Uno dei giochi che i ragazzi piscinolesi amavano fare un tempo era il gioco delle "Sette pètre" (ovvero delle Sette Pietre), forse perché, come tutti i giochi della mia fanciullezza (parlo degli anni '50), non c'era bisogno di avere giocattoli particolari, ma si giocava con quello che si riusciva facilmente a trovare in giro: fosse una pietra, un ramo a forma di forcina, degli elastici ricavati dalla camera d'aria di una bicicletta o di stracci vecchi accartocciati per formare una palla...
Per giocare alle "Sette pètre" occorrevano, appunto, sette pietre levigate, meglio se erano ricavate da "crastole d''e riggiole" (cocci di piastrelle); occorreva poi una palla non molto grande, ma abbastanza pesante. Questa si costruiva facendo arrotolare degli stracci, tenendoli poi ben stretti tra loro, con ausilio di una molla (realizzata, anch'essa artigianalmente, riutilizzando delle inservibili camere d'aria di biciclette, pazientemente tagliate a strisce); cosi, con un po' di pazienza e con tanta approssimazione, si riusciva a realizzare una pallina, vagamente assomigliante a quelle del Tennis o del Baseball, almeno per le dimensioni...
Per giocare alle "Sette pètre" occorrevano, appunto, sette pietre levigate, meglio se erano ricavate da "crastole d''e riggiole" (cocci di piastrelle); occorreva poi una palla non molto grande, ma abbastanza pesante. Questa si costruiva facendo arrotolare degli stracci, tenendoli poi ben stretti tra loro, con ausilio di una molla (realizzata, anch'essa artigianalmente, riutilizzando delle inservibili camere d'aria di biciclette, pazientemente tagliate a strisce); cosi, con un po' di pazienza e con tanta approssimazione, si riusciva a realizzare una pallina, vagamente assomigliante a quelle del Tennis o del Baseball, almeno per le dimensioni...
La pallina doveva però essere pesante, perché occorreva lanciarla anche a sufficiente distanza; quindi, più era pesante e più il lancio risultava preciso e bilanciato.
I giocatori erano divisi in due squadre, con egual numero di partecipanti, ma senza limitazioni, in modo che tutti i ragazzi che lo desideravano potevano partecipare al gioco; la cosa importante da rispettare però era quella che i giocatori complessivi dovevano essere di numero pari, in modo da avere due squadre uguali.
Non occorreva che tutti i giocatori fossero dei "fuori classe", la cosa importante che in ogni squadra ci fossero almeno un paio di giocatori bravi e precisi nel lanciare la palla.
La squadra, che giocava a difendersi, si schierava con un giocatore (che per comodità noi qui chiameremo "palo"), che si sistemava in posizione ferma, in piedi, con le gambe divaricate, in modo da sormontare "la Torre" che era formata dalle "Sette pètre". Il resto dei giocatori appartenenti alla squadra del "palo", si schieravano al contorno, nel campo di gioco, che non aveva dimensioni precise, ma era grande quanto tutto lo spazio libero disponibile.
La squadra che in quel momento attaccava, disponeva i suoi giocatori distribuiti nel campo di gioco, in ordine sparso ma secondo uno schema tattico..., scegliendo un "lanciatore", che aveva a disposizione tre lanci di palla, per poter colpire la pila formata con le sette pietre sovrapposte. Dalla precisione del suo tiro dipendeva l'esito del gioco... Questo giocatore si posizionava quindi frontalmente all'avversario (al "palo" che stava sulla "Torre"), a una distanza prestabilita e provvedeva a eseguire il lancio della palla...
I "lanciatori" più bravi riuscivano a fare cadere solo la pietra posta in cima al cumulo; c'era una motivazione ben precisa: perché, considerato che il successivo compito dei suoi compagni di squadra era quello di ricostruire la "Torre" nel più breve tempo possibile, minore era il numero delle pietre fatte cadere e minore risultava il tempo occorrente per ricostruire la "Torre" e quindi si aveva un'alta probabilità di vincere la partita. In effetti, mentre si tentava di ricostruire la "Torre", i giocatori della squadra che si difendeva provvedevano a eliminare quanti piu giocatori possibili della squadra avversaria, colpendoli con la palla... disturbando il compimento dell'impresa...
Per ricostruire la famigerata "Torre", non era cosi facile e immediato come si pensa. I compagni di squadra (a cui a turno spettava il compito di costruirla), si dovevano avvicinare senza rischiare di essere colpiti dai giocatori avversari in possesso della palla, che nel frattempo era stata raccolta. La palla veniva fatta passare rapidamente di mano, nel corso dell'attacco. L'abilità dei giocatori, che poi risultava vincente, consisteva nel tenere nascosta palla, per giocare di sorpresa. Si destreggiava con ogni furberia per nascondere la palla, tenendola ad esempio: nel palmo della mano, sotto alla maglia, in tasca... In questo modo nessun giocatore poteva ritenersi al sicuro e ognuno rischiava di essere colpito ed eliminato da un momento all'altro...
Ma anche la squadra che si difendeva doveva stare attenta a non allontanare troppo la palla dal punto in cui si trovava la "Torre" da ricostruire, perchè avrebbe concesso del tempo prezioso agli avversari per completare la ricostruzione della Torre... Insomma, le regole del gioco portavano ad avere una contrapposizione di forze tendenzialmente in equilibrio, così come avviene in ogni gioco di squadra che si conosce...!
Il gioco andava avanti fino a quando la "Torre" non risultava essere stata ricostruita e per tre volte consecutive, ma poteva terminare anche prima, se tutti i giocatori della squadra avversaria, che avevano il compito di ricostruire la Torre, fossero stati eliminati per essere stati centrati dal tiro della palla... Terminata la partita, con il punto assegnato (il punteggio era fissato di comune accordo, di un valore dispari, ad esempio: 3, 5 o 7), si riprendeva il gioco, ma con le squadre che si scambiavano i ruoli, ovvero: gli "attaccanti" di prima, passavano a difendersi e, viceversa, quelli che in precedenza si erano difesi, diventavano "attaccanti".
Dopo aver descritto le regole del gioco, sarei curioso di sapere dai lettori che leggono questo post, se il gioco fin qui descritto non ricorda qualche sport moderno in particolare...
Non so a voi, ma a me ricorda tanto il gioco del Baseball americano, che presenta le regole di gioco praticamente simili...!
A mio parere bastava fondere il gioco delle "Sette pètre", con l'altro gioco, anch'esso molto in voga qui da noi a quei tempi, che si chiamava "'a Mazza e 'o Pivuzo" ed ecco venire fuori il gioco del Baseball americano che, ricordo, fu iniziato ad essere praticato intorno agli anni '50,... ma nel secolo precedente a quello in cui giocavo io... ovvero intorno al 1850!!
Confrontando entrambi i giochi, si osserva che nel gioco del Baseball, il regolamento prevede che il tiro del "lanciatore" della pallina, per essere valido, deve necessariamente passare per un punto immaginario, ma preciso, posto esattamente perpendicolarmente alla mazza del "partitore", mentre, nel nostro gioco delle "Sette prète", la precisione era determinata, appunto, nel colpire meno pietre possibili (l'ideale era una sola pietra), in modo da poter ricostruire rapidamente la "Torre" e vincere la partita.
A volte penso che, come si verifica per le leggende, anche per i giochi popolari di un tempo c'è sempre un pizzico di fondamenta che fa risalire le loro origini a dei modelli preesistenti in altri territori; infatti, mi viene da immaginare che la loro affermazione qui da noi sia stata resa possibile grazie a dei contatti avvenuti nel tempo passato, tra persone del nostro territorio con altri abitanti, additittura di oltre oceano; e grazie a questo sia stato quindi possibile la nascita di questi giochi della nostra infanzia...
Si sa che il fenomeno dell'emigrazione, avvenuta dal meridione d'Italia verso le Americhe, iniziò proprio intorno al 1850 e chissà se non sia stato proprio qualche ragazzo piscinolese o originario del territorio napoletano che, una volta sbarcato con la famiglia in America, abbia appreso dai ragazzi locali il gioco del Baseball..?! (Pardon, delle "Sette prète"...). E, ritornati poi in Patria, abbiano diffuso le regole tra i coetani napoletani...
Per la cronaca, a Napoli (ma anche a Piscinola, dove conosco alcune famiglie, tra le quali quella dei miei nonni materni), molti furono coloro che emigrarono in America in cerca di fortuna, ma che poi ritornarono anni dopo, certamente più poveri di quando erano partiti!
Per la cronaca, a Napoli (ma anche a Piscinola, dove conosco alcune famiglie, tra le quali quella dei miei nonni materni), molti furono coloro che emigrarono in America in cerca di fortuna, ma che poi ritornarono anni dopo, certamente più poveri di quando erano partiti!
Pasquale di Fenzo
Ringraziamo il caro amico Pasquale, per quest'altra perla di ricordi, in particolare per la descrizione accurata dei particolari dell'argomento trattato. Possiamo dire che Pasquale è il collaboratore esterno di Piscinolablog più prolifico per post scritti, ma è anche un bravo consigliere e suggeritore, fin dalla fondazione di questa pagina... Grazie di tutto Pasquale e aspettiamo la prossima chicca! S. F.
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