La gloriosa ferrovia "Napoli Piedimonte d'Alife" non è stata solo una ferrovia romantica e
paesaggistica, con ricordi di viaggi sereni e gaie scampagnate raccontati dai suoi viaggiatori, e con spaccati di storia vissuti, come quelli già pubblicati in questo blog, legati al ritorno della libertà dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, ma ha registrato anche degli episodi di "cronaca nera", come questi due casi che abbiamo scelto di raccontare, avvenuti nel primo ventennio di esercizio della ferrovia: praticamente un secolo fa...; questo perchè essa faceva parte integrante di una realtà vissuta da uomini di ogni estrazione e disciplina sociale. Ecco i racconti estratti dai quotidiani o periodici dell'epoca.
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Dal giornale: ”Il Mezzogiorno” , mercoledì 29 maggio 1923 Ultima edizione. Anno VI – num. 125. Cronaca di Napoli 20-30 maggio 1923
"Dopo lo scandalo alla Piedimonte d’Alife
L’Arresto del direttore ing. D. S.
I lettori
ricorderanno gli avvenimenti della Ferrovia secondaria Piedimonte d’Alife alla
fine di marzo ultimo.
A seguito di
parecchie denunzie pervenute sul conto del direttore ing. Mattia D. S., il
Ministero dei Lavori Pubblici ordinava una prima inchiesta e, poi, una seconda.
Quest’ultima era affidata al comm. Senise il quale rilevava che la
responsabilità di cui si faceva carico al direttore della tranvia non erano
precisabili perché buona parte dei registri e documenti contabili come
affermava il Direttore stesso trovavansi presso la sede centrale della Società
a Parigi.
Ma ecco che, ai principi dell’aprile scorso, un improvviso colpo di scena provocava la sostituzione del D. S. dalla carica di direttore di Esercizio.
La p.s. coadiuvata dai fasci operava una sorpresa nella Direzione e rinveniva i famosi registri negli scantinati del Palazzo Salsi.
A seguito di questa sensazionale scoperta si riuniva di urgenza il consiglio di amministrazione e il D. S. veniva rimosso dall’ufficio, Contemporaneamente il D. S., temendo un eventuale mandato di cattura, scompariva dalla sua abitazione.
Registri e documentazione venivano, intanto inviati alla autorità giudiziaria, unitamente agli altri atti.
Dopo lungo esame essendo risultate fondate le accuse a carico del Direttore della Piedimonte d’Alife” per malversazioni e cattiva amministrazione, veniva nei giorni scorsi spiccato mandato di cattura contro il D. S.
Ieri mattina, verso le 7,30 l’ing. D. S. veniva tratto in arresto in via Museo dai commissari Capurso e Maiatico.
L’ing. De Sares era inviato direttamente a carcere di Poggioreale. Oggi il D. S. sarà interrogato dal giudice istruttore cav. Novelli. Re"
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Da “L’eloquenza”
Antologia critica - cronaca
Anno VI - 15 agosto 1916 (pag. 198 - 200), Roma – via Calamatta, 16
Piazza Carlo III, a dx la fiancata di convoglio del treno in partenza |
Procedutosi dalle autorità alla ricognizione del cadavere, esso fu identificato per quello del giovane capraio Vincenzo R., scomparso da tre giorni, e di cui, nonostante le indagini più febbrili disposte dalla Questura di Napoli, non era stato possibile scoprire alcuna traccia.
Vincenzo R. – un giovane di 26 anni – era stato allevato in casa del capraio Francesco T. fin dalla tenera età.
Il mattino del 28 dicembre come al solito s’era recato in campagna con tutti della famiglia T. per il pascolo delle capre. Col carretto, insieme col piccolo Vincenzo T., egli aveva preceduto a Capodichino Francesco T., che con i figli Salvatore, Giovanni e Luigi, l’aveva seguito con le capre. Da quel momento nessuna notizia si ebbe di lui.
La sera del 28 dicembre, tornarono dal pascolo Francesco T. e di figli senza il R.
Piazza Carlo III, parco binari della stazione terminale dall'alto |
Arrestai tutti quanti i T. essi si chiusero nel silenzio più assoluto, ma poi ma poi cominciarono ad accusarsi reciprocamente, finché Salvatore confessò di aver ucciso da solo, per gelosia di donne. Ma contro questa dichiarazione vi era l’esame necroscopico: sul cadavere erano state trovate cinque ferite prodotte da bastone, due gravissime ferite di coltello alla gola e tre escoriazioni prodotte da unghie. A ciò si aggiunga che il R. era molto più forte del T., donde si traeva la logica conseguenza che più persone avevano partecipato alla strage.
Il padre e tutti i figliuoli furono rinviati a giudizio per rispondere di omicidio premeditato.
Il dibattimento si svolse innanzi alla Corte ordinaria di assise, presieduta da quel valoroso magistrato che è il barone Carelli. Per la parte civile discusse Corso Bovio, il figliuolo del grande filosofo. Corso Bovio è un semplice ed arguto parlatore, che molte volte ha grandi efficacia. Egli è un avvocato che non fa subita alcuna deformazione professionale, ignora ogni mezzuccio, conosce unicamente l’espressione libera ed audace del suo pensiero.
Piazza Carlo III, convogli davanti alla stazione terminale |
In una cattiva causa è perciò un pesce fuor d’acqua, perché egli non concepisce una dissonanza tra quello che dice e quello che pensa: è certo la singolare rettitudine del suo genitore che parla in lui.
Prese la parola il Procuratore generale Mastrovalerio: il processo aveva riflessi d’una tragicità impressionante: sgozzato miseramente lo sventurato R. era stato lasciato tre giorni in un campo, e mentre si disfaceva e i roditori lo distruggevano, i suoi uccisori avevano la baldanza di unirsi nelle ricerche ai parenti sconsolati, di denunciare il fatto all’autorità giudiziaria e tre giorni dopo cinicamente trasportavano il cadavere mezzo rosicchiato, in stato di avanzata putrefazione, sul binario della Piedimonte. Questi elementi seppe sfruttare in un forte esordio il Mastrovalerio per dipingere foscamente il delitto e venire poi a scagliare la catapulta formidabile delle sue argomentazioni principalmente, contro il padre ch’eccepiva un impressionante alibi. Ma egli ebbe un avversario degno di lui: Francesco T. fu difeso da quel dialettico potente ch’è l’on. Enrico De Nicola che seppe contrapporre argomento ad argomento, riuscendo, malgrado le ombre oscure che si proiettavano sul suo difeso, a strappare un verdetto negativo.
Giovanni P. e Carlo F. lottarono strenuamente per sostenere la versione di Giovanni, e per dare al delitto il carattere d’omicidio improvviso, ma la fortuna non coronò i loro sforzi e i tre giovani furono riconosciuti responsabili di omicidio premeditato e, data la loro minore età, furono condannati a 20 anni di reclusione ciascuno. E. A."
(Nota. Abbiamo omesso di riportare i cognomi dei personaggi coinvolti nei casi raccontati).
Salvatore Fioretto
Piazza Carlo III, incrocio con corso Garibaldi. Nella nella parte a destra della foto, il convoglio della Piedimonte d'Alife in transito (anni '20 circa) |
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