Di Domenico De Luca, grande storico dell'area Nord di Napoli, profondo ricercatore storico del popolo Osco, abbiamo già narrato diversi aspetti della sua biografia e delle sue opere su "Piscinolablog" in un articolo di qualche anno fa, in questo post ci piace mostrare i suoi tratti poetici di narratore nostalgico di tradizioni antiche del territorio nel quale è nato e vissuto, ossia del quartiere di Chiaiano. In questo articolo, tratto da un suo scritto nel 2020, ci trasmette l'emozionante suo bel ricordo dedicato alle campagne di Chiaiano durante la raccolta delle ciliege e si intitola: "Il Sogno della Ciliegia". Buona lettura!
Mi raccontava un giorno Don Mimì "A Paratina" (soprannominato così perché il fondo dei Rusciano stava sulla cupa, a confine del fondo "La Paratina" e col palazzo ancora in piedi all'inizio di via Barone, da piazza Nicola Romano), che avendo loro il fondo sul canale Cupa "Paratina" (nel passato era stato della duchessa di Minervino feudataria di Polvica, prima del Marchese Carlo Mauri - patriota del 1799), c'erano solo alberi di ciliege dapertutto, e che avendo una volta chiamato un giovane del luogo a raccogliere le ciliege, subito si accorse che non andava.
Il giorno dopo ne chiamò un altro raccoglitore, sempre del luogo, che allora sapevano lavorare in campagna. Quando chiamò quest'ultimo volle sapere (il suo compenso), quando stava pagando al giovane che stava già lavorando. "Don Mimì - rispose - quanto avete pattuito secondo il tempo". Disse quest'ultimo: "Subito, a me ne dovete dare il doppio, don Mimì, senza rancore". Don Mimì rispose: "Se lavori tanto da valere il doppio, è giusto, perché non dovrei darti il doppio?". Don Mimì a Paratina dei vecchi di Rusciano, della imponente famiglia dei Rusciano di Chiaiano, era di parola.
Era in primavera la raccolta delle ciliege, e poi c'erano le Maiatiche di maggio, di colore della primavera che si vedevano da lontano.
Le Campanare nere erano carnose e piene di sugo, tanto carnose che mia nonna paterna quando le raccoglievano, comprese quelle che scartavano, perché beccate dagli uccelli, dava una cottura ("bollo") e le faceva seccare, dette poi 'e passarielle. Poi c'erano le Corvine, le Aspre... Era una grande festa di primavera. Tutti cantavano sugli alberi mentre le raccoglievano, e si ascoltava da un campo all'altro, specialmente da loro (dal fondo Rusciano), quando non era nata ancora la via Nuova Toscanella, dopo la guerra, con un immenso vocio; ad Est della loro Masseria vi era la Cappella Santa Maria di Toscanella del 1500, tra la Masseria e il Barco di Rusciano.
Don Mimì 'a Paratina diceva che era sempre lui ad aggiustare le "spaselle" di ciliege, gelosissimo, come allora si usava. Come anche 'e Nere, sempre mettendo sopra la schiocca cu 'a fronna.
Diceva che dovevano apparire sempre lucenti. Vedeva intanto il primo giovane raccoglitore, che saliva e scendeva dalla scala, ma molto lento, con la fescena, la quale è come un grande limone tagliato a metà capovolto, come il mausoleo di Quarto negli Spinelli detto "'a Fescena".
Invece il secondo operaio "a giornata", che pretese il doppio, saliva e scendeva dalla scala come una farfalla - diceva - metteva allegria. E quando allungava le mani col ramo tirato delle ciliege, le strappava con grazia dai rametti, 'a piennule, senza mai farne uscire qualcuna 'a fragola, ossia alla fragolara, senza gambetto.
Mi raccontava quella rara volta che ci incontrammo (con don Mimì 'a paratina), che le ciliege corressero insieme verso le sue mani, per farsi prendere per prime dal giovane operaio che aveva preteso il doppio. Non aveva mai visto e lo diceva estasiato, seppure anche lui da giovane lo aveva fatto e ne sapeva di più salire e scendere dalle scale, come un "auciello". Quindi il secondo operaio saliva e scendeva e ne raccoglieva il doppio, cantando cantando... Mai una senza il suo gambetto verde.
Mai un pittore intanto, anche se per le colline ne andavano a zonzo, ha saputo fare quadri di tali stupendi operai che avevano troppe grazie.
Il dottore Giuseppe Rusciano, il figlio laureato in scienze agrarie a Portici, un giorno mi chiese fotocopie degli atti comunali antichi, che forse avrebbe voluto ricordare i suoi Rusciano. Glieli passai, ma anche lui se ne andato troppo presto. [...]
Liberamente tratto da un racconto di Domenico De Luca
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