giovedì 8 gennaio 2015

La storia della fanciulla con la capretta....(la Ciociara)


Siamo in pieno inverno; trascorse le festività del Natale e del Capodanno, il mondo si appresta a riprendere i suoi ritmi abituali e con essi riprendiamo anche il tran tran della nostra quotidianità.
Abbiamo purtroppo quasi del tutto perso quell'atmosfera quasi surreale, direi magico-primordiale, che un tempo ci legava alle antiche usanze e alle tradizioni che seguivano i ritmi della natura e della terra, usanze queste che erano tipiche espressioni della civiltà contadina...
Una volta, infatti, questo periodo dell'anno era vissuto con spirito di attesa e di speranza, perchè rappresentava la fine del periodo di raccolta, un momento quasi di stasi e di riflessione, in attesa del rinnovarsi della ciclicità delle stagioni, con l'imminente risveglio primaverile.
La mente ritorna però ai tempi dell'infanzia, quando le interminabili ore di buio favorivano la raccolta della piccola comunità familiare attorno al caldo ed accogliente focolare scoppiettante, che rappresentava una simbolica "agorà domestica", un luogo che permetteva, anzi favoriva, gli incontri generazionali tra vecchi e giovani; un luogo che consentiva il travaso di tradizioni e di ricordi, quasi un piccolo proscenio adibito alla narrazione e all'espressività popolare e contadina, attraverso la rappresentazione del “cunto”... Lo stare insieme attorno al focolare era un'occasione, per gli anziani, per narrare racconti ed antiche leggende, che potevano così essere tramandate di padre in figlio, secondo una consuetudine messa in atto chissà già da quanti secoli prima...!
Il ponte detto "delle Cesinelle", nella selva di Chiaiano
Quelle raccontate erano delle storie fantastiche, spesso animate da personaggi immaginifici, il cui operato rasentava il magico, ma spesso erano anche delle storie vere, che nel tempo avevano perso la reale appartenenza al contesto storico vissuto, per diventare solamente un racconto leggendario: una leggenda...! Questi “cunti” e leggende avevano anche uno scopo educativo, perché la morale che si celava dietro il lieto o triste finale del racconto, era finalizzata a fornire un esempio pratico ai ragazzi, da poter imitare durante la loro vita oppure serviva a trasmettergli un'esperienza negativa vissuta, onde evitare il loro ripetersi.
Negli ultimi anni tanti scrittori, molti appartenenti al nostro territorio, hanno lavorato con encomiabile spirito di ricerca, per raccogliere questi “cunti”, le storie di personaggi e i racconti, affinché potessero essere pubblicati in nuove opere. Molti di questi lavori risultano veramente belli... La loro attività è stata mirata a favorire la conservazione antropologica di questi valori, in quanto rappresentano dei beni culturali immateriali, appartenenti a tutta la collettività. Tra questi ricercatori/scrittori basterà ricordare Domenico De Luca, Giovanni Baiano, Salvatore Vacca, Carmine Cecere, Franco B. Sica, Luigi Sica, e tanti altri ancora.
Dei tanti "cunti" e leggende che ho letto o ascoltato in questi anni, mi piace riportare (il riassunto) di quella che mi ha particolarmente colpito, per la sua dolce e mesta storia e per la straordinaria umanità raccontata... Ho pensato d'intitolarla “La storia della fanciulla con la capretta”, poi si capirà il motivo...

Un disegno trovato in web, sorprendentemente corrispondente alla storia
Siamo nella Chiaiano dei tempi antichi, precisamente in aprile, quando nella sterminata Selva, disseminata di numerose masserie, si avvertiva già l'arrivo della primavera, tra lo sbocciare dei fiori selvatici del sottobosco e i canti delle numerose specie di uccelli che incominciavano a nidificare. Ad un certo punto, negli antri deserti della selva, apparve una giovane fanciulla, che andava in giro scalza, con lunghi capelli sciolti e vestita a malapena con un lenzuolo verde avvolto attorno al suo esile corpo. La ragazza era sempre accompagnata da una piccola capretta, spesso intenta a pascolare. Questa singolare presenza fu notata da molti chiaianesi e abitanti della Selva, che subito iniziarono a incuriosirsi e a formulare tante domande sulla provenienza. Molti si chiedevano, poi, il perché del suo andare solitario e della presenza di una capretta... La fanciulla trascorreva infatti le sue giornate portando a pascolare la sua capretta nei punti più selvaggi e impervi della Selva.
Qualche curioso tentò di inoltrarsi nella boscaglia per cercare di spiare i movimenti, della ragazza e della bestiola, ma ebbe modo di constatare, stupito, lo sparire nel nulla dell'insolita coppia, tanto che qualcuno incominciò anche a pensare che si trattassero di fantasmi... Dopo tanti appostamenti si riuscì ad appurare che di notte la strana coppia si riparava nelle grotte delle cave presenti nel territorio. Qualcuno sparse la voce che si trattasse di una ragazza sbandata, scappata dalla Ciociaria e che, girovagando a lungo, era giunta fino in quel luogo, e per tale motivo le fu affibbiato il nomignolo di "Ciociara".
Con l'avanzare della bella stagione la ragazza usciva di buon'ora dal suo nascondiglio, sempre per portare a pascolare la sua capretta; nei giorni di pioggia, invece, se ne restava al coperto, nelle grotte, attendendo che i sentieri si asciugassero dalla rugiada al ritorno del bel sole.
Ciclamini selvatici nella Selva
Il suo girovagare spesso si spingeva fino ai Camaldoli, percorrendo pendii, cupe, canaloni disseminati tra i boschi dei fitti castagneti della Selva. Intanto, dopo l'autunno caldo, sopraggiunse il gelido inverno e molti pensavano che la misteriosa fanciulla avrebbe fatto ritorno nella sua terra d'origine. Ma non fu così, perché anche con il gelo e la pioggia si vide la ragazza andare in giro a portare la sua capretta a pascolare, sempre a piedi scalzi e un lenzuolo verde per abito.
Molte contadinelle della zona, mosse da pietà, le portavano degli avanzi di cibo, deponendoli in scodelle all'ingresso delle grotte, dove si pensava che ella dimorasse la notte. Altri intanto, sempre in segno di pietà, pensarono di portare indumenti: chi un vecchio cappottino, chi una coperta, chi delle ciabattine o delle calze di lana. 
Questa storia intanto andava avanti da quasi un anno e a Chiaiano non tramontavano ancora i dubbi e i tanti perché sulle sue misteriose origini, e qualcuno incominciò a pensare che dovesse essere scappata dal suo paese dopo aver commesso qualche grave reato o  qualche malefatta imperdonabile.
Qualcuno raccontava di aver sentita la sua melodiosa voce, mentre parlava con la capretta: appariva quello come un colloquio tra due amiche o tra due sorelle..., altri invece dissero che l'avevano sentita cantare dolci e melodiose canzoni.
Fanciulla con capretta
Intanto le dicerie sul conto della ragazza andavano man mano crescendo e c'era chi era disposto a giurare che ella fosse una strega, che l'avevano vista saltellare qua e là tra alberi, tra burroni e canali e, chi, vederla prima scomparire e subito riapparire...! Altri raccontavano di averla seguita e di aver visto poi il suo volto, che era orribilmente brutto, altri invece affermavano che era molto bella, come un angelo, anzi come la Madonna..., con i capelli d'oro e gli occhi azzurri, oppure che l'avevano vista camminare, senza toccare terreno...! C'era pure chi contrastava i primi avventori, sostenendo, invece, che gli occhi della ragazza erano belli ma corvini, molto scuri. Insomma si era giunti al punto che ognuno, pur di parlare, diceva una qualsiasi sciocchezza, e spesso la più grossa possibile, solo per il piacere di far scalpore e stupire gli altri! Intanto la gente aveva paura, soprattutto le donne e i bambini piccoli...
Qualcuno addirittura arrivò a sostenere che la ragazza viveva di nascosto con un uomo, il quale si guardava bene dall'uscire dalle grotte dove si rifugiava, per non farsi scoprire.
Un bel giorno, verso febbraio, la ragazza non si vide per un po’ di tempo, mentre si poteva ancora osservare la sua capretta pascolare nella Selva, specie verso mezzogiorno, quando la bestiola usciva da sola dal nascondiglio. 
Furono in molti a temere per la salute della fanciulla. 
Si pensò di seguire la capretta per individuare il nascondiglio della fanciulla e prestare eventualmente dei soccorsi. Purtroppo non fu possibile, perché la capretta era solita scomparire tra i cespugli, facendo perdere subito le sue tracce.
In parecchi furono quelli che si misero alla ricerca della dolce fanciulla, rovistando tra le tante grotte della Selva, ma niente..., nessuna traccia fu trovata, sia della ragazzina che della capretta. 
Si iniziò allora a mormorare che la fanciulla potesse essere scappata... 
Intanto erano in molti che continuavano a portare del cibo depositandolo agli ingressi delle cave, dove la ragazza era stata vista in passato, pur sapendo che anche gli animali selvatici affamati potevano nutrirsi di quel cibo di notte, facendoli illudere... ma occorreva pur tentare...
Calda atmosfera domestica di un tempo...
La situazione andò avanti per alcuni giorni, finché un contadino diede finalmente la notizia che tutto il paese attendeva con trepidazione, ossia di aver visto verso mezzogiorno la pastorella far pascolare la sua capretta ai limiti della Selva, lì dove egli aveva il suo podere. 
Ovviamente tutto il paese emise un grosso sospiro di sollievo...!
La ragazza era ormai diventata parte integrante del territorio, era stata adottata dagli abitanti e la sua presenza non destava più la morbosa loro curiosità iniziale, anzi la fanciulla era vista come una specie di mascotte comunitaria rassicurante, addirittura come una persona di famiglia!
Ritornò la primavera ed era piacevole per tutti osservare, con il risvegliare della natura, questa giovane fanciulla saltellare con la sua capretta, in piena libertà, tra viole e ciclamini odorosi, tra colline e siepi, tra cupe e canaloni. Era una simbiosi perfetta con la natura incontaminata del territorio della Selva... La sua presenta gioiosa, i suoi canti melodiosi, le capriole che spesso si potevano osservare a distanza, destavano allegria e gaiezza nei cuori di tanti.
Il ponte detto "delle Cesinelle" nella Selva di Chiaiano
Orami gli abitanti avevano capito che occorreva rispettare la tranquillità della sua esistenza e la sua libertà, senza più cercare di avvicinarla.
Ad un certo punto, mentre tutto faceva sperare che la vita di questa ragazza continuasse in armonia con questo territorio, sparì nel nulla insieme alla sua capretta e non fu più vista...
Iniziarono di nuovo le ricerche e con esse, le ipotesi, i sospetti... L'assenza di quelle due figure misteriose portarono tristezza e malinconia tra gli abitanti della Selva e di Chiaiano. Non si udivano più il canto melodioso della fanciulla e il belare della sua piccola capretta, ma c'era solo tanta solitudine e i soliti rumori freddi e cupi della boscaglia...
Fanciulla con capretta
Il mistero si colorò di leggenda quando, a distanza di tanti anni, durante la costruzione del ponte di tufo, detto delle "Cesinelle", furono trovate durante gli scavi, vicino a un cippo con l'affresco di una Madonna col bambino, anche delle piccole ossa di una persona morta giovanissima e quelle di una bestiola. Tutti pensarono subito alla fanciulla e alla capretta che tanti anni prima erano scomparsi nel nulla... Molti ipotizzarono che la piccola fanciulla potesse essere stata vittima di un bruto o sia morta di stenti e di freddo.
Purtroppo non lo sapremo mai...!
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)

La storia da me riportata in questo post è stata liberamente riassunta dal bel racconto scritto dal gen. Giovanni Baiano, dal titolo "La ciociara", contenuta nel libro di racconti "I figli della selva" (sottotitolo: "I personaggi della mia infanzia"), ed. Collana Poetica Campana, anno 2007. Il libro rappresenta, secondo me, un unicum di letteratura e di narrativa popolare, un vero esempio di ripresa e di conservazione culturale delle tradizioni, vanto del nostro territorio e per questo rimando i lettori alla sua approfondita e interessante lettura.

Scorcio della Selva di Chiaiano
 

martedì 30 dicembre 2014

La boxe nel sangue... Pasquale De Stasio


Un quartiere, un paese o un borgo, è considerato "vivo" quando gli abitanti coltivano, tra i tanti interessi nella vita quotidiana, anche le nobili arti e lo sport e risulta essere lontano dall'attribuzione di "luogo dormitorio"; un posto insomma dove la sua gioventù si dedica, nel tempo libero, a tutte le manifestazioni umane che arricchiscono l'animo e il fisico, come la letteratura, la pittura, la scultura, il modellismo, la musica..., e frequenta le specialità sportive e agonistiche sane, come il basket, la corsa, il pugilato, il ciclismo, il calcio...ecc. ecc. 
Un tempo si diceva: Mens sana in corpore sano, in realtà la massima si dovrebbe coniugare anche all'incontrario,  ossia Corpo sano quando la mente è sana..., questo per considerare anche le passioni dell'intelletto...! Tutto questo ci aiuterà a comprendere la storia che sto per raccontare...

Pasquale De Stasio nei primi tornei di pugilato
Quella che racconterò in questo post è la bella esperienza vissuta da un personaggio che è nato a Piscinola e qui ha trascorso la sua vita, dedicando la sua gioventù alla grande passione sportiva, che è stata la "nobile boxe". Mi riferisco a Pasquale De Stasio, che oggi da pensionato ricorda ancora con dolce nostalgia la sua esperienza sportiva giovanile, nel periodo a cavallo tra gli anni 50' e 60'. 
Pasquale, che è anche mio amico, lo incontro spesso, durante il mio giro pomeridiano nel centro storico di Piscinola e ogni volta per me è motivo di piacere e d'interesse parlargli, perché è una persona semplice, loquace, sempre cortese e di una prorompente simpatia... Mi ha anche ospitato qualche volta nella sua bella casa, che sfoggia, su di un lato, una superba e antichissima cineseria, a forma di grande colombaia, che un tempo era nella villa appartenuta ai nobili signori di Piscinola. 
Sono passati già alcuni anni da quella calda sera d'estate, quando fui suo ospite, insieme all'amico Enzo, sorbendo un bel caffè nel suo ameno giardino e lì ci raccontò, non senza emozioni, i ricordi della sua carriera sportiva, vissuta con passione nel periodo della sua gioventù.
Ecco in sintesi la sua storia sportiva e l'esperienza con la boxe...
Pasquale De Stasio, che è originario del vecchio e popolare vico Operai di Piscinola (detto vico Appagliaro), iniziò a militare in campo sportivo dilettantistico intorno ai 13-14 anni, partecipando ai tornei di corsa podistica, nella disciplina dei 10 km. Si iscrisse, frequentando per diversi anni, presso il circolo sportivo "Amato" di Secondigliano. Lì ebbe modo di allenarsi costantemente, modellando i suoi muscoli e il suo estro sportivo. 
Torneo di pugilato presso la palestra Ginnasium ai Cavalli di Bronzo a Napoli
Aveva già nel quartiere la fama di buon corridore (verso la metà degli anni '50), quando in occasione della prima gara di corsa inter-quartiere, organizzata dalla Virtus Piscinola e sponsorizzata dalla Gazzetta dello Sport, fu chiamato ad allenare i giovanissimi corridori, originari proprio del vico Operai (da non trascurare il fatto che questi giovani atleti nutrivano un'accesa rivalità verso i coetanei residenti in via Vittorio Veneto, perchè a loro dire si davano sempre delle "arie" per la frequentazione alle scuole del centro di Napoli e poi gli stessi organizzatori del Vico Operai non volevano ovviamente sfigurare nella contesa). Constatando la "mollezza" degli atleti della compagine da lui allenata, che già dopo i primi allenamenti lamentavano fiacchezza, dolori e malesseri muscolari, proprio per non sfigurare nella importante gara, Pasquale decise di partecipare personalmente alla corsa, ben sapendo che non aveva i titoli per accedere, perché era un atleta iscritto ad un Circolo "fuori quartiere". Inutile dire che vinse quella competizione, anticipando di ben oltre un minuto il corridore secondo arrivato alla corsa. Si aggiudicò il primo premio in palio di ben 5.000 lire e una serie di regali in natura, donati dai vari negozianti piscinolesi: regali che erano assegnati come premi nelle gare "a tappa", stabilite lungo il tracciato della corsa (i premi consistevano in regali in natura, come pasta, dolci, profumi, ecc.), anche il bar Ciancio mise in palio una squisita cassata siciliana...! 
Pasquale se li aggiudicò tutti...!! 
Dopo la corsa, ovviamente, fu scoperta l'irregolarità del vincitore e sul giornale della Gazzetta dello Sport fu riportata la notizia della squalifica di De Stasio, perché considerato non regolarmente iscritto alla corsa. Di fatto, però, nessuno potette smentire che era stato lui il più forte del quartiere...!!
La sua avventura con la boxe ebbe inizio proprio nel Circolo sportivo Amato, a Secondigliano. Una sera, dopo l'allenamento, negli spogliatoi della palestra, un amico approfittando della presenza di due guantoni lasciati appesi a un sostegno, invitò il nostro sportivo a fare "quattro cazzotti" per semplice divertimento. L'incontro fu favorevole per Pasquale De Stasio e l'amico ebbe la men peggio... lasciò il ring e non volle più ripetere l'esperienza...! Il fratello maggiore di Pasquale, di nome Giuseppe, che già militava nel pugilato, avendo osservato tutta la scena, soprattutto come egli si muoveva e schivava i colpi, lo convinse a iscriversi presso la sua palestra di pugilato. La palestra si chiamava Gruppo Orientale e apparteneva al "CUS", ossia Centro Universitario Sportivo. Il gruppo aveva sede nella Facoltà Orientale dell'Università di Napoli, situata nei pressi di via Mezzocannone. 

Dopo sei mesi di allenamento, superando tante difficoltà, compresa l'avversione del padre, Pasquale disputò il suo primo girone a eliminazione diretta, nel campionato regionale nella categoria dei Pesi Piuma
Allenamento presso Ancona per un torneo di pugilato

Il torneo si disputò a Napoli, nella palestra del Ginnasium ai Cavalli di Bronzo, nei pressi di Piazza Municipio. Tutti gli incontri finirono per "KO" o per abbandono dell'avversario. De Stasio si classificò primo in ognuna delle sei serate ad eliminazione diretta e, così, si aggiudicò il primo posto assoluto e il titolo Campano dei Pesi Piuma.  
Da questa vittoria ebbe iniziò la sua carriera nella boxe, come atleta non professionista ed aveva appena 15 anni (era l'anno 1956). 
Il padre di De Stasio, che come detto era inizialmente contrario alla frequentazione del figlio agli allenamenti di pugilato, partecipò di nascosto al torneo regionale nel Ginnasium e, constatando la bravura del figlio e la sua prima vittoria conseguita, acconsentì da quel momento alla sua militanza nel pugilato. 
Gli allenamenti divennero per Pasquale sempre più duri e faticosi, ma nonostante tutte le difficoltà e la lontananza da casa, egli si mostrò sempre costante e preciso nel frequentare la palestra, i cui allenamenti si tenevano quasi tutte le sere, con inizio intorno alle ore venti. Spesso era accompagnato da diversi amici piscinolesi, suoi simpatizzanti, che però non potevano pagare le 20 lire del tram n.38. Così, per non metterli a disagio, Pasquale era solito rinunciare al tram e raggiungere assieme a loro la palestra, percorrendo a piedi il lungo tragitto, attraverso il bosco di Capodimonte e la salita del Moiariello. 
Negli anni seguenti Pasquale De Stasio vinse diverse edizioni del Campionato Regionale, nei Pesi Piuma, prima e poi quello nei Pesi Leggeri, partecipando numerose volte ai gironi di qualificazione dei campionati nazionali di categoria. 
Purtroppo, vuoi per sfortuna e vuoi per l'organizzazione dei tornei e per la scelta dei promotori (che spesso non favorivano i pugili provenienti dal sud), il nostro pugile piscinolese non riuscì a raccogliere l'alloro nazionale!
Dopo l'esperienza con il CUS, intorno al 1959, De Stasio passò alla Palestra Fulgor, situata in piazza Dante e fu affidato all'allenatore che si chiamava Geppino Silvestri. Di Silvestri, Pasquale conserva ancora un ottimo ricordo, sia per l'umanità della persona e sia per la bravura dell'allenatore. 
Gli allenamenti a casa erano da lui organizzati alla buona. Racconta, non senza sarcasmo, che spesso si allenava nel podere che gli metteva a disposizione l'amico Ippolito, sito presso la località detta 'o Cancello, utilizzando come attezzi ginnici un rudimentale tronco di albero che colpiva ripetutamente con una pesante ascia d'acciaio...!
In quegli anni passò quindi tra i professionisti del pugilato, nella categoria dei Pesi Leggeri.
Nella nuova categoria disputò molti incontri, organizzati in varie regioni d'Italia, come in Sicilia, in Sardegna, in Toscana, nelle Marche; questi incontri finirono tutti per “KO” o per “abbandono” dell'avversario. 
Torneo di pugilato presso la palestra Ginnasium ai Cavalli di Bronzo a Napoli

Purtroppo non sempre si trovava uno sfidante all’altezza del nostro pugile piscinolese, non solo per la sua bravura, ma soprattutto per l'organizzazione dei tornei. E' da sapere che i procuratori sportivi dell'epoca s'informavano in anticipo sulle caratteristiche del pugile sfidante e quando conoscevano i risultati dei precedenti incontri e dei successi da questi accumulati, declinavano l'invito, accampando delle scuse, come un malore del pugile o un'indisposizione dell’organizzatore... Questo perchè i procuratori tenevano molto all'immagine dei pugili da essi rappresentati, in particolare al sostegno dei tanti fans e del pubblico che li seguivano nei tornei; infatti ad ogni incontro partecipavano non meno di 300-400 sostenitori dell'uno o dell'altro sfidante e rischiare di perdere una disputa, significava dover bruciare anni di sacrifici e di speranze (e anche di soldi) riposti dalle società verso i propri pugili iscritti.
Giunse il giorno della sfida tanto attesa, il pugile abbinato a De Stasio era un "nazionale" che gli fu trovato dal suo procuratore di Roma; purtroppo non si ha memoria del nome del pugile...
Questo pugile aveva già una brutta fama, infatti era considerato un "tipo" temibile nell'ambiente pugilistico, tanto che era noto anche all'olimpionico Agostino Cossia; il quale subito informò il suo conterraneo De Stasio, attraverso suo fratello, facendogli sapere che non doveva sottovalutare l'avversario, avendo avuto modo egli di conoscerlo in precedenza, per il suo cinismo. 
Pasquale ricorda ancora con sofferenza e con rabbia quell'incontro, durante il quale fu colpito due volte con dei potenti tiri mancini alla nuca, senza che l'arbitro e la giuria ammonissero disciplinarmente l'avversario; purtroppo, ricevendo il secondo colpo alla nuca, De Stasio cadde svenuto a terra e la vittoria fu data all'avversario per “KO”. 
Fu quello il primo match della sua carriera perso per "KO", aveva allora 23 anni e militava nel pugilato già da quasi 10 anni...!
L'arbitro, che era un "arbitro nazionale", non volle minimamente dar ascolto alle proteste dell'allenatore di De Stasio, dichiarando che non aveva visto nulla di anomalo nel match e quindi confermò la vittoria data per "KO". 
Da quell'episodio negativo, il morale di De Stasio e la sua fiducia nello sport furono seriamente compromessi, anche se egli nei mesi seguenti cercò di reagire, cambiando compagine e passando con la palestra diretta da Pironti, padre del noto editore Tullio Pironti, anch'egli pugile. Purtroppo il nostro pugile non riuscì più a riprendersi da quello shock subito e abbandonò poco dopo definitivamente la sua carriera sportiva nel pugilato. 
Tra i suoi allenatori e maestri, Pasquale ricorda ancora con sommo orgoglio e rispetto, il pugile olimpionico Agostino Cossia, anch'egli piscinolese. Più volte ripete che a Piscinola i pionieri della boxe sono stati in tre: Agostino Cossia, Pasquale De Stasio e Renato Grossolino, quest'ultimo morto prematuramente in Svizzera. Di questi tre il più grande in assoluto, continua, è stato Agostino Cossia!!
Pasquale de Stasio, a distanza di tanti anni, rimpiange ancora l'aver abbandonato troppo presto la disciplina del pugilato, arrendendosi alla prima delusione, anche perchè l'ambiente del pugilato all'epoca forniva una grande opportunità di guadagno, potendo contare su provvigioni che arrivavano a superare di ben tre volte lo stipendio di un dipendente con un "posto fisso" e per un giovane di quel tempo era tantissimo...!
Nel periodo della maturità ha svolto l'attività di negoziante e qualche volta, nel tempo libero, è stato chiamato ad allenare le giovani promesse del pugilato, in diverse palestre situate nel territorio tra Piscinola e Marianella. E' stato tra gli allenatori del pugile Salvatore Carrozza, anch'egli originario di Piscinola, che alcuni anni fa vinse il titolo di campione internazionale Wbf dei Pesi Welter, da studente universitario.
Foto al momento di una premiazione, con il pugile olimpionico Agostino Cossia

Il rammarico che mi sovviene, a conclusione di questa bella storia di vita sportiva vissuta da questo personaggio originario del quartiere di Piscinola, è quello di constatare che questi professionisti, che hanno alle spalle una consolidata esperienza nelle discipline sportive, oggi non trovano un'adeguata e meritevole collocazione sociale, mentre potrebbero travasare le loro preziose conoscenze (oltre a far da guida e da deterrente) a tantissimi giovani del territorio, specie a quelli che hanno talento da vendere, ma constato, purtroppo, l'assenza di volontà collettiva nel recuperare e conservare queste belle tradizioni che rendevano un tempo "vivo" il nostro territorio, sia perché c'è una carenza di imprenditorialità e di investimenti e sia perché manca il giusto sostegno e l'incentivazione da parte delle federazioni sportive e delle istituzioni preposte.

Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)

Le foto pubblicate in questa pagina sono di proprietà di Pasquale De Stasio, che ha voluto gentilmente fornircele in copia per questo post a lui dedicato. 

venerdì 26 dicembre 2014

Ricordando la Piedimonte... 20 dicembre 2014

Alcune letture della serata dedicata al ricordo della ferrovia Napoli-Piedimonte d'Alife: "C'era una volta la Piedimonte", tenutasi presso la sede del "Comitato Arcobaleno",  il 20 dicembre scorso.

Questo post è collegato alla pagina di Facebook "Amici di Piscinolablog" che contiene le foto ed altre testimonianze dell'evento dedicato alla ferrovia. Ecco il link di collegamento:
https://www.facebook.com/pages/Amici-di-Piscinolablog-pagina-culturale-di-Piscinola/1415961335361294 


Poesia: "Ciardino d''a stazione 'a Piedimonte...!"





foto di gruppo


 Racconto: "Ferrovie di Ieri e di oggi...Umanità in corsa!"
 





foto di gruppo


















Poesia: "Comm'era bella 'a Piedimonte...!





I tre componimenti pubblicati in questo post sono tratti dal libro "C'era una volta la Piedimonte" di S. Fioretto, anno 2014.
 
Salvatore Fioretto

Amici di Piscinolablog, fondazione del gruppo in facebook

La pagina di Piscinola blog ha una nuova casa in Facebook, "gruppo aperto" , si intitola "Amici di Piscinolablog". Ecco il link.


Ecco i caratteri del gruppo:
Considerando che la pagina di "Piscinolablog." non ha più "casa" propria in FB..., è fondata questa nuova pagina destinata agli amici e agli appassionati che vogliono leggere pagine di storia "pura", ma anche aneddoti, stuzzicherie, ricordi, ecc. Sarà la casa di tutti, non vi deluderò, non si discuterà di politica.

Ora in avanti sarà solo questa la vetrina dei post del blog. Ringrazio molto gli amministratori dei vari gruppi, a cui spesso ho chiesto ospitalità, da oggi potranno linkare liberamente le pagine da qui. In questo gruppo non ci saranno argomenti di politica di oggi e di ieri e ne saranno consentiti interventi politici. La pagina sarà aperta a inserzioni culturali di amici, ma non ad articoli pubblicitari, a giornali e a rubriche di cronaca.
Salvatore Fioretto

domenica 14 dicembre 2014

Natale alfonsiano e... Marianella...!


Alfonso che scrive meditando sul presepe
Percorrere i vicoli e i sentieri antichi di Marianella desta sempre una certa emozione nell'animo, ma anche la consapevolezza di percorrere le stesse strade che ben oltre 300 anni fa, da fanciullo e poi da giovinetto, avrà sicuramente percorso il nostro grande ed ecclettico personaggio, Alfonso Maria della casata dei Liguori, qui nato, nell'antico Casale di Marianella, il 27 settembre del 1696. 
Lo sappiamo per certo, perché tutti i biografi riportano che Alfonso, come faceva anche suo padre, don Giuseppe Liguori, qui a Marianella veniva a stemperare i livori, le sconfitte e i dissapori della sua ancora giovane vita, approfittando dell'amenità del posto, della armonia della natura lussureggiante e dal paesaggio incantevole... La stessa sensazione si ha percorrendo le scale della sua nobile dimora, attraversando i viottoli del suo ameno giardino, oggi come allora pieno di piante e di fiori, oppure attraversando le stanze del suo palazzo e la cappella di famiglia posta al suo interno... Ogni cosa, ogni angolo, ogni pietra qui parla e racconta del grande Sant'Alfonso...!
Alfonso doveva essere per forza attaccato a Marianella e al suo circondario, come lo è per ogni essere umano. Ogni uomo, per propria indole e per natura, è sempre particolarmente attaccato e affezionato al luogo che lo ha visto nascere... 
Un immagine giovanile di Sant'Alfonso
Chissà quante volte avrà ammirato le bellezze del paesaggio natio dalle finestre del suo palazzo oppure dalla masseria Carduino, che era, assieme al terreno circostante, un tenimento di proprietà della famiglia de Liguori. Chissà quante afflizioni avranno destato la vista della miseria e della povertà che pur esistevano allora dalle nostre parti...! L'avrà sicuramente notato quando accompagnava suo padre ad incassare i pigioni delle sue proprietà sparse per il contado e, in particolar modo, nel Casale di Piscinola. Infatti a Piscinola i Liguori possedevano diversi immobili in caseggiati e all'interno di cortili e lo apprendiamo per certo da una sicura testimonianza storica pervenutaci. Alfonso era ammirato dalla bellezza della natura del suo casale, e sarà stato ammirato anche dall'umanità dei suoi abitanti, perché Egli era innamorato delle persone semplici e povere e, ancor di più, era attratto dai sofferenti e dai bisognosi. Lo sappiamo quando della sua vita leggiamo, ad esempio, il servizio di volontariato che svolgeva settimanalmente presso i malati dell'ospedale degli Incurabili a Napoli, oppure della storia di amicizia che Egli ebbe con il ragazzo di colore, affidatogli dal padre al suo servizio come servo, ma che egli volle considerare semplicemente come un amico, insegnandogli ad amare Dio. Il ragazzo morirà presto, abbracciando per sua volontà la fede cristiana.
Chissà quante parole che leggiamo nei suoi componimenti furono ispirate dai ricordi d'infanzia e dai momenti belli della sua gioventù, trascorsi nella sua cara terra natia...!
Bambinello regalato ad Alfonso da sua madre, conservato nel museo di Pagani
E tra i momenti belli della vita avrà sicuramente ricordato quando da giovinetto preparava con la mamma il presepe e offriva canzoncine di lode al Bambinello, nato povero, tra i poveri, per i poveri... Tanto è fondato questo ricordo, che la madre gli regalerà da adulto, presso la sua dimora di Ciorani, un Bambinello, che egli conserverà con affetto e venerazione, fino al termine della sua vita terrena. Quanti sospiri Alfonso avrà emesso ammirando il suo Bambinello, ricordando Marianella, i suoi amici d'infanzia e i bei momenti trascorsi con i suoi cari genitori, a Marianella.
Sicuramente avrà ricordato le tante ricorrenze del Natale e l'ascolto delle melodiose armonie dei zampognari, che scendevano dalla montagne molisane e abruzzesi, per allietare il Natale napoletano.... Molti suoi componimenti musicali fanno trasparire questa reminescenza agreste dell'infanzia e il melodioso suono delle zampogne.
Frontespizio disegnato da Sant'Alfonso
Il padre Tannoia, che fu il primo biografo di Sant'Alfonso, riporta nella sua opera la testimonianza che Alfonso, da Vescovo, sia a Deliceto che a Ciorani, fece realizzare un dipinto con la scena della natività, da sistemare sopra i paliotti degli altari: la scena era rappresentata con una bella campagna sullo sfondo, la sacra famiglia e il Bambino che veniva adorato dai pastori. Tannoia ricorda ancora la cerimonia che ogni anno Alfonso faceva svolgere dai suoi seguaci Redentoristi attorno all'immagine del Bambino, proprio quello regalato dalla cara mamma.
Nell'anno 1757, Alfonso dei Liguori pubblicava il volume "Novena del santo Natale colle meditazioni per tutti i giorni dell'Avvento sino all'ottava dell'Epifania", presso la tipografia Ramondini di Venezia, un libro che reca sul frontespizio un bel dipinto da lui realizzato, con immagine del Bambinello che allegoricamente pesca dei cuori dal mare di Napoli... In quest'opera Alfonso descrive tutta la devozione e l'amore per Gesù Bambino, amore che gli fu trasmesso sicuramente da sua madre durante la fanciullezza. E' eloquente il suo pensiero sul Natale, che ci fa capire tutta l'importanza da lui riservata alla santa ricorrenza cristiana: "Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo".

(ascoltate "Quanno Nascette Ninno" nella bella interpretazione del maestro Enzo Avitabile)
https://www.youtube.com/watch?v=kSQ5DS90dIM

Clavicembralo che Alfonso utilizzava per comporre le sue opere musicali (Museo di Pagani)

Circa le reminescenze della fanciullezza di Alfonso, prendiamo ad esempio alcune parole contenute proprio nella pastorale: "Quanno nascette ninno a Betlemme", e infatti possiamo notare che...
[...]
Co' tutto ch'era vierno,
co' tutto ch'era vierno, Ninno bello,
nascettero a migliara rose e sciure...
Pe' nsi' 'o ffieno,
sicco e tuosto,
ca fuje puosto sott'a te,
se 'nfigliulette
e de frunnelle e sciure se vestette...



A no paese che
a no paese che se chiamma Ngadde,
sciurettero le vvigne e ascette ll'uva.
Ninno mio
sapuretiello,
rappusciello d'uva si' tu...
ca, tutt'ammore,
faje doce 'a vocca e po' 'mbriache 'e core! 


.....
Piglianno confedenzia
piglianno confedenzia a poco a poco,
cercajeno lecenzia a la Madonna...
Se magnajeno
li pedille
co vasille, 'mprimma e po'
chelle mmanelle...
a ll'urdemo, lo musso e 'e mascarielle.. [...]



... i termini "infigliulette", "rappuscielle" e "lo musso e 'e mascarielle", sono dei modi di dire che Alfonso utilizza prendendo spunto sicuramente dalla vita agreste e dalle espressioni contadine. Questi termini, e ne potremmo citare tantissimi, tratti dalle sue opere, ci possono far immaginare, poi, che siano stati ascoltati per la prima volta da ragazzo, proprio nella sua terra natia, durante le continue permanenze nella dimora di Marianella...!

Immagine di Sant'Alfonso sul portale del convento di Marianella
Chissà se un giorno potremmo trovare degli esempi più eloquenti di questo amore filiale del Santo per Marianella...!

Cari amici lettori, il Natale è alle porte, e con questa dolce immagine del Natale, descritta attraverso la storia della vita di Sant'Alfonso, la redazione di "Piscinolablog" porge gli auguri accorati di Buon Natale, affinchè il lieto evento possa essere occasione di serenità e di riflessione per ognuno di noi...
Buon Natale a tutti...!!

Salvatore Fioretto
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http://www.tropeaedintorni.it/LiguoriniTropea/GiesuCristePeccerille.mp3

https://www.youtube.com/watch?v=cW0h4UucGTI 


https://www.youtube.com/watch?v=5xEMz-5phZE


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