venerdì 18 dicembre 2020

Cantilene, indovinelli, filastrocche, cunti e nenie tipiche della società contadina di un'epoca (2^ parte)

Continuando l'argomento pubblicato nella "prima parte" del post, ecco  la trascrizione di altre cantilene recitate dai bimbi durante i loro giochi ed uno "scioglilingua".

Bimbi che giocano sulla banchina della stazione della Piedimonte a Piscinola (miniatura 1:25, anno 1976)

  

Cantilene dei bambini:

Ma che bel castello, Marcondirondirondello…,

Ma che bel castello, Marcondirondirondà…!

.........

Cento cinquanta la gallina canta,

lasciatela cantare che si vuole maritare,

si vuol pigliar la luna,

la luna è troppo bella,

e tutti giù per terra…!

......... 

Giro e giro, tondo,

Quando è bello il mondo;

Casca il mondo,

Casca la terra,

Tutti giù per terra!

.........  

Giro e giro, tondo,

Quando è bello il mondo,

Fai un salto,

Fanne un altro,

Fai una riverenza,    

Fai una penitenza,

Batti le mani,

Guarda il cielo,

Guarda la terra,

Guarda in su,

Guarda in giù,

Dai un bacio a chi vuoi tu…!

......... 

Mannaggi’ ’a marina,

Pe’ mmezz’ ’e Giacchino,

s’è rutto ‘o cuppino,

nun pozzo magnà.

Mannaggia cà, mannaggia là,

mannaggia ’a pettula ’e mammà;

‘nu par’ ’e zucculille,

‘na rosa ‘int’ ’e capille:

guagliò che guarde ‘a ffà?

‘J ’a mossa ‘a saccio fa!

 .........

Parigi, Parigi è una bella città (oppure Torino, Torino)

si mangia si beve l’amore si fa

Gioco nella stazione di Piscinola (miniatura 1:25)
hai tu visto mio marito...? (si)

di che colore era vestito...?(es. rosso)

hai tu questo colore) ... (si)

vuoi uscire per favore?? 

......... 

A ‘mblì, ‘mblò,

E la lince e la lancia,

Quanti fiori ci sono in Francia,

Donna Giuseppì,

Donna Caterì,

Esci fuori garibaldì...!

......... 

Anghingò tre galline sul comò

che facevano l’amore

con la figlia del dottore

il dottore si ammalò

ambarabà, ciccì, coccò.

.........

Sotto il ponte di Baracca,

c’è ninì che fa la cacca,

la fa dura dura dura,

il dottore la misura,

la misura trentatré

1, 2,  3, tocca proprio a te!!!

 

Altre cantilene in lingua italiana:


Madama Dorè

Oh quante belle figlie, Madama Dorè,

…Oh quante belle figlie

Son belle me le tengo, Madama Dorè,

…Son belle me le tengo.

Il re ne domanda una, Madama Dorè,

…Il re ne domanda una.

Che cosa ne vuol fare, Madama Dorè,

…che cosa ne vuol fare?      

La vuole maritare, Madama Dorè,

…la vuole maritare.

Con chi la vuol maritare, Madama Dorè

con chi la maritare. 

Con uno spazzacamino, Madama Dorè,

…con uno spazzacamino.

E come la vestirebbe, Madama Dorè,

…e come la vestirebbe?

Di stracci e di toppe, Madama Dorè,

…di stracci e di toppe.

Uscite dal mio castello, Madama Dorè,

…uscite dal mio castello!

Le mie figlie me le tengo, Madama Dorè,

…le mie figlie me le tengo.

Oh quante belle figlie, Madama Dorè,

…Oh quante belle figlie!

Son belle me le tengo, Madama Dorè,

…Son belle me le tengo        

Il re ne domanda una, Madama Dorè,

…Il re ne domanda una.

Che cosa ne vuol fare, Madama Dorè,

che cosa ne vuol fare?

La vuole maritare, Madama Dorè,

…la vuole maritare.

Con chi la vuol maritare, Madama Dorè,

…con chi la vuol maritare?

Col re di Spagna, Madama Dorè,

…col re di Spagna.

E come la vestirebbe, Madama Dorè,

Gioco nella stazione di Piscinola (miniatura 1:25)
…e come la vestirebbe?

Di rose e di viole, Madama Dorè,

…di rose e di viole.

Entrate nel mio castello Madama Dorè,

entrate nel mio castello!

Scegliete la più bella, Madama Dorè,

…scegliete la più bella.

La più bella l’ho già scelta, Madama Dorè,

…la più bella l’ho già scelta.

Allora vi saluto, Madama Dorè,

…allora vi saluto!

.........  

Frà Martino Campanaro

Fra Martino, campanaro

Che fai tu? Che fai tu?

Corri alle campane, corri alle campane

Din, don, dan, din, don, dan…

Fra Martino, campanaro

Dormi tu? Dormi tu?

Suona le campane, suona le campane

Din, don, dan, din, don, dan

Din, don, dan, din, don, dan.


Scioglilingua (si legge velocemente):

Apelle…

Apelle, figlio di Apollo,

Apelle, figlio di Apollo,

fece una palla di pelle di pollo.

Apelle, figlio di Apollo,

fece una palla di pelle di pollo.

Tutti i pesci vennero a galla

per vedere la palla di pollo,

fatta da Apelle, figlio di Apollo,

fatta da Apelle, figlio di Apollo.

Con la pelle presa dal pollo,

è nata la palla di pelle di pollo.

Con la pelle presa del pollo,

è nata la palla di pelle di pollo.

E’ nato Apelle, figlio di Apollo,

fece vedere a tutti i pesci,

a tutti i pesci che vennero a galla,

per vedere la palla di pelle,

di pelle di pollo, fatta da Apelle,

fatta da Apelle, figlio di Apollo,

Apelle, figlio di Apollo,

fece una palla di pelle di pollo.

Apelle, figlio di Apollo,

fece una palla di pelle di pollo.

Tutti i pesci vennero a galla

per vedere la palla di pollo

fatta da Apelle, figlio di Apollo,

fatta da Apelle, figlio di Apollo…

.........  

Nella terza e ultima parte pubblicheremo due cunti tradizionali, un tempo molto utilizzati per l'intrattenimento dei pargoli, specie da parte degli anziani. 

I cari lettori che volessero contribuire a inserire altre cantilene e filastrocche, che ricordono recitate durante la loro infanzia, potranno trasmetterle come un commento al post, scrivendo nell'apposito comando, e saranno successivamente integrate nella pagina.

Salvatore Fioretto 

 

domenica 13 dicembre 2020

In quel 16 dicembre di quasi 300 anni fa, Gennaro stese la Sua mano su Napoli... Da allora si celebra il Patrocinio sulla Città!

Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro, eruzione del 1631

C'è aria natalizia in giro, già si respira un gran entusiasmo per l'avvicinarsi delle feste, e poi il fervore e la solita corsa per gli acquisti dei regali e delle pietanze per i pranzi familiari, giusto per onorare e per celebrare degnamente, come da antica tradizione napoletana, le grandi festività dell'anno che sono oramai alle porte: il Natale e il Capodanno. Quest'anno l'atmosfera che si respira è sensibilmente diversa rispetto agli altri anni, purtroppo, a causa delle problematiche legate alla nota questione di sanità pubblica; tuttavia la preparazione alle feste segue nonostante tutto il suo corso...
Sicuramente anche quest'anno, come ogni anno a questa parte, si annuncerà, specie dai telegiornali, dai giornali e dai media, che si è rinnovato o non rinnovato il "prodigio" dello scioglimento del sangue di San Gennaro; la notizia viene sempre data come se questo fosse un avvenimento straordinario, un evento capitato giusto nella settimana che precede il Santo Natale....

Qualcuno, poi, negli ultimi anni, ha coniato per questo evento straordinario di dicembre il termine un poco azzardato di
: "miracolo laico"... alla stregua di come fecero i giacobini nel 1799, in occasione di un prodigio straordinario del sangue nel mese di gennaio, quando gridarono che San Gennaro era diventato giacobino...!
Giusto per questa confusione che ancora verifichiamo, quest'anno abbiamo deciso di chiarire ogni dubbio e colmare la carenza di informazione storica al riguardo, spiegando ai lettori le origini storiche di questa importante ricorrenza del calendario napoletano ed il perché si è deciso di dedicare una terza data dell'anno a San Gennaro, patrono della città.
Per questa trattazione dobbiamo fare un bel passo indietro di tanti decenni: facendo scorrere ben tre di secoli, fino ad arrivare a quel triste dicembre dell'anno 1631. Ed ecco la cronaca che segnò un passo decisivo nella storia millenaria di Napoli: 

"Da circa quattro secoli non si ricordavano eruzioni: il Vesuvio che sembrava spento era divenuto coltivabile fin quasi alla sommità; "Le sue cime si coprirono di erbe e le pecore vi salivano a pascolare. Ma il 16 dicembre 1631 con una fase di esplosione il Vesuvio produsse fenomeni catastrofici: terremoti, boati, esplosioni, pioggia di bombe, di sassi, di lapilli, di cenere; questa volta anche la lava; e non un solo ramo ma sette rami di lava invasero i paesi vesuviani bloccando le vie, distruggendo le case, invadendo finanche il mare, sicchè ci trascrissero gli storici che il mare sembrava che ardesse"; da Alfano "Il Vesuvio e le sue eruzioni", 1929.
Il Vesuvio, quindi, fino a quel 1631 si era mantenuto tranquillo, allo stato quiescente, ma nel giorno 16 dicembre ebbe una improvvisa e paurosa esplosione, riprese a eruttare abbondantemente, iniziando una nuova fase vulcanica.
Quella esplosione, che gli esperti definiscono, in gergo tecnico, "pliniana" (termine coniato in ricordo della più celebre eruzione del 79 d.C., che distrusse Stabia, Ercolano, Oplonti e Pompei, e fu raccontata da Plinio il Giovane), portò all'oscuramento completo del cielo di tutto il territorio napoletano e del suo circondario, anche in pieno giorno e con la presenza del sole, a causa delle abbondantissime emissioni di cenere e di lapilli nell'atmosfera. Addirittura si racconta che in quel periodo le ceneri del Vesuvio raggiunsero il territorio della Grecia e nel nord dell'Africa.
Il popolo di Napoli era allora atterrito e spaventato per queste manifestazioni vulcaniche e decise di ricorrere, come aveva fatto in altre occasioni storiche, all'aiuto e alla protezione di San Gennaro. Per descrivere quei momenti di grave calamità pubblica, vissuta dai napoletani, prendiamo in prestito quanto riportato da mons. Luigi Petito, nel suo libro "San Gennaro, storia, folclore, culto": "La solennità del 16 dicembre, detta del Patrocinio di San Gennaro, ricorda il catastrofico terremoto contemporaneo all'esplosiva eruzione vesuviana del 1631 che durò un mese e cagionò 4000 vittime nella zona Vesuviana. La lava in due ore, travolgendo ogni ostacolo, arrivò al mare e la cenere a Napoli raggiunse circa un palmo di altezza. Il popolo atterrito e penitente si raccolse intorno al card. Francesco Boncompagno che scalzo portava in processione le reliquie di San Gennaro. Sulla porta interna del Duomo, presso il finestrone, con trepida e gioiosa commozione, in un alone di luce videro "il glorioso Giannuario in habito pontificale benedire il popolo, quasi per renderlo sicuro della gratia" (Tutini).
Nei Diari dei Cerimonieri della Cattedrale leggiamo al 18 dicembre 1631: "Era pioggia continua, e l'aere quasi oscura per le ceneri. In arrivare però la reliquia alla porta grande, nell'uscita comparve sopra di essa un raggio di sole, e da molte persone devote sopra della porta fu veduto in habito ponteficale San Gennaro che benediva il popolo, onde da essi fu gridato: Miracolo, miracolo, S. Gennaro, S. Gennaro". A grato ricordo dell'apparizione, tra il portone ed il monumento sepolcrale degli Angioini, fu situato un pesante tondo col busto del santo Patrono in gesso dorato che cadde senza arrecare - grazie a Dio - alcun danno alle persone e si ridusse in piccoli frammenti il 20 settembre 1969, mentre la folla numerosa e plaudente, venerava nella cappella del Tesoro di S. Gennaro nell'ottavario della sua festa.
Arrivata la processione a Porta Capuana, mentre il card. Buoncompagno con le sacre ampolle faceva il segno della croce verso il Vesuvio, fu visibilmente osservato che le nubi di cenere, cambiando direzione, si dirigevano verso il mare. Si constatò anche che in città non ci furono vittime e che il sangue rimase liquido per tutto il tempo dell'eruzione. A ricordo dell'avvenimento i Napoletani stabilirono di elevare un obelisco nella piazza che fu poi intitolata al card. Sisto Riario Sforza e di edificare per riconoscenza la chieda di S. Gennaro a Torre del Greco. Con grande solennità nel 1632 il vescovo di Pozzuoli Martino di Lione de Cardines pose la prima pietra della chiesa  che fu affidata per il culto ai Padri Carmelitani Scalzi. La guglia per varie difficoltà tra cui la rivoluzione di Masaniello del 1647 e la tremenda peste del 1656, fu inaugurata il 16 dicembre 1660 e toccò la spesa di ducati 13974,77.
In seguito nel 1833 il card. Filippo Caracciolo trasferì la solennità del Patrocinio alla domenica seguente ma il card. S. R. Sforza la riportò all'antica data nel 1857 in occasione del disastroso terremoto avvenuto proprio il 16 dicembre alle ore 23 di quell'anno in Lucania, e che destò grave spavento anche a Napoli. 

Affresco di Domenico Zampieri, detto il domenichino, eruzione del 1631

Nella cappella del Tesoro di San Gennaro, nella lunetta che sovrasta il bellissimo cancello in bronzo del Fanzago, fu dipinta ad affresco, da Domenico Zampieri, detto il Domenichino, la scena dell'eruzione, della processione e dell'intervento prodigioso di San Gennaro per fermare la lava del Vesuvio. C'è da aggiungere che il Domenichino in quel momento era alle prese con i lavori di pittura in Cappella e fu testimone diretto dell'evento del Vesuvio e potè rappresentare in maniera precisa la scena che vide con i propri occhi.

Cappella di S. Gennaro, piazza S. Francesco

Oltre alla bellissima e ardita guglia, in piazza Sisto Riario Sforza, per ricordare quell'avvenimento del 1631, a piazza E. De Nicola (Porta Capuana), a lato della chiesa di Santa Caterina a Formello, fu edificata e ancora oggi si conserva, la cappella con l'immagine di San Gennaro, eretta a spese della Deputazione del Tesoro di San Gennaro, nel punto preciso dove il Cardinale Buoncompagni eseguì la benedizione del Vesuvio, con la teca del sangue del martire, che in quel momento si mostrava liquefatto.
In ricordo di quell'avvenimento ed a ringraziamento della speciale protezione spirituale di San Gennaro sperimentata da parte dei napoletani, fu istituita la terza festività dedicata al santo Patrono, chiamata: "Festa del Patrocinio di San Gennaro", che assieme a quelle di maggio e di settembre, si commemora il martire e vescovo San Gennaro. Però, a differenza  delle due ricorrenze, quella primaverile e quella settembrina, nel corso delle quali si espongono alla venerazione dei fedeli le reliquie per un intero ottavario, ossia per otto giorni seguenti alla festa,  nella ricorrenza del 16 dicembre, invece, le reliquie sono esposte un solo giorno, a partire dalle 9,00 del mattino fino alle ore 19:00 e qualche volta, come sta accedendo negli ultimi anni, si rinnova il "prodigio" della liquefazione del Sangue.
Quest'anno, è stato annunciato dalla pagina del Museo di San Gennaro che sarà trasmessa in "diretta streaming" la cerimonia liturgica che si svolgerà nella Cappella del Tesoro, a partire dalle ore 9:00 del giorno 16 dicembre.

Salvatore Fioretto 

Affresco del Domenichino, dell'eruzione del 1631 e dell'intervento protettivo di San Gennaro

Guglia in piazza Sisto R. Sforza, su disegno di Cosimo Fanzago