sabato 25 novembre 2017

Uno sguardo sulla collina... La Conocchia e Ianula nel Ducato Napoletano


Mausoleo romano, detto "La conocchia" in una rara foto
La zona a nord di Napoli vanta tante pubblicazioni letterarie e soprattutto storiche, che descrivono in maniera accurata le rilevanze monumentali e architettoniche del territorio e il suo importantissimo trascorso storico. Spesso sono state le chiese parrocchiali, attraverso i parroci, i presbiteri e i giovani componenti dell'Azione Cattolica, specie in occasioni di ricorrenze e celebrazioni, a curare e  pubblicare opere e saggi storici,  affinché la memoria storica di quel territorio, zona o chiesa non fosse dispersa.
Di esempi ne abbiamo tantissimi, come "Notizie storiche su Piscinola", di Mons. Domenico Scandone, "Viaggio nella mia terra", scritto dal dott. Franco Sica, diacono della Parrocchia del SS. Salvatore in Piscinola,  "Miano, nella Campania Felice", scritto da Gabriele Monaco, "Marianella con la sua chiesa nella storia", scritto dell'A.C. di Marianella, con la supervisione di mons. Salvatore Nappa, e altri ancora.
L'articolo che tratteremo in questo post è stato pubblicato nel 1988 nella monografia "Santa Croce ai Camaldoli - Napoli. 1688-1988.  Ieri, oggi, domani", a cura di padre Camillo Degetto, già parroco della chiesa di Santa Croce, e  riguarda uno spaccato di storia del nostro territorio collinare: Santa  Croce, anch'esso con una storia di degno rispetto. Nella sezione del libro: "Cenni storici sull'origine di Santa Croce e dintorni", scritta da Franco Schiattarella, si trova il testo che ci riguarda, che è il seguente:

"Conocchia e Ianula nel ducato napoletano
Il Capasso (Bartolommeo), per tale periodo, riporta i colli che dopo il Vomero ed Hermo, da occidente a settentrione, erano sopra la Città, nonché i Casali situati sui colli stessi.
Dopo il Vomero ed Hermo, egli afferma, abbiamo, Antignano e la Conocchia, Torricchio e Capodimonte.
Precisa, ancora, che sopra Antignano vi era il luogo detto “Babula" nome greco che significa “Prospetto”,
mentre sopra Capodimonte vi era Iannula o Ianula, su cui si trova S. Croce.
Il periodo del Ducato è quello che inizia quando i Longobardi, conquistate Napoli, Benevento, Capua e Salerno, eliminarono i Presidi ed i Consoli che erano a capo di tali città, sostituendoli con un magistrato unico denominato Duca, e che durò fino al 1140.
ll luogo di “Babulia" doveva trovarsi verso la vetta dei Camaldoli, come può desumersi dal fatto che quando fu costruita ivi la Chiesetta del Salvatore, questa fu chiamata “del Salvatore a Prospetto".
Da numerosi atti pubblici riguardanti donazioni, divisioni, permute e vendite di proprietà e terreni dell'epoca, si può avere un'idea abbastanza chiara del territorio di “Ianula " e della “Conocchia".
Dipinto di Napoli vista dalla Conocchia, opera di G. Gigante
In un atto rogato il 16 febbraio del 932 viene trattata, tra l'altro, la divisione di un fondo in "Ianula" nominato “Cuniulum posito in memorato loco Ianula. Conoscendo noi che il “Cognulo"- luogo, questo, dove nel periodo fascista si eseguivano condanne per fucilazione - si trova sulla piana del latifondo dell'Orsolone, dobbiamo concludere che il luogo o il casale di “Ianula" comprendeva con molta probabilità, il vasto territorio della piana e coste fino ai Camaldoli e che S. Croce faceva parte di “Ianula".
Circa la “Conocchia" non vi è dubbio che tale luogo o casale confinava con “Ianula” e che si trovava nella parte inferiore, cioè verso Capodimonte, della via Agnano-Miano.
Dipinto di Napoli vista dalla Conocchia, opera di D. Ammirato
Da un atto del 1066 risulta che Gregorio, figlio di Pietro Ursi e marito di Teodomanda, detto “Comite Maurone" (Conte Maurone), donò alla Chiesa di S. Restituta nel Duomo di Napoli un fondo detto “a meerano” nel luogo denominato “Conucola" cioè Conocchia. Da quanto riporta il Capasso, si argomenta che nel periodo Ducale la Conocchia attraeva o era attratta da Antignano mentre, dopo che Napoli, con gli Angioini, divenne capitale del Regno, essa fu attratta verso il lato di Capodimonte fino al punto che, nel 1660, troviamo che il casale, come Comune autonomo, si riunisce a quello di S. Croce. E, in epoche successive, si diceva, con riferimento a S. Croce: "S. Croce alla Conocchia".
La conferma che il territorio di Orsolone con S. Croce si chiamava “Ianula" ci viene anche dalla visita del Cardinale Filomarino nel 1646 allorché, a proposito della Cappella di S. Croce, si precisa che di tale Cappella avevano pensiero i convicini che abitavano sopra “Iano".
 Comune di Chiaiano, Polvica e S. Croce
Può venirci ancora dal fatto che per la calata di “Iano" si scendeva per Marano a Qualiano, cioè all'antica "Caloianum". (4)
Non sappiamo, con esattezza, perché il luogo chiamavasi “Ianula" o “Iano": forse perché trovavasi nel territorio che si estendeva fuori la Porta Donnorso esistente a S. Pietro a Maiella, cioè “extra Ianula Domini Ursitate" o per l'esistenza di qualche porta a Ponte Caracciolo; o perché essendo la collina dei Camaldoli la più alta della zona dei Campi Flegrei di cui fa parte e di cui è un vulcano spento, rappresentava, in antico, il Gianicolo di tale zona. Ciò non deve meravigliare perché nel tratto collinare Vomero-Capodimonte vi era anche Limpiano (Olimpo). (5)".
Bartolommeo Capasso

Come si può osservare, leggendo le note dell'articolo, grande fonte di queste memorie storiche e altre ancora riguardanti il nostro territorio, è stato il capolavoro dello storico Napoletano Bartolommeo Capasso: Monumenta ad Neapolitani Ducatus Historiam pertinentia - Napoli 1881-1892. Al Capasso, che è considerato, unanimamente, padre della storia napoletana, personaggio di grande acume, ingegno e dedizione alla cultura, virtù che profuse nel ricercare nei testi antichi queste preziose informazioni sulla Napoli medioevale, abbiamo dedicato questo blog, con il suo motto "Se vuoi essere universale, parla della tua terra". A lui dedicheremo presto, riconoscenti, un ricordo biografico. 
Salvatore Fioretto 


Note 4-5: Bartolomeo Capasso - Monumenta ad Neapolitani Ducatus Historiam pertinentia - Napoli, 1881-1892 - vol. 2.

Per approfondimenti sul mausoleo de "La Conocchia", si suggerisce la lettura del precedente post di questo blog: 
Ciaurri, ciaurrielli e conocchie...
 
Il borgo di Santa Croce da una foto aerea

 Le foto inserite in questo post sono state liberamente tratte dal web, senza altro fine o scopo di lucro, ma solo per la libera diffusione della cultura. E' vietato copiare gli scritti, senza l'esplicita autorizzazione dell'autore.

sabato 18 novembre 2017

Il vecchio maestro Tansella... Piscinola, in una cronaca del 1900...


Questo articolo narra un episodio accaduto a Piscinola, nell'anno 1900 e riguarda un anziano insegnante della scuola municipale di Piscinola, che si chiamava Giuseppe Tansella.
Il Tansella è stato tra i primi militanti a Napoli del nascente partito Socialista e, per le sue idee e per le sue frequentazioni politiche, fu aspramente osteggiato e, si può dire, perseguitato, dall'allora amministrazione scolastica e anche comunale.
Scolaresca dell'antica scuola municipale di Piscinola, foto di Vincenzo Tomo
La città di Napoli vanta, a partire da fine Ottocento, la formazione di un nucleo consistente di adepti e militanti del nascente movimento popolare, rappresentante della classe operaia, che sarà il nuovo gruppo dirigente politico all'inizio del '900; infatti tra le fila del partito Socialista napoletano annoveriamo personalità importanti, del calibro di Arturo Labriola, docente all'università di Napoli, poi deputato del Regno e di Arnaldo Lucci, che già alla fine dell'Ottocento mossero in città i primi passi del loro percorso politico.
A quei tempi i maestri scolastici (secondo il Regio D. Leg. n. 3725 del 13 nov. 1859 - promulgato dal Regno di Sardegna - noto come Legge Casati), erano designati dalle amministrazioni comunali (ovvero dai Municipi), a cui appartenevano le scuole. Restavano di ruolo per la durata di un triennio, al cui scadere potevano essere licenziati o rinnovati per un altro triennio o a vita (art. 333); ovviamente questa norma, che rappresentava una prerogativa insindacabile dell'amministrazione locale, comportava l'avverarsi di frequenti casi di ingiustizie e anche di soprusi, per finalità sia ideologiche che politiche, come stipendi non elargiti o pagati in ritardo e addirittura di licenziamenti di sana pianta.
Piazza Municipio a Piscinola (attuale piazza B. Tafuri), anni '30 ca.
La città di Napoli era all'epoca amministrata da una giunta guidata dal sindaco Antonio Summonte, personaggio molto discusso per episodi di malgoverno cittadino, che sarà poi indagato e condannato, grazie a una commissione di inchiesta parlamentare, chiamata Inchiesta Saredo ed a un processo, che prenderà il nome dai principali imputati, come: "Processo Casale-Summonte". A denunciare questo malgoverno, il principale protagonista fu un giovanissimo giornale cittadino...!
Un manipolo di uomini, napoletani di nascita o di fuori provincia, fondarono a Napoli, nel 1899, lo storico giornale, chiamato «La Propaganda», che fu rivista prima e quotidiano poi, espressione del pensiero socialista, il quale giocò un ruolo importante nello smuovere la città di Napoli dal torpore in cui versava alla fine dell''800, attanagliata com'era da diffuse forme di connivenze e di malaffare. 
Il caso che stiamo per narrare fu ampiamente pubblicizzato sulle pagine di questa testata (ovviamente a scopo di propaganda politica), ma tanto da destare l'indignazione pubblica generale e tante manifestazioni di solidarietà da parte del mondo scolastico.
Già nel 1867, Giuseppe Tansella era persona alquanto conosciuta nel mondo scolastico dell'epoca, infatti era stato autore di un Sillabario, utilizzato per le scuole pubbliche e private. 
Frontespizio del giornale "La Propaganda", del 1904
Nel 1871 partecipò al progetto della Scuola Internazionale.
Ecco quanto è riportato a tal proposito nel libro "Errico Malatesta, da Mazzini a Bakunin: la sua formazione giovanile....", di Misato Toda:
[...] "Essi erano convocati per turno, ed a piccole frazioni nelle ore antipomeridiane la domenica nel locale di San Severino a Pendino, ed ivi è pure istituita una scuola per insegnare ai figli degli operai dell'Internazionale, i maestri si chiamerebbero "Fratelli operai del pensiero" e tra costoro si annovera lo stesso Carmelo Palladino, Errico Malatesta e Tansella Giuseppe". [...]
La scuola della Internazionale cominciò dal 24 luglio e durò fino al 18 agosto 1871, allorché fu chiusa con decreto ministeriale. Parteciparono alla scuola circa 45 allievi, tra cui due ragazze; le lezioni si svolgevano di sera, e avevano frequenza giornaliera, escluso il sabato, la domenica e alcuni giorni festivi dell'anno.
Il caso narrato si verificò quando il maestro Giuseppe Tansella fu denunciato al Provveditore degli studi di Napoli per aver partecipato a un congresso socialista a Benevento, assieme al maestro Zanzi di Coppano (Ferrara), licenziato a sua volta per le idee socialiste.
Dopo quest'azione, la "Sezione maestri e maestre" della Camera del Lavoro di Milano approvò, come si apprende dall'articolo pubblicato dal giornale "La lotta" del 3-4 marzo1900: "...un ordine del giorno di solidarietà col maestro Tansella di Piscinola (Napoli) denunciato al Provveditore...". Vi aderirono un gran numero di maestri e maestre d'Italia.
Piazza Municipio a Piscinola (particolare cartolina), anni '30 ca.
Il maestro Tansella scrisse così una lettera al Provveditore, con la quale dichiarava di rifiutarsi di rispondere all'accusa, in quanto argomento estraneo ai suoi compiti istituzionali. Il caso rimbalzò nel consiglio comunale di Napoli, del quale, come già si è detto, era sindaco Antonio Summonte, a causa dell'interpellanza di un consigliere, con conseguente grande strascico di polemiche...!
Ecco il fatto apparso sulla cronaca del giornale "La Propaganda", i cui dirigenti, ovviamente, approfittarono del caso, per giunta di parte, per fare propaganda politica e attaccare, con sarcasmo, la tanto discussa amministrazione comunale dell'epoca:
"II casa Tansella
I nostri lettori ricorderanno la questione:
il Tansella: un vecchio nostro compagno maestro municipale a Piscinola, fu invitato con lettera d'ufficio dal nostro Sindaco a discolparsi presso il Provveditore dell'aver preso parte al nostro recente Congresso Campano Sannitico.
Il Tansella, dichiarandosi pronto a dare solamente spiegazioni che riguardassero il suo ufficio, vi si rifiutò e la lettera di rifiuto - che noi pubblicammo - ha dato luogo a una interrogazione in Consiglio comunale del consigliere di parte moderata, Sanfelice di Bagnoli.
Il Sanfelice discutendo la questione di fatto e quella di massima, si domandò come mai si poteva conciliare la minaccia di reato di pensiero inflitta al Tansella con la precedente dichiarazione del Sindaco riconoscente in tanti impiegati municipali la più ampia libertà di riunione e primo di organizzazione. Quella libertà , che voi concedete a quanti per fini più o meno giustificati pontellano la vostra morbosa amministrazione, perché si vuole negare al povero maestro di Piscinola? E Summonte rispose: disse che egli confermava la sua precedente dichiarazione, che l'invito fatto al Tansella era stato premurato dal Provveditore, che egli, se avesse voluto, avrebbe potuto traslocare il Tansella in altro paese, ma che ciò non ostante - e qui prese con tutte e due mani il suo molto coraggio -, avrebbe fatto  un'inchiesta, avrebbe conosciuto se la propaganda si proiettava nella scuola, avrebbe preso  occorrendo le disposizioni del caso, avrebbe infine fatto quello che egli, sindaco e massone, credeva opportuno di fare!
Corbelleria più, corbelleria meno, Summonte se la sbrigò, approvato in ispecial modo dal radicaloide Antonio Mirabelli, ma una nota ancor più stonata e forcaiuolissima non poteva mancare. Fu quella del verboso Auriemma, che a nome dei clericali vecchio stampo, sacramentò che egli, sindaco, non avrebbe mai permesso ad un maestro di professare opinioni socialiste. Ed i vostri preti, signor consigliere, non insegnano nelle scuole del Comune? Il biondo repubblicano-collettivista - rara la ... prudenza! - taceva."



L'accanimento contro il povero e vecchio maestro non terminò con questa avventura, infatti, col perpetuarsi dei soprusi a danno della sua persona e del suo ruolo di insegnante, il poveretto scrisse un'altra lettera di protesta al giornale "La propaganda" (pubblicata nell'edizione del 3 dicembre 1900), con tono alquanto acceso, che così recitava:
"Nella scuola di Piscinola
Cara "Propaganda"
Come prima, nei villaggi si dispotizza ancora: si fa
ciò che si vuole, non ciò che si deve. Oggi, giorno 16,
mi sono recato a scuola al solito, dieci minuti prima. Si
può credere? Non mi è stato permesso mettere piede,
perché non era ora. Chi è con la legge scolastica è sov-
versivo. Dove siamo? In qual regno? Di chi la colpa?
La risposta l'aspettiamo dal sig. regio delegato.
   Piscinola, 16 novembre 1900.
                                        L'insegnante
                                  Tansella Giuseppe".



La storia che abbiamo riassunto appartiene, come le tante altre che abbiamo fin qui narrato, a un piccolissimo borgo di periferia, posto a nord della metropoli che, nonostante la sua piccolissima entità, è stato più volte al centro della storia della città di Napoli e della Regione, varcando spesso i confini regionali. 
Un  luogo di passioni, di iniziative, di dibattiti e di discussioni, anche politiche. Un Borgo vivo, che in ogni tempo è stato sempre al centro della vita comunitaria cittadina.
Salvatore Fioretto

Le foto inserite in questo post sono di proprietà dei detentori degli originali, la cui diffusione e utilizzo sono vietati, senza la loro autorizzazione. E' vietato copiare gli scritti, senza l'esplicita autorizzazione dell'autore.

domenica 12 novembre 2017

Tra vasche, piscine e cunicoli misteriosi... Piscinola: un equilibrio tra terra e acqua! (parte seconda)


(Continua dalla prima parte)

Molte testimonianze, alcune quasi leggendarie, concordano sull’esistenza a Piscinola di un misterioso cunicolo (o forse più di uno), che dalla zona del palazzo “Don Carlos”, in Via Vittorio Emanuele, si sviluppa fino a raggiungere Pozzuoli...! Altre testimonianze, invece, riferiscono che questo cunicolo collegasse il primitivo nucleo abitato di Piscinola con la collina di Posillipo e quindi con il golfo di Napoli...
Pura congettura o fantasia...!?
Di sicuro sappiamo che negli ultimi sessant’anni diversi tratti di cunicoli sono stati rinvenuti per caso dagli anziani piscinolesi, specie durante occasionali lavori di scavo, per realizzare le fondamenta di nuove costruzioni.
Tracce di cunicoli emersero anni fa nei pressi della masseria “Splendore” e lungo Via Napoli a Marianella, mentre un altro segmento di cunicolo fu individuato tra i vicoli I e II Risorgimento, avente direzione sud-ovest. Alcuni tratti di queste piccole gallerie artificiali furono praticati e utilizzati dai Piscinolesi come rifugi antiaerei durante l’ultimo conflitto mondiale.
Le ultime testimonianze raccolte narrano che nei primi anni ‘60, in occasione della costruzione di alcuni edifici in Via Madonna delle Grazie, venne alla luce un tratto di questi misteriosi cunicoli. Allora alcune persone cercarono di percorrerlo per scoprire dove conducesse; forse più per il desiderio di trovarvi un tesoro nascosto che per intraprendere un’esplorazione archeologica.
Alveo (foto tratta da "Mugnano Mia")
Alcuni volenterosi per non perdersi si fecero legare a lunghe corde...(sic!). Tuttavia, dopo alcune centinaia di metri percorsi dentro queste cavità artificiali, il tentativo avventuroso svanì miseramente, perché i cunicoli si mostravano più lunghi di quanto si credesse e le corde erano diventate insufficienti.
Il Dott. Franco B. Sica, nella sua pregevole opera: "Viaggio nella mia terra", fa risalire la costruzione di questi cunicoli a poco dopo l’anno 1000 d. C., ossia agli albori della nascita del Casale di Piscinola.
Questi cunicoli, scavati forse in epoche remotissime, direttamente nel tufo o nel lapillo, si presentano, secondo quanto riferito, alquanto ampi: misurando quasi due metri in altezza e un metro in larghezza.
In corrispondenza del palazzo “Don Carlos” esisterebbe, addirittura, un’ampia camera di accesso, con volta a forma di cupola.
Alveo (foto tratta da "Mugnano Mia")
Considerando la zonizzazione e l’orientamento dei cunicoli avvistati o segnalati oralmente nei racconti degli anziani piscinolesi, è possibile pensare che si tratterebbe di un unico cunicolo, i cui resti sono stati trovati in zone diverse, ma allineati secondo il tracciato originario.
Come pure, analizzando le loro dimensioni, che appaiono eccessive per ricondurli a semplici camminamenti sotterranei e la loro leggera pendenza, che consentiva di percorrerli facilmente a piedi, è verosimile pensare che tali cunicoli potrebbero costituire una complessa opera idraulica, forse realizzata per alimentare la rete di acquedotti della città di Napoli oppure costituirebbe una rete di raccolta e di distribuzione tutta locale delle acque, per soddisfare i fabbisogni della piccola comunità.
La camera individuata nei pressi del palazzo “Don Carlos” potrebbe essere stata una vasca di servizio o di accumulo dell’acqua.
Un’altra struttura artificiale, detta “‘O monte”, che era ben visibile fino a pochi anni fa nelle campagne tra Via Madonna delle Grazie e la masseria “San Giovanni”, potrebbe anch’essa ricondursi ad un’antica opera idraulica, forse utilizzata come vasca di raccolta delle acque meteoriche di scolo, provenienti dalle zone collinari.
La posizione geografica a mezza collina, posta a monte del centro abitato, ne rafforza la tesi. E’ probabile, quindi, che solo negli ultimi secoli tale struttura potrebbe essere stata trasformata in cava per l’estrazione della pozzolana e delle pietre di tufo. Alcune testimonianze raccontano della presenza di un cunicolo anche in questa zona.
Nei primi anni che seguirono l’Unità d’Italia, la situazione dell’approvvigionamento idrico del Comune di Piscinola dovette essere molto critica. Sappiamo, infatti, che in un’assemblea del Consiglio Provinciale di Napoli, indetta nell’anno 1861, fu discussa è approvata la richiesta di finanziamento avanzata da quattro Comuni, per costruire sul loro territorio una cisterna per il contenimento dell’acqua. Il consigliere Rossi espose in aula il problema e descrisse le richieste pervenute dai Comuni, che erano: Piscinola, Melito, Mugnano e Somma, aggiungendo:“[…] venivano ogni giorno molti carri a prelevare l’acqua dalle fontane della capitale, che poi era messa in vendita sopra i detti luoghi”.
Dopo il completamento dell’acquedotto del Serino, l’acqua fu portata in ogni strada del Circondario di Napoli.
A Piscinola, come in tutte le altre zone, fu realizzata e completata verso la fine dell’Ottocento un’interessante rete di distribuzione pubblica, ramificata lungo le arterie principali. La distribuzione dell’acqua avveniva attraverso delle fontanine pubbliche. Ogni fontanina era costituita da una colonnina in ghisa, sistemata su una piccola base in basalto nero e collocata davanti a una piccola vaschetta di raccolta dell’acqua. La vaschetta era realizzata anch’essa in basalto, al centro della quale era presente una griglia di raccolta fognaria delle acque di scarico (saittella). Alla sommità della colonnina era sistemata una sorta di testa di leone stilizzata, pure in ghisa, dalla cui “bocca” fuoriusciva una cannula di ottone. Un pomo di ottone, sistemato lateralmente, permetteva di azionare la valvola di arresto dell’acqua. Le fontanine pubbliche erano collocate nelle seguenti zone:
- Via SS. Salvatore (n.2)
- Via Plebiscito a Piscinola (n.2)
- Via Vittorio Emanuele (n.3)
- Vico II Risorgimento (n.1)
- Piazza del Municipio (n.1)
- Via Ferrovia Napoli Piedimonte D’Alife (n.1)
- Via Vecchia Miano (n.1)
- Largo antistante la stazione della ferrovia “Napoli Piedimonte D’Alife” (n.1).
Alveo a Mugnano (foto tratta da "Mugnano Mia")
Per quanto concerne i corsi naturali e le opere idrauliche presenti nel territorio, sono da annoverare i diversi Lagni o Alvei, che scendendo dalle pendici dei Camaldoli e dalla zona alta della collina del Vomero-Arenella, l'attraversavano, facendo confluire le acque piovane, spesso impetuose nelle stagioni autunnali, verso i corsi principali di scolo che conducevano al mare.
Tra questi sono da ricordare l'alveo del Vallone di San Rocco, che dalla zona dei Colli Aminei, ancora oggi si sviluppa nel territorio del Boscariello e del Vallone San Rocco, defluendo verso i Ponti Rossi e la zona portuale. A nord, l'Alveo dei Camaldoli che attraversando Chiaiano, Mugnano, Calvizzano e Qualiano, sfocia nella zona di Villaggio Coppola, dopo aver costeggiato via Ripuaria.
Alveo a Mugnano (foto tratta da "Mugnano Mia")
L'alveo detto del "Pisciaturo", che emerge in zona di Scampia - Mugnano, costeggia l'area del supermercato "Auchan" e si immette nella rete emissaria di Napoli nord.
Altri corsi d'acqua naturali sono stati nel tempo "tombati" e resi in superficie sede stradali, tra questi ricordiamo l'antico canale Vigna, che attraversava tutta Marianella (Attuale via Marianella e Via della Bontà), e continuava il suo percorso nella zona dell'attuale Scampia. In corrispondenza della Strada provinciale Santa Maria a Cubito fu realizzato un ponte che ancora oggi si chiama Ponte di Marianella.
L'alveo che defluiva attraverso la cupa dei Cani passava sotto la ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife e la stessa strada Santa Maria a Cubito, coi rispettivi ponti, che si trovavano poco dopo l'attuale rotonda, detta "Titanic". Quello della ferrovia Piedimonte era realizzato in acciaio.
Abbiamo visto in un altro post come la famiglia svizzera dei Meuricoffre nel 1864 realizzò, tra Piscinola e Scampia, un breve acquedotto e alcune cisterne, da utilizzarsi per la coltivazione del cotone, opere che poi furono donate al Comune di Piscinola.
Cartolina con Alveo (tratta da "Mugnano Mia")
Un'ultima considerazione va alla presenza nel territorio di numerose cisterne, adibite alla micro raccolta locale di acqua piovana per gli usi domestici e per abbeverare il bestiame. Erano opere interrate realizzate interamente in tufo, per contenere l'acqua raccolta dai tetti delle abitazioni e di stalle, spesso presentavano anche capacità rilevanti; tutte terminanti in superficie con una torretta, pure in tufo, che conteneva la ruota per il sollevamento del secchio.
Alcune di queste cisterne erano antichissime e di ottima fattura. Ogni cortile, caseggiato o masseria un tempo possedevano queste cisterne, dette comunemente pozzi o piscine; opere che erano amministrate e usate in forma comune tra tutti gli abitanti.
 
Concludendo questo post, possiamo dire, e senza enfasi, che Piscinola e il suo circondario ha avuto un rapporto "viscerale" con i due elementi che costituiscono la base della vita, ossia l'acqua e la terra. Un legame forte che non si è mai dissolto nell'arco della sua storia due volte millenaria, regolato da un equilibrio perfetto, che ha costituito la base stessa della sua esistenza e dei valori antropologici specifici, tanto da essere richiamato nel suo antico toponimo: Piscinula...Terra delle piscine!


Ecco il testo di una mia dedica a Piscinola, contenuta nel libro "Piscinola, la terra del Salvatore" ed. The Boopen, 2010, e si intitola proprio come questo post:


"Piscinola: un equilibrio tra terra e acqua!

Forse nessun borgo italiano, piccolo come questo, ha avuto una storia così pregna di avvenimenti, ma anche così tormentata per i reiterati tentativi di assoggettamento a cui è stato sottoposto nel corso dei secoli.
Questo piccolo e antico borgo di periferia è stato circondato per secoli da un “mare verde” di messi e da numerose masserie sparse nel suo interno, dove la gente che vi abitava amava la terra in maniera speciale e non disdegnava di sentirsi unita, protesa verso il desiderio comune di autogovernarsi, per essere indipendente dal tiranno di turno.
Il territorio di questo borgo doveva apparire un tempo bellissimo agli occhi dei visitatori, per la densità del verde delle sue selve, per le sue messi che cangiavano di colore in continuazione nel corso dell’anno, conferendo un tocco quasi divino al paesaggio, come se fosse stato pensato e creato appositamente da un Essere superiore, per accogliere in maniera speciale un’umanità da secoli vessata.
Piscinola vista dall'alto. Foto dell'anno 1943
Una terra beata per lenire la fatica e il patire quotidiano!
Il territorio degradava dolcemente dalle pendici dei Camaldoli verso la pianura casertana, ed era solcato da rivoli, che durante le tormentose stagioni autunnali e primaverili diventavano veri e propri corsi d’acqua, scavando per millenni “cupe” e valloni. Quest’acqua, pur irruente, non danneggiava, anzi, veniva “ammaestrata” dai contadini e raccolta nei punti chiave del territorio, per poterla destinare all’uso agricolo. E lì, dove l’acqua stagnava, si formavano canneti e piccole paludi abitate da rane e da uccelli. Ma l’acqua è stata sapientemente raccolta nei secoli, anche in opere idrauliche che l’uomo ha saputo costruire con duro lavoro, solo con la forza delle braccia: alcune piccolissime, altre grandi.
Questo posto, forse unico per la diffusione capillare di vasche, pozzi e piscine, forse per un segno del destino o forse no, ha preso il nome di Piscinola.
Piscinola esiste da duemila anni e forse anche di più...!
Nel DNA della sua gente c’è stato sempre un comune denominatore che l’ha resa unita e unica nei secoli:… la terra!
E come la terra è stata sempre generosa verso l’uomo, offrendo ubertose coltivazioni, frutta prelibata e abbondante, la gente di questo posto, riconoscente, l’ha portata sempre nel cuore, amandola come madre, come figlia e come sposa...!
Alberi di pioppi, di uva, di noci, di pesche, di mele, di pere, ma anche rape, fave, fagioli, grano, canapa, orzo... formavano in ogni stagione un ricamo di vari colori, che uniti tutti come su un’unica tavolozza, rendevano bella e incantevole la terra all’occhio del visitatore. Molti forestieri che tra il Seicento e l’Ottocento visitavano il Regno di Napoli, rimanevano stupiti quando giungevano in questo posto, osservando questo paesaggio, così bello, semplice e incantato… E ne abbiamo avute di attestazioni e di testimonianze storiche di questi viaggi, da parte di chi ha potuto visitare ed ammirare tutta questa bellezza della natura! 
Salvatore Fioretto 

Gran parte del contenuto del presente post è stato tratto dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, 2010. Le foto del lagno a Mugnano-Calvizzano sono state prese dal sito di FB "Mugnano Mia" di Vittorio Calabrese, a cui va il nostro ringraziamento per la collaborazione. Si ringrazia, infine, Carmine Cecere per la sua preziosa collaborazione.