Il Casale di Piscinola, come è noto, non fu stato mai "infeudato", vale a dire non fu mai venduto ai "Baroni" da parte delle autorità del Regio Demanio, ma ha conservato nei secoli la propria autonomia amministrativa, anche e principalmente durante il periodo del Viceregno Spagnolo (1503-1707), quando maggiormente molti Casali furono ceduti. In ragione di tale aspetto, Piscinola (che ricordiamo si "autoriscattò", facendo colletta pubblica e raccogliendo il pari valore in ducati, richiesto per la vendita) conservava, come alcuni casali di Napoli, lo status amministrativo di Casale Demaniale Regio, e pertanto esentato a pagare i tributi degli Arrendamenti, come avveniva per tutte le Ottine (rioni) della Città di Napoli. Tuttavia, nei secoli passati, Piscinola ha accolto le residenze nobiliari, principalmente estive, e anche i tenimenti agricoli, di importanti famiglie nobili appartenenti al fior fiore dell'aristocrazia napoletana, in gran parte di quella cosiddetta di "Seggio" (ascritta ai cinque Sedili nobili della Città); per tal motivo, nei testi antichi, i membri di tali famiglie vengono impropriamente menzionati come "Signori di Piscinola".
In questo post descriveremo sinteticamente il rapporto storico con Piscinola di una parte di quella nobiltà presente, in particolare di tre famiglie nobili: quella dei d'Afflitto, conti di Trivento, quella dei Carafa della Stadera, conti di Montefalco e principi di Sepino e quella dei Giordano, duchi di Falangola.
I D’Afflitto conti di Trivento
La famiglia D’Afflitto fu un'illustre ed
antica famiglia nobile di origine amalfitana, che nei secoli s’impiantò in
Calabria e in Sicilia. Un ramo dei D’Afflitto sopraggiunse anche a Napoli ai
tempi degli aragonesi e subito si integrò nella vita civile e politica della
città.
I conti D’Afflitto di Trivento, infatti,
avevano il patronato di una cappella nell’antica chiesa napoletana di “Santa
Maria la Nova”. Nella tomba di famiglia, che si può ancora oggi vedere, esiste
il cenotafio in marmo del conte Michele D’afflitto, rappresentato genuflesso e,
nelle due nicchie ai lati, i suoi due figli Vincenzo e Ferdinando,
rappresentati armati. Don Michele D’afflitto fu molto caro al re
Ferrante I d’Aragona.
Tra i rampolli della stirpe napoletana è
degno di menzione don Matteo D’Afflitto, che compose nel gennaio 1497, su
richiesta del mantovano cardinale Oliviero Carafa, l’”Ufficio della traslazione del corpo di San Gennaro da Montevergine a
Napoli”.
Altro erede insigne di questa nobile
famiglia fu il napoletano Scipione D’Afflitto, letterato e compositore, che
tradusse un’opera, dal titolo: “I sei
libri del sacerdozio di San Giovanni Crisostomo”. I libri furono tradotti
in lingua volgare nel 1574, a Piacenza.
Del ramo piscinolese di questa famiglia
conosciamo ben poco, se non la partecipazione dei suoi componenti ad alcune
cerimonie pubbliche che si tennero in particolari ricorrenze nella chiesa del
SS. Salvatore, come le feste patronali, i battesimi ed i matrimoni. Non
sappiamo di preciso in quale luogo di Piscinola questa antica famiglia possedesse
la sua nobile dimora; tuttavia una traccia storica ci conduce al complesso edilizio
“a corte” esistente in Via Plebiscito.
Addirittura le due famiglie
nobili piscinolesi dei De Luna e dei D’Afflitto, finirono per “legarsi” tra
loro, attraverso il battesimo di un loro rampollo; infatti, il 19 settembre
1574, Don Geronimo De Luna fece da padrino al battesimo dell’infante
Giovanni D’Afflitto, figlio di don Marco conte di Trivento e di Beatrice Carafa.
I
Carafa della Stadera, conti di Montecalvo e principi di Sepino
Dagli albi araldici consultati risultano
diversi componenti di questa nobile famiglia napoletana, nati o morti a
Piscinola. Abbiamo già parlato di Donna Beatrice Carafa, che sposò don Marco
d’Afflitto, conte di Trivento e “signore” di Piscinola.
Isabella Carafa, nacque a Napoli nel 1593 e
morì a Piscinola il 13 aprile 1618; sposò nel 1607 Francesco Caputo, marchese
di Petrella; mentre Carlo Carafa, nato a Napoli il 5 novembre 1602 e sposo di
Ippolita Carmignano, morì a Piscinola l’11 luglio 1667.
Giovanna Carafa, infine, nacque a Piscinola
nel 1638 e sposò, in diverse nozze, Giuseppe Staibano, Fabrizio Staibano e
Ascanio Sensale. Morì a Grumo nel 1737.
La famiglia Carafa possedeva a Piscinola una
masseria, denominata “Masseria del Monte”, la quale, come si evince dalla mappa
di G. Porpora, si trovava nella parte meridionale del Casale, confinante con la
località “San Rocco”. Non sappiamo se questi nobili avessero in questa zona
delle residenze, oppure delle ville di campagna.
I
Giordano, duchi di Falangola
Questa famiglia possedette diverse
proprietà e cespiti nel Casale di Piscinola. In particolare ci sono giunte molte
notizie riguardanti la vita del duca don Giuseppe Giordano, che visse verso la
prima metà del ‘700.
Dei fasti di questa famiglia si hanno delle preziose
testimonianze attraverso la lettura di un raro documento del 1755, oggi
conservato nella Biblioteca della Società di Storia Patria di Napoli, che ha per
titolo: “Appuramento de’ fatti e ragioni
a pro del Rev. Sacerdote D: Pietro Ruffo del Casale di Piscinola contro l’ill.
Duca D. Giuseppe Giordano Falangola. Presso il rev. Notare D. Bonifacio
Paulillo”. In questo manoscritto si descrive minuziosamente la controversia
nata tra il duca Giuseppe e un sacerdote di Piscinola, Don Pietro Ruffo. La
contesa fu dibattuta davanti alla Rev.ma Congregazione della Corte
Arcivescovile di Napoli.
Palazzo Fioretto in via Plebiscito, un tempo residenza nobile |
Sappiamo, ad esempio, che i “parzonari“ (termine per indicare i conduttori dei fondi e delle masserie) erano tali Aniello Cuozzo, Antonio Manna, Angelo Ruffo (alias Lillone) e Biagio Cascella, che il forno era dato in affitto a tale Domenico Basile di Giugliano e che la taverna era data a Tommaso Chiarolanza.
Il Duca aveva diversi cespiti, tra cui un vasto tenimento posto a Nord del Casale e diverse case, che faceva periodicamente ristrutturare.
Molto curati erano anche il mobilio e le suppellettili della sua dimora. Considerevoli erano poi le attività di biancheria che commissionava periodicamente alle lavandaie del posto.
Fatto curioso è quello che avvenne nel 1748, quando, per ben otto mesi, il Duca ospitò a Piscinola, per conto dell’Università e del re, sei compagnie di fucilieri di Barcellona, fornendo biancheria, vitto e alloggio ad oltre 300 uomini, tra soldati e ufficiali.
Le notizie riportate nel presente post sono state integralmente tratte dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore - Una terra, la sua storia, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, anno 2010.
Queste notizie storiche, supportate dalle citate fonti documentali, sono da considerarsi ancora incomplete, in quanto gli argomenti trattati saranno oggetto di ulteriori approfondimenti e di future ricerche.
Salvatore Fioretto
Cappella del Succorpo di S. Gennaro (Cattedrale di Napoli), Tommaso Malvito, stemma del cardinale Oliviero Carafa, della Stadera |
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