Per la ricorrenza della festività di Sant'Alfonso Maria de Liguori, che cade il 1 agosto (S. Alfonso è nato a Marianella, nell'anno 1696, è stato fondatore, vescovo, santo e dottore della Chiesa), ci piace ricordare un aspetto poco noto della vita di questo grande personaggio, vissuto nella Napoli "dei Lumi", nel secolo decimoottavo...
Alfonso, oltre a scrivere molte opere di dogmatica, morale, ascetica e di pratiche religiose (oltre 110 libri!), ha scritto diversi compendi, oggi diremmo saggi, rivolti soprattutto ai novelli sacerdoti, ma anche ai confessori, ai vescovi, nonché agli aspiranti redentoristi e ai fedeli in genere.
Tra queste opere, il compendio più curioso, ma eccezionale, considerata l'epoca nella quale fu scritto (siamo nel XVIII secolo, quando l'istruzione era solo appannaggio di pochi nobili e facoltosi), è il libro "Alcuni avvertimenti per la lingua Toscana". Esso fu pubblicato nel 1750, in formato opuscolo, composto di 47 pagine e diviso in due parti. La prima parte, composta da 24 pagine, il Santo spiega in nove piccoli
capitoli le regole della grammatica italiana. Mentre in un decimo capitolo espone gli "Avvertimenti particolari per lo scrivere in
latino".
La seconda parte, che s'intitola, "Le quattro regole
principali dell'aritmetica", si compone di 23 pagine e riporta, appunto, le regole
fondamentali dell’aritmetica. Quest'opera, in particolare, è indirizzata da Sant'Alfonso ai fratelli laici della Sua Congregazione.
Il libro ebbe una prima ristampa, nel 1830, dall'editore Marietti di Torino ed è poi stato inserito nel Tomo XV, della raccolta "Opere complete".
In mancanza di una scuola pubblica, l'intenzione di Alfonso era quella di divulgare il sapere e la conoscenza agli ultimi e ai poveri della società del suo tempo, e lo fece attraverso i Redentoristi, che potevano diffonderle alle masse, quando peregrinavano nel Regno, durante le "Sante Missioni" oppure quando radunavano lavoratori e garzoni nelle "Cappelle Serotine".
Nel breve compendio, per quanto riguarda l'aritmetica, oltre a spiegare le regole del Sommare, del Sottrarre, del Moltiplicare e del Partire (divisione, con i metodi per Iscala e per Danda), sono esposte: "La regola del tre" e la "La regola del cinque".
Alfonso, quindi, è stato anche un divulgatore sociale e culturale del suo tempo e la sua opera darà copiosi frutti anche nei secoli a seguire, perchè le case dei Redentoristi diffusero i suoi insegnamenti in tutti i cinque continenti del pianeta.
Riportiamo, qui nel seguito, la
parte del libro dedicata alla "Addizione" e alla "Sottrazione" e le regole sui verbi; si noti la
semplicità della scrittura adoperata da Alfonso e, soprattutto, la
volontà di farsi capire senza eccedere nella manifesta erudizione.
Salvatore Fioretto
"DELLA I REGOLA: DI SOMMARE
Si noti per 1. che 'l primo numero fa numero semplice, il secondo fa decina, il terzo fa centinajo, il quarto migliajo, il quindo fa decina di migliaia,
il sesto fa centinaio di migliaja,
il settimo fa milione.
Per esempio 25 venticinque * 125
cento venticinque * 1125 mille
cento venticinque * 11125 undici mila
cento venticinque *
111125 cento ed undici mila
cento venticinque * 1111125
un milione cento undici
mila e cento venticique.
Si noti
per 2. che il sommare è facilissimo,
sempreché si situano le unità,
le decine, le centinaja
e le migliaja l'una sotto dell'altra. Sommando, si summano i numeri della
prima linea (notisi
che nell'abaco la prima linea s'intende l'ultima)
e si pone sotto
il numero che avanza fuori
delle decine, ed il numero delle decine si trasporta alla seconda linea e così
alla terza; per es. in questa figura:
789
579
868
-------
5692
la prima linea somma 32, si mette
sotto 2 e si porta 3. La seconda linea somma 26, a
cui aggiunti li 3 portati, fanno
29; si aggiunge sotto
9 e si portano 2. La terza linea somma 24, a
cui aggiunti li 2,
fanno 26, si aggiunge sotto
6 e si porta 2.
Nella quarta linea
non v'è altro che 3, a cui aggiunti li 2,
fanno 5 e si nota;
sicché fanno 5692.
Si noti per 3. che quando vi sono rotti, v. gr. ducati, carlini e grana,
allora è più facile il sommarli in ridurli tutti ad
un numero,
poiché i ducati, con aggiungervi un numero, diventano carlini ed i carlini,
con un altro numero, diventano grani, e
così possono tutt'i ducati ridursi a grana o
almeno a carlini, e così poi sommarsi tutt'insieme.
DELLA II REGOLA: DEL SOTTRARRE
Il sottraere ancora è facilissimo: si mette il numero maggiore
di sovra al minore, e po'
si sottrae il minore dal
maggiore e si vede quello
che resta, per esempio:
--------
Si spiega: da 7 leva 3, restano 4 e si mette sotto
il 4; da 4 leva 4, resta
niente, onde si mette sotto zero; da 9 leva 5, resta 4 e si pone sotto
il 4, e nell'ultima partita si vede quello
che resta.
Un poco più difficile è il sottrarre quando
si trova che la figura inferiore è
maggiore della superiore, per esempio:
numero minore....….... 367
--------
resta....... 387
Da 4 leva 7, non
si può, onde allora che si fa? Si prende il numero che vi
è tra la figura di
sotto fino a
dieci e si unisce alla figura di
sopra; e poi si nota di
sotto; indi si aggiunge un'unità alla figura seguente di
sotto e così si prosiegue.
Sicché torniamo a dire da 4 leva 7, non
si può; da 7 fino a diece vi sono 3, che col 4 di sovra fanno 7, si nota il 7
di sotto e si porta uno al numero di
sotto seguente, cioè
6, sicché il 6 seguente si calcola per 7 e, seguitando il numero di
sopra ad esser minore dell'inferiore, si seguita l'istessa regola.
Sicché da 5 leva 7, non
si può; da 7 fino a
dieci sono 3, e 3 co' 5 di
sopra fanno 8, e si nota di
sotto 8. In fine aggiungendosi l'unità all'ultima figura 3,
fanno 4 e da 7 leva 4, restano 3;
onde quel che resta è 387.
La prova poi
del sottrarre è facilissima,
perché si somma l'ultima partita del restato 387 colla seconda del numero minore, o sia
dell'esito,
e si vede se la somma di
queste due partite corrisponde alla
prima del numero
maggiore, o sia introito, 754, cioè:
restato....... 387
--------
introito…… 754 ".
CAPITOLO III - Circa i Verbi: "Nel tempo presente indicativo dicesi io debbo e deggio, non deo; devo è poco usato; fo, e non faccio; ho, non aggio;
ha, non ave, e notisi qui che si dice ha ed
hanno colla h, e non tanto per levar l'equivoco che forse
potrebbe esserci coll'articolo o vicecaso a e col niome anno, che significa tempo, quanto perché, nel dire
ha ed hanno, la lettera h ben si esprime, Decesi ancora può e puote, non puole; possiamo, non potiamo; amiamo, non amano;
facciamo, non facemo; leggiamo, non leggemo; udiamo, non udimo; siamo, non semo; siete, non sete; possono, non ponno. Nell'imperfetto presente dicesi io leggeva e leggea, aveva ed avea, non già leggevo, avevo; ciò solo si tollera nelle pistole familiari. Nella persona terza dicesi ancora leggea, come dicono Facciolati, Majello e Muratori; se non però siegue vocale,
allora senza meno dee dirsi io leggeva un libro, quegli aveva insegnato, ecc. Nel perfetto dicesi tacque ed ha taciuto, non tacetti; dissi, non dicei; lessi, non leggei. Può dirsi ho veduto Roma, ho fatto amicizia, ma meglio dicesi ho veduta Roma, ho fatta amicizia. Nel plurale si
dice amammo, leggemmo, udimmo, non amassimo, leggessimo, udissimo, i quali sono mosi
dell'imperfetto soggiuntivo. Amarono,
non amorono; comprarono, non comprorono e simili. Si dice apparii, comparii, non apparvi, comparvi. Ho veduto, non visto; vivuto, non vissuto; potuto, non possuto;
voluto, non volsuto. Tu fosti, non fusti; voi foste, non fuste.
Nell'indicativo futuro è d'avvertisi che tutti i verbi, che nell'infinito terminano in are, nel futuro mutano l'a in e, come da amare si fa amerò, imiterò, non imitarò. Se n'eccettuano i tre verbi stare, dare, fare ne' quali si dice starò, darò, farò.
Nell'ottativo presente dicesi amerei, non amarei. Si dice stessi, dessi e desse, non dassi e dasse. Si dice fosse e foste, non fusse e fuste."
Salvatore Fioretto
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PS. I NOSTRI AUGURI A MARIANELLA E A TUTTI QUELLI CHE SI CHIAMANO ALFONSO!
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Piazza Marianella e, sullo sfondo a lato, dove emerge il campanile, la casa natale di Sant'Alfonso Maria dei Liguori | |
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