Il territorio a Nord della città di Napoli, così pure altri suoi sobborghi, venivano utilizzati in passato, dall'aristocrazia e anche dalla borghesia, quale luogo ideale per regolare "i conti personali", ovvero, per farsi giustizia direttamente da soli, attraverso il duello. I duelli erano favoriti, oltre che dall'omertà degli abitanti, anche dalla tranquillità e dalla solitudine dei posti. Anche il Bosco di Capodimonte è stato utilizzato in passato quale sito per regolare i conti delle nascenti organizzazioni malavitose cittadine, che poi prenderanno il nome di "camorra".
Come è noto in ogni contesto storico e in ogni forma di Diritto, farsi giustizia da soli è stato sempre considerato un reato grave, punibile fino alla pena di morte ma, nonostante questo, nei secoli si è continuato a duellare, addirittura creando un'organizzazione e una procedura consolidata nel tempo, che prevedeva: l'atto di sfida, la scelta delle armi, la designazione e il ruolo dei "secondi", ecc.
Questo racconto riguarda un duello che ebbe luogo nel tenimento della masseria del Conte di Lucina, situato tra Chiaiano, Piscinola e Mugnano; curioso è lo svolgersi del dibattimento in tribunale e la sentenza di condanna finale.
[…] (*) L'istruzione giuridica offre
che nel 3 maggio1840 pervennero in Chiaiano e precisamente nel latifondo del
Conte Lucina due carrozze con un certo intervallo tra loro. Dalla prima
discesero le due Guardie del Corpo D. Francesco Carrano e D. Carlo d'Avalos
Celenza vestiti del soprabito di uniforme e forniti delle rispettive sciable.
L’altra sopraggiunta indi a poco portava i signori D. Silvio Duroni e D.
Francesco Spinelli di condizione proprietarii. Si annunziarono al custode del fondo Giovanni Migliozzi come
amici del Conte Lucina, soggiungendo che a momenti lo attendevano per comune
precedente concerto. Poscia dando ai cocchieri pochi carlini per prender cibo,
l’invitarono a staccare i cavalli dalle
vetture.
Dopo breve trattenimento nel cortile, si avviarono pel viale della
masseria ed in tral mentre per una profetica o diabolica ispirazione il custode
Giovanni Migliozzi incaricò un colono del fondo, a nome Angelo di Stasio, di
seguire detti quattro individui, dovendo egli disimpegnare altri doveri. Di fatti
Angelo di Stasio si avviò per dove si erano diretti i quattro giudicabili e camminava
(son sue parole) pei solchi dei seminati a grano onde non farli accorgere che
li spionava. Arrivati i giudicabili nella parte di basso della masseria si
introdussero in un seminato di canapa, le di cui piccole piante erano nate di
pochi giorni e quivi si soffermarono.
I testimone Di Stasio, che li osservava inosservato, vide che il militare più alto e
di volto bruno si levò il soprabito e cappello riponendolo sopra una vite attaccata ad un grosso pioppo; che praticò lo
stesso giovine pingue e colle barbette riunite. E situandosi a prospetto l’un dall’altro
sguainarono le sciable e cominciarono a tirarsi colpi da disperati. Né questo solo vide il testimone, ma ravvisò
benanche che l’altro militare si situò dietro il militare combattente e l’altro
paesano dietro il paesano che pure si batteva lena, e che entrambi erano
forniti di sciable.
Colto il testimone da timore e sorpresa, corse a dir tutto
avviso al guardiano Migliozzi, ma per curiosità volgendosi di tratto in tratto
indietro, osservò terminato il combattimento, e tutti intenti a fasciare la
mano destra al paesano ferito. Migliozzi
gl’impose di chiudere il portone che mena alla strada di Napoli, e ciò per impedire
che le carrozze sortissero, riserbando a sé l’incarico di chiamare la forza
urbana di Chiaiano. Angelo Di Stasio chiuse il portone. Migliozzi corse ad
avvertire gli Urbani e intanto, Stasio prosegue a raccontare, i gentiluomini
giunti al portone e trovandolo chiuso fecero allestire le carrozze si avviarono
per una viottola interna che anche conduce alla strada di Napoli. Ma il
guardiano Migliozzi era già di ritorno, e facendosi forte dello schioppo che trasportava, impedì che le carrozze passassero: i giudicabili se ne risentirono, ma in
tal mentre sopraggiunti gli Urbani, furono condotti avanti al giudice regio di
Marano.
Il capo urbano rinvenne nella carrozza dei paesani due scialbe e due fioretti
dei quali s'impossessò e furono oggetto di reperto. Ma l'inverosimile perché
profetica antiveggenza di Migliozzi, la strenua cura di Stasio ad osservare i
fatti altrui, non costituiscono il solo fenomeno di questa causa - paulo majora
canamus - Fondo di Lucina è di prospetto a quello di un tal Arciero.
Tre testimoni per nome Vincenzo Taglialatela, Pietro e Francesco Petrillo, dichiarano che trovandosi a guardare il fondo di Arciero per impedire gli uccelli si mangiassero i semi di granone di fresco seminati, si avvidero che venivano per dentro la masseria del Conte di Lucina quattro individui, due vestiti da militari e due da galantuomini, che giunti alla parte solitaria del fondo, due di essi si spogliarono degli abiti situandosi pochi passi di fronte; gli altri due presero posto uno ad un lato e l'altro all'opposto, ed alzando le sciable i due di fronte, si vedevan queste luccicare al riverbero del sole.
Si vibrarono de' colpi per lo spazio di circa quattro minuti, e di poi vestitisi di bel nuovo ritornarono verso il portone della masseria. In tal modo in un fatto misterioso ed oscuro, perché di sua natura premeditato, questo processo offre lo strano accidente di quattro testimoni di veduta. Poiché Angelo di Stasio avea parlato de' quattro giudicabili per connotati, così l'istruttore del processo per identificare i suddetti fe' procedere ad un atto di affronto, nel quale lo Stasio riconobbe i giudicabili Spinelli e Duroni che allora trovavansi soli in mano della giustizia, essendo latitanti Avalos e Carrano , come appresso sarà chiarito. Nell'atto di affronto Stasio depose che l'imputato Spinelli era appunto quello che si batteva col militare, e l'altro Duroni con sciabla sguainata era spettatore del duello.
Tre testimoni per nome Vincenzo Taglialatela, Pietro e Francesco Petrillo, dichiarano che trovandosi a guardare il fondo di Arciero per impedire gli uccelli si mangiassero i semi di granone di fresco seminati, si avvidero che venivano per dentro la masseria del Conte di Lucina quattro individui, due vestiti da militari e due da galantuomini, che giunti alla parte solitaria del fondo, due di essi si spogliarono degli abiti situandosi pochi passi di fronte; gli altri due presero posto uno ad un lato e l'altro all'opposto, ed alzando le sciable i due di fronte, si vedevan queste luccicare al riverbero del sole.
Si vibrarono de' colpi per lo spazio di circa quattro minuti, e di poi vestitisi di bel nuovo ritornarono verso il portone della masseria. In tal modo in un fatto misterioso ed oscuro, perché di sua natura premeditato, questo processo offre lo strano accidente di quattro testimoni di veduta. Poiché Angelo di Stasio avea parlato de' quattro giudicabili per connotati, così l'istruttore del processo per identificare i suddetti fe' procedere ad un atto di affronto, nel quale lo Stasio riconobbe i giudicabili Spinelli e Duroni che allora trovavansi soli in mano della giustizia, essendo latitanti Avalos e Carrano , come appresso sarà chiarito. Nell'atto di affronto Stasio depose che l'imputato Spinelli era appunto quello che si batteva col militare, e l'altro Duroni con sciabla sguainata era spettatore del duello.
Chiuse il suo racconto con queste ultime parole che da quel momento non più gli avea veduti.
Questo atto di ricognizione fu ripetuto
col custode Giovanni Migliozzi, e coi testimoni Vincenzo Taglialatela. Pietro e
Francesco Petrillo; ma il Migliozzi dichiarò di non poter riconoscere i due
imputati, poiché li vide per poco quando erano in carrozza ravvolti ne' propri
tabarri, e gli altri testimoni Taglialatela, Pietro, e Francesco Petrillo
protestarono che dal luogo in cui erano, distante circa due tiri di fucile a
pallini dal sito in cui accadde il combattimento, essi non avevan potuto
distinguere la fisionomia de' giudicabili. Avendo Angelo di Stasio indicato il
luogo ove dicesi avvenuto il duello, fu diligentemente sottoposto a perizia,
dalla quale risulta "Che in un seminato di canape sotto di un gran pioppo
a forca con grossa vite appoggiata si
osservava un calpestio di piedi d'uomo della lunghezza di palmi 12 di
terreno, ed il canape tutto schiacciato in linea retta da Oriente ad Occidente.
Per lo che i periti eran di avviso che indubitatamente in quel sito vi erano
state delle persone, le quali appositamente coi loro piedi avevano calpestato
il detto seminato di canapa, non già di passaggio, ma continuamente. Le armi
sorprese furono secondo le norme del rito periziate, ed è utile il trascrivere
le osservazioni degli esperti. Le dette armi vengono chiamate sciable; esse
sono la di giusta misura e fattezza e propriamente quelle di cavalleria: che le
stesse hanno l'impugnatura di ottone: la loro lunghezza è di palmi 4 compreso
il manico: i foderi sono di acciajo con l'imboccatura una di ottone e l'altra
di acciajo.
Le lame sono curve e si vedono di fresco sgranati i tagli dai colpi
vibrati da esse, come altresì ad una vi sono dello incisioni ricevute da
istrumento tagliente. All'impugnatura di esse vi si osservano due colpi
ricevuti da strumento tagliente, uno situato al primo cordone della guardia, e
l'altro alla spoletta della impugnatura che copre il fodero. Al fodero vi si
osservano diverse macchie di sangue. Per cui siamo di parere che la dette armi
abbiano sofferto dei colpi vicendevoli e sieno state adoperata in qualche
duello o rissa. I due fioretti poi sono della lunghezza di palmi quattro. Alla
punta di essi non vi esiste bottone e si osservano spezzati. Ecco tutte le pruove
che offre il processo, ed è ora utile il narrare cosa dissero gli imputati nei
loro interrogatori e cosa offrirono le perizie sulle loro persone.
Nel primo
istante dall'arresto gli imputati furono interrogati dal regio giudice di
Marano.
Di essi tre soli risposero alle sue domande: serbò silenzio il
giudicabile Carrano supponendo ch'egli come militare fosse sottoposto alle
autorità della propria gerarchia. Spinelli, d'Avalos, e Duroni concordemente
dissero: "essere tra loro amici, ed essersi quivi condotti a diporto,
attendendo benanche il Conte di Lucina.
Averlo atteso per più di un'ora
passeggiando nel di costui fondo, ma quindi stanchi di più aspettarlo aver
deliberato di ritirarsi. In onor del vero bisogna convenire che gli accusati
essendo uniformi nell'escludere il duello, cadono in qualche contraddizione tra
loro e con la pruova raccolta.
Così
Spinelli interrogato a chi si appartenessero le sciable ed i fioretti che si
rinvennero nella propria carrozza, rispose, che le guardie del corpo oltre le
proprie sciable ne aveano portate altre due, ed anche due fioretti coi quali
avean disegnato divertirsi alla scherma. Per l'opposto il testimone Gaetano
Parente, cocchiere della carrozza che portò in Chiaiano Spinelli e Duroni, assicura che i fioretti suddetti erano stati
nel partire da Napoli messi a vista sopra due tabarri. Che se aggiungi di
essersi rinvenuti nella carrozza di Spinelli e Duroni quando furon sorpresi dagli
Urbani, sorge chiaro ed evidente che ad essi si appartenevano e da essi erano
stati asportati. Né ciò è tutto: Spinelli assicurava che né delle sciable, né
de' fioretti si fece uso per esercizio di scherma; per l'opposto Duroni
asserisce il contrario. Spinelli dice che le due sciable, oltre quelle che
cingevano le guardie del Corpo, eransi portate nel fondo per non lasciarle
nella carrozza; per l'opposto Duroni dichiarava che la scialbe suddette quivi
restarono. Nella discordanza de' detti di Spinelli e Duroni circa queste
circostanze invano si ricorre a quelli di d'Avalos per trovare un mezzo onde
conciliarli, poiché egli depone che non solo le sciable, ma anche i fioretti
rimasero nella carrozza, asportando così egli che Carrano le proprie sciable. Tutti
e tre assicuravano che di accordo con Lucina lo attendevano per divertirsi
insieme.
Lucina li contraddice negando l'invito ed il concerto. Il regio
giudice osservando che il giudicabile Spinelli era ferito a una mano, gliene
domandò la ragione, e Spinelli rispose che atteso lo sbalordimento per gl'insulti ricevuti dalle persone armate, se l'avea cagionato inavvertitamente con
l'ottone ch'è al gambo dello sportello della carrozza. Sottoposto a perizia,
gli esperti osservarono che aveva una ferita recente nel lato esterno del
metacarpo della mano destra in direzione trasversale, lunga un mezzo pollice,
larga due linee circa, prodotta da istrumento tagliente, e giudicata di nessun
pericolo. Nell'interrogarsi dal regio giudice l'imputato Duroni fu osservato
ferito nella mano destra…. Sottoposto ad esame i periti osservarono che il
Duroni avea una piccola escoriazione nel lato esterno del dito anulare destro,
e giudicarono che tale escoriazione fosse stata prodotta da istrumento
lacerante, ed esser di niun pericolo. […]
Sentenza:
Dalla “Cronica delle Due Sicilie”
di C.de Sterlich dei marchesi di
Carmignano, anno 1841":
Addì 14, mercordì. La Gran Corte Criminale ha oggi notifica ai signori d'Avalos, Carrano, Duroni e Spinelli la
decisione con cui ha condannati i primi tre a sette anni di ferri e l'ultimo a
sei di relegazione, per duello avvenuto, come dalla stessa decisione, addì
3 di maggio dell'anno 1840 nel fondo del conte Lucina a Chiaiano terra di Marano,
dove sorpresi nell'atto di rimettersi in carrozza dalla guardia urbana e condotti innanzi al
giudice regio, Duroni e Spinelli furono
da quel magistrato inviati nelle carceri della polizia di Napoli, gli altri come guardie del corpo,
alla real piazza, ma andati invece nel loro quartiere, dove intesero esser
fama di avere avuto ambidue parte ad un
duello, si salvarono uscendo dal regno.
Ma non andò guari e ritornò in Napoli il duca di Celenza. Lo seguì poco dappoi il cavaliere Carrano, dandosi l'uno dopo l`altro volontariamente in mano della giustizia, fidando unicamente
nella clemenza sovrana: nella quale ora si affidano tutti quattro, avendo ciò
detto, or sono pochi giorni, in un loro atto col quale hanno accettata la
condanna rinunziando al ricorso per cassazione.
Salvatore Fioretto
(*) Tratto dal libro: “Discorso pronunciato
dall’Avvocato Giuseppe Marini-Serra all’udienza della Gran Camera Criminale di
Napoli nella tornata del di marzo 1841 in difesa dei signori D. Carlo D’Avalos
de’ duchi di Celenza, D. Francesco Carrano, D. Silvio Duroni, e D. Francesco
Spinelli Accusati di duello.”
Le foto inserite in questo post sono state liberamente tratte dal web, senza altro fine o scopo di lucro, ma solo per la libera diffusione della cultura. E' vietato copiare gli scritti, senza l'esplicita autorizzazione dell'autore.
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