Il Regno di Napoli è stato tra i secoli XVI e XIX la
patria delle “Missioni Popolari”. Erano soprattutto i numerosissimi villaggi e i
paesi poveri, sparsi nello sterminato territorio a vedere organizzate questi particolari
eventi di preghiera comunitaria, che avevano il principale scopo di rievangelizzare
e ricondurre alla Chiesa i tanti uomini e donne abbandonati a loro stessi.
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Piazza B. Tafuri a Piscinola, processione negli anni '50 |
Le “Missioni” costituivano forme organizzate e
metodiche di predicazioni straordinarie e periodiche, affermatesi a partire
dalla fine del sec. XVI e organizzate da “missionari” ben preparati, con il consenso dell’Ordinario del luogo, per uno spazio di tempo più o meno
lungo, secondo le epoche, gli ambienti e le condizioni religiose delle popolazioni.
Con l’aiuto di collaboratori e con il ricorso a un linguaggio semplice,
familiare ed efficace, questi missionari si proponevano di rinnovare la vita
cristiana del popolo, mediante l’esposizione e l’approfondimento dei principali
temi della fede, con un’attenzione speciale rivolta al senso del peccato e
all’importanza della Grazia. Si faceva ricorso a una serie di celebrazioni
liturgiche e devozionali, atte a indurre i partecipanti alla conversione dei
cuori, all’osservanza dei Comandamenti, alla degna partecipazione ai Sacramenti,
in particolare a quelli della Riconciliazione e dell’Eucaristia e all’esercizio
delle opere caritative e assistenziali.
A Napoli molti furono i “fari” divulgatori delle
Missioni Popolari, tra questi ricordiamo: S. Francesco de Geronimo, S. Alfonso
Maria de Liguori, B. Gennaro Maria Sarnelli, S. Gaetano Errico, e altri ancora,
come il card. Spinelli.
Le Missioni Popolari seguirono diversi sviluppi nei
secoli seguenti e furono personalizzate ai tempi e ai luoghi, dagli ordini
religiosi organizzatori, quali: Vincenziani, Passionisti, Redentoristi e soprattutto Gesuiti.
Fin dal 1885 i Gesuiti di Francia, seguiti più
tardi da quelli del Belgio e della Spagna, diedero vita, con esito positivo, all‘”Opera dei Ritiri Operai”. Si trattava di
un corso di Esercizi Spirituali della durata di tre giorni, con la possibilità
di ulteriori incontri con i partecipanti. Ben presto l’iniziativa raggiunse l'Italia, in particolare il Piemonte, nell'anno
1907 (in seguito anche Roma, nell'anno 1909), dove si trasformò nell‘”Opera Ritiri di Perseveranza (O.R.P.)”, che
generò l’istituzione delle “Leghe di Perseveranza (Leghe)”, i cui elementi fondanti
erano la devozione al Sacro Cuore, il ritiro, la confessione e la comunione
mensile.
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Padre Armando Jué, durante la processione a Carolei |
Dopo la prima Guerra Mondiale, si ebbe in Italia un
fiorire di molte comunità religiose e si vide anche la comunità gesuita aumentare
nel numero dei suoi adepti. Questo fermento spirituale riportò in auge l’antica
pratica di eseguire gli Esercizi Spirituali in casa. La diffusione degli “Esercizi”
portò come conseguenza alla creazione e allo sviluppo delle “Leghe della Perseveranza”, promosse
dalla "CJ" (Comunità Gesuita) per estendere nel tempo e nello
spazio la vita cristiana, rinnovata negli Esercizi.
Per organizzare gli incontri si faceva ricorso alla
collaborazione delle parrocchie, che diventava centro di mini-ritiro, dove una
volta al mese i fedeli riuniti per una predicazione sera, venivano preparati
per la Confessione e per la Comunione del giorno seguente. Molti Gesuiti e non poco i parroci, cercarono di creare e animare queste “Leghe”,
vedendo il livello spirituale delle loro parrocchie e chiese aumentare in modo
significativo. Per
lunghi anni hanno dedicato le loro energie all'O.R.P.: Achille Vayr
(1880-1938) e Giuseppe Picco (1867-1946) che si sono distinti in Piemonte; Giovanni
Vaglia (1885-1945) e Mario Corti (1889- 1948), in Lombardia e Veneto; Domenico
Gori (1874-1966) e Guglielmo Como (1903-1978), nel Centro Italia; e
Francesco Laudadio (1907-1963) e Armando
Jué (1900-1984), nel sud Italia.
Nel 1934 la diocesi di Bergamo contava 120 Leghe; nelle Marche erano 320; mentre
nella diocesi di Treviso, erano 140 nel 1935. Nel 1934 si svolse a Roma, nella
Basilica di San Pietro, davanti al Papa, il primo Congresso Nazionale della
Lega della Perseveranza, con la partecipazione di più di 20.000 uomini. Una
relazione ufficiale della Lega, chiamata anche "Opera Ritiri di Perseveranza",
ha dichiarato (1959) che ha avuto 1200 leghe in Italia, che ha riunito circa
220.000 uomini ogni mese.
Particolare è il ricordo lasciato a Piscinola da padre Juè, del quale tratteremo una breve biografia.
Padre Armando
Juè è stato sicuramente una delle figure più rappresentative della
religiosità popolare del Mezzogiorno nel secondo dopoguerra, nacque a Napoli il
6 dicembre dell’anno 1900, il suo cognome era però di origine francese, un suo
avo si trasferì in Italia ai tempi della conquista di Gioacchino Murat.
Entrò nella Compagnia di Gesù il 5 agosto 1918.
Durante gli studi a Chieri (Torino) conobbe l’Opera
Ritiri di Perseveranza e svolse il suo primo tirocinio nelle “Leghe di Perseveranza”.
Trasferitosi a Roma si specializzò in questo ministero sotto la guida del Padre
Gori. Fu ordinato sacerdote il 26 luglio del 1932, dopo un periodo di
preparazione teorico-pratica ebbe il preciso compito di attendere l’O.R.P. di
Napoli e nell’Italia meridionale. La sua destinazione fu la Casa Professa di
Napoli, nella chiesa del Gesù Nuovo.
Assimilò profondamente negli anni la dottrina e l’impegno
apostolico di far vivere i cristiani secondo i dettami della religione e
secondo gli insegnamenti di P. Mario Conte, a tal fine applicò con passione quanto apprese nei vari ritiri cui aveva partecipato, nel Veneto e in altri luoghi, organizzati
dal padre M. Conte.
Padre Juè
è stato un animo infaticabile, napoletano nelle sue espressioni e nei gesti
vivacissimi, era un oratore nato. Si gettò con ardentissimo amore al suo
ministero di predicatore e organizzatori di missioni popolari.
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Copertina del libro Le Missioni Popolari, una fonte del post |
Come era consuetudine, istituiva due comitati, uno
di uomini e uno di donne il cui compito era di redigere e far recapitare gli
inviti al ritiro che era fissato in un giorno feriale, escluso il primo venerdì
del mese. Poi fin dalla domenica precedente, manifesti e striscioni dovevano
annunciare l'evento nelle parrocchie e chiese vicine. Le persone che s'impegnavano a partecipare
dovevano fare una domanda scritta, spiegando anche i motivi che spingevano a
parteciparvi.
Alla vigilia del ritiro, nel pomeriggio,
organizzava confessioni e preghiere per le donne e i ragazzi; alla sera, per i
giovani dai sedici anni in su e per gli uomini. Il giorno, dopo messa, curava il
discorso e distribuiva la Comunione, a volte avveniva prestissimo.
Per una settimana intera aveva luogo in chiesa, alla
sera, una specie di liturgia penitenziale, con la predicazione convincente ed infuocata
del padre Juè o di un altro predicatore, che si posizionava sul palco, accanto a un maestoso Crocifisso fatto sistemare in
quel posto per la circostanza (non dal pulpito). Il raduno terminava sempre con
il canto di Sant’Alfonso Maria de Liguori: “Gesù
mio, con dure funi…”.
Al termine di questo ottavario iniziale, alla sera
inoltrata, si registrava la partecipazione di un prelato eminente della diocesi,
spesso un vescovo, che officiava un solenne pontificale e tutto
si concludeva verso l'una di notte.
Dopo questa settimana propedeutica, i Ritiri di
Perseveranza assumevano una cadenza mensile. Alla fine di ogni mese, di sera,
tutta la comunità parrocchiale poteva partecipare in chiesa alla celebrazione
eucaristica, durante la quale padre Juè
teneva la sua vigorosa omelia, e si svolgeva il Sacramento della Confessione, con la disponibilità di diversi sacerdoti.
La celebrazione si concludeva sempre con il canto
"Gesù mio, con dure funi…".
Al termine di tutti i raduni, si organizzava una
grande processione penitenziale, portando a spalle per le strade del quartiere
il crocifisso che era stato esposto sull'altare nell’intero periodo dell’anno.
Tra i collaboratori di padrè Juè, troviamo don Raffaele Coseglia, originario di Casalnuovo
di Napoli, uomo di vasta cultura e sensibilità umana che onorò Napoli per le
iniziative apostoliche a favore del mondo industriale e del sapere. Attraverso l’O.R.P.
portò il messaggio della solidarietà evangelica e del recupero della dignità
umana degli operai del meridione italiano e non solo.
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Processione in via del Plebiscito a Piscinola, anni '50 |
Ecco una testimonianza del Ritiro di Perseveranza
eseguito a Carolei (Cosenza) del luglio 1940, a cui partecipò il padre Jué: “Come
Cosenza e Paola – nella nostra Diocesi – anche Carolei ha, finalmente, i suoi
“Ritiri della Perseveranza”.
Datano dal 16
luglio, giorno sacro a la nostra Patrona e Protettrice la Madonna del Carmine e
caro particolarmente a ogni anima e impresso in ogni cuore cristiano in
Carolei.
Sarà, per gli
anni a venire, ancor più sacro e più caro!
Aveva da anni
pregato il carissimo e ben noto P.
Armando Juè, apostolo infaticabile dell’Opera dei Ritiri di Perseveranza, di
voler venire a fondarli in questa nostra parrocchia.
Ma, con tutta
la nostra buona volontà, non s’era mai potuto finora.
Il compianto
Mons. Arcivescovo Nogara, mi diceva, anzi, di dovervi rinunziare, perché
l’Istituzione, pur tanto bella e benefica, non era attuabile in Carolei per
l’impossibilità di avere sul posto, nel giorno designato d’ogni mese, un numero
sufficiente di sacerdoti confessori. Deciso, tuttavia, e risoluto a spuntarla e
a superare, quindi, anche questa difficoltà, veramente seria e non lieve, volli
insistere presso padre Juè, il quale
finalmente accettò di venire.
Ma ecco nuovi
ostacoli: il tempo da lui scelto per la Missione in Carolei, l’unico di cui
potesse disporre in quest’anno, non mi piaceva, non ritenendolo io affatto
propizio e adatto a lo scopo.
Poi in piena
stagione, quando i colori estivi certo non invitano a raccogliersi per ore
intere in chiesa, quando gli uomini sono generalmente e particolarmente
occupati nei lavori di campagna, senza dire dello stato di guerra, dell’oscuramento
obbligatorio, dell’assenza di oltre 200 uomini soldati e della lontananza dal
centro delle contrade Pantanolungo, Treti, Lacconi, Vadue: tutto questo
induceva, evidentemente, a pensare e a temere che la missione non sarebbe
riuscita.
Ciò non
ostante, si decise senz’altro per la data 7-21 luglio.
E la sera del
7, domenica, gli illustri e tanto benemeriti Padri della Compagnia di Gesù, Armando Juè e Raffaele Vitale,
cominciarono, a dialogo, la loro predicazione apostolica, magnifica,
efficacissima, tenuta prima a le donne, separatamente, e più tardi agli uomini.
L’ampia e
imponente nostra Parrocchiale del Carmine fu piena due volte, prima di donne e
poi di uomini. Le donne aumentarono sempre più, gli uomini, invece, diminuirono
alquanto nei due giorni seguenti, lunedì e martedì, ma poi ripresero con un
crescendo continuo fino a riempire nuovamente le tre navate della Chiesa.
A l’ottavo
giorno, domenica, padre Juè tenne
agli uomini, a conclusione, la conferenza propria per i Ritiri,
particolarissima, forte, robusta, predica essenzialmente di vita, che valse in
una tutte le precedenti.
La sera
seguente, lunedì, dieci Padri e sacerdoti ascoltarono in tre ore le
confessioni, e il giorno dopo, 16 luglio, oltre trecento uomini di tutte le
classi, pieni di santo entusiasmo e di fervore, tra suoni e canti di fede,
nella nostra Chiesa del Carmine tutta illuminata, dinanzi a l’altare della
Madonna splendido di ceri e di fiori, ascoltarono la Messa e fecero la
Comunione.
Così s’è
costituita la Sezione di Carolei della tanto benefica “Opera dei Ritiri di
Perseveranza”, modo facile e mezzo efficacissimo di vita veramente cristiana
continuata, da cui verranno sicuramente la salvezza delle anime e la maggior
gloria di Dio. (dal periodico “Decor
Carmeli”, luglio 1940, scritto da d. Francesco Vairo)”.
Sul periodico “La
Civiltà Cattolica” del 1941 così è scritto: “Nell’Italia meridionale sopra tutto per merito della parte direttiva
animata da padre Armando Juè, l’Opera
ha assunto dal 1937 un ritmo di vita veramente promettente […]”.
Padre Juè
ha partecipato anche a diversi convegni organizzati dal nascente partito della Democrazia
Cristiana. In questi incontri spesso interveniva, relazionando “... sui modi pratici con i quali avviare i
lavoratori” alle Unioni cristiane.
Padre Juè ebbe parole di augurio da parte del papa Pio XII; fu
ricevuto in udienza speciale dal successore, papa Giovanni XXIII, insieme al
Padre generale della Compagnia di Gesù, il pontefice riconobbe il benefici dei Ritiri di Perseveranza sulle
regioni d’Italia.
A Piscinola sono ancora tanti gli anziani a
ricordare la figura di padre Juè, a
cui associano gli incontri dei Ritiri di Perseveranza, che furono eseguiti in
diverse occasioni nella chiesa parrocchiale del SS. Salvatore, nell'arco di un decennio
compreso tra gli anni ’50 e i primi anni ‘60.
Alcune testimonianze raccontano di episodi legati alla
vita di questo umile religioso gesuita, soprattutto le sue opere di carità svolte
nel quartiere di Piscinola. Si racconta che era un grande operatore di pace e
si adoperava per ricongiungere molte famiglie piscinolesi in conflitto,
contribuendo a far cancellare l’odio ed il rancore, sorti a volte per futili
motivi. Si recava, inoltre, personalmente nei saloni di gioco dei bar e dei
circoli, per distogliere e per recuperare le persone, che avrebbero potuto
perdersi nel “gioco delle carte”. Padre
Juè era, quindi, un uomo di Chiesa impegnato nel tessuto sociale di
Piscinola nell’immediato dopoguerra, che riusciva ad avvicinare alla Chiesa un
grande numero di persone, operando anche numerose conversioni...
Padre Juè si spense a Napoli, all'età di 84 anni, il 17 ottobre del 1984.
Ecco l'articolo "In memoriam" del periodico "Cristianità", n. 115, dell’ottobre 1984, che fu dedicato da "Alleanza Cattolica" alla scomparsa del famoso gesuita.
"Il 17 ottobre 1984 è mancato
padre Juè, gesuita, direttore generale per l’Italia Meridionale dell’Opera
Ritiri di Perseveranza, I’ORP. Aveva 84 anni ed era una figura di spicco della Chiesa
napoletana. La sua attività apostolica è stata un punto di riferimento spirituale
e una guida per intere generazioni. Nel 1936 aveva assunto la direzione dell’ORP, che è stata promotrice di
un profondo risveglio di vita cristiana a Napoli e nell’Italia Meridionale, dove,
negli anni Cinquanta, è giunta a contare decine di sezioni. L’Opera, in diretta continuità con san Francesco de
Geronimo, che ne è il patrono, ha innestato la pratica degli esercizi spirituali
di Sant’Ignazio sulla pietà popolare napoletana. I ritiri mensili, la frequenza nell’accostamento ai sacramenti, le conferenze di formazione, sono alla
base del metodo dell’O.R.P. che Papa Pio XI ha definito «l’Opera veramente provvidenziale» e che, a Napoli, ha goduto del sostegno e della ammirazione dei cardinali
Ascalesi e Mimmi. Instancabile, continuava a guidare gli incontri mensili dell’Opera che
si svolgono di primo mattino, padre Juè animava il Venerdì Santo una popolarissima
Via Crucis attraverso il centro storico di Napoli. Migliaia di napoletani lo ricordano così, mentre incoraggiava a non desistere
dal cammino promettendo la perseveranza finale. Era un intransigente. Fedele alla
dottrina cattolica, indisponibile alle mediazioni e ai compromessi, nonostante le
incomprensioni, le critiche e le opposizioni che questo gli costava.
Alleanza Cattolica, di cui padre Juè ha più volte benedetto gli stendardi
e per la quale aveva parole di elogio, lo ricorda nelle sue preghiere con affetto
e ammirazione".
Salvatore Fioretto
Si ringrazia calorosamente la redazione "Cristianità" di "Alleanza Cattolica", per averci fornito l'articolo del periodico n.115/84 "In memoriam"; si ringrazia ancora Natale Mele per aver contribuito con alcune notizie utili alla stesura di questo post.
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