La comunità di Piscinola ha scritto nei secoli scorsi delle belle pagine di storia, inneggianti alla libertà e all'indipendenza contro il dispotismo e la tirannia feudale. Uno dei momenti più alti di quest'elevarsi è stato rappresentato dalla lotta dei suoi abitanti contro la vendita del Casale di Piscinola ai baroni, paventata nel XVII secolo.
Durante il periodo di Viceregno spagnolo, infatti, a causa delle ristrettezze economiche della Corona spagnola, sempre alle prese con estenuanti guerre e spese militari, fu presa la decisione di vendere i Casali. Decisione maturata formalmente nel dicembre del 1619. A nulla valsero le istanze presentate alla Regia Camera della Sommaria, dal Procuratore Francesco Tedaro, che appellandosi al privilegio concesso nel 1505 da Ferdinando “Il Cattolico”, domandò che non si mettessero in vendita i Casali.
Tra il 1620 ed il 1637 molti Casali furono venduti dal Viceré spagnolo ai baroni locali, suscitando vivaci proteste tra gli abitanti.
Durante il periodo di Viceregno spagnolo, infatti, a causa delle ristrettezze economiche della Corona spagnola, sempre alle prese con estenuanti guerre e spese militari, fu presa la decisione di vendere i Casali. Decisione maturata formalmente nel dicembre del 1619. A nulla valsero le istanze presentate alla Regia Camera della Sommaria, dal Procuratore Francesco Tedaro, che appellandosi al privilegio concesso nel 1505 da Ferdinando “Il Cattolico”, domandò che non si mettessero in vendita i Casali.
Tra il 1620 ed il 1637 molti Casali furono venduti dal Viceré spagnolo ai baroni locali, suscitando vivaci proteste tra gli abitanti.
Il 15 giugno del 1637 gli abitanti dei Casali
si sollevarono tutti uniti, in un’accesa protesa contro l’ordine del Viceré di
Napoli, Don Ramiro de Guzman duca di Medina del Las Torres (al trono per conto
del re Filppo IV di Spagna). Alla protesta parteciparono trentadue Casali, tra
i quali Piscinola. Nonostante il tumulto, la Regia Camera della Sommaria, competente
del Foro Feudale, non tenne alcun conto delle richieste e delle rimostranze dei
Casali e quindi ratificò la decisione vicereale.
Molti Casali, per non cadere nelle mani dei baroni, furono costretti ad esercitare lo strumento dello “Ius Praelationis”, ossia la possibilità di ritornare allo status di “Regio Demanio” pagando alla Regia Camera, nell’arco di un anno, lo stesso prezzo di vendita offerto dai baroni. Non tutti i Casali riuscirono però a “riscattarsi”.
I Casali che si “riscattarono” passarono sotto lo stato di “Casale Autonomo”, detto anche “Communità” (ossia Comune) ed erano governati dall’assemblea delle famiglie, che poi regolavano i loro rapporti fiscali con il governo centrale, attraverso un Procuratore del Regno. Sappiamo per certo che nel 1637 il Casale di Piscinola si oppose al progetto del Viceré di vendere il Casale al principe di Cardito. In quel periodo Piscinola contava 129 nuclei familiari, ogni nucleo era chiamato “fuoco” e si componeva mediamente di 5 persone.
Molti Casali, per non cadere nelle mani dei baroni, furono costretti ad esercitare lo strumento dello “Ius Praelationis”, ossia la possibilità di ritornare allo status di “Regio Demanio” pagando alla Regia Camera, nell’arco di un anno, lo stesso prezzo di vendita offerto dai baroni. Non tutti i Casali riuscirono però a “riscattarsi”.
I Casali che si “riscattarono” passarono sotto lo stato di “Casale Autonomo”, detto anche “Communità” (ossia Comune) ed erano governati dall’assemblea delle famiglie, che poi regolavano i loro rapporti fiscali con il governo centrale, attraverso un Procuratore del Regno. Sappiamo per certo che nel 1637 il Casale di Piscinola si oppose al progetto del Viceré di vendere il Casale al principe di Cardito. In quel periodo Piscinola contava 129 nuclei familiari, ogni nucleo era chiamato “fuoco” e si componeva mediamente di 5 persone.
Intanto, nell’anno 1647, la città di Napoli
fu chiamata a “donare” un milione di ducati richiesti dalla maestà cattolica,
Filippo IV. La “Piazza della città” stabilì di applicare una gabella sulla farina,
divisa in maniera diversa tra la Città e i Casali del Distretto. Per far fronte
alla nuova gabella, i Casali dovevano sborsare 3 carlini a tomolo di farina, mentre
la città di Napoli un solo carlino a tomolo.
Per il Casale di Piscinola la gabella fu valutata 1.822,75 ducati e fu anticipata con un prestito, dai signori Alessandro Brancaccio e Alfonso de Liguori (forse trisavolo di Sant’Alfonso), attraverso il patto “Quandocunque” (pagamento in qualunque tempo), in base alla propria disponibilità. A causa di questo debito contratto, il Casale di Piscinola ritornò ad essere a rischio di vendita.
Per il Casale di Piscinola la gabella fu valutata 1.822,75 ducati e fu anticipata con un prestito, dai signori Alessandro Brancaccio e Alfonso de Liguori (forse trisavolo di Sant’Alfonso), attraverso il patto “Quandocunque” (pagamento in qualunque tempo), in base alla propria disponibilità. A causa di questo debito contratto, il Casale di Piscinola ritornò ad essere a rischio di vendita.
Il problema della vendita dei Casali fu molto
sentito dalla popolazione locale, fino al punto che, durante i moti del 1647,
Masaniello impose nel trattato firmato con il Viceré Duca De Arcos (detto “Capitoli”),
l’impegno di non vendere in futuro i Casali.
Al capitolo 43 si legge: “Item, che tutti li Casali di questa Fidelissima Città in ogni futuro tempo debbiano essere, e stare in demanio, non obstante qualsivoglia alineatione, vendita, o donatione in contrario fatta, le quali si declarano nulle, anche in conformità delle Gratie sopra ciò fatte per lo Serenissimo Re Cattolico, confermate per la Cesarea Maestà di Carlo V”.
Dopo la morte di Masaniello il problema si ripresentò, infatti in un documento datato 17 dicembre 1669 si ricava che il principe di Cardito arrivò a offrire ben 22 ducati per “fuoco”, “[...]senza le giurisdizioni delle eccellentissime Portolania e Cacia[...]” (termini usati per indicare i tributi sui passaggi e sui formaggi). Anche un certo “signore”, di nome Pisani, offrì un’alta cifra per l’acquisto di tutti i Casali messi in vendita, tra cui quelli di Piscinola e di Marianella.
Per la transazione di Piscinola furono offerti fino a 2875 ducati (rif. Consiglio Collaterale Consultarum, Vol. 10). La vendita di Piscinola e degli altri Casali, non ebbe però luogo. Nel 1678 le Università di Secondigliano, Casavatore, S. Pietro, Piscinola, Marianella, Barra, Soccavo fecero richiesta di restare nel Demanio, offrendo di pagare 25 ducati a “fuoco”. Alla fine si ebbero delle transazioni per ogni Casale. A conferma di ciò sappiamo, attraverso una “Consulta” dello stesso anno 1678, che i Casali sopra menzionati appartenevano ancora al Demanio (ASN Sommaria Consultationum Vol. 76 fl. 253 t.).
Al capitolo 43 si legge: “Item, che tutti li Casali di questa Fidelissima Città in ogni futuro tempo debbiano essere, e stare in demanio, non obstante qualsivoglia alineatione, vendita, o donatione in contrario fatta, le quali si declarano nulle, anche in conformità delle Gratie sopra ciò fatte per lo Serenissimo Re Cattolico, confermate per la Cesarea Maestà di Carlo V”.
Dopo la morte di Masaniello il problema si ripresentò, infatti in un documento datato 17 dicembre 1669 si ricava che il principe di Cardito arrivò a offrire ben 22 ducati per “fuoco”, “[...]senza le giurisdizioni delle eccellentissime Portolania e Cacia[...]” (termini usati per indicare i tributi sui passaggi e sui formaggi). Anche un certo “signore”, di nome Pisani, offrì un’alta cifra per l’acquisto di tutti i Casali messi in vendita, tra cui quelli di Piscinola e di Marianella.
Per la transazione di Piscinola furono offerti fino a 2875 ducati (rif. Consiglio Collaterale Consultarum, Vol. 10). La vendita di Piscinola e degli altri Casali, non ebbe però luogo. Nel 1678 le Università di Secondigliano, Casavatore, S. Pietro, Piscinola, Marianella, Barra, Soccavo fecero richiesta di restare nel Demanio, offrendo di pagare 25 ducati a “fuoco”. Alla fine si ebbero delle transazioni per ogni Casale. A conferma di ciò sappiamo, attraverso una “Consulta” dello stesso anno 1678, che i Casali sopra menzionati appartenevano ancora al Demanio (ASN Sommaria Consultationum Vol. 76 fl. 253 t.).
Nel 1679 il Casale di Piscinola riuscì finalmente a “riscattarsi” ed a
rimanere nel Regio-Demanio. Ecco quanto scriverà l’Avv. Rossi, due secoli dopo a
tal proposito: “Nel 1679, il Casale di
Piscinola per sottrarsi alla Jattura di essere venduto come le altre terre
demaniali, e cadere sotto il giogo dei Baroni, pagò alla Regia Corte di Sua
Maestà Cattolica Carlo II, la somma di duc. 3800, come da istrumento per Notar
Paolo Giuseppe Russo in Napoli”.
Lo stato demaniale fu conservato anche con l'arrivo degli Austriaci e con il regno dei Borboni, quando Piscinola divenne Università e, poi, ancor oltre, con il Decurionato francese, istituito da Gioacchino Murat e, infine, con il Comune autonomo, fino al 1866.
(dal libro "Piscinola, la Terra del Salvatore", ed. Boopen, anno 2010).Lo stato demaniale fu conservato anche con l'arrivo degli Austriaci e con il regno dei Borboni, quando Piscinola divenne Università e, poi, ancor oltre, con il Decurionato francese, istituito da Gioacchino Murat e, infine, con il Comune autonomo, fino al 1866.
Rievocazione storica di quest'avvenimento, eseguito durante il Maggio dei Monumenti "o_maggio a Piscinola", il 24 maggio 2014
Ecco il testo recitato da Maurizio DerSuchende durante il "Maggio dei monumenti 2014" di quest'anno, dal titolo '"O_maggio a Piscinola", in piazza G. B. Tafuri, testo che ho appositamente composto per la rievocazione scenica, rispettando però le tracce storiche.
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In nome della Cesarea Maestà Cattolica, Carlo II
Dei gratia Rex, ecc. ecc.
Per il presente Editto,
Ordiniamo et comandiamo,
che, da oggi in avanti,
lo Casale di Piscinola, che sta nel tenimento di questa
fidelissima città di Napoli, resti, come in origine,
Casale Demaniale Regio, sotto la Juristitione ed
osservanza della Regia Camera della
Sommaria,
con esenzione da ogni gabella et tributo,
secondo i Privilegi concessi da Sua Maestà Cattolica,
Carlo V, re di Spagna, nell’anno di grazia 1536.
La presente dispositione,
fa lo seguito al pagamento di riscatto,
stabilito in ducati 3800, a Noi presentato
dalli uomini di detto Casale di Piscinola
et raccolto con colletta pubblica, secondo lo
numero de li fuochi oggi presenti ne lo mentovato
Casale.
Decché stabiliamo,
il beneficio perpetuo,
che non si debba più procedere a la vendita
de lo detto Casale di Piscinola,
in abolizione at quanto stabilito nella Prammatica
emanata dalla Regia Camera della Sommaria,
et come promulgato dal Regio Consiglio Collaterale
di questo Vicereame di Napoli.
Ordiniamo,
a li ufficiali et al governo di detta fidelissima
Città di Napoli, presenti et futuri,
di tenere particolar pensiero all’osservanza
del presente Editto et acciocché venga a notizia
di tutti li popolani et abitatori de lo detto Casale e
che si pubblichi per li luoghi soliti.
In Napoli,
nell’Anno di Grazia Domini 1679, allì 20 giugno
Fernando Joaquite Fajardo , Marchese Los
Velez
Vicerè di Sua Maestà Cesarea, Carlo II,
rege
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