Rimettere i piedi su
quel rottame di trenino, ovvero su quella che fu l’elettromotrice “E2” della cara "Piedimonte", fu per noi del GAFA e per me in particolare, un’impresa
emozionante, forse è stato l’evento più bello della mia vita...!
Entrare in quella fitta boscaglia di canne ed erbe selvatiche, tra cui degli alti e folti rovi
spinosi, fu una emozione esaltante, fu come scoprire un relitto di un aereo importante disperso in una
foresta equatoriale…e non fu altrettanto privo di rischi!
Ritornare sulla Piedimonte, a distanza di quasi 33 anni, nascosta in quell’anfratto di boscaglia, sembrava di ritornare di nuovo bambino: un’allegria mista a stupore che mi assalivano e mi riempivano il cuore di gioia! Una sensazione oggi difficile da descrivere, perché l'ultima volta che l'avevo vista in funzione era stato nel mese di febbraio dell'anno 1976!
Le vicende di questo racconto risalgono alla primavera dell'anno 2009 e si svolsero nella contrada di Sant'Andrea de Lagni, nei pressi di Santa Maria Capua Vetere, laddove un tempo era presente il deposito officina della ferrovia, non distante dalla stazione terminale della linea ferroviaria.
In quel posto ci sono ritornato diverse volte, alcune volte anche al tramonto, come quando mi scattarono le foto che mi vedono a bordo del trenino, al posto del macchinista oppure sul vano centrale oppure sul predellino del vano di ingresso della cabina del conducente...
Dopo le prime visite di riscoperta, misi mano al progetto del rilievo del treno. Non ricordo bene come mi venne l’idea, il motivo determinante fu forse quello che vedevo tale sistemazione del treno molto precaria, anche perché si prolungava da moltissimi anni, e i rischi di una sua possibile sottrazione, soprattutto da parte di "ricercatori di ferro vecchio" non erano infondati. Erano pensieri ricorrenti che mi turbavano la serenità... Così decisi di compiere l’impresa di eseguire un rilievo accurato dei convogli, che poi si è dimostrata una idea vincente...! Presi questa decisione, di immortalare graficamente l'elettromotrice "E2" e la sua rimorchiata, per avere la possibilità, negli anni a seguire, di poter realizzare una ricostruzione in scala modellistica del convoglio completo del treno. In effetti, considerando poi come si svolsero i fatti, non mi ero sbagliato…! Infatti non abbiamo mai trovato alcun disegno costruttivo dettagliato di questo genere.
Oggi a distanza di oltre 13 anni, al di là delle poche foto in bianco e nero, e delle rarissime foto a colori, quei rilievi da me eseguiti rappresentano le uniche testimonianze concrete e tangibili del treno della Piedimonte, ovvero di quello che era rimasto di un parco ferroviario che contava ben nove elettromotrici, costruite dalla Ansaldo ADB Breda agli inizi del secolo ‘900 e di un numero consistente di rimorchiate folli.
Aiutato dagli amici dell’associazione GAFA (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana), di cui ero socio e consigliere, in particolare dagli amici Biagio, Pasquale e Sabatino, ci recammo più volte nel luogo ove giacevano i relitti, per eseguire questi rilievi.
Ho segnato sugli appunti tutte le date dei giorni che fummo sul posto…
Portai diverse volte con me anche la scala di legno, adagiandola sul portabagagli della mia auto: questa ci occorreva per poter misurare i resti del pantografo e di quanto rimaneva sul tetto del convoglio. Devo dire che la mia vecchia “Ford Fiesta” eseguì brillantemente questi viaggi, ripercorrendo come una "piccola Piedimonte", la tratta della strada statale che da Piscinola porta a Sant'Andrea di S.M.C.V., passando per Giugliano, Teverola, Aversa, Lusciano, Marcianise.. Diverse volte, avanti e indietro…senza stancarsi mai...!
Raggiungere, con il metro alla mano, alcuni componenti del treno fu veramente un’impresa non da poco! Ricordo quando mi calavo sotto il pianale del treno per misurare i carrelli, le ruote, i serbatoi dell’aria compressa, la pompa dei freni, e altri particolari, bisognava che mi piegassi fino alle ginocchia, per poi infilarmi tra ferri arrugginiti e divelti, tra gli assi, tra le travi e tra altri impedimenti...
C’erano alcuni componenti che non riuscivamo a comprendere il loro utilizzo; come, ad esempio: in un locale chiudibile con una serranda di acciaio (posta a lato del ballatoio di ingresso centrale dell’elettromotrice), era presente un contenitore metallico con dei fori nella parte alta, che apparentemente sembrava un cassone di un interruttore; era anche sporco di olio annerito.
Lo stesso discorso si presentò per un altro cassone che si trovava sotto al pianale, al centro della elettromotrice; questo addirittura si trovava ancora pieno di olio, denso e nero e conteneva pacchetti di lamierini magnetici e avvolgimenti di rame. Doveva essere un trasformatore a più avvolgimenti, ma non siamo stati mai sicuri di questa nostra interpretazione.
Pensammo, poi, di prelevare alcuni cimeli che erano a rischio di furto da parte di venditori di metalli. Recuperammo un'anta del cancelletto a scomparsa (tipo "a ventaglio"), che un tempo si trovava installato nel vano centrale, ossia quello che era passato alla storia per i tanti infortuni causati dalla errata manovra da parte dei viaggiatori… Chissà quante dita avrà schiacciato durante tutto il suo esercizio…! Sopra era riportata in evidenza una bella scritta impressa su una placchetta di porcellana, che diceva: “E' pericoloso salire nelle vetture o discende(re) quando il treno è in moto”.
Altri cimeli recuperati furono: una porta frontale della rimorchiata, che fu però trovata accartocciata tra le lamiere superstiti del povero trenino. Sopra era presente il numero identificativo del vagone: "106", forgiato in ottone. Recuperammo, ancora, due tubi in gomma dell’aria compressa con le prese metalliche: erano quelli che si agganciavano tra l’elettromotrice e la rimorchiata.
Dell'elettromotrice "E2" oltre, al cancelletto decidemmo di non prelevare altro, perché ci sembrava una violazione che andava oltre le buone intenzioni di salvaguardia. Sono sempre convinto che per tutto quello che emana bellezza, non si può violare la sua integrità storica, anche se ciò è fatto a fin di bene! Forse compimmo un errore di sottovalutazione quella volta, per come poi sono andate le cose...!
Un ultimo componente prelevato fu un minuscolo gancio "appendi giacca", che si trovava alla parete della cabina di guida, e rappresentava per noi come un simbolo che accomunava i tanti lavoratori della ferrovia, che in sessant’anni di esercizio si erano avvicendati nella conduzione del treno, con tanti loro sacrifici e speranza di benessere...!
Nel rilevare le due cabine di guida ci assalì subito il dubbio di come si posizionasse il conducente, durante la marcia, rispetto alla posizione dei comandi, considerato che le leve dei freni erano posizionati sulla parte destra e quelle di azionamento dei reostati (per la regolazione della velocità del treno) erano presenti sul lato sinistro della cabina di guida. In effetti mancava l'intero quadro dei comandi dei reostati, anche se si vedeva ancora la sagoma di ingombro del macchinario, con le staffe per l’ancoraggio alla carpenteria della carrozza. Tempo dopo, un ex ferroviere in pensione ci ha spiegato che il macchinista si posizionava praticamente al centro dela cabina, davanti al finestrino frontale, stando in piedi e con le braccia leggermente stese verso i due lati, riuscendo a manovrare le leve.
Recuperammo anche una traversina di legno dei binari, che era abbandonata in quel luogo.
Ultimo rilievo fu eseguito poco prima del prelievo dell’elettromotrice e della rimorchiata, per il loro trasporto presso uno stabilimento scelto per il restauro. L’area ove giacevano i due relitti fu accuratamente pulita e la vettura della elettromotrice "E2" si presentava splendidamente illuminata dal sole (Le foto inserite in questo post ne sono una testimonianza). Ricordo ancora quell’alone di rosso che il sole al tramonto le conferiva sulla livrea, come a rimarcare il colore della ruggine: un tocco veramente bellissimo. Il gioco di luce e di ombre era veramente magnifico! Mi incantavo veramente a osservarla così. Sarei rimasto lì, in quel posto, ore intere, senza stancarmi mai…!
Come avrei voluto oggi conservare quel trenino, mi sarei accontentato perfino di tenerlo così arruginito, come appariva in quel momento. Mi piaceva l'idea di farlo diventare un contenitore museale, aperto a mostre fotografiche, ai convegni a tema e a delle visite guidate per ragazzi... Sarebbe stata una sistemazione geniale ed a effetto, come prevedeva il mio progetto che presentai anni prima!
Purtroppo il desiderio della sua conservazione e il possibile suo riutilizzo, ci portò, come associazione GAFA, a spingere e a sollecitare l'operazione di recupero, ma questa azione forse ha accelerato la sua infelice e ingenerosa fine… Forse abbandonato in quel posto sarebbe rimasto indisturbato per tantissimi anni ancora, ma questo non lo sapremo mai...!
Ritornare sulla Piedimonte, a distanza di quasi 33 anni, nascosta in quell’anfratto di boscaglia, sembrava di ritornare di nuovo bambino: un’allegria mista a stupore che mi assalivano e mi riempivano il cuore di gioia! Una sensazione oggi difficile da descrivere, perché l'ultima volta che l'avevo vista in funzione era stato nel mese di febbraio dell'anno 1976!
Le vicende di questo racconto risalgono alla primavera dell'anno 2009 e si svolsero nella contrada di Sant'Andrea de Lagni, nei pressi di Santa Maria Capua Vetere, laddove un tempo era presente il deposito officina della ferrovia, non distante dalla stazione terminale della linea ferroviaria.
In quel posto ci sono ritornato diverse volte, alcune volte anche al tramonto, come quando mi scattarono le foto che mi vedono a bordo del trenino, al posto del macchinista oppure sul vano centrale oppure sul predellino del vano di ingresso della cabina del conducente...
Dopo le prime visite di riscoperta, misi mano al progetto del rilievo del treno. Non ricordo bene come mi venne l’idea, il motivo determinante fu forse quello che vedevo tale sistemazione del treno molto precaria, anche perché si prolungava da moltissimi anni, e i rischi di una sua possibile sottrazione, soprattutto da parte di "ricercatori di ferro vecchio" non erano infondati. Erano pensieri ricorrenti che mi turbavano la serenità... Così decisi di compiere l’impresa di eseguire un rilievo accurato dei convogli, che poi si è dimostrata una idea vincente...! Presi questa decisione, di immortalare graficamente l'elettromotrice "E2" e la sua rimorchiata, per avere la possibilità, negli anni a seguire, di poter realizzare una ricostruzione in scala modellistica del convoglio completo del treno. In effetti, considerando poi come si svolsero i fatti, non mi ero sbagliato…! Infatti non abbiamo mai trovato alcun disegno costruttivo dettagliato di questo genere.
Oggi a distanza di oltre 13 anni, al di là delle poche foto in bianco e nero, e delle rarissime foto a colori, quei rilievi da me eseguiti rappresentano le uniche testimonianze concrete e tangibili del treno della Piedimonte, ovvero di quello che era rimasto di un parco ferroviario che contava ben nove elettromotrici, costruite dalla Ansaldo ADB Breda agli inizi del secolo ‘900 e di un numero consistente di rimorchiate folli.
Aiutato dagli amici dell’associazione GAFA (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana), di cui ero socio e consigliere, in particolare dagli amici Biagio, Pasquale e Sabatino, ci recammo più volte nel luogo ove giacevano i relitti, per eseguire questi rilievi.
Ho segnato sugli appunti tutte le date dei giorni che fummo sul posto…
Portai diverse volte con me anche la scala di legno, adagiandola sul portabagagli della mia auto: questa ci occorreva per poter misurare i resti del pantografo e di quanto rimaneva sul tetto del convoglio. Devo dire che la mia vecchia “Ford Fiesta” eseguì brillantemente questi viaggi, ripercorrendo come una "piccola Piedimonte", la tratta della strada statale che da Piscinola porta a Sant'Andrea di S.M.C.V., passando per Giugliano, Teverola, Aversa, Lusciano, Marcianise.. Diverse volte, avanti e indietro…senza stancarsi mai...!
Raggiungere, con il metro alla mano, alcuni componenti del treno fu veramente un’impresa non da poco! Ricordo quando mi calavo sotto il pianale del treno per misurare i carrelli, le ruote, i serbatoi dell’aria compressa, la pompa dei freni, e altri particolari, bisognava che mi piegassi fino alle ginocchia, per poi infilarmi tra ferri arrugginiti e divelti, tra gli assi, tra le travi e tra altri impedimenti...
C’erano alcuni componenti che non riuscivamo a comprendere il loro utilizzo; come, ad esempio: in un locale chiudibile con una serranda di acciaio (posta a lato del ballatoio di ingresso centrale dell’elettromotrice), era presente un contenitore metallico con dei fori nella parte alta, che apparentemente sembrava un cassone di un interruttore; era anche sporco di olio annerito.
Lo stesso discorso si presentò per un altro cassone che si trovava sotto al pianale, al centro della elettromotrice; questo addirittura si trovava ancora pieno di olio, denso e nero e conteneva pacchetti di lamierini magnetici e avvolgimenti di rame. Doveva essere un trasformatore a più avvolgimenti, ma non siamo stati mai sicuri di questa nostra interpretazione.
Pensammo, poi, di prelevare alcuni cimeli che erano a rischio di furto da parte di venditori di metalli. Recuperammo un'anta del cancelletto a scomparsa (tipo "a ventaglio"), che un tempo si trovava installato nel vano centrale, ossia quello che era passato alla storia per i tanti infortuni causati dalla errata manovra da parte dei viaggiatori… Chissà quante dita avrà schiacciato durante tutto il suo esercizio…! Sopra era riportata in evidenza una bella scritta impressa su una placchetta di porcellana, che diceva: “E' pericoloso salire nelle vetture o discende(re) quando il treno è in moto”.
Altri cimeli recuperati furono: una porta frontale della rimorchiata, che fu però trovata accartocciata tra le lamiere superstiti del povero trenino. Sopra era presente il numero identificativo del vagone: "106", forgiato in ottone. Recuperammo, ancora, due tubi in gomma dell’aria compressa con le prese metalliche: erano quelli che si agganciavano tra l’elettromotrice e la rimorchiata.
Dell'elettromotrice "E2" oltre, al cancelletto decidemmo di non prelevare altro, perché ci sembrava una violazione che andava oltre le buone intenzioni di salvaguardia. Sono sempre convinto che per tutto quello che emana bellezza, non si può violare la sua integrità storica, anche se ciò è fatto a fin di bene! Forse compimmo un errore di sottovalutazione quella volta, per come poi sono andate le cose...!
Un ultimo componente prelevato fu un minuscolo gancio "appendi giacca", che si trovava alla parete della cabina di guida, e rappresentava per noi come un simbolo che accomunava i tanti lavoratori della ferrovia, che in sessant’anni di esercizio si erano avvicendati nella conduzione del treno, con tanti loro sacrifici e speranza di benessere...!
Nel rilevare le due cabine di guida ci assalì subito il dubbio di come si posizionasse il conducente, durante la marcia, rispetto alla posizione dei comandi, considerato che le leve dei freni erano posizionati sulla parte destra e quelle di azionamento dei reostati (per la regolazione della velocità del treno) erano presenti sul lato sinistro della cabina di guida. In effetti mancava l'intero quadro dei comandi dei reostati, anche se si vedeva ancora la sagoma di ingombro del macchinario, con le staffe per l’ancoraggio alla carpenteria della carrozza. Tempo dopo, un ex ferroviere in pensione ci ha spiegato che il macchinista si posizionava praticamente al centro dela cabina, davanti al finestrino frontale, stando in piedi e con le braccia leggermente stese verso i due lati, riuscendo a manovrare le leve.
Recuperammo anche una traversina di legno dei binari, che era abbandonata in quel luogo.
Ultimo rilievo fu eseguito poco prima del prelievo dell’elettromotrice e della rimorchiata, per il loro trasporto presso uno stabilimento scelto per il restauro. L’area ove giacevano i due relitti fu accuratamente pulita e la vettura della elettromotrice "E2" si presentava splendidamente illuminata dal sole (Le foto inserite in questo post ne sono una testimonianza). Ricordo ancora quell’alone di rosso che il sole al tramonto le conferiva sulla livrea, come a rimarcare il colore della ruggine: un tocco veramente bellissimo. Il gioco di luce e di ombre era veramente magnifico! Mi incantavo veramente a osservarla così. Sarei rimasto lì, in quel posto, ore intere, senza stancarmi mai…!
Come avrei voluto oggi conservare quel trenino, mi sarei accontentato perfino di tenerlo così arruginito, come appariva in quel momento. Mi piaceva l'idea di farlo diventare un contenitore museale, aperto a mostre fotografiche, ai convegni a tema e a delle visite guidate per ragazzi... Sarebbe stata una sistemazione geniale ed a effetto, come prevedeva il mio progetto che presentai anni prima!
Purtroppo il desiderio della sua conservazione e il possibile suo riutilizzo, ci portò, come associazione GAFA, a spingere e a sollecitare l'operazione di recupero, ma questa azione forse ha accelerato la sua infelice e ingenerosa fine… Forse abbandonato in quel posto sarebbe rimasto indisturbato per tantissimi anni ancora, ma questo non lo sapremo mai...!
Passarono alcuni anni dal giorno festoso del prelievo del treno a Sant'Andrea..., ricordo che un giorno, chiedendo come Associazione "GAFA" notizie sulle fasi
del restauro dell'elettromotrice e della rimorchiata, apprendemmo con tanta tristezza e stupore che i due cimeli del treno, gli unici rimasti della vecchia Piedimonte, erano stati miserevolmente e senza pietà alcuna, demoliti come
dei "ferri vecchi", senza lasciare alcuna traccia e notizia di questo trattamento.
Nessuno si è preso la briga di chiedere se potessero interessare a qualche associazione amatoriale di treni oppure a qualche Ente del territorio… Si è operato in silenzio, senza dire niente a nessuno…! Ci rimanemmo tutti malissimo e io ancora di più...!
Ironia della sorte perdemmo anche i cimeli che avevamo precedentemente recuperati e consegnati: il cencelletto con la scritta in porcellana, la porta con il numero in ottone, i due tubi dell'aria compressa..., sono scomparsi definitivamente!
Nessuno si è preso la briga di chiedere se potessero interessare a qualche associazione amatoriale di treni oppure a qualche Ente del territorio… Si è operato in silenzio, senza dire niente a nessuno…! Ci rimanemmo tutti malissimo e io ancora di più...!
Ironia della sorte perdemmo anche i cimeli che avevamo precedentemente recuperati e consegnati: il cencelletto con la scritta in porcellana, la porta con il numero in ottone, i due tubi dell'aria compressa..., sono scomparsi definitivamente!
Tutto questo perchè fummo solleciti a consegnare questi oggetti al momento del prelievo dei due convogli, con la speranza che risultassero utili nelle fasi del restauro...
La demolizione dell'ultimo treno della Piedimonte fu una operazione che potremmo definire scellerata, essa rappresentò una misera azione di rottamazione, condotta infischiandosi del valore culturale che i cimeli rappresentavano, sia per la storia del territorio e sia per la storia di una ferrovia ultracentenaria!
Ma poi, come sempre capita, passano velocemente gli anni e l’oblio del tempo tendono a coprire tutte le tracce di questa infelice storia..., ma non sarà così per la Piedimonte …!
Infatti questo post immortalerà le vicende di questo triste epilogo!
La demolizione dell'ultimo treno della Piedimonte fu una operazione che potremmo definire scellerata, essa rappresentò una misera azione di rottamazione, condotta infischiandosi del valore culturale che i cimeli rappresentavano, sia per la storia del territorio e sia per la storia di una ferrovia ultracentenaria!
Ma poi, come sempre capita, passano velocemente gli anni e l’oblio del tempo tendono a coprire tutte le tracce di questa infelice storia..., ma non sarà così per la Piedimonte …!
Infatti questo post immortalerà le vicende di questo triste epilogo!
Salvatore Fioretto
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