giovedì 24 ottobre 2013

Angolo poetico del venerdì: Un ricordo della festa del SS. Salvatore a Piscinola, di A.M. Montesano.



Processione anno 1987 in via Vecchia Miano
"Guagliù, ‘e pale, stanno mettenn’‘e pale!”, era il grido che preannunciava la festa del sei agosto a Piscinola, intitolata al SS. Salvatore. Ed era tutto uno spiare e intralciare l’operato degli uomini intenti a piantare i pali azzurri su cui sarebbero state montate le luminarie! Anche quando le luci erano ancora spente, sembrava che la monotonia di un’ estate non sempre benedetta dai bagni di mare si accendesse improvvisamente di colori e promesse. Quando, poi, finalmente, risplendevano le luci, il quartiere diventava un mondo incantato, dove ogni moccioso era Aladino e ogni bimbetta una principessa.
Già una settimana prima del 6 agosto, zum pà pà, zum pà pà..., la musica della banda di Piscinola, tra cui ricordo con commozione il clarino di don Felice Di Chiara e i tromboni di zi’ Peppe e di suo figlio Raffaele, seguita da una schiera di monelli, risuonava per le strade e raggiungeva i contadini devoti, che offrivano galline, formaggi e prodotti della terra, e i commercianti che donavano gli articoli della loro bottega; il tutto, poi, la sera della festa, sarebbe stato venduto all’asta che, da noi, veniva detta ‘a vénneta
A questo punto, mi sia concessa una breve digressione personale: uno dei più celebri banditori d’asta fu mio nonno materno, Vincenzo Aruta ‘o pazzariello, che faceva della vendita un vero spettacolo, grazie ad uno straordinario senso dell’umorismo che ha poi trasmesso a molti dei figli e dei nipoti. L’ultima volta che la banda lo richiamò suonando sotto il suo balcone, situato sopra la sede dell’associazione del Sacramento, la mia mamma, che si era appena imparentata con la riservata famiglia Montesano, lo scongiurò di rinunciare e di restare in casa, per non farle fare brutta figura; la mamma scongiurava e il nonno protestava, finché lui si arrese alle preghiere di lei; ma, dopo qualche ora, il farmacista dovette correre a mettergli le sanguette (sanguisughe) sul petto perché ‘O pazzariello si era sentito male per il dispiacere; la mia mamma non si è mai perdonata quell’episodio che decretò la fine del banditore più ricercato di Piscinola e dintorni. 
Processione anno 1978, in via Vecchia Miano
Ma torniamo a noi: qualche giorno prima del sei Agosto, già si sentiva per tutto il quartiere il “Sà... sà..., uno due prova” dal microfono piazzato sul palco di piazza Tafuri sul quale si sarebbero esibiti numerosi cantanti. E, poi, finalmente, arrivava il benedetto giorno della festa. Già nel pomeriggio, le donne, in attesa del passaggio della processione, esponevano ai balconi le loro più belle coperte di seta o di damasco, le più preziose lenzuola ricamate a mano e, a passare tra tutto quello sventolio di drappi colorati, pareva di percorrere le pagine delle Mille e una notte. Poi, un lontano, accorato suono di strumenti musicali annunciava la banda che andava a prelevare i membri delle varie associazioni religiose: quelle del Sacramento, di cui faceva parte mio zio Tonino Aruta, dell’ Addolorata, S. Giuseppe e SS. Salvatore, della Madonna delle Grazie, della Madonna di Loreto, del Crocifisso, che si distingueva per le piccole luci nei taschini delle giacche dei soci, i confratelli della congrega del Sacramento e le donne dell’Azione cattolica, devote al Cuore di Gesù, di cui faceva parte nonna Carmela e che sfilavano portando sul petto e sulla schiena un “abetiello” con un grande cuore rosso. 
Processione anni '50, in piazza B. Tafuri
Le associazioni e la banda, diretta dal maestro Santoro, si recavano, poi, in piazza, attendevano l’arrivo dei sacerdoti e della statua del Salvatore, sorretta dai volontari, e iniziava la processione a cui si accodavano le fanciulle in abito da prima comunione e molti fedeli. Il corteo si snodava sott’’a chiesa, for’a vienova, per via Napoli, ‘ncopp’o principino e, finalmente, arrivava o’ cap’e coppa, dove tutti noi eravamo in attesa, per poi proseguire per via Vittorio Emanuele e ritornare in piazza. Chi in strada e chi dai balconi era pronto, con cesti profumati, per  spargere sul santissimo petali di fiori variamente colorati e profumati; qualcuno si inginocchiava davanti alla statua del Salvatore per grazie ricevute o da richiedere. La sera, bambini e genitori, tutti in ghingheri, provenienti non solo dal nostro quartiere ma anche da quelli vicini, si avviavano allegramente verso la piazza che si rivelava un trionfo di luci e di bancarelle sulle quali troneggiavano montagne di torroni di ogni colore e consistenza o secchi con gli spinosi frutti del fico d’India che il contadino provvedeva a sbucciare e ad offrire in punta di forchetta; ma i banchi più affollati erano quelli che offrivano le nostre saporose e insuperabili zuppe di cozze: le famiglie vi si spaparanzavano intorno, gustando sapori, odori, colori e la musica e le voci che erompevano dal palco, interpretando le più celebri canzoni napoletane e anche qualche brano d’opera. 
Processione anno 1987, in via Vecchia Miano
Più in là, tra le risate del pubblico, avveniva la famosa asta. Alla fine del concerto, le famiglie ritornavano a casa ma la festa non era ancora finita: chi poteva saliva sui tetti per ammirare al meglio il finale, gli splendidi fuochi d’artificio dei migliori fuochisti di Napoli. A mezzanotte, nell’aria tersa e nel silenzio delle strade, le voci si propagavano da un tetto all’altro con grande sonorità e chiarezza; esplodevano i fiori violetti, verdi, azzurri, seguiti da cascate di argento e d’oro ed era tutto un intrecciarsi di commenti “Cumpà, chesta comm’era? A me me pareva nu poco storta!“Ma che ne capisce tu, Totò? Tu nun saie manco si ‘a capa toia è tonna o quadrata!”. E giù risate, fra uno sgranocchiare di taralli e di torroni. Poi, tutto taceva, la festa era finita e la gente ritornava in casa tra il sogno e il rimpianto, mentre i fumi dei fuochi solleticavano ancora le narici e il cuore.      
                                                                                                              AnnaMaria Montesano


Ringrazio Carmela Montesano e Tonino Aruta per il contributo dei loro preziosi ricordi.

lunedì 21 ottobre 2013

Eroi non dimenticati... Una lapide ricordo per i caduti di Miano...!


Da circa trent'anni il monumento ai caduti di Miano non conserva più alla sua base la lapide in bronzo che un tempo riportava l'elenco di tutti i soldati caduti originari di Miano; oggi dopo numerosi atti teppistici e dopo le sottrazioni di alcune parti, il monumento è stato restaurato, ma, purtroppo, una semplice lastra di marmo bianco riporta, alla sua base, una generica dedica "Ai Caduti di Miano"! 
Per capire le origini e l'importanza di questo monumento ripercorriamo un po' a ritroso le vicende storiche correlate a esso.
L'idea di un monumento che ricordasse le gesta dei combattenti della Grande Guerra (prima guerra mondiale), originari di Miano, nacque da parte di un gruppo di militanti, ex combattenti, riuniti in un'associazione di reduci. La parte scultorea fu affidata al celebre artista scultore: Filippo Cifariello, padre dello sfortunato attore del cinema degli anni '50. 
La sua inaugurazione avvenne con una solenne celebrazione, la mattina del 5 maggio 1935. 
Foto del giorno della inaugurazione ripresa dalla villa Russo.
Ecco la cronaca riportata dal giornale "Il Mattino", del martedì seguente:

Dal giornale il Mattino del 7 maggio 1935:
"Domenica, il popolo di Miano ha vissuto una giornata di intensa commozione per la austera cerimonia dello scoprimento del Monuemnto ai caduti , ed ha ricordato le ore eroiche del sacrificio dei suoi settantuno figli immmolatisi per la Patria nella grande guerra.
Il monumento, che è pregevole opera di Filippo Cifariello, è  stato scoperto, dopo il discorso ufficiale [...] (segue lista di nomi delle autorità dell'epoca presenti).

Alla cerimonia inoltre sono intervenuti la signora Cerboni-Rossi delegata Provinciale dell'Associazione famiglie dei caduti in Guerra, la signora Centi Direttrice generale delle scuole, il dott. Boccuzzi che rappresentava il Questore e numerose personalità e rappresentanze.
 [...]
 
Bassorilevo in bronzo, poi trafugato

Particolare della piazzetta nel giorno dell'inaugurazione



















Dopo il discorso spesso interrotto da ovazioni, il parroco Nardi ha impartito la benedizione, quindi tra la piu profonda commozione della folla e mentre la banda del 31 Reggimento Fanteria, intonava l'Inno del Piave ha avuto luogo la cerimonia dello scoprimento.
Frontespizio dell'opuscoletto celebrativo
Il monumento in bronzo che abbiamo detto è opera di Filippo Cifariello, circondato da una artistica e suggestiva aiuola fiorita creata dal cav. Flaminio, rappresenta una vittoria alata che stringe tra le mani due alte palme. La simbolica  figura poggia su un masso granitico su cui sono incisi, a lettere rosse, i nomi delle battaglie combattute nella Grande Guerra. Sulla base, sotto il Bollettino della Vittoria, è scritto:
"Brevemente vissero - Romanamente caddero - Qui rivivono"  ( ndr).
Ai piedi del monumento  vengono quindi deposte due corone di alloro con nastri azzurri, rispettivamente omaggio dei caduti e dell'Associazione  Combattenti [...]".




Foto di oggi
 

















Inizialmente, attorno al monumento, erano poste delle ogive metalliche, collegate tra loro da catene e, all'interno, un piccola aiuola fiorita con una dedica in marmo bianco. Alla base del piedistallo, che simboleggia i monti delle celebri battaglie, erano poste quattro lastre di bronzo, una per ogni lato: sul lato anteriore c'era una lastra forgiata come una pergamenta, sulla quale erano incisi i nomi dei 71 caduti, contornati con frasche di alloro. Mentre, sulle lastre laterali, di cui solo una abbiamo anche la foto, erano rapppresentate, rispettivamente, un soldato morto giacente su un cannone e incoronato da una figura di "Gloria alata" e, sull'altra, era rappresentato un aereo in ricognizione. Non ricordiamo il soggetto della quarta lastra, ma probabilmente doveva essere scritto il nome del comitato e l'anno di realizzazione.
Purtroppo, come abbiamo accennato all'inizio del racconto, anche questo bel monumento ha subito nel corso degli ultimi decenni diversi attentati vandalici e delle spoliazioni. Circa 30 anni fa fu privato delle quattro lastre di bronzo. 
 
Lapide in bronzo con la lista di nomi, prima del furto
Una decina di anni fa la statua della "Gloria alata", che si vede sulla sommità, già privata in precedenza dei due rami di palma, fu letteralmente scaraventata al suolo con forza, per opera di ignoti balordi, con il preciso intento di trafugarla e poterla quindi vendere al mercato dei metalli, per il solo valore venale, noncuranti che essa fosse invece un'opera d'arte del famoso scultore Cifarelli. 
Per fortuna il furto non fu portato a compimento e le forze dell'ordine riuscirono a recuperare la refurtiva. 
La statua aveva comunque subito dei seri danni, ma, grazie all'interessamento delle istituzioni e di alcune associazioni locali, fu subito restaurata e riposizionata sul vecchio piedistallo, a distanza di soli pochi mesi dopo l'evento infausto. 
Le due palme in bronzo furono ricostruite e riattaccate nelle mani della statua.
Riportiamo l'elenco dei nomi dei soldati caduti, che un tempo si leggevano sulla lastra di bronzo centrale, affinchè non se ne perda ora in avanti la loro memoria... con la speranza che possano ritornare al più presto incisi, al loro posto, come un tempo.


Oggi, 25 aprile 2019, i cittadini di Miano, raccolti nel comitato civico "Vivi Miano", con l'intervento dei rappresentanti della Chiesa e delle Istituzioni locali, hanno rimesso al loro posto l'elenco dei 71 nomi dei soldati caduti originari di Miano, dando degna sistemazione al monumento. Il desiderio espresso in questa pagina di cultura è stato esaudito. Grazie!

Salvatore Fioretto
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domenica 20 ottobre 2013

La storia di Piscinola..., un racconto per tutti...!



Quella che oggi viene indicata impropriamente come periferia della metropoli di Napoli, vanta un retaggio storico non da poco, anzi possiamo dire, senza retorica, che essa ha una storia di degno rispetto...! 
Piscinola fu infatti abitata, fin dall’antichità, dal popolo italico osco-sannita, come attestano le numerose necropoli rinvenute negli anni; fu per secoli abitata da questi ceppi indigeni, prima che diventasse una colonia romana. 
Particolare tratto da una mappa di inizio '800.
Qui, nel I sec. d.C., alcuni veterani romani erigevano le loro ville rustiche, negli appezzamenti che furono appositamente centuriati e quindi a loro concessi per meriti militari, per poi essere coltivati e difesi.  In epoca alto-medioevale (anno 536),  la Villa (o Vicus) di Piscinula si rese parte attiva, assieme ad altre realtà popolose confinanti, per volere del generale bizantino Belisario, a ripopolare la città di Napoli, dopo che questa fu barbaramente distrutta di sua stessa mano...!  
Non venne risparmiata durante le lotte tra i Longobardi e il Ducato Autonomo di Napoli, tanto da essere saccheggiata diverse volte. Ma con il Patto (Pactum) di Arechi (IX secolo), si ebbe finalmente, per questo territorio, un lungo periodo di pace e di prosperità e così fu per tutta la Liburia; nel contesto storico iniziarono a sorgere i primi insediamenti stabili. In questo periodo risalirebbe, infatti, la costruzione del primo nucleo abitativo attorno alla chiesa parrocchiale dedicata fin dalle origini al SS. Salvatore (IX secolo) e, pertanto, questa struttura risulta essere la chiesa parrocchiale extramoenia più antica della Archidiocesi di Napoli. 
Come avvenne in altri Casali, qui fu qui fondata l’Eustaurita, che fu un primordiale organismo assistenziale (presente già nell'XI secolo), di carattere laico, governato da una Maestria, ossia da un gruppo di “maestri”, eletti ogni due o tre anni, il cui compito principale era l’assistenza e il sostegno economico ai più bisognosi e agli ultimi della società dell’epoca. 
Particolare di una mappa di fine '800, da notare la presenza della "vasca" e la vasta piana di Scampia
La popolazione di Piscinola, fiera della propria dignità e delle proprie tradizioni rurali, è storicamente stata restia a qualsiasi tentativo di subordinazione ed ibridazione da parte della tendenza accentratrice cittadina. In periodo normanno Piscinola divenne “Casale”, organismo amministrativo organizzato su base territoriale in tutto il Regno. 
Il Casale di Piscinola fu sempre "Demaniale" o "Regio", ossia direttamente dipendente dal sovrano e non fu mai "infeudato" (vale a dire, non fu un "Casale Baronale"), come avvenne in alcune realtà vicine. Il Casale si considerò sempre autonomo, tanto che i suoi abitanti difesero stenuamente la propria autonomia diverse volte, come nel 1637, quando il Viceré di Napoli tentò di vendere il Casale di Piscinola al barone di Cardito: in tale situazione gli abitanti insorsero e poi si autoriscattarono (1679), pagando il tributo richiesto per la vendita, con i proventi ricavati da una colletta pubblica!
Tempo dopo divenne Università, realtà amministrativa con un proprio Sindaco eletto. 
Piscinola partecipò attivamente a tutti gli eventi storici cittadini, come alla rivolta di Masaniello, alla Congiura del Principe di Macchia e ai moti rivoluzionari del 1799.
Divenne Decurionato durante il Decennio Francese e poi Comune, dopo la restaurazione borbonica. 
Pochi anni dopo l'Unità d’Italia (1866), fu annessa al Comune di Napoli come Villaggio, nonostante avesse chiesto all’amministrazione Provinciale di Napoli di essere un Comune più grande, insieme a Miano e Marianella. Fu il primo Comune ad essere annesso a Napoli dopo l'Unità d'Italia, seguirono, anni dopo, tra gli altri, Chiaiano e Secondigliano, ma solo nel 1925-26.
Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale Piscinola pagò un pesante tributo di giovani vite, come attesta il lungo elenco di nomi sul monumento municipale.
Foto della lapide toponomastica esistente all'inzio di Via del Plebiscito a Piscinola.
Nel corso delle storiche "Quattro Giornate di Napoli", nel 1943, qui si ebbero diversi episodi di resistenza contro l'invasore germanico, con il sacrificio di alcuni giovani partigiani del luogo.
Anni più recenti Piscinola divenne una Frazione dell’ampio quartiere cittadino di San Carlo all’Arena e poi Circoscrizione, insieme a Marianella. 
Con la nascita delle Circoscrizioni una parte dal suo territorio storico fu enucleato per fondare la 20^ Circoscrizione, quella di Scampia, da pochi anni urbanizzata.
Oggi Piscinola rientra nel territorio amministrato dalla VIII Municipalità di Napoli, insieme a Marianella, Scampia e Chiaiano. 
Salvatore Fioretto

(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
 


Piazza B. Tafuri, il "cuore" dell'antico casale di Piscinola, con la chiesa parrocchiale del SS. Salvatore (rimaneggiata nel 1950), l'edificio del vecchio Comune (a sinistra) e il palazzo seicentesco della famiglia Grammatico (a destra).

sabato 19 ottobre 2013

Una vita qualunque, al Cape ‘e Coppe!


..."Va’ a comprare i broccoli da Ciurella”, mi diceva mia madre quando avevo appena otto/nove anni. “Mammà, non ci voglio andare. Ho paura”, rispondevo; “Fila o ti faccio assaggiare la cucchiarella”, mi minacciava mamma che non tollerava i capricci.
La campagna di Ciurella si trovava proprio di fronte alla casa in cui abitavo, in via Vittorio Emanuele 41 B, ed era curata dai suoi tre figli, Natale, Raffaele e Michele; i primi due erano grandi e grossi, mentre Michele era esile e silenzioso. Questa famiglia di agiati contadini viveva in un vecchio, misterioso e buio palazzone al largo Don Carlo dove c’era una fontana pubblica da cui tutti gli scugnizzi della zona spruzzavano acqua addosso ai malcapitati passanti. Strane storie si raccontavano intorno a questo palazzo, storie di fantasmi e perciò, tutte le volte che mi ci mandavano a comprare le verdure, tremavo di paura;  ma mi toccava andarci per amore o per forza: aprivo il grande cancello, attraversavo il lungo e solitario cortile, sperando di trovare alla svelta la vecchia nell’aia; ma, spesso, Ciurella era su, in casa, e mi toccava andare a chiamarla al piano superiore, salendo le larghe scale, scabre e tenebrose, con il cuore che mi batteva all’impazzata, mentre mi aspettavo di veder apparire chissà quale mostro. Di Raffaele e di Natale si diceva che avessero praticato la boxe per un certo periodo, spinti da “intenditori” che ne apprezzavano la stazza e la forza, ma che l’avevano lasciata quando uno di loro due, per il terribile dolore causato da un pugno, addentò l’orecchio dell’avversario! Eppure con il loro campo erano gentili e premurosi e mi sembrava strano che potessero spaventarmi delle persone capaci di avere un rapporto quasi filiale con la terra e di far nascere come dal nulla delle cose buone e belle. Più tardi, i due si sposarono e, osservando le loro mogli che mi sembravano delle normali massaie come tutte le altre del quartiere, mi convinsi che la famiglia di Ciurella non nascondeva alcun terribile segreto e che ero stata suggestionata dai racconti ascoltati le sere d’inverno, intorno al braciere, che parlavano di monacielli e belle ‘mbriane. Allora, finalmente, vidi per quelli che erano Ciurella, Raffaele, Natale e Michele; vidi una vecchietta che non era mai stata al centro di chiacchiere e pettegolezzi e che, da sola, aveva tirato su tre figli decorosamente; e vidi tre ragazzoni che non si erano mai concessi uno svago, legatissimi alla madre, onesti lavoratori, senza grilli per la testa.
AnnaMaria Montesano
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Palazzo seicentesco di Piscinola, chiamato "Don Carlo" (o Carlos). Il palazzo di "Ciurella" aveva l'ingresso sul lato destro di questo palazzo, purtroppo è stato demolito durante il programma di "Ricostruzione del dopoterremoto del 1980".

venerdì 18 ottobre 2013

Un vita per la pace... Gabriele Moreno Locatelli (edizione straordinaria)

In edizione straordinaria, ricordiamo una persona che è stato tra noi e ha dato la sua vita per un ideale di pace, nel corso di una guerra scellerata e ingiusta, scoppiata nel cuore dell'Europa venti anni fa, questa persona si chiamava Gabriele Moreno Locatelli. Fu per molti anni frate minimo della comunità del Frullone, con il nome di fra Gabriele.
Locatelli è morto per un gesto di profonda coscienza civile: vi partecipò per portare in salvo eventuali feriti. Non lo hanno dimenticato i cittadini di Sarajevo che gli hanno voluto dedicare una piazza, dopo una petizione popolare, a pochi metri da Vrbanja.


L'Associazione "Noi e Piscinola", in collaborazione con il Teatro Area Nord di Piscinola, ha organizzato un evento in memoria di Gabriele Moreno Locatelli. Fra Gabriele, come lo chiamavano in molti, ha frequentato molti giovani del quartiere di Piscinola e dintorni. 
Quindi Sabato 19 ottobre, alle ore 18,00, presso la Cappella "Madonna del Soccorso" annessa al Palazzo seicentesco dei principi DE LUNA a Piscinola (parte alta di Via Vittorio Emanuele), ci sarà una celebrazione liturgica in suo ricordo. Alle 19,00, invece, presso il Teatro TAN, a due passi dalla Cappella, sarà proiettato un film che narra la vicenda di Gabriele Moreno Locatelli a Serajevo: un Film con la regia di Giancarlo Bocci, che sarà presente alla proiezione. Saranno presenti anche alcuni degli amici di Gabriele, che verranno a Piscinola da tutta Italia. 
L'ingresso al teatro è gratuito. 

Salvatore Fioretto

Ecco un ritratto in scrittura, di chi lo ha conosciuto bene:


Caro Gabriele Moreno,

Siamo ancora qui, a vent'anni esatti dal momento in cui sei stato colpito su questo ponte. Alcuni di noi non ti hanno conosciuto, hanno solo sentito parlare di te. Non è la tua morte violenta e non voluta che ci ha portati qui, ma la tua vita, per quello che nelle varie tappe della tua ricerca continua hai cercato di esprimere. Hai camminato tanto a piedi scalzi. Avevi imparato a incontrare le persone partendo dai piedi. Una solidarietà la tua, che era da subito condivisione e camminare insieme. Era anche denuncia a fianco di tutti i senzascarpe, i meno dotati e meno fortunati nella vita. Eri particolarmente attento e tenero con i bambini più sfortunati.

Tu sei stato ucciso; ma qui a Sarajevo – come per Tonino Bello e altri che qui in Bosnia hanno consegnato la vita – hai consumato la tua ricerca appassionata, il senso profondo del tuo esistere. La tua solidarietà era diretta, concreta, di persona, senza misura e senza esibizionismi. Si direbbe che eri l'antieroe per eccellenza.

E' stato il tuo ultimo esporti per sapere della sorte degli altri amici che erano con te su questo ponte, a permettere di essere centrato dal cecchino che ha sparato. Il tuo ultimo grido lancinante, che si è unito a quello di tutti coloro che sono stati colpiti. L'urlo contro la guerra, la più grande ingiustizia contro le persone e i popoli; ma anche il grido di chi crede che non c'è una vita solo dopo la morte, ma una vita che viene espressa al sommo grado con la morte stessa. Su questo ponte stavi esprimendo la tua fedeltà agli amici, la solidarietà alla popolazione di Sarajevo tenuta in ostaggio dalla guerra. Non le parole, ma la tua persona e il tuo camminare, il trovarti su questo ponte dice quanto è stata profonda e diretta la ricerca e la determinazione per la pace.

Piedi scalzi, condivisione, giustizia e pari dignità per le persone e per i popoli, impegno diretto a costo vita per la pace nella  concretezza del quotidiano: non sono metafore, ma l'orizzonte che è aperto per ciascuno di noi. E' quanto attende tutta l'Umanità, Terra compresa. Per questo, senza retorica, crediamo anche noi in questo momento, “Gabriele Moreno vive”.

                                                               don Albino Bizzotto

                                   Presidente, Beati i costruttori di pace

 
Il punto del ponte dove fu ucciso dai cecchini