Le tasse e i balzelli sono stati sempre avvertiti dalla
popolazione dei secoli passati come una vessazione opprimente e poco digeribile,
specialmente dai popolani appartenenti agli strati più poveri e indigenti della
società. La città di Napoli ebbe però l’antico privilegio, a
partire dalla dominazione Aragonese, di avere l’esenzione dalle tasse, con la
sola eccezione del cosiddetto “donativo”, ossia della richiesta di finanziamento
avanzata dagli occupanti per rimpinguare le casse reali, oppure di quelle spese
necessarie per la manutenzione straordinaria della cortina muraria della città. Questa esenzione dalle tasse demaniali, come è noto,
fu estesa anche ai Casali circonvicini alla Città che si trovavano nello stato
di “Casale Demaniale o Regio”. I Casali baronali, invece, erano sottoposti alla
tassazione dei feudatari.
Queste tasse, che oggi diremmo “imposte indirette di
consumo”, erano legate al commercio di alcune derrate e alla fruizione di servizi
ed erano raggruppate nei cosiddetti “Arrendamenti” (l’etimologia del termine deriva da “appaltare la rendita”) a
cui facevano capo delle vere e proprie amministrazione con responsabili, deputati
all'applicazione delle disposizioni (Prammatiche) e alla raccolta delle somme (Esazione degli
estagli). Dell’esistenza degli Arrendamenti nel regno di Napoli si
hanno tracce fin da periodo Normanno-Svevo, anche se lo sviluppo maggiore si
ebbe durante il periodo vicereale spagnolo.
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Vicerè Petro Tellez Giron, duca di Osuna
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Con il trascorrere dei secoli la
raccolta delle tasse fu data in concessione o appaltata ai privati, che spesso erano
famiglie facoltose o membri della aristocrazia cittadina e pertanto gli stessi balzelli
erano gravati anche dal costo del servizio di raccolta prestato e dagli utili reclamati. L’Assegnazione del servizio (privative) avveniva attraverso bandi
pubblici. Quando le gare andavano deserte, il demanio si faceva
carico della riscossione dei dazi, nominando un responsabile, in tal caso si
diceva “Arrendamendo in Demanio” e il funzionario chiamato “Governatore del Regio Arrendamento
del…”. Anche nell’arrendatore in privativa, il responsabile era
chiamato “Governatore”; era inoltre presente un consiglio di amministrazione
che lo nominava. Il governatore (che potevano essere anche più di uno), durava in carica dai quattro ai sei anni. L’organizzazione interna prevedeva anche
una figura di notaio, e dei luogotenenti: un "vicesegreto", un "credenziero", un "substituto", ecc.
Con la prammatica XXII del 1649 si disciplinò tutta la
materia: alcuni arrendamenti furono soppressi, altri modificati, altri ancora
creati ex novo. La novità fondamentale introdotta con questo provvedimento fu
costituita dalla "datio in solutum", per mezzo della quale lo Stato
cedette ai suoi creditori, come veri e propri titoli di rendita pubblica, le
partite degli arrendamenti, riservandosi solo di ricavare da alcuni di essi
un'entrata annua da destinare alla Cassa militare. Tuttavia, malgrado
l'avvenuta alienazione, lo Stato continuò a mantenere un controllo preventivo e
ispettivo sull'organizzazione degli arrendamenti, dati gli ovvi risvolti che il
loro andamento esercitava sul fisco, sui banchi e sull'intera vita economica
del paese.
Tra i tanti Arrendamenti, all’epoca esistenti, ricordiamo
quello più importanti: della farina (Panizandi), del vino, delle carni (Macellatico), dei latticini e formaggi (Cacia),
dell’olio, della seta, dell’acquavite, del sale, del tabacco, della pece, del
ferro, delle carte da giuoco, della frutta, del Pane a rotolo (pane a minuto), ecc.
e quelli dei servizi, ad esempio: del pascolo (Erbatico), della famiglia (Focatico),
degli spazi della città (Portolania) e tanti altri ancora. Come si potrà immaginare, la popolazione era stremata
da questi balzelli, e non era infrequente il verificarsi di tumulti e di rivolte
a causa dell’aumento dei dazi; tra queste la più famosa e cruenta è stata la
rivolta di Masaniello. Molti, poi, erano coloro che cercavano di evitare di
pagare questi balzelli, attraverso la pratica del contrabbando e il passaggio
incontrollato delle merci tra i confini poco controllati.
Altra problematica fu l’elusione di alcuni cittadini, compiuta sfruttando
abilmente l’ambigua e poco esatta determinazione del confinamento territoriale tra la Capitale e i Casali non demaniali, ossia la zona soggetta alle tasse da quella invece che ne era esentata. Questa linea di confine fu, nei decenni a cavallo dei
secoli XVII e XVIII, più volte verificata ed evidenziata fisicamente, in
particolare da parte dei governatori degli Arrendamenti della farina e del vino.
Furono
elaborate delle dettagliate mappe colorate e furono apposti ex novo dei termini identificativi (picchetti) ben visibili e inamovibili. Non mancarono querelle e contestazioni contro
i governatori dell’Arrendamento, da parte dei proprietari
di edifici e di masserie che si dichiaravano situati nella parte esentata; come, ad
esempio, la protesta formulata dalle masserie di San Giovanni a Carbonara e di
S. Agostino della Zecca, entrambe situate nel tenimento del Casale di Marianella. Tra gli elaborati grafici, detti “tavolari”, che
furono redatti in quell’epoca, troviamo: il Tavolario d’Urso, (anno 1698), il Tavolario
di Biaggio Zizza (anno 1712) e il Tavolario di Manni (anno 1733), Tutti questi personaggi eseguirono la identificazione della linea di confinazione apponendo dei "termini" fissi, senza però elaborare una mappatura su carta, come era state richiesta dai governatori degli arrendamenti del vino e della farina. Ovviamente con il trascorrere dei decenni questi "termini" venivano divelti a seguito di incidenti con i carri o volutamente spostati...
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Vicerè Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos
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Poiché la
controversia restava sempre attuale e accesa, i governatori dell’Arrendamento
della Farina, nell’anno 1776, affidarono l’incarico di elaborare un nuovo
Tavolario (Platea) all’ing. Camerale Giambattista Porpora. Questo topografo tre
anni dopo, nel 1779, concludeva brillantemente l’incarico, con l’elaborazione
di una poderosa mappatura della confinazione del "Distretto" della Città di Napoli e dei Casali, e una
relazione manoscritta che descriveva con minuzia le strade dei confini,
misurandole in “passi”.
L’opera originale è oggi conservata nella Biblioteca
della “Società di Storia Patria” di Napoli. Purtroppo è andata persa la mappa
generale, mentre sono pervenute le sedici mappe minori, indicanti gli esatti
confini topografici della Capitale con i territori dei tredici casali limitrofi
(Portici, Barra, Ponticello, S. Pietro a Patierno, Secondigliano, Miano,
Piscinola, Polvica, Chiajano, Marano, Pianura, Soccavo).
Ecco la descrizione integrale della confinazione dell’Ing.
Giambattista Porpora per quanto riguarda Secondigliano, Miano, Marianella, Piscinola,
Polvica e Chiajano. L'opera si intitola "Premessa alla Configurazione dalla Città di Napoli e i suoi casali per l'Arrendamento della farina", datata 28 giugno 1779.
V. Confinazione col casale di Secondigliano.- Dal detto termine 34.º (dalla descrizione della precedente confinazione,
riguardante il Casale di San Pietro a Patierno - n.d.r.) camminandosi verso la
sinistra per la via Regia di Caserta , tra occidente e mezzogiorno, si giunge
nella croce di Capo di Chio, donde lasciando a destra la via Regia che porta in
Aversa e quella che conduce in Arzano e la via Regia a sinistra per cui si
viene in Napoli , e proseguendosi il cammino quasi a dritto per la cupa detta
di S. Felice o di Miano nella direzione di occidente , nel di cui angolo a
destra sono le case di D. Salvatore Caruso e nell'angolo a sinistra quelle del
patrimonio di D. Camillo Sanfelice, in una delle quali sta situata la sbarra di
detto Arrendamento, dopo passi 76 si giunge nel termine 35.º piantato nella
fine del muro che chiude il territorio dello stesso signor Caruso a fronte di
detta cupa . Seguitandosi indi per la stessa cupa verso occidente , dopo passi
109, incontrasi il termine 36.º situato nel piede della siepe del detto
territorio in petto all'angolo del muro del territorio di Sanfelice . Indi rivoltando
a sinistra e camminando verso mezzogiorno lungo il muro , che divide il
territorio suddetto da quello dei signori Vecchione , dopo passi 137 1/2 , si
cala con diverse direzioni nel Cavone di Miano o sia letto della lava , in cui
nella fine del riferito muro è situato il termine 37.º Da questo girando a
destra e camminando verso occidente per il suddetto Cavone , dopo passi 110 ,
si giunge nella cuparella a destra denominata di S. Cesareo , ove termina
questa linea di confinazione tra il Ristretto ed il casale di Secondigliano .
VI . Confinazione col casale di Miano.- Dalla cennata cuparella di S. Cesareo proseguendosi tortuosamente il
cammino per lo stesso letto della lava , che costeggia il muro del Real Bosco
di Capodimonte , mediante varie direzioni e il lungo tratto di passi 870 si
giunge al 38.º termine piantato in mezzo al medesimo letto di lava , propria
mente nel luogo detto la Croce di Miano all'incontro il casamento del
Marchese Valdetaro, dove stà situata la sbarra dell'Arrendamento, l'osteria ed
altri bassi per uso di abitazione , ed indi seguitandosi a camminare verso la
sinistra per il medesimo letto della lava colla direzione di occidente , dopo
passi 85, si giunge in un bivio , donde lasciando si lo stesso letto di lava a
sinistra e proseguendosi il cammino per la via pubblica a destra che conduce
nel casale di Piscinola secondo la direzione di settentrione, nell'angolo della
quale via sta situato l'arco di fabbrica, chiamato arco di Piscinola , mediante
la di stanza di passi 55 s'arriva nella prima via a sinistra , che termina in
un vallone d'acqua, che passa per sotto il ponte di fabbrica , denominato anche
di Piscinola , per la quale via camminandosi verso occidente dopo passi 60 si
giunge nel confine tra la massaria Sorrentino e quella del signor Paziente,
oggi Marchese Valdetaro. Di là seguitandosi a camminare per la stessa via e poi
per il vallone d'acqua che la sussegue nella direzione d'occidente , dopo passi 80, si giunge sull'anzidetto ponte e proprio nella via
pubblica che a sinistra porta nella Cappella di S. Rocco ed a destra conduce a
Piscinola ; nel qual ponte termina la linea di confinazione tra il Ristretto di
Napoli ed il casale di Miano.
VII . Confinazione col casale di Piscinola. - Dal
detto ponte rivoltando a man de straper la via pubblica , che porta a
Piscinola, nella direzione di settentrione, dopo passi 85 , si trova a man
sinistra la via per cui si va a Marianella , ed indi dopo passi 215 si giunge
in un bivio , donde lasciandosi la via di Piscinola e proseguendosi per quella
a sinistra che anche porta a Piscinola ma colla direzione d'occidente , dopo
passi 95 , si trova la prima via pubblica a man destra, e poi dopo altri passi
55 si arriva nella seconda via pubblica anche a destra , le quali ambedue
portano a Piscinola e rinserrano il giardino colla casa e cappella del Principe
di Luna, ove termina la linea di confinazione tra il Ristretto di Napoli ed il
casale di Piscinola .
VIII . Confinazione col casale di Marianella.- Dalla casa del Principe di Luna proseguendosi il cammino in direzione
d'occidente dopo passi 84 si giunge nel confine della massaria dei PP. di S.
Giovanni a Carbonara , che passa al di dietro dei bassi situati alla sinistra
di detta via pubblica , camminandosi lungo il qual confine nella dire zione di
mezzogiorno dopo passi 40, ed indi rivoltando a destra e seguitando a camminare
per lo stesso confine , secondo la direzione dell'occidente , dopo passi 21 ,
si arriva all'angolo esteriore della casa rurale di detta massaria a fronte
della via pubblica che dopo passi 41 in direzione di mezzogiorno s'incontra
nell'altra via pubblica , che a destra porta a Marianella ed a sinistra va ad
uscire nella via Regia che viene da Capodimonte. Dal l'incontro di dette due
vie pubbliche girando a sinistra e camminando nella direzione tra mezzogiorno
ed occidente per la via pubblica a sinistra s' incontra dopo passi 195 quella
per cui s'esce alla Cappella di S. Rocco ed indi per altri passi 200 nella
stessa direzione s'esce nella via Regia che viene da Capodimonte e proprio
rimpetto all'osteria, chiamata volgarmente del Portone , ove termina la linea
di confinazione tra il Ristretto di Napoli ed il casale di Marianella .
IX . Confinazione col
casale di Polvica.- Dalla cennata osteria camminandosi
tra oriente e mezzogiorno per la via pubblica , che radendo l'osteria medesima
va ad uscire alla Caracciola , dopo passi 30 , s’incontra anche la via pubblica
a destra che porta a Polvica , donde rivoltandosi e per essa proseguendosi il
cammino , prima tra mezzogiorno ed occidente , poi con varie altre direzioni ,
si giunge per un tortuoso e lunghissimo tratto di strada di passi 620 nella
Cappella detta di S. Maria a Toscanella a sinistra di detta via ed a fronte di
un bivio , che a sinistra porta a S. Croce ed a destra a Polvica, donde
camminandosi per quella a destra nella direzione di occidente , dopo passi 15,
si giunge nel pontone della massaria di Giuseppe Cerullo e proprio nella via a
sinistra, che conduce nelle massarie , per la quale camminandosi tra
mezzogiorno ed occidente per passi 50 s' arriva nella siepe a destra di detta
via che divide la massaria dei PP. Teresiani da quella della Duchessa di
Minervino , ove ascendendosi da detta via nelle riferite massarie e
camminandosi lungo la detta siepe verso occidente e poi con altre direzioni si
giunge per passi 160 in fine di detta siepe e proprio a fronte della via che da
S. Croce va a Polvica. Calandosi in detta via e seguitandosi per la medesima
verso la sinistra per passi 60 nella direzione di mezzogiorno si giunge nel
principio della siepe a destra di detta via , la quale divide la massaria di
Bernardo de Cristofaro da quella di D. Pasquale Balsamo, accosto la quale
caminandosi tra mezzogiorno ed occidente , dopo passi 130, si giunge alla fine
di essa siepe attaccata alla casa di Balsamo a fronte dell'altra via che da S.
Croce porta anche a Polvica. Da detta siepe calandosi nella via pubblica e
seguitando il cammino a destra , prinia in direzione di settentrione per passi
5 e poi in direzione tra settentrione ed occidente per passi 165 , si arriva
alla casa di D. Gaetano Micale e poi dopo altri passi 170 nella fine della
siepe che divide la massaria di Micale dalla selva di D. Giuseppe Ametrano ,
chiamata lo Parmentiello, a fronte del cavone detto dello Pesaturo .
Nell'incontro di detta via pubblica col suddetto cavone termina la linea di
confinazione del Ristretto di Napoli col casale di Polvica.
X. Confinazione col casale di Chiajano.- Dall'incontro del detto cavone colla via , che da S. Croce va a Polvica
, camminandosi per lo stesso cavone o sia via devastata , per cui anticamente
s'andava a Chiaiano , nella direzione d'occidente , e poi con altra direzione
dopo tortuoso , disagevole e lungo sentiero di passi 500, si giunge nel monte
detto dei Vitro , donde girando a destra e salendosi per il vallone della
Contessa verso occidente , costeggiando sempre il confine della selva degli
eredi Colangelo , mediante passi 120, si giunge in una via pubblica , per la
quale camminandosi s' incontra dopo piccol tratto il confine tra la stessa
selva e quella del Principe di Castagneto, donde proseguendosi il cammino lungo
la detta siepe verso occidente, mediante passi 110, si trova un canale d'acqua,
che divide la selva del monastero del Gesù delle Monache da quella dei PP.
Certosini , detta la Rotondella , per il qual canale seguitandosi nella stessa
dire zione , dopo passi 150 , si giunge nella via pubblica della Piscinella ,
situata in pie della selva dei PP. Camaldolesi denominata di S. Caterina e
proprio nel 39.º termine pian tato in detta via . Da questo proseguendosi il
cammino per dentro la selva chiamata di S. Caterina nella direzione d'occidente
, dopo passi 160 , s'esce nella via sopra la stessa selva , detta anche di S.
Caterina e proprio all'incontro della Cappella sotto questo ti tolo , ove è
situato il 40.º termine poco distante da una pescina di fabbrica mezzo di ruta
. Da questo termine camminandosi verso la sinistra per l'anzidetta via nella
dire zione di mezzogiorno , dopo passi 31 1/2 , si trova il 41.º termine
nell'angolo della stessa selva di S. Caterina , che vien formato dalla detta
via e dall'altra che incontra quasi ad angolo retto , la quale da Marano
porta a Napoli e proprio rimpetto all' angolo della massaria prima Palermo e
poscia Franchini . Nell'incontro di queste due vie pubbliche termina la
linea della confinazione tra il Ristretto di Napoli ed il casale di Chiaiano.
Questo post che abbiamo
pubblicato è un’altra rara testimonianza storica del nostro territorio, e descrive
come esso appariva circa tre secoli fa, precisamente negli anni 1776-79. Un luogo ameno, pieno di verde e con tanti
paesini (Casali) sparsi in mezzo ad una verdeggiante e fitta vegetazione. Quello che
colpisce ancora di più, in questa descrizione del territorio, è
la presenza di manufatti e opere oggi non più esistenti, tra cui ponti, archi di fabbrica, cuparelle, masserie,
cappelle e chiesette.
Salvatore Fioretto