Treno della Piedimonte in viaggio, foto tratto da video |
Stazione terminale di S. Maria C.V. - S. Andrea, anno 1972 |
Nel racconto si descrive, nel complesso, il metodo
di coltivazione e di produzione del vino Asprino, presente nella vasta zona aversana (Agro),
osservato nell'anno di visita: 1940.
Il viaggio inizia da Napoli (Piazza Carlo
III), a bordo del treno della ferrovia Piedimonte d’Alife. L'andamento lento del
trenino consente di osservare e così poter descrivere come appariva tutto il territorio attraversato:
da Capodichino, passando per Secondigliano, Miano, Piscinola,
Mugnano, e cosi via, fino ad Aversa, dove il cronista scende dal treno e prosegue la sua esplorazione, visitando campagne, vigneti e cantine.
Ecco il racconto, buona lettura a bordo della mitica Piedimonte...!
"L’Asprino: Il più frizzante della Campania Felice
I Vino di origine greca – Lo bevevano i pontefici nei mesi caldi – Garibaldi alla vigilia della battaglia del Volturno – Centomila ettolitri di vino.
Prima di intraprendere il breve viaggio per le
terre dell’Aversano, terre fertili, pianeggianti, dove si susseguono a gara, in
file sparse, i meli, i susini, i noci, e soprattutto i pioppi, che di qualunque
età, di qualunque statura si sposano alla vite e se ne stanno fermi per lunghi
anni a difenderla dalle folate di vento, ho pensato molto, e con una certa
invidia, alla scienza enologica del senatore Arturo Marescalchi, il quale
conosce vita e miracoli dei vini italiani.
Stazione di Mugnano - Calvizzano (anni '30-'40) |
Il treno della Piedimonte d’Alife, pigrone e
ciondolone come un tramvai, si è messo in moto al suono di una trombettina, e
arrancando sotto il costone di Poggioreale, coronato di cipressi, si è a mano a
mano inoltrato nella campagna, in mezzo a un popolo di pioppi, alti, bianchi,
rugosi, bozzuti, che si allontanavano su i prati verdi in corse matte,
sgomitolando come fili telegrafici a cinque a sei per volta; l’uno sovrapposto
all’altro, i tralci della vite.
Disposizione classica delle viti di Asprino, "maritate" a Pioppi |
Pioppi annodati e congiunti da centinaia di
chilometri di tralci nel vasto territorio dell’Aversano, a Vico di Pantano, dove l’asprino si irrobustisce nel
terreno argilloso, prende il colore dell’oro, raggiunge tredici gradi alcolici,
aumenta di potenza, e diventa l’”asprino grosso” come dicono quelli del luogo.
Le case di Aversa si avvicinano, balza dai tetti una vecchia torre normanna,
grigia, merlata. Il treno si ferma. Scendono dalle vetture contadini e fattori.
Le vie antiche, strette s’incrociano, passano sotto archi medioevali e vanno a
finire nella campagna, sotto gli alti tralci della vite. La cittadina è
accerchiata da una rete di tralci, né può sfuggire a questo assedio che dura da
secoli. Attraverso le vie ed esco nei campi a sentir sotto i piedi la terra
morbida, umida, leggermente arenosa, che il sole incomincia ad asciugare.
Vendemmia dell'uva Asprino |
Il contadino ora è tutto intento alla natura e ascende lunghe scale portatili per raggiungere i tralci; come un acrobata si regge sugli ultimi pioli, le cesoie alla mano: taglia, annoda, aggiusta, e sembra a vederlo così intento, così in alto fra quell’apparato di fili, non un contadino, ma un elettricista che ripari un corto circuito e rimetta in efficienza la corrente. I contadini da queste parti sono arguti e frizzanti come il vino della loro terra; sanno che questa è una terra fertile, capace di dare un doppio raccolto, e nulla trascurano affinché il miracolo si verifichi."[...]
Disposizione classica delle viti di Asprino, "maritate" a Pioppi |
Può gareggiar con i migliori vini d’Italia, con il bianco di Prosecco e Verdiso, con il Sangiovese, con il rosso Lambrusco di Sorbara, con il Chianti classico, “maestoso, imperioso che passeggia dentro il core che ne scaccia ogni affanno ogni dolore”.
La tradizione lo vuole di origine francese per le sue affinità con i vini di
Champagne. Le viti di questi vigneti sarebbero venuti di Francia, sotto Carlo d’Angiò.
Ma il professor Corrado, che mi accompagna in questo mio vagabondaggio,
sostiene con argomentazioni erudite, persuasive, che esse sono di origine greca".
[...] "Molti
sono i fasti dell’Asprino. Figurò alla mensa dei conquistatori normanni, lo
predilessero specialmente nei mesi estivi, i Pontefici. I vescovi, i canonici
di Aversa allevavano nei poderi della chiesa la vite dell’asprino; bevevano di
questo vino dissetante e leggero nei loro conviti durante la celebrazione del
Divino Sacrificio, forse per meglio ottemperare alle sacre funzioni perché al
dire di Rabelais, da buon vino non si può trarre cattivo latino. La notte della
vigilia della battaglia del Volturno Garibaldi, passando con i suoi per Aversa,
stanco, assetato, si soffermò presso un casale, ed i contadini scesero giù
nelle grotte, spillarono dai fusti l’asprino giovane e l’offrirono al Generale.[...]"
Stazione di Mugnano - Calvizzano, anno 2008 |
Dalla lettura del racconto di Pietro Girace sicuramente si sarà notata l'enfasi con la quale l'autore descrive le
eccellenze della nostra campagna, esaltandone le caratteristiche di fertilità e di feracità, come l'aver sottolineato il doppio raccolto annuale che se ne ricavava per
la produzione di ortaggi e di cereali. Quindi viene esaltato l'antico vino
campano dell'Asprino, vino nostrano di origine greca, che forse non ha avuto nei decenni
seguenti una giusta e degna valorizzazione oltre i confini regionali, come avrebbe
ben meritato, per le sue qualità di freschezza e di sapore, che non sono da meno dei
più fortunati vini, da spumante e da dessert, italiani ed europei.
L'Asprino è
un vino autoctono del territorio aversano che andrebbe oggi rivalutato e
riproposto, su larga scala, soprattutto agli estimatori e al mercato enologico: un mercato oggi particolarmente fiorente, ma anche
particolarmente esigente, che sicuramente esalterebbe le sue eccellenti
doti di qualità e di sapore. Prosit!
Salvatore Fioretto
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