giovedì 29 maggio 2014

A.D. 1679...e fu libertà...!!


La comunità di Piscinola ha scritto nei secoli scorsi delle belle pagine di storia, inneggianti alla libertà e all'indipendenza contro il dispotismo e la tirannia feudale. Uno dei momenti più alti di quest'elevarsi è stato rappresentato dalla lotta dei suoi abitanti contro la vendita del Casale di Piscinola ai baroni, paventata nel XVII secolo. 
Durante il periodo di Viceregno spagnolo, infatti, a causa delle ristrettezze economiche della Corona spagnola, sempre alle prese con estenuanti guerre e spese militari, fu presa la decisione di vendere i Casali. Decisione maturata formalmente nel dicembre del 1619. A nulla valsero le istanze presentate alla Regia Camera della Sommaria, dal Procuratore Francesco Tedaro, che appellandosi al privilegio concesso nel 1505 da Ferdinando “Il Cattolico”, domandò che non si mettessero in vendita i Casali.
Tra il 1620 ed il 1637 molti Casali furono venduti dal Viceré spagnolo ai baroni locali, suscitando vivaci proteste tra gli abitanti.
Il 15 giugno del 1637 gli abitanti dei Casali si sollevarono tutti uniti, in un’accesa protesa contro l’ordine del Viceré di Napoli, Don Ramiro de Guzman duca di Medina del Las Torres (al trono per conto del re Filppo IV di Spagna). Alla protesta parteciparono trentadue Casali, tra i quali Piscinola. Nonostante il tumulto, la Regia Camera della Sommaria, competente del Foro Feudale, non tenne alcun conto delle richieste e delle rimostranze dei Casali e quindi ratificò la decisione vicereale.
Molti Casali, per non cadere nelle mani dei baroni, furono costretti ad esercitare lo strumento dello “Ius Praelationis”, ossia la possibilità di ritornare allo status di “Regio Demanio” pagando alla Regia Camera, nell’arco di un anno, lo stesso prezzo di vendita offerto dai baroni. Non tutti i Casali riuscirono però a “riscattarsi”.
I Casali che si “riscattarono” passarono sotto lo stato di “Casale Autonomo”, detto anche “Communità” (ossia Comune) ed erano governati dall’assemblea delle famiglie, che poi regolavano i loro rapporti fiscali con il governo centrale, attraverso un Procuratore del Regno. Sappiamo per certo che nel 1637 il Casale di Piscinola si oppose al progetto del Viceré di vendere il Casale al principe di Cardito. In quel periodo Piscinola contava 129 nuclei familiari, ogni nucleo era chiamato “fuoco” e si componeva mediamente di 5 persone.
Intanto, nell’anno 1647, la città di Napoli fu chiamata a “donare” un milione di ducati richiesti dalla maestà cattolica, Filippo IV. La “Piazza della città” stabilì di applicare una gabella sulla farina, divisa in maniera diversa tra la Città e i Casali del Distretto. Per far fronte alla nuova gabella, i Casali dovevano sborsare 3 carlini a tomolo di farina, mentre la città di Napoli un solo carlino a tomolo.
Per il Casale di Piscinola la gabella fu valutata 1.822,75 ducati e fu anticipata con un prestito, dai signori Alessandro Brancaccio e Alfonso de Liguori (forse trisavolo di Sant’Alfonso), attraverso il patto “Quandocunque” (pagamento in qualunque tempo), in base alla propria disponibilità. A causa di questo debito contratto, il Casale di Piscinola ritornò ad essere a rischio di vendita.
Il problema della vendita dei Casali fu molto sentito dalla popolazione locale, fino al punto che, durante i moti del 1647, Masaniello impose nel trattato firmato con il Viceré Duca De Arcos (detto “Capitoli”), l’impegno di non vendere in futuro i Casali.
Al capitolo 43 si legge: “Item, che tutti li Casali di questa Fidelissima Città in ogni futuro tempo debbiano essere, e stare in demanio, non obstante qualsivoglia alineatione, vendita, o donatione in contrario fatta, le quali si declarano nulle, anche in conformità delle Gratie sopra ciò fatte per lo Serenissimo Re Cattolico, confermate per la Cesarea Maestà di Carlo V”.
Dopo la morte di Masaniello il problema si ripresentò, infatti in un documento datato 17 dicembre 1669 si ricava che il principe di Cardito arrivò a offrire ben 22 ducati per “fuoco”, “[...]senza le giurisdizioni delle eccellentissime Portolania e Cacia[...]” (termini usati per indicare i tributi sui passaggi e sui formaggi). Anche un certo “signore”, di nome Pisani, offrì un’alta cifra per l’acquisto di tutti i Casali messi in vendita, tra cui quelli di Piscinola e di Marianella.
Per la transazione di Piscinola furono offerti fino a 2875 ducati (rif. Consiglio Collaterale Consultarum, Vol. 10). La vendita di Piscinola e degli altri Casali, non ebbe però luogo. Nel 1678 le Università di Secondigliano, Casavatore, S. Pietro, Piscinola, Marianella, Barra, Soccavo fecero richiesta di restare nel Demanio, offrendo di pagare 25 ducati a “fuoco”. Alla fine si ebbero delle transazioni per ogni Casale. A conferma di ciò sappiamo, attraverso una “Consulta” dello stesso anno 1678, che i Casali sopra menzionati appartenevano ancora al Demanio (ASN Sommaria Consultationum Vol. 76 fl. 253 t.). 
Nel 1679 il Casale di Piscinola riuscì finalmente a “riscattarsi” ed a rimanere nel Regio-Demanio. Ecco quanto scriverà l’Avv. Rossi, due secoli dopo a tal proposito: “Nel 1679, il Casale di Piscinola per sottrarsi alla Jattura di essere venduto come le altre terre demaniali, e cadere sotto il giogo dei Baroni, pagò alla Regia Corte di Sua Maestà Cattolica Carlo II, la somma di duc. 3800, come da istrumento per Notar Paolo Giuseppe Russo in Napoli”.
Lo stato demaniale fu conservato anche con l'arrivo degli Austriaci e con il regno dei Borboni, quando Piscinola divenne Università e, poi, ancor oltre, con il Decurionato francese, istituito da Gioacchino Murat e, infine, con il Comune autonomo, fino al 1866.
(dal libro "Piscinola, la Terra del Salvatore", ed. Boopen, anno 2010).
 


Rievocazione storica di quest'avvenimento, eseguito durante il Maggio dei Monumenti "o_maggio a Piscinola", il 24 maggio 2014


Ecco il testo recitato da Maurizio DerSuchende durante il "Maggio dei monumenti 2014" di quest'anno, dal titolo '"O_maggio a Piscinola", in piazza G. B. Tafuri, testo che ho appositamente composto per la rievocazione scenica, rispettando però le tracce storiche.

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In nome della Cesarea Maestà Cattolica, Carlo II

Dei gratia Rex, ecc. ecc.

Per il presente Editto,

Ordiniamo et comandiamo,

che, da oggi in avanti,

lo Casale di Piscinola, che sta nel tenimento di questa 
fidelissima città di Napoli, resti, come in origine,

Casale Demaniale Regio, sotto la Juristitione ed
osservanza della Regia Camera della Sommaria,

con esenzione da ogni gabella et tributo,

secondo i Privilegi concessi da Sua Maestà Cattolica,

Carlo V, re di Spagna, nell’anno di grazia 1536.

La presente dispositione,

fa lo seguito al pagamento di riscatto,

stabilito in ducati 3800, a Noi presentato

dalli uomini di detto Casale di Piscinola

et raccolto con colletta pubblica, secondo lo

numero de li fuochi oggi presenti ne lo mentovato Casale.

Decché stabiliamo,

il beneficio perpetuo,

che non si debba più procedere a la vendita

de lo detto Casale di Piscinola,

in abolizione at quanto stabilito nella Prammatica

emanata dalla Regia Camera della Sommaria,

et come promulgato dal Regio Consiglio Collaterale

di questo Vicereame di Napoli.

Ordiniamo,

a li ufficiali et al governo di detta fidelissima

Città di Napoli, presenti et futuri,

di tenere particolar pensiero all’osservanza

del presente Editto et acciocché venga a notizia

di tutti li popolani et abitatori de lo detto Casale e che si pubblichi per li luoghi soliti.

In Napoli, nell’Anno di Grazia Domini 1679, allì 20 giugno

Fernando Joaquite Fajardo , Marchese Los Velez

Vicerè di Sua Maestà Cesarea, Carlo II, rege

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SALVATORE FIORETTO 
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Recita di Maurizio DerSuchende, lettura del proclama dell'avvenuto riscatto

mercoledì 28 maggio 2014

Una lirica in dedica alla rassegna di "o_maggio a Piscinola" curata dall'Associazione Noi e Piscinola.

Per celebrare la riuscita della rassegna "O_maggio a Piscinola", in questa seconda edizione 2014 (rappresentata sabato scorso), il poeta Luigi Sica ci ha trasmesso questa bella lirica, che pubblichiamo con sommo piacere, ringraziandolo:

Interpretazione di Giulia Lettieri dedicata alla Piedimonte

O’MAGGIO 'E MAMMA...*
Me parev’ e murì, sola,
vecchia, inutile, perduta,
scudata a tutte quant’e’figlie miei,
è cu nu fridde dint’o’core
me riceve, senza cchiù curaggio:
quanne vene o sol’e’maggio!

Ch’è stato? Addò so ghiute,
tutt’e’criature meie,
m’hanne levat’a’terra,
albere, frutt’ e’ fronne
m’hanna mise annure,
mò chiagne sule pe criature.

Se so scurdat’e’me,
pò essere maie?
Nisciune me pò fa stu sfreggio!
Qua figlie po’ tené stù curaggio?
Chille s’arricordene e me,
forse tornan’a’maggio.

S’arricordene e me
e già me sente viva
Io m’arricorde e loro
tutte quante pe nomme,
mamme, pate, sore e frate
so nate ccà, io l’aggia criate.
Chille s’arricordene e me
Forse tornan’a’maggio,
forse tenene scuorne
nun troven’o’curaggio.

Che fanne senz’e’me?
Che faccio senz’e’loro?
Che me ne faccio e l’oro?
R’a miseria o ra ricchezza,
Si a sera nisciune te fa na carezza
Si o rimane nun te da certezza.
E’ nu bisogno e te,
é’ nu bisogno e me
è nu bisogno e nuie
Forse tornan’a’maggio,
forse tenene scuorne
nun troven’o’curaggio.

Uè Nera Nè, eh viste oi né,
e figli miei che songhe,
è gente ca me tene ancor’a mente,
e io ne songhe assaie cuntenta,
cunte, canzone, musica, duelli
eh viste oi né quann’erano belli.
S’arricordene e me
sti cor’e’mamme
cunte, canzone, musica, poesia
hanne cuntate tutt’a’vita mia,
Nera Nè mò te ne può ghì,
ce sta ancora tiempe pe murì,
si nunn’e’capit’o’ messaggio,
e figli miei tornan’a’ maggio
E’ nu bisogno e me,
é nu bisogno e nuie
è nu bisogno e Te.
Tutte n’zieme Nuie
Facimmece curaggio
Che belle a cantà Mammà
Dint’o sole e maggio.


Luigi Sica 


*Mamma = Piscinola


 Il videoclip dell'evento:
https://www.youtube.com/watch?v=Uv3cgTqngqM&feature=share  

Interpretazione di Giulia Lettieri dedicata alla Piedimonte


Duello tra Caracciolo e De Luna d'Aragona, a cura della "Compagnia la  Rosa e la spada"





giovedì 15 maggio 2014

Una terra di santi... poeti, giuristi e navigatori.... (1^ parte)

L'area Nord di Napoli, che va da Secondigliano a Chiaiano, da Piscinola, a Miano e a Marianella,  abbracciando anche Mugnano e Casoria, vanta diversi primati in tema di classifiche di personaggi famosi, sia in ambito religioso, che in ambito sportivo, letterario, artistico, giuridico e in altri campi delle manifestazioni umane...
In campo religioso si può dire che questo territorio sia stato toccato dalla "mano divina", perché numerosi sono stati i personaggi che hanno dato grande esempio di virtù e di santità, soprattutto con le loro opere sociali ed iniziative umanitarie. 
Iniziano, ovviamente, con il grande Sant'Alfonso, nativo di Marianella, rampollo della famiglia nobile dei Liguori. I componenti della famiglia dei Liguori erano ascritti al sedile nobile di Portanova, avevano la residenza cittadina nel quartiere dei Vergini e godevano della casa di campagna, a Marianella, immersa nella natura rigogliosa e salubre delle dolci colline napoletane di allora... Alfonso Maria dei Liguori nacque in questa casa, nel Casale di Marianella, il 26 settembre del 1696, da Giuseppe, comandante generale della flotta vicereale, a capo della celebre galera chiamata Capitana e da Anna Cavalieri sorella del vescovo di Troia, Emilio, dal quale, il giovane prodigio Alfonso, trasse tanti insegnamenti di vita e di pratica religiosa. Laureatosi in "utroque jure" (ossia in diritto civile e diritto canonico), a soli 16 anni, con almeno 2 anni in anticipo rispetto alla regola consolidata nell'ateneo napoletano dell'epoca, Alfonso fu esaminato dal grande filosofo G. B. Vico, gloria napoletana. Eccellente avvocato, divenne subito famoso in tutta Napoli, perché non perdeva mai una causa. Profondamente deluso per il giudizio iniquo ricevuto ad una causa che vedeva contrapposta la famiglia napoletana degli Orsini a quella fiorentina dei Medici (lui difendeva gli Orsini, che ebbero la men peggio!), causa che si dirà falsata per beghe e raccomandazioni politiche (sic!), Alfonso decise di abbandonare la vita forense  e lo stato secolare e di farsi sacerdote. La sua vita è stata spesa intensamente e interamente tra lo svolgimento di tantissime Sante Missioni, da lui condotte in Campania e nell'Italia meridionale, nella conduzione delle Cappelle Serotine, nella scrittura di oltre 110 libri, tra cui la famosissima Theologia Moralis, nella composizione musicale e nell'apostolato tra gli umili, prima come sacerdote e poi vescovo e fondatore dei Redentoristi. Fondò a Scala, il 9 settembre 1732, la congregazione del SS. Redentore, che oggi vanta case missionarie in ogni angolo del pianeta. Morì nel convento di Pagani, il 1 agosto del 1787. Sant'Alfonso è stato dichiarato dottore della chiesa cattolica universale, è compatrono della città di Napoli ed, infine, è stato dichiarato patrono dei confessori e dei moralisti.
Sant'Alfonso è stato in un certo senso l'ispiratore di altri due personaggi illustri elevati agli onori degli altari.
Il primo si chiama Gaetano Errico e nacque nel Casale di Secondigliano il 19 ottobre 1791, figlio di un umile maccaronaio, la madre era tessitrice di felpe.
Fin da piccolo ebbe il forte desiderio di farsi sacerdote, ma le umili origini della sua famiglia non gli permisero di frequentare subito il seminario. Fortunatamente, grazie all'interessamento di un suo benefattore, ricevette un vitalizio che gli permise di assicurare la retta richiesta per la frequentazione al seminario arcivescovile di Napoli, anche se dovette frequentarlo da esterno, e per tale motivo il giovane Gaetano dovette percorrere ogni giorno a piedi gli 8 chilometri che componevano l'allora impervio tragitto, tra Secondigliano e Capodimonte. Sempre preciso nell'orario, quando la gente lo vedeva passare, esclamava: "Sta passando don Errico...". 
Durante la settimana si dedicava all'assistenza dei malati nell'ospedale degli Incurabili e ad insegnare il catechismo ai ragazzi di strada.
Divenuto presto sacerdote, fu assegnato come aiutante alla parrocchia di Santi Cosma e Damiano di Secondigliano. Durante l'annuale pellegrinaggio e ritiro spirituale che usava effettuare al convento di Pagani, davanti alla tomba di Sant'Alfonso ebbe la visione del Santo che lo invitava a fondare un nuovo ordine religioso missionario, operante nelle zone del mondo, povere e depresse; fondò così la Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori. Zelante sacerdote, instancabile confessore e apprezzato predicatore, ebbe in visione la Vergine Addolorata che lo invitava a edificare un Santuario in suo onore. Nonostante tantissime difficoltà e opposizioni, da parte di personaggi influenti dell'epoca, riuscì finalmente a completare, dopo 12 anni, il santuario dedicato alla Vergine Addolorata, nel cuore popolare dell'antico Casale di Secondigliano. Nelle stanzette attigue alla chiesa stabilì la sede della nascente Congregazione.
Per questo tempio e per il culto, volle fortemente far realizzare, dal celebre scultore Verzella, la bella statua dell'Addolorata. Si narra che lo scultore riuscì a realizzare l'opera dopo molti tentativi, perché don Gaetano pretendeva che fosse uguale a quella a lui apparsa in visione. La statua è diventata il simbolo della sua devozione mariana e la protettrice della interna comunità di Secondigliano. Il Superiore, come lo chiamavano i suoi compaesani, visse gli ultimi anni della sua vita nel periodo buio, a cavallo tra il Risorgimento e dell'Unità d'Italia, morì a Secondigliano, il 29 ottobre 1860.
Gaetano Enrico è stato elevato agli onori degli altari dal papa, Benedetto XVI, in un affollatissima piazza San Pietro, il 12 ottobre 2008. 
Amico di Sant'Alfonso, fin dagli studi di giurisprudenza, il barone Gennaro Maria Sarnelli frequentava sovente la sua tenuta di Chiaiano, poco distante quindi dalla residenza dei Liguori a Marianella. Gennaro nacque a Napoli il 12 settembre 1702, figlio del Barone Angelo, originario della cittadina di Ciorani. 
Gennaro Maria Sarnelli divenne anche lui avvocato, ma rinunciò presto alla vita forense, divenendo sacerdote. Seguì il fondatore, Sant'Alfonso, aderendo alla sua nascente congregazione dei redentoristi, addirittura il padre Angelo donò a Sant'Alfonso un'ala del castello di Ciorani per stabilirvi una casa della congregazione. Fu chiamato dal cardinale Spinelli a sostituire Alfonso nella conduzione delle Sante Missioni, che si tenevano in tutta l'Archidiocesi di Napoli. Si ammalò gravemente per le privazione e i sacrifici patiti, minato anche nel fisico troppo esile, Gennaro Maria Sarnelli morirà poco dopo, a Napoli, a soli 41 anni, il 30 giugno 1744. E' stato anche lui un apprezzato scrittore di numerose opere spirituali, oltre 40, tra cui l'Opera Omnia. Fu promotore di una vasta campagna moralizzatrice, che estese nella Napoli popolare e nei suoi Casali, combattendo la prostituzione dilagante e lo sfruttamento delle donne e lo stato indigente di molti fanciulli. Condusse sulla retta via molte donne e uomini della sua epoca. 
E' stato dichiarato beato il 12 maggio 1996. 
Altro personaggio morto in odore di santità e legato a Sant'Alfonso, è stato il cappuccino P. Tommaso da Marianella, al secolo Giovanni Francesco Saverio Giannini, che nacque nell'appartamento situato nel palazzo dove nacque Sant'Alfonso, il 7 maggio 1804.

I primi anni della sua infanzia furono dedicati alla scuola e al lavoro. Aiutava il padre che faceva il calzolaio. La madre, Grazia, s'industriava nell'arte del filare. Manifestatasi in lui fin dalla giovanissima età la vocazione, entrò all'età di 20 anni nella comunità dei frati francescani, nel convento di Nola, dove emise i voti, nel 1825. Nel 1828 fu ordinato sacerdote nella cattedrale di Napoli. Nel 1840 fu destinato al convento di S. Agnello di Sorrento. La sua vita è stata un continuo esempio di opere di bene in aiuto di tantissime persone bisognose e indigenti. Sempre allegro nel comportamento, si consumò, nonostante la sofferenze della malattia, fino agli ultimi momenti della sua vita per i poveri e per i suoi confratelli del convento di Sant'Agnello di Sorrento. Il Molto Reverendo, così era soprannominato da tutti, morì il 15 marzo 1884. Nel giorno del suo funerale la chiesa e la piazza non bastò a contenere la fiumana di gente che accorse in massa, era il suo popolo che tanto aveva amato e soccorso. A questo personaggio si attribuiscono diversi prodigi e guarigioni. 
Fino agli anni della seconda guerra mondiale i cittadini di Piscinola e di Marianella organizzavano in primavera un pellegrinaggio, recandosi a Sant'Agnello per venerare la tomba di questo umile fraticello, loro conterraneo, utilizzando per il viaggio le due ferrovie secondarie: la Piedimonte e la Circumvesuviana, spesso accompagnati anche con la banda musicale di Piscinola e di Marianella. Purtroppo questa consuetudine e questo culto sono stati un poco abbandonati in questi ultimi sessant'anni.
 

Originario del Casale di Piscinola, gli storici annotano Fra Masseo da Piscinola, frate cappuccino, vissuto nel XVII secolo e morto in odore di santità, apprezzato e stimato dai suoi confratelli per la semplicità del suo parlare e per i consigli benevoli che egli dispensava a tutti. Ecco quanto riporta il libro "Breve notamento de tutti li frati cappuccini quali sono passati da questa vita presente in questa Provincia di Napoli 1563-1653" (di Girolamo da Sorbo, Clemente da Napoli, Pietro Zarrella, ed. Athena 1995), pag. 246: "888. Fra Masseo da Piscinola, laico d'età d'anni 51 e di religione 32, fu buon fraticello, havendo vissuto da santo religioso e servita la religione con carità, sicome adesso serviva in questo luogo della Concettione per compagno d'ortolano, dove informatosi gravemente // prese li sancti sacramenti con ottima dispositione e rese l'anima a Dio, allì 21 marzo 1631. Fu sepolto a San Francesco". Fra Masseo da Piscinola nacque, quindi, nell'anno 1580.
Mugnano è celebre per la fondatrice del santuario del Sacro Cuore di Gesù, parliamo di Suor Maria Pia Brando
Maria Pia Brando nacque a Napoli, il 3 giugno 1851 da Giovan Giuseppe e da Concetta Marrazzo. Il 23 maggio 1870 si ritirò nel Monastero delle Fiorentine all'Arco Mirelli, dove emise la professione dei voti solenni. Nel 1881 venne indirizzata a Mugnano dal Vicario Generale, Mons. Giuseppe Carbonelli; di conformazione esile, ma forte di carattere e di volontà, la Brando riuscì col tempo a suscitare nuovo slancio e a farsi animatrice di un nuovo indirizzo spirituale. Le fu così possibile riunire intorno a sé un buon numero di consorelle, che presero il titolo di Suore Francescane del S. Cuore di Gesù. Fece ampliare l'orfanotrofio e costruire la chiesa in onore del S. Cuore, di cui essa stessa ideò e fece eseguire una bellissima statua. Per le crescenti necessità si rese pellegrina questuante in mezzo a difficoltà, privazioni e sacrifici enormi. Morì del 27 agosto 1916. Compianta da tutti in paese, fu chiamata la "Monacella Santa". Con le offerte dei fedeli e dei devoti al Sacro Cuore di Gesù, Maria Pia fondò il santuario e l'orfanotrofio per l'accudimento dei bambini orfani e abbandonati. La devozione dei mugnanesi e di tutti gli abitanti dell'Area Nord di Napoli, Piscinola, Marianella e Chiaiano è rimasta immutata nel tempo e ogni anno in massa sono i pellegrini che accorrono, nella terza domenica di ottobre, per reiterare le manifestazioni di venerazione verso questa antica immagine prodigiosa del Cuore di Gesù. E' in corso il processo di canonizzazione per questa Serva di Dio.
La nostra zona è stata frequentata da un altro apostolo di Carità, che tanto ha speso nel secolo scorso per i poveri, i fanciulli e gli anziani, si chiama Ludovico da Casoria, frate francescano, al secolo Arcangelo Palmentieri, che nacque a Casoria, il 11 marzo 1814. Entrò nell’Ordine dei Frati Minori Alcantarini nel 1832 e dopo gli studi necessari come novizio presso Nola, fu ordinato sacerdote il 4 giugno 1837. Fra Ludovico fu il fondatore dell'ordine delle suore Elisabettine Bigie e dei frati Bigi. Fondò numerosi centri per l'accudimento e la formazione di tanti ragazzi abbandonati, che raccoglieva a migliaia per le strade di Napoli e provincia, chiamandoli Accattoncelli; si adoperò anche per il riscatto di molti ragazzi di colore, che chiamò Moretti.
Targa affissa dal Comune di Napoli nell'ospsizio di anziani marinai a Posillipo
Il suo motto era "L'Africa deve convertire l'Africa", infatti i ragazzi che riscattava dalla schiavitù, li conduceva a Napoli e, a quelli che maturavano la vocazione sacerdotale e missionaria, li aiutava a raggiungere le nazioni di origine, dove poi avrebbero svolto la loro missione sacerdotale o l'attività missionaria. 
A Napoli realizzò tre grandi centri, a Posillipo, un ospizio per l'assistenza dei marinai anziani, al Tondo di Capodimonte e allo Scudillo: quest'ultima opera chiamò la Palma. Ludovico è stato insegnante alla scuola elementare di Piscinola per diversi anni e a Piscinola fondò anche una sua casa per l'accudimento degli Accattoncelli.
Statua nel porticato d'ingresso della basilica del Rosario di Pompei
Fu intimo amico dell'avvocato Beato Bartolo Longo e della santa Caterina Volpicelli, con i quali fu tra i sostenitori spirituali della fondazione del Santuario Mariano di Pompei. Morì a Napoli il 30 marzo 1885. E’ stato beatificato da S. Giovanni Paolo II, il 18 aprile1993.
La sorella di Maria Pia, Maria Cristina Brando, anche lei suora, è stata la fondatrice della congregazione delle Suore vittime espiatrici di Gesù Sacramentato. La Brando, con l'aiuto di padre Ludovico da Casoria, con cui strinse un rapporto di amicizia spirituale,  riuscì ad erigere la sede della congregazione in Casoria. Suor Maria Cristina Brando è stata beatificata il 27 aprile 2003.
Nell'autunno del 1943, i tedeschi in ritirata fucilarono, nelle campagne a confine tra Mugnano e Giugliano, padre Rossetti e altri 3 seminaristi originari di Mugnano, solo perché questi avevano cercato di proteggere uomini e donne del loro paese dalla rappresaglia tedesca; furono scambiato per spie e passati al fuoco della mitraglia. Questi giovani eroi sono ricordati come "i 4 Martiri di Mugnano".
E' doveroso ricordare, infine, Padre Nicola Frascogna, missionario del PIME in India. Originario di Mugnano, dove nacque nel 1916, si formò nel complesso di Casaluce, maturando il desiderio di farsi missionario. Frascogna frequentò a lungò la comunità di Piscinola, con la quale strinse un gemellaggio per la realizzazione delle sue opere missionarie in India; fece costruire, infatti, grazie all'aiuto costante dei Piscinolesi, oltre 20 chiesette, alcuni lebbrosari e scuole nel territorio sottosviluppato a lui affidato in missione. Morì lontano dall'Italia, nella terra di missione che tanto amava, il 21 maggio 1981.

Tra qualche anno dovremmo aggiungere a quest'elenco altri personaggi vissuti negli ultimi tempi, i quali, con loro opere, hanno reso grande esempio nel loro operato.

Salvatore Fioretto 
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
 

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