giovedì 20 febbraio 2014

L'acquedotto personale di don Vicienzo 'o Pazzariello...!

Del leggendario personaggio piscinolese, soprannominato 'o Pazzariello, abbiamo raccontato in questo blog diversi aneddoti, molti associati alle feste e alla vita comunitaria del quartiere di Piscinola; scorci di una umanità purtroppo appartenente a un tempo lontano, ormai del tutto scomparsa, dalla quale il Pazzariello era apprezzato soprattutto per la sua verve e la sua innata simpatia.
Qualche settimana fa il carissimo amico, che si chiama Salvatore di Febbraro, mi ha raccontato un altro aneddoto molto simpatico, con la richiesta di trascriverlo in questo blog ed è quello che mi accingo a fare ora... Il racconto s'intitola "L'acquedotto personale di don Vicienzo 'o pazzariello"...

Spesso il Pazzariello era insofferente per le perdite di tempo che gli causava la sua consorte durante la giornata, vuoi per fare la spesa e vuoi per compiere altre commissioni, in particolare quando doveva recarsi ad attingere l'acqua dalla fontanina pubblica, che un tempo era posta in un angolo del famoso Cape 'e coppe (oggi via Vittorio Emanuele). Sovente la donna s'intratteneva a discorrere per molto tempo con le amiche e le conoscenti... e questo comportava una certa insofferenza da parte del nostro Pazzariello... L'uomo chiamava ripetutamente la moglie dal balcone, mentre ella continuava a conversare, parlando del più e del meno, senza dar molto peso ai richiami del marito. Era chiaro che la pazienza del Pazzariello incominciava ad avere le ore contate...!
Un giorno, dopo l'ennesimo intrattenimento della moglie a conversare davanti alla fontana, don Vincenzo non ne poté più, e pensò di mettere in atto una delle sue immancabili trovate...!
Si recò presso la famosa puteca (bottega di salumeria) di Caterina detta 'e Carmusina, per comprare diversi pacchi di pasta del tipo detti Ziti. Gli Ziti erano un particolare tipo di pasta, dal formato grande, tipo cannule, prodotta dai celebri pastai di Torre del Greco o di Gragnano (venduti in una confezione di carta azzurra); erano molto apprezzati e utilizzati nel periodo del Dopoguerra, specie per preparare il ragù domenicale.  L'insolito acquisto da parte del Pazziariello, considerato per natura poco avezzo a fare la spesa, destò una certa curiosità da parte delle persone che si trovavano nel negozio in quel momento e dalla stessa commerciante, ma il Pazzariello imperturbabile alle domande dei curiosi, continuava a ripetere "...mo vedite a cosa servono...!"
Mentre la moglie s'intratteneva a conversare, in maniera indisturbata, come se niente stesse accadendo, il Pazzariello mise all'opera lo stratagemma e, dopo aver  aperto le confezioni di pasta, incominciò a sistemare i bastoncini degli Ziti sui blocchi di basalto che lastricavano un tempo la strada,  sistemandoli ad uno a uno, in fila indiana, a partire dalla fontana, fino a raggiungere l'uscio di casa propria. Ripeteva l'operazione con un atteggiamento tra il serio e il faceto, attirando ovviamente l'attenzione di molti viandanti e vicini di casa.... Ad un certo punto la moglie, distolta dalla conversazione per gli schiamazzi e le risate delle persone, che nel frattempo facevano capannello attorno all'uomo, chiese stupita al marito, urlando da lontano: Viciè ma che stai facenne? E il Pazzariello, sempre con il suo solito atteggiamento sarcastico, rispose: Nannì, viste che 'nce pierde 'e ghiurnate sane per gghì 'a piglià l'acqua 'a sta funtana, t'aggio fatto n'acquedotto ca te porta l'acqua direttamente fin''a casa, accussì aggio furnute 'e ghittà 'o sango....!!
E tutto terminò tra le risate dei tanti presenti...! 

Gli abitati del Cape 'e Coppe erano ormai convinti che a don Vincenzo il nomignolo di Pazzariello gli era stato giustamente attribuito,  perchè, a memoria vivente, nessuno più di lui aveva mai avuto questi lampi di genialità e di simpatia fuori dal comune.

Tratto da un racconto di Salvatore di Febbraro. 
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sabato 8 febbraio 2014

Il Torricelli, da sepolcreto romano a masseria fortificata....


Ubicata ai confini tra Mugnano e Chiaiano, "scorre" ancora ai nostri giorni l'antica strada consolare romana, di origini osche, chiamata col toponimo di "Via Antica Chiaiano". L'arteria è stata nei tempi antichi una delle poche strade di collegamento esistenti nel territorio a nord di Napoli, capace di assicurare le comunicazioni tra la Neapolis greco-romana è le Ville o Vicus esistenti nell'ampio circondario settentrionale. Come consuetudine praticata dai romani, anche qui è stato edificato un sepolcreto cinerario a forma di torre, risalente al I secolo d.C., costruito proprio ai margini del ciglio stradale, forse per accogliere i resti di qualche valoroso combattente o un notabile della gens romana. La struttura è in opus reticolatum a forma di torre cilindrica, che un tempo era sormontata da una volta a catino, poi purtroppo crollata nel corso dei secoli.
A partire dal XVI secolo alla torre romana vennero ad aggiungersi diversi corpi di fabbrica, fino a formare una masseria fortificata, chiamata appunto Masseria Torricelli, chiaramente in riferimento al preesistente mausoleo romano.

La masseria fortificata del Torricelli è attestata sin dal 1628, quale proprietà’ dei duchi di Melito, appartenenti alla casata dei Juliis Caracciolo. La masseria è un esempio di architettura rurale, con tipologia a corte chiusa, largamente diffusa nella pianura napoletana fin dal XV secolo e in particolare nel corso del XVII secolo.

Accanto alla Masseria si erge anche una piccola cappella in stile gotico, risalente al periodo angioino, denominata Santa Maria di Campo d’Isola. Questo tempietto purtroppo oggi non e’ più agibile, infatti il portale di ingresso è stato murato dopo che ha subito l'espoliazione di un antico affresco bizantino raffigurante la Madonna, risalente all’anno di costruzione, forse all'anno mille come attesta qualche fonte autorevole.
Il sepolcreto o Ciaurro di Mugnano non è il solo esistente nella nostra zona, infatti a Marano esiste una struttura simile, anche se più articolata dal punto di vista archeologico, oggi conservata al centro della villla comunale. Altri esempi li troviamo anche a Pozzuoli (contrada San Vito) e a Santa Maria Capua Vetere. Un tempo anche allo Scudillo (Colli Aminei) era presente un mausoleo detto Canocchia, purtroppo, miseramente abbattutto durante la speculazione edilizia degli anni sessanta del secolo scorso.
Per impedire l’ulteriore degrado e l'incuria al mausoleo di Mugnano, nonché le attività edilizie improprie, la Soprintentenza dell'area nord di Napoli ha apposto nel 1994 il vincolo conservativo alla storica struttura, estendendolo anche agli immobili circostanti. 
Purtroppo sia il mausoleo romano, sia la masseria di Mugnano e sia l'antica strada osco-romana, versano in condizioni di estremo degrado, con rischio di crolli imminenti. Si auspica un decisivo intervento da parte delle autorità preposte, con azioni di ripristino e consolidamento statico conservativo, sollecitate anche dalle associazioni culturali e dalla società civile. 
Un dolcissimo ricordo della mia infanzia mi lega a questi luoghi, così belli e incontaminati, un tempo attraversati dalla mitica ferrovia Napoli-Piedimonte d'Alife...
Il Torricelli non deve morire!!
Salvatore Fioretto
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NB: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.

ps: Per chi volesse visitare il sito ecco la mappa:



martedì 14 gennaio 2014

I Taralli e la pecorella di Sant'Anduono....!

Ecco un altro racconto di un episodio veramente accaduto nel quartiere di Piscinola, prima della seconda Guerra Mondiale, durante la festa di sant'Antonio abate, chiamato qui da noi Sant'Anduono.
Useremo nomi di fantasia.
Come ogni anno e secondo l'usanza dell'antichissimo borgo di Piscinola, anche Rituccio di Vascio Miano si apprestava ad onorare il grande Santo eremita, protettore degli animali, che per la chiesa ufficiale è Sant'Antonio Abate.
Il parroco di Piscinola usava ogni anno, un po' come avveniva in tante altre chiese di Napoli e provincia, esporre sul sagrato della parrocchia (allora era libero e non ancora occupato dall'ampliamento e dalla nuova facciata, realizzati negli anni '50), un piccolo altare di legno, con sopra esposta al rito la settecentesca statua lignea del santo: un vecchio vestito di saio nero, con l'immancabile campanello, con un vecchio libro aperto tra le mani e in mezzo alle pagine una grande fiamma rossa che arde simboleggiando l'inferno. 
Secondo la tradizione di origine medioevale, il Santo era invocato contro l'infezione di Herpes Zoster, un tempo chiamata anche Fuoco di sant'Anduono. Spesso all'immagine di Sant'Antonio Abate era accostata anche un maialetto, perché nei secoli trascorsi per lenire le infiammazioni causate da questa terribile malattia, veniva utilizzato un unguento ricavato dal grasso del maiale. Per tale utilizzo di salute pubblico si arrivò addirittura ad avere in città molti maiali allevati allo stato libero tra i vicoli e le strade, rovistando tra i rifiuti o gli avanzi nei mercati oppure cercando il cibo offerto dai devoti del Santo. Si ebbero anche dei seri problemi di viabilità... Ci volle un editto vicereale per abolire questa barbara usanza...!
Ma ritorniamo alla nostra storiella...
Ad attendere i fedeli che giungevano durante tutta la mattinata sul sagrato della Chiesa, c'era il parroco seduto su un seggio, assistito da alcuni chierichetti, muniti di tanto secchiello con l'acqua benedetta e di scopino aspergente. Era un bel via vai di persone, di ogni età e sesso, ognuno recante in braccio o condotto per una cordicella, il proprio animale domestico da benedire: chi portava una capretta, chi il cavallo, chi il cane, oppure un coniglio, un'anatra o una gallina...
Rituccio era un ragazzo di appena 10 anni e non frequentava gli scugnizzi di strada, doveva, malgrado la sua tenerissima età, eseguire i lavori nei campi e non aveva tanto tempo per frequentare la strada e i suoi coetani per fare delle esperienze... diciamo che era un po' ingenuotto...! 
Aveva preparato per l'attesa festa la sua pecora prediletta, alta quasi quanto lui, addobbandola con una collana composta da tanti taralli di sugna, legati tra loro da una cordicella di canapa, che aveva appeso al collo della bestiola. Il tragitto verso la piazza avvenne in maniera tranquilla e, all'ora convenuta, riuscì a partecipare alla funzione di benedizione che come ogni anno il buon sacerdote amministrò a tutti i partecipanti... poi la solita offerta di qualche monetina nel secchiello e in cambio l'immagine benedetta del Santo...
Al ritorno a casa, però, il povero Rituccio veniva suo malgrado completamente accerchiato da una banda di ragazzacci più grandi di lui che, una volta afferrata la pecora, riuscirono di gran lena ad alleggerirla di tutti i taralli appesi al collo e, solo per puro caso non soffocarono la povera bestiola!
Rituccio alquanto sorpreso, non ebbe manco il tempo di urlare e ci restò ovviamente molto male, anche se ebbe la magra consolazione di portare a casa la bestiola che gli era stata affidata dai genitori. Raccontò con le immancabili lacrime di rabbia il triste e spiacevole episodio accadutogli, pur confortato dalla mamma e dal papà, che a stento riuscivano a nascondere un accenno di risata... 
A tarda sera il sorriso ritornava sul limpido e bonario viso di Rituccio che, avendo ormai dimenticato il triste episodio del mattino, poteva festeggiare nell'aia, assieme a tutti i vicini della masseria, il gran falò, detto 'o fucarazzo (chiamato anche 'a lampa 'e Sant'Anduono). Era una grande piramide composta di vecchi mobili e di fascine, che all'imbrunire veniva accesa per omaggiare il vecchio Santo, ma anche per festeggiare l'inizio del Carnevale. 
Qualche anziana ripeteva ancora quella famosa cantilena, che recitava così...
Carnevale mio è mmuorto!
Ah, si sapevo ca tu murive,
t'accerevo na vallina cennerina,
gioia soja....!

Altri tempi cari amici, questi racconti fanno tanta tenerezza e oggi, a distanza di oltre 70 anni, sembrano fiabe per bambini!
Oggi, in simile circostanza, avremmo rischiato oltre per la pecorella anche per l'integrità del ragazzo....! 
Ad ogni modo, viva Sant'Anduono protettore degli animali, che si festeggerà il prossimo venerdì, 17 gennaio.
Salvatore Fioretto  
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martedì 7 gennaio 2014

Documfest ricordando i festeggiamenti: "Piscinola e il suo Salvatore"

Video realizzato con "Marianella New Track", nel mese di agosto scorso, ricordando i solenni festeggiamenti che un tempo si tenevano a Piscinola in onore del suo patrono, il SS. Salvatore. Sono contenuti numerosi documenti cine-fotografici e le testinonianze degli anziani. Regia di Dario De Simone.
Si ringraziano tutti coloro che hanno collaborato.

http://www.youtube.com/watch?v=eqv3fnBOpl8
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domenica 29 dicembre 2013

Buon 2014, da Piscinolablog!!

Piscinolaglog chiude l'anno 2013 contando 17000 contatti ricevuti, di cui 1260 dagli USA; non posso lamentarmi, vuol dire che i racconti e le storie narrate hanno destato interesse e credo anche un po' di nostalgia nei lettori, secondo il progetto e lo spirito iniziale intrapreso. Sicuramente molti, anche coloro che non abitano nel nostro territorio, hanno potuto verificare che si è narrato di un posto che è pregno di storia, tradizioni e umanità, qualità che non sempre vengono oggi risaltate da chi fa comunicazione, preferendo narrare di Scampia, di Miano, di Piscinola che fa cronaca, vale a dire la parte peggiore... Spero di aver dato un mio modesto contributo affiché Piscinola, Marianella, Miano, Scampia, ecc. abbiano il giusto merito e la giusta considerazione e affinché gli abitanti siano più fieri dei loro quartieri di nascita o di adozione. Un grazie a tutti gli amici che hanno fornito il loro prezioso contributo: Annamaria, Pasquale, Luigi, Massimo e Rosa. 
Non so ancora se continuerò questa esperienza nel prossimo anno, ad ogni modo buon Anno a tutti! 
Salvatore Fioretto



lunedì 23 dicembre 2013

Marianella, capitale della musica Natalizia... con Sant'Alfonso!!

Secondo un'antica tradizione tramandataci nei secoli, il culto occidentale di realizzare il presepe a Natale fu introdotto da un mite "rivoluzionario", che si chiamava Francesco, figlio di Pietro Bernardone, noto a tutti come San Francesco d'Assisi; infatti, nella notte di Natale dell'anno 1223, Francesco volle rappresentare per la prima volta nella cittadina di Greccio, in provincia di Rieti, un presepe vivente con dei figuranti. Questo avvenimento storico (ci troviamo ancora del Medioevo), ha fatto da sponda a tutta una stratificata tradizione natalizia, che ha caratterizzato in un certo senso la cultura europea negli ultimi secoli e non solo quella europea. 
Il presepe di Greccio, di Giotto, Basilica di Assisi
Strano però a dirsi, ma nei secoli seguenti (ne dovranno trascorrere circa cinque..., per arrivare nel XVIII secolo...), si ebbe un altro periodo di crisi... con l'ennesima fase di decadenza dei costumi, accompagnato da altrettanti insidie, sia nel mondo politico che nella società civile e religiosa dell'epoca. Ci furono eresie (Giansenismo), molte guerre, decadenza nei costumi (Cicisbeismo), tuttavia anche in questo periodo buio per l'umanità un altro "faro straordinario" si accese nel mondo...! Un uomo, nato nei dintorni di Napoli, a Marianella, ebbe la capacità di rinvigorire la fede e dare la speranza agli ultimi... riuscì, inoltre, a ridare importanza e significato al culto antichissimo del Presepe! Quest'uomo, che fu un personaggio eclettico, portava il nome di una nobile casata napoletana, era Alfonso Maria de Liguori, poi diventato vescovo, santo e dottore della Chiesa universale! 

Alfonso fu un grande restauratore sociale...e non solo. Scrisse molte opere letterarie e di dogmatica, ma anche diverse canzoni e opere musicali a carattere sacro. Alcune di queste, a soggetto natalizio, ancora oggi fanno da allegoria musicale al nostro Natale e rispecchiano un modo tutto napoletano di costruire il presepio, definibile, ma senza retorica: "Presepe alla maniera napoletana".  

Tra questi due fari: Alfonso Maria de Liguri, nato a Marianella e Francesco, nato ad Assisi, esiste un legame sottilissimo ma significativo, sono stati due "rivoluzionari" dei loro tempi. Infatti Sant'Alfonso viene spesso indicato anche come "...il San Francesco del secolo dei Lumi". Queste due "colonne" dell'umanità hanno profuso le loro energie e la loro intelligenza per migliorare il mondo della loro epoca, e non solo..., e hanno, tra l'altro, riproposto e consolidato la centralità del Presepe nella ricorrenza del Santo Natale. 
Senza retorica, ma solo per una semplice correlazione di pensiero, possiamo affermare che Marianella è da considerarsi la patria del "Natale musicale"..., perché ha dato i natali al grande Alfonso Maria de Liguori, riconosciuto e stimato compositore di canti natalizi!
Sant'Alfonso è stato un grande innamorato del Presepe, del Bambinello, della Madonna e della Sacra Famiglia venerata nel Presepe. Le "canzoncine" da lui scritte, a tema natalizio, furono diverse e sono state cantate almeno una volta nell'infanzia di ciascuno di noi....; "Tu scendi dalla stelle", per esempio, è tra quelle più note ed è tutt'oggi cantata in ogni angolo del pianeta! Persino Giuseppe Verdi ebbe modo di affermare, in un'occasione, che: "...il Natale non sarebbe più Natale senza i versi e la melodia della famosa pastorale, scritta da Sant’Alfonso Maria de Liguori ...!"
Alfonso fu condotto alla musica da suo padre, Giuseppe, anch'egli musicista dilettante. Da giovinetto il rampollo dei Liguori studiò musica e si perfezionò con il noto precettore e maestro don Gaetano Greco (1650?-1728), dal quale uscirono celebri compositori della scuola barocca napoletana: Francesco Durante (1648-1755), Domenico Scarlatti (1685-1757), Nicola Antonio Porpora (1686-1768), Leonardo Vinci (1696-1730), Giovan Battista Pergolesi (1710-1736), ed altri. 
Si narra che ogni settimana Alfonso doveva trascorrere ben tre ore a lezioni di musica, chiuso assieme al maestro nella sua stanza, perchè il padre Giuseppe, dovendosi allontanare da casa per delle sue commissioni, per avere la certezza che Alfonso studiasse per tutte le tre ore previste, chiudeva la porta della studio a chiave, con dentro il maestro e l'allievo...!


Dal 1706 al 1723 Alfonso frequentò l’oratorio dei Gerolomini di Napoli, dove si coltivava la tradizione musicale voluta da San Filippo Neri. Fu proprio in quest’oratorio che il nostro giovane musicista si esibì per la prima volta in pubblico, come riporta il suo biografo Tannoia: «Avendo fatto rappresentare i Padri Girolimini l’opera di S. Alessio da vari Cavalerotti, vi recitò anche Alfonso; e dovendo rappresentare la parte del Demonio in atto di suonar il cembalo, lo toccò con tale maestria, che tutta l’udienza ne restò stupita».
Clavicembalo suonato da Sant'Alfonso (museo di Pagani)
Sovente Alfonso riceveva dalle diverse famiglie nobili, che lo conoscevano e lo apprezzavano, l'invito a suonare il clavicembalo durante intrattenimenti che essi davano nelle nobili loro dimore e, anche se egli partecipava malvolentieri, ebbe modo di far conoscere a tutti il suo estro musicale. Purtuttavia Alfonso sfruttò questa sua predisposizione per la musica e, soprattutto, la sua erudizione e la sua comunicativa, per le nobili finalità pastorali, mirando all'evangelizzazione degli ultimi, attraverso le Cappelle Serotine, (organizzate in ogni angolo della città partenopea) e nell'istituzione delle Sante Missioni, tenute nelle contrade e nei paesi abbandonati. Ancora dal Tannoia riportiamo:
".... Soprattutto per le missioni, infatti, egli componeva le canzoncine spirituali, che per altro cantava di persona, come testimoniano i suoi contemporanei».
Il clavicembalo di Sant'Alfonso è conservato nel convento redentorista di Pagani (Nocera Inferiore). 

http://www.youtube.com/watch?v=k_Ubb7Uy7Tg

Incominciamo a raccontare come nacque il brano "Tu scendi dalle stelle", uno tra i più famosi canti natalizi italiani. Secondo alcuni biografi esso fu composto nel dicembre 1754, nella cittadina di Nola, dove Alfonso si trovava per una Santa Missione. Sembra che esso non sia stato derivato dalla versione italiana del brano napoletano "Quanno nascette Ninno", ma tradotto dalla versione originale, andata purtroppo perduta.
C'è un curioso aneddoto legato a questo canto, che qui riportiamo. Il Santo si trovava ospite a Nola presso il curato don Michele Zambardelli, quando compose Tu scendi dalle Stelle: la scrisse di getto su un pezzo di carta, assieme alle note del canto. Subito eseguì il canto composto al clavicordo, destando la meraviglia di don Michele, che chiese invano una copia del componimento per poterla suonare in chiesa.

http://www.youtube.com/watch?v=kAufwdN7m2k

Nonostante il divieto momentaneo dettato dal Santo, che ne considerava prioritaria la stampa, il sacerdote, approfittò della sua assenza (Alfonso era impegnato in chiesa per una predica), salì nella sua stanza e ricopiò a sua insaputa il manoscritto. Mise poi il foglio in tasca e scese nel coro, senza destare sospetti...
Sant’Alfonso, che aveva (diciamo) intuito la cosa..., fingendo di non ricordare la successione dei versi mentre insegnava la canzone ai fedeli, mandò un aiutante dal parroco, per chiedergli il foglio della partitura che egli, dopo averla copiata, conservava ormai "spensieratamente", nella sua tasca...!!
Lo storico Benedetto Croce ebbe così a scrivere : "...(Sant'Alfonso) rimò canzonette spirituali anch’esse cantate dappertutto, tra le quali notissima quella del Natale "Tu scendi dalle stelle"E sempre relativa al Natale è anche una tra le più toccanti poesie natalizie in dialetto napoletano che de’ Liguori compose: "Quanno nascette Ninno a Bettalemme!".

http://www.youtube.com/watch?v=LX8hns0uukk 

Lo scrittore danese J. Joergensen raccontò di aver ascoltato in pellegrinaggio a Betlem, dentro la basilica della Natività, il motivo "Tu scendi dalle stelle": «Fra questo silenzio, ascolto (è un sogno o una realtà?) come cantata da un coro sopra la chiesa e su, sopra il mio capo, la vecchia pastorale italiana, col suo dolce suono di ciaramelle… L’udii cantare poco prima di lasciare l’Italia, ad Assisi, in casa di amici italiani».

Il Settecento è stato caratterizzato dal movimento culturale, artistico, musicale e letterario denominato Arcadia. Esso si presentava ricco di fervore creativo, ispirato al mondo semplice, bucolico dei pastori e anche al mistero del Natale, di cui la poesia e soprattutto il presepio, ne erano la più emblematica rappresentazione. Il presepe fu introdotto anche a corte, Carlo di Borbone ne fece realizzare uno grande anche nella reggia di Napoli. Spesso erano gli stessi componenti della famiglia reale a realizzare di propria mano i pastori e ad allestire il presepe.
Quanno nascette Ninno a Bettalemme fu composta da Sant'Alfonso durante la sua permanenza a Deliceto (prov. di Foggia), nel convento della Consolazione. I versi e l'andamento pastorale dell'opera rispecchiano chiaramente la cultura musicale predominante della sua epoca. II Santo scrisse questo poemetto in lingua napoletana, non per irriverenza o disimpegno letterario, ma per una squisita ricerca di comunicazione confidenziale e soprattutto per far giungere il suo messaggio di speranza proprio a tutti...
Dio che si fa uomo nella maternità di Maria abbaglia Alfonso e lo colma di felicità, proprio come i pastori alla grotta: Restajeno ncantate e boccapierte / pe tanto tempo senza dì parola / ...da dint 'o core cacciajeno a migliara atte d'amore.

http://www.youtube.com/watch?v=VqnFV-LjY7o 
Nel 1758 Alfonso scrisse ancora la "Novena del Santo Natale...", per invitare tutti a fare del proprio cuore un presepio, una capanna, un luogo intimo per accogliervi il Bambino. E qui lo contempla venir giù dal cielo e posarsi su poco fieno: "Tu scendi dalle stelle, o re del cielo, / e vieni in una grotta al freddo, al gelo: / o Bambino mio divino, io ti vedo qui tremar. / O Dio beato,  / e quanto ti costò l'avermi amato!".

Così scrive: "Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo ".


Un’altra canzoncina, veramente straordinaria, scritta dal nostro Marianellese, s’intitola «Fermarono i cieli...»: una poesia sublime in musica che narra come il cammino delle stelle si sia fermato perché era avvenuto qualcosa di straordinario sulla terra e tutto, anche il cielo e l'universo si era fermato per ammirare questo meraviglioso e straordinario evento, atteso da secoli, che non avrà eguali nella storia: «Fermarono i cieli / la loro armonia / cantando Maria / la nanna a Gesù». 

http://www.youtube.com/watch?v=rGZOl9qUiEE 

S. Alfonso scrisse altre due poesie natalizie in lingua napoletana ambientate al Santo Natale,  poi da lui musicate: «Gesù Cristo Peccerillo» e «Ti voglio tanto bene, o ninno mio». Riguardo alla seconda canzoncina si racconta che Alfonso aveva ricevuto in dono dalla madre un Bambinello e che, quindi, abbia scritta il canto contemplando quell'immagine a lui tanto cara, ricordando il mistero del Natale e di questa statuetta del Bambinello, che gli era stata donata dalla sua cara madre.

Riportiamo una strofa della bella e delicata,"Gesu Cristo peccerillo":
 
Gesù Cristo peccerillo
Marriuncello arrubacore,
Vuò stu core e tienatillo
Non me sta cchiù a 'ncuità.
Tu si comma a 'na muschella
Che va attuorno a 'o zuccariello
'I 'a caccio essa s'azzecca
Sempre attuorn'a me vo sta.

Rit.: Ninno bello, Ninno d'ammore
Sulo a Te 'i voglio amà.


http://www.youtube.com/watch?v=lCI9KbzOcpk 




E per finire, le prime strofe di altre quattro canzoncine scritte dal nostro Santo, trovate da me quasi per caso...

Il viva al Santo Bambino
Viva viva il nato Re,
Che del Mondo è Re novello.
Nuova gloria d'Israelio
Che per noi Bambin si fe.
Viva viva il nato Re.


Adorazione a Gesù Bambino
O voi Spirti del Ciel
Angeli amanti,
su scendete quaggiù
Disegno realizzato da Sant'Alfonso
Lieti e festanti
Ed intorno a questo giorno
A Gesù nato bambin
Sciogliete il canto,
Che noi prostati il cor gli
offriamo intanto.

A Gesù Bambino
Nella grotta dove è nato
di Maria il Figlio amato
io mi fermo a contemplar
di quel Ninno la beltà.

Affetti verso il Santo Bambino
Oh qual Figlio Dio ci ha dato
Oh qual Ninno a noi è nato
Sia per sempre benedetto
Il bel Dono e 'l Donator.

Oh che Ninno, oh che bellezza!
Oh che gioia, oh che dolcezza
Benedetto quel momento,
Che Maria lo concepì.
 
BUON NATALE a tutti, con Sant'Alfonso!

Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
  
ps: Questo post è stato scritto in dedica al maestro Enzo Avitabile, con i migliori auguri di un sereno Natale.




NB: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.