quella zona di Piscinola posta in “elevazione” rispetto alla parte “bassa” corrispondente alla Piazza B. Tafuri. Nella mappa catastale del 1894, la strada che attraversa questa zona è denominata “Strada Comunale del Risorgimento”. Questa mappa catastale (che sarà richiamata più volte in questo libro), rappresenta il primo rilievo accurato del territorio, eseguito dopo l’Unità d’Italia. 
Vico Operaio, 1984, foto di Eduardo Mellone (vico Appagliaro)
‘O Cap’ ’a Chianca: Via Plebiscito. In questa zona, all’inizio del 1900, fu realizzato dal Comune di Napoli un luogo pubblico per macellare il bestiame, da cui deriva il toponimo.
Sott’ ’a Chiesa: Via SS. Salvatore (o Via del Salvatore). Chiaro riferimento alla presenza della chiesa parrocchiale. La primitiva strada pedonale attraversava con una volta a botte, il campanile della chiesa: forse da ciò scaturisce l’etimologia del curioso toponimo.
Abbascio Miano: Via Vecchia Miano. Il toponimo si riferisce alla “cupa” che in antichità costituiva l’unico collegamento esistente tra il Casale di Piscinola e quello di Miano, ancor prima della costruzione di Via V. Veneto. La conformazione della strada in depressione e la marginalità del suo sviluppo rispetto all’abitato, hanno caratterizzato la parola “Abbascio”. 
Fore ‘o “Trentotto”: Tratto iniziale di Via Vittorio Veneto. L’etimologia del toponimo è da ricondursi alla presenza in questo luogo del vecchio stazionamento del tram “38”, appartenente alla rete tramviaria costruita dalla società “Tramvie di Capodimonte”. 
Cortile di via del Salvatore (Sott' 'a Chiesa)
‘O Principino: Via Vittorio Emanuele e Via Marianella (zona alta del Casale). Il toponimo è legato alla presenza del palazzo “De Luna” e alla leggenda del “Principino”.
‘O Vico ‘a Pagliaro (detto anche Vico Pagliano o ‘Appagliaro): Antico toponimo di Vico degli Operai. Forse il termine è correlato alla presenza nella zona di masserie e pagliai edificati dai contadini (definiti anche “operai della terra”). In passato, “Via Pagliano” era denominata anche l‘attuale Via Napoli, come risulta dalla mappa catastale del 1894.
‘A Maronna d’ ‘e Ggrazie: Località attraversata dalla Via Madonna delle Grazie. Il toponimo deriva dalla presenza della chiesetta dedicata alla Madonna delle Grazie. Prima del 1880 esisteva in questo luogo una primitiva chiesa, con annesso un cimitero o “fosse comuni”, per gli appestati ed i colerosi. 
‘A Carrara: Antico vico “cieco” che un tempo si sviluppava in pendenza, con accesso diretto dalla Via Vecchia Miano. Il vico presentava nella parte alta un’edicola che conservava al suo interno una bella statua della Madonna del Carmine. Il vico è stato demolito alla fine degli anni ottanta e rifatto in modo diverso, nel corso della “ricostruzione del dopoterremoto”, collegando Via Vecchia Miano con Via Vittorio Veneto. La nuova strada oggi si chiama Via Luigi Incoronato.
‘Mmiez’ ’a Chiazza (piazza): Piazza G. Bernardino Tafuri, un tempo anche Piazza del Plebiscito o del Municipio. Luogo centrale dell’antico Casale. Nella mappa catastale del 1894 troviamo la denominazione di “Piazza Chiesa”. Bernardino Tafuri è stato uno stimato scrittore e storico, originario di “Terra di Puglia”, ma è quasi certo che non abbia avuto legami con Piscinola. 
Cortile del palazzo detto "Staviano" in via del Plebiscito ('o Cape 'a Chianca)
‘A Cuparella: Attuale stradina, parzialmente ancora di campagna, corrispondente a Via G. Amendola (un tempo denominata Vico II Vittorio Veneto). Il toponimo di questa strada si riferisce allo stato fisico del territorio attraversato, con caratteristiche di “cupa”.
‘A Cupa ‘e “Nardi”: Stradina legata alla storia di un personaggio di nome “Nardi”, che secondo una leggenda popolare sarebbe stato ucciso per ritorsione dai “caprari”, vale a dire dai pastori di capre: personaggi molto rozzi, un tempo considerati dei veri e propri tiranni. Alcuni anziani identificano questa strada con la stessa Via Giorgio Amendola.
‘A Venella areta Vigna: Antico vico che un tempo collegava Via Vittorio Emanuele con Via Dietro la Vigna. La strada è stata demolita e rifatta in altro modo, negli anni ‘80. Il termine “Venella” è un toponimo locale, per indicare in genere una stretta e breve via pedonale.
‘A Venella d’ ’o Sacramento: Un’altra antica “Venella”, situata tra Via Vittorio Emanuele e l’attuale Via Nuova Dietro la Vigna, distrutta anch’essa dal programma di “ricostruzione del dopoterremoto". Era chiamata così per la vicinanza a un’edicola stradale, dedicata al SS. Sacramento. Nella mappa catastale del 1894 questa stradina è chiamata Vico De Lino. 
Via Plebiscito a Piscinola ('o Cape 'a Chianca)
‘A Venella di Via del Plebiscito: Stradina ancora oggi parzialmente esistente, che un tempo permetteva il collegamento di Via del Plebiscito con il territorio de “Lo Scampia”. 
‘Areto Vigna: Antica stradina, in parte ancora oggi esistente, che permetteva un tempo di collegare Via del Plebiscito con l’attuale zona di Via Nuova Dietro La Vigna. Questo toponimo è forse scaturito dalla presenza nella zona di un corso d'acqua chiamato canale Vigna e, ancor prima, forse, per un antico vigneto. 
‘O Canciello: Attuale Via Ferrovia Napoli Piedimonte D’Alife. Questo toponimo deriva probabilmente dalla presenza di una barriera mobile o di un vero e proprio cancello installato all’estremità della via interpoderale, che un tempo metteva in comunicazione Piazza B. Tafuri con “Lo Scampia”. Il toponimo è riportato nella mappa di Antonio Valmagini.
Via Rutigliano (o Rovigliano): Attuale Via Vecchia Miano. Probabilmente il toponimo è scaturito dalla presenza di un possedimento (Tenimento) appartenuto ad un’antica famiglia nobile, forse quella dei “Rutigliano”. Il toponimo è stato trovato anche nella mappa catastale del 1894, anche se modificato con “Strada Comunale Ruvigliano”. E’ probabile che nei secoli il termine “Rutigliano” sia stato trasformato, dapprima in “Ruvigliano” e poi in “Rovigliano”.
Via del Plebiscito ('o Cape 'a Chianca)
‘A Fiurella: Toponimo indicante l’incrocio di Via Miano con Via Napoli a Piscinola. Il termine è scaturito dalla presenza, in questo luogo, di un’edicola dedicata alla Madonna Addolorata. Nella mappa catastale del 1894, un tratto di Via Vecchia Miano è denominato “Strada Comunale Figuretta”. 
Abbascio ll’Acquarone: Via Cupa Acquarola di Piscinola. Il toponimo è stato caratterizzato dalla morfologia della zona, un tempo palustre, ove confluivano e ristagnavano le acque pluviali provenienti dalla “zona alta” del Casale di Piscinola. 
‘O Prolungamento: Breve tratto di strada senza uscita, posta al termine di Via Vittorio Veneto. Costituì la prima parte realizzata del progetto di una strada di collegamento tra Via Vittorio Veneto e Piazza B. Tafuri, iniziata verso gli anni ‘50 e non più ultimata.
‘O Saglio ‘e scinno: Località ubicata sull’antica strada di Via Cupa Perillo, collegante Piscinola con Mugnano, nei pressi del confine con quest’ultimo Comune.
Frullone e S. Rocco: Antichi sobborghi, sviluppati nella parte meridionale di Piscinola. Sono stati collegati, a partire dal 1861, dalla nuova strada provinciale S. Maria a Cubito.
Cortile antico di Piscinola in fare di ricostruzione
L’etimologia di Frullone potrebbe ricondursi alla presenza di mulini in questa zona. Il termine “frullone” era, infatti, adoperato per indicare un tipo di setaccio, interno al frantoio.
La nascita del toponimo di San Rocco risalirebbe, secondo una testimonianza, all’anno 1656, quando un gruppo di nobili napoletani, scampati miracolosamente alla peste, decisero di erigere le loro nobili dimore in collina, creando un nuovo piccolo casale, che fu chiamato “San Rocco”, in onore del Santo protettore contro la peste, al quale avevano fatto un voto.
‘Ncoppa ‘a Massaria ‘e Miano: Località situata in vicinanza dell’incrocio tra Via Janfolla e Via Vittorio Veneto. E’ chiamata così per la presenza di una vecchia masseria, poi trasformata.
‘O Viscariello (Boscariello): Toponimo di luogo ubicato tra l’attuale Via R. Marfella e la località del Frullone. Un tempo la strada attraversante questa zona era denominata “Via Vecchia di Piscinola” e, ancora, “Strada Comunale Vecchia di San Rocco” (Rif. G. Doria, “Strade di Napoli - Saggio di toponomastica antica”). 
Abbascio ‘e massarie: Località posta tra Piscinola e Mugnano e così chiamata per la presenza delle antiche masserie: “Epitaffio”, “Splendore”, “Grande” e altre ancora. 
‘A Via Nova: Via Vittorio Veneto. Toponimo attribuito alla strada realizzata intorno al 1905-13, per collegare Piscinola con Miano e per permettere il transito del tram. Questa strada fu chiamata inizialmente “Via Nuova Miano-Piscinola”, per distinguerla dalla vecchia “cupa”. 
Portale del cortile di Piazza V. Emanuele ('o Cape 'e Coppe)
Largo Don Carlo (o Don Carlos): Largo situato nei pressi di Via Vittorio Emanuele, il cui nome è legato probabilmente alla dimora di una nobile famiglia di origine spagnola, il cui capofamiglia si dovette chiamare “Carlos” o “Carlo”. Nella zona esisteva anche un palazzo denominato “Don Carlos” e un piccolo convento di suore. Purtroppo oggi gli edifici si presentano molto trasformati, a seguito della “ricostruzione” degli anni ‘80.
Abbascio ‘o Perillo: Località situata un tempo a nord del Casale e comprendeva anche l’antica masseria, da cui derivò il toponimo della zona e anche della strada adiacente.
La Filanda: Attuale Via Cupa della Filanda. Questo toponimo deriva dalla presenza, nei tempi antichi, di molte filande a sud di Piscinola, dedite alla tessitura del lino e della seta. 
‘Ncoppe ‘o Monte: Località situata a nord della Via Madonna delle Grazie. Il toponimo indica la presenza di una cava di pozzolana e di tufo (chiamata ‘o monte), ivi esistente. 

C'erano altre Venelle che erano presenti nel centro storico di Piscinola, specie in via del Plebiscito, in Via del Salvatore, in via V. Emanuele e in Via Vecchia Miano, indicate solo con il nome della strada principale di accesso, preceduti dalla locuzione: "a Venella de...".
Salvatore Fioretto



L'articolo è stato interamente tratto dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore - Una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, anno 2010. Tutti i diritti sono riservati all'autore.
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