La ricorrenza del 1 agosto, dies natalis al cielo di sant'Alfonso, quest'anno ci induce a delle considerazioni molto particolari, che riguardano da "vicino" noi suoi conterranei. Ci soffermeremo a rispondere ad una domanda, in particolare, alla quale non possiamo più sottrarci: Alfonso de Liguori come ha vissuto la sua vita in rapporto con la sua terra natale, vale a dire con il casale di Marianella e suoi dintorni?? Come visse la sua infanzia in questo territorio?
Della sua lunga vita si è scritto molto, ma poche
sono le notizie che narrano della sua vita trascorsa a Marianella. Proviamo a
ricostruire gli episodi dalle fonti biografiche e agiografiche in nostro possesso.
In primis apprendiamo dai biografi la nascita e i primi giorni della Sua vita:
Don Giuseppe de Liguori, che
possedeva una casa di campagna nel Casale di Marianella, ereditata dal padre
Domenico, volle che il suo primogenito vedesse qui la luce, circondato dalla
natura e aria salubre e da tanta calma e serenità; questo usanza fu poi estesa a tutti gli
altri discendenti della sua casata, che seguirono Alfonso. Alcuni giorni dopo
la nascita, i genitori portarono il loro bambino nella dimora cittadina, nel
loro palazzotto situato nel popoloso quartiere dei Vergini e qui Alfonso dopo 3
giorni ricevette il battesimo nella parrocchia dei Vergini.
Di quest'avvenimento cosi descrive
Theodule Rey-Mermet, nel libro su Sant'Alfonso: "Il santo del secolo dei
lumi":
“A dì 29 di settembre 1696 di sabato.
Alfonso, Maria Antonio Giovanni Francesco Cosimo Damiano Michele Angelo
Gasparro de Liguori figlio del Sig. D. Giuseppe de Liguori ed della Signora D.
Catarina Anna Cavaliero Coniugi, fu battezzato per me D. Giuseppe del Matteo
parroco e fu tenuto a Gratia Porpora - nato a 27 di detto, ore 13”.
Allora a Napoli, come in tutto il
resto della penisola, il suono dell'Angelus della sera mezz'ora dopo il calar
del sole determinava i giorni e le ore; nella seconda quindicina di settembre
alle ore 13, le nostre attuali 7, i rintocchi dell’ Angelus del mattino della
vicinissima chiesa di Marianella e di tutti i campanili di Napoli riempivano l'aria.
I genitori intendevano con il nome di Alfonso far rivivere nel loro
primogenito la memoria del nonno e del trisavolo con i nomi di Antonio".
E ancora in questo passo, pur escludendo la frequentazione continua a Marianella:
"All’inizio del Settecento Napoli, raggomitolata
in modo pauroso dentro la cinta fortificata all’ombra di Castel Sant’Elmo con i
suoi 214.000 abitanti, soffocava all’interno dei bastioni come una matrona
costretta nel busto di un’indossatrice; solo nel 1717, con l’arrivo degli
Austriaci, le violente proteste di una popolazione asfissiata strapperanno al
viceré, il conte di Daun, l’autorizzazione a costruire all’esterno delle mura,
che si comincerà ad abbattere non prima del 1740 Tuttavia, a dispetto delle
ordinanze di Madrid, il viceré Pietro di Toledo, a metà del XVI secolo, aveva
lasciato sorgere extra muros grossi agglomerati, tra i quali, al di là di Porta
S. Gennaro, il Borgo dei Vergini, ai piedi delle pendici verdeggianti che si
arrampicano verso Capodimonte.
In questo quartiere relativamente
nuovo, arieggiato e purificato dalle piogge che scorrevano dall’alto, e non a
Marianella, il piccolo Alfonso crescerà fino ai suoi undici anni, nella casa
che i giovani sposi Giuseppe e Anna de Liguori avevano scelto non lontano dal
palazzo Cavalieri e dalla trireme ammiraglia, la Capitana, ancorata nel porto
militare raggiungibile facilmente per via Toledo. [...]".
Sul fronte dell’arco che prospetta l’ultima tesa della
scalinata al 1° piano e la stanza, una lastra di marmo è apposta con queste
parole:
"Nella Camera in cui questa porta immette
Alle ore 13 del 27 Settembre 1696, nacque
Alle ore 13 del 27 Settembre 1696, nacque
S. Alfonso M. De’ Liguori
Fondatore dei redentoristi, Vescovo di S. Agata de’ Goti
e Dottore della Chiesa universale"
Si narra che un giorno, incontrando il pio gesuita,
Francesco de Geronimo, i coniugi de Liguori vollero da questo impetrare una
speciale benedizione per il bambino. Il futuro santo gesuita, a vederlo rimase
alquanto stupito, quasi scosso e poi profetizzò che il bambino sarebbe vissuto
fino ad oltre novant'anni, sarebbe stato vescovo e avrebbe fatto grandi cose
per Gesù Cristo. Di questo avvenimento è conservato un dipinto sull'altare
della cappella della casa di Marianella.
San Francesco De Geronimo predice sulla vita di S. Alfonso |
La prima bella testimonianza di Alfonso ragazzetto
è riportata dal biografo Rev. P. A. Berthè, nel suo libro "Sant'Alfonso
de Liguori", che così scrive:
"Ogni domenica , i padri dell’Oratorio
conducevano i loro giovani congregati in qualche villa dei dintorni, perché
giocassero e si divertissero a loro piacere. Un giorno, mentre si trovavano a
Capo di Monte, nella villa del principe di Riccia, i giovanetti proposero un
giuoco che Alfonso non conosceva. Egli quindi ricusò di prendervi parte; ma,
dietro le reiterate istanze dei suoi compagni, si mise a giocare con loro.
Disgrazia volle che egli vincesse un numero considerevole di partite, ed in
conseguenza di poste, con grande stupore dei compagni, che finirono col
rimproverarlo amaramente per averli ingannati. - Tu dicevi di non conoscere
il giuoco! - esclamò uno dei perdenti incollerito e con parole oltraggiose - Come! - riprese Alfonso, - per poche misere monete, voi non temete di offendere
Dio!". E commosso fino al fondo dell'animo, gettò per terra il denaro che
aveva guadagnato, voltò le spalle ai compagni e disparve in un boschetto
vicino. I giovani continuarono fino a sera i loro giuochi senza più occuparsene
di Alfonso; ma quando venne il momento di tornare, siccome egli non compariva,
si misero a chiamarlo e a cercarlo per tutto. Quale non fu lo stupore di quei
fanciulli inconsiderati, quando lo ritrovarono in ginocchio, al piede di un
vecchio lauro, ai rami del quale egli aveva attaccata l'immagine della Madonna,
che portava sempre seco! Assorto in un santo accoglimento, non si accorse del rumore
che si faceva intorno a lui. I fanciulli, stupiti, lo consideravano con
rispetto. Colui che lo aveva offeso, punto da vivo rimorso, non potè fare a
meno di dire ai compagni: "Egli è un santo ed io , sciagurato. l'ho
offeso così vivamente". Alfonso finalmente apri gli occhi, come se uscisse
da una lunga estasi, scorse i compagni e non poté dissimulare la confusione che
provava, vedendosi sorpreso in quel atteggiamento. D'allora in poi i giovani
dell'Oratorio lo guardavano, non senza ragione, come il privilegiato della
Madonna".
Nella biografia di Antonio Maria Tannoia si legge che Alfonso nel 1752 organizzò una missione nella sua Marianella:
"Consolò ancora Alfonso in questo tempo colla Santa Missione il Casale di Marianella; e
fecelo con maggior piacere, perché quivi goduta aveva la luce
di questo Mondo. Al ritorno, passando per Napoli, andò a scavalcare
nel nostro ospizio, cioè in uno scomodo quartino di casa sua, cedutane ai nostri per limosina l'abitazione
del fratello Don Ercole"
Dopo questa missione, e quella organizzata a Porta
Piccola di Capodimonte, forse per l'eccessivo dispendio di energia, Alfonso si
ammalò gravemente, tanto da temere per la stessa sua vita. Una volta
ripresosi gli fu consigliato di passare un periodo di riposo a Scala, in
provincia di Salerno, tappa che segnò l'inizio della fondazione della
Congregazione del SS. Salvatore, nome poi tramutato dal Papa in: Congregazione
del Santissimo Redentore.
A riguardo le ore liete che la piccola famiglia
dei Liguori si concedeva di tanto in tanto a Marianella, ancora il Theodule
Rey-Mermet, nel libro su Sant'Alfonso: "Il santo del secolo dei lumi"
così scrive:
[...] "Durante l’inverno la squadra (ndr.:. le galere di Don Giuseppe, padre
di Alfonso) si rilassava nel bacino di Baia e nei mesi estivi e autunnali i
funzionari, dal viceré fino ai rematori delle galere, a meno che il “Turco” non
si spingesse a cacciare nei paraggi, godevano di parziali vacanze. Anche i
coniugi Liguori con il loro allegro piccolo mondo potevano allora riguadagnare
per qualche settimana il paradiso di Marianella e ritrovare lo “zio” e vicino
Nicola de Liguori (fratello del futuro vescovo di Lucera), forse anche la
sorella, la giovane “zia” Antonia (Donna Antonia Salerno), una pittrice da
tutti ammirata. "
E ancora in un altro passo:
"[...] Non abbiamo il coraggio di imporre al
lettore il dettaglio dei passi, delle suppliche, dei rifiuti sgarbati, delle
umiliazioni, che segnarono ancora una volta nel corso del 1752 la vita
napoletana del fondatore, impegnato contemporaneamente da predicazioni e da
missioni sfibranti: Marianella, la chiesa dei Pellegrini, ecc. Alfonso fu
costretto a vivere nuovamente il calvario degli anni 1747- 1748 .
Vi aggiunse
macerazioni da far rabbrividire, perché l’Opera votata alla salvezza degli
abbandonati potesse continuare a vivere. Una sera, arrivato in casa del
fratello Ercole al quartiere dei Vergini tra gli schiamazzi dei perdigiorno a
causa del suo asino, della sua barba, del suo vecchio mantello, si chiuse in
camera e l’indomani non vedendolo comparire si dovette forzare la porta: sul
letto, completamente vestito, non dava segni di vita e i medici, chiamati in
fretta, scoprirono che un orrendo cilizio lo faceva venir meno per lo strazio.
Se aveva rischiato la morte per il dolore, credette poi di morire per la
confusione d’essere stato scoperto nelle sue penitenze." (nella foto Sant'Alfonso e la Regola).
Quando Alfonso decise di farsi
sacerdote e rinunciò alla primogenitura di casa Liguori, gli rimase solo la
proprietà del Carduino a garantire il reddito occorrente per l'Ordinazione: La
proprietà del Carduino è proprio il tenimento di terreno con masseria nel quale
oggi si trovano i resti archeologici della villa romana!:
“[...] Non pensiamolo per questo sul lastrico! (si riferisce al papà di S.
Alfonso) Gli restavano tre palazzi (Via Toledo, Supportico Lopez e Marianella),
un’altra grande casa a Marianella, più di venti bassi dati in affitto, diversi
terreni (giardini, frutteti, boschi) per un totale di circa venticinque ettari
e altre opulenti rendite. Aveva lavorato
bene per il suo primogenito, credendo così di legarlo saldamente al mondo ma
aveva fatto i conti senza la forza del Vangelo."
Poi:
“Alfonso divenne
chierico tonsurato nell’autunno del 1724, dopo che Don Giuseppe gli ebbe
assegnato sulla proprietà Cardovino a Marianella il patrimonio di 40 ducati
annui richiesto dal diritto canonico. [...]."
E ancora:
"[...] Personalmente Alfonso non poteva lamentarsi:
aveva vitto e alloggio in casa, un patrimonio di quaranta ducati annui da
percepire sulle rendite della proprietà Cardovino (o Carduino) a Marianella, la
pensione del collegio dei dottori e la sua parte delle entrate del Seggio di
Portanova. Però chi conosce il padre e la storia della prima sottana di Alfonso
è autorizzato a pensare che una parte notevole finisse nella scarsella paterna,
una volta onorata la sua partecipazione alle opere di misericordia: Incurabili,
sacerdoti della Misericordiella..." (nella foto la Madonna dipinta da sant'Alfonso).
Più volte i membri della famiglia dei Liguori si recarono
a Marianella per placare i loro immancabili momenti di apprensione, sia Don
Giuseppe e lo stesso Sant'Alfonso; il più famoso, raccontato da tutti i
biografi di Sant'Alfonso, è quello del padre quando seppe della rinuncia del
figlio alla già fulgida carriera forense:
"Dovendo andare D. Giuseppe al baciamano (ndr. Si riferisce alla cerimonia del baciamano dei nobili napoletani verso il Vicerè in carica), disse ad
Alfonso, che si fosse composto anch'esso. A tale invito si scusa freddamente
Alfonso, non so con qual pretesto, ma premendolo il Padre, più freddo rispose:
Che vengo a farci? tutto è vanità. Montando in furia D. Giuseppe, per una tal
risposta, tutto fuoco gli disse: Faccia ciocchè vuole, e vadane ove vuole.
Entra in iscrupolo Alfonso, vedendolo disturbato, e con umiltà soggiunse: Non
v'inquietate Signor Padre; eccomi qua, son pronto a venirci. Non ammettendo D.
Giuseppe, alterato com'era, la sommissione del Figlio, infuriato replicò di
nuovo: Faccia ciocchè vuole; e voltandogli le spalle, cala di casa,
s'incarrozza, ed anziche a palazzo, sen va così crucciato, e pieno di amarezza
nel suo casino in Marianella. Restò
Alfonso molto mortificato, anzi afflittissimo per questo disturbo del Padre:
Mio Dio! esclamò, se ripugno, fo male; se mi offerisco, fo peggio. Io non so
come regolarmi. Così afflitto esce anch'esso di casa, e vassene a dirittura,
volendo trovar sollievo al suo spirito, nella Casa degl'Incurabili".
Il papà di Alfonso, Don Giuseppe de Liguori, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Marianella, dilettandosi a dipingere:
Di certo rimane la sorprendente
pagina di B. de Dominici pubblicata nel 1745 nelle Vite de’ pittori: “D. Giuseppe di Liguoro, Cavaliere
napoletano, si applicò ancor egli con gran genio al disegno, e volle per
maestro Francesco Solimena, con la di cui direzione fece qualche cosa, copiando
l’opere sue. Ma lasciando poi di colorire a olio, si volse a dipingere in
miniatura, ed in tal modo ha fatto moltissime cose con sua lode, da poiché,
virtuosamente applicando il tempo, è venuto a guadagnarsi il nome di Virtuoso,
ed a far Si che il suo nome resti meritevolmente eternato. Egli, acciocché non
venghi disturbato dalle cure domestiche, suole per lo più ritirarsi a
Marianella, casale vicino Napoli, ove, benché fatto vecchio, tuttavia dipinge
le sue miniature, delle quali suole far dono ai suoi più cari amici, e ad altre
persone di merito” .
Questa pagina di storia minore, scritta a caldo e con una punta di iperbole mentre il vecchio ufficiale era ancora in vita (morrà all’uscita del libro nel 1745, cioè due anni prima di Solimena), se non apre a Don Giuseppe le colonne delle enciclopedie d’arte, dà a noi la possibilità di lanciare uno sguardo sui suoi gusti e sulla sua cultura, sul suo riposo tranquillo e, soprattutto, sulla formazione pittorica del suo primogenito Alfonso, che quindi crebbe non solo in una galleria di quadri, ma anche tra i colori e i pennelli. Come non pensare allora che il maestro di pittura e senza dubbio di architettura datogli dal padre non sia stato quello stesso del quale anche il genitore seguiva le lezioni?"
Un'altra pittrice della casa dei Liguori fu Antonia de Liguori, definita da Theodule Rey-Mermet: "...la delicata pittrice di Marianella".
Questa pagina di storia minore, scritta a caldo e con una punta di iperbole mentre il vecchio ufficiale era ancora in vita (morrà all’uscita del libro nel 1745, cioè due anni prima di Solimena), se non apre a Don Giuseppe le colonne delle enciclopedie d’arte, dà a noi la possibilità di lanciare uno sguardo sui suoi gusti e sulla sua cultura, sul suo riposo tranquillo e, soprattutto, sulla formazione pittorica del suo primogenito Alfonso, che quindi crebbe non solo in una galleria di quadri, ma anche tra i colori e i pennelli. Come non pensare allora che il maestro di pittura e senza dubbio di architettura datogli dal padre non sia stato quello stesso del quale anche il genitore seguiva le lezioni?"
Un'altra pittrice della casa dei Liguori fu Antonia de Liguori, definita da Theodule Rey-Mermet: "...la delicata pittrice di Marianella".
Reliquario contenente le ossa di sant'Alfonso a Pagani |
Il padre di sant'Alfonso, Don Giuseppe, morì proprio
nella sua casa di Marianella, ecco la testimonianza di Theodule Rey-Mermet:
"Se si fosse trattata di una popolazione meno
difficile (ndr. quella della diocesi di Foggia presso la quale Egli si trovava per una Santa Missione), Alfonso l’avrebbe senz’altro lasciata in altre mani, per correre
all’inizio di novembre a Marianella, dove si spegneva il padre. In sua vece
mandò al capezzale il P. Saverio Rossi, che durante il suo lungo ritiro a
Ciorani aveva ricevuto le confidenze e si era guadagnato l’amicizia del
vegliardo. Degli altri due figli sacerdoti, solo Don Gaetano potette assistere
il moribondo, perché il benedettino Antonio (Don Benedetto Maria) era morto a
quarant’anni il 3 agosto 1739.
“Don Giuseppe de Liguori morì, timorato e fervoroso,
la domenica 14 novembre 1745, dopo 50 anni e sei mesi di matrimonio, all’età di
75 anni. Alfonso, che durante il suo prossimo passaggio per Napoli sarebbe
venuto a consolare la madre Donna Anna Cavalieri assicurò da Troia al padre il
suffragio delle messe sue e dei confratelli e le preghiere di quel popolo
toccato e riconoscente".
Il fratello di S. Alfonso, don Ercole, ebbe il suo terzogenito che volle chiamare Alfonso Maria in omaggio al nostro santo, il cui
battesimo fu celebrato personalmente da Sant'Alfonso nella chiesa parrocchiale
di Marianella il 5 agosto del 1767; singolare fu il battibecco che Egli ebbe con il
parroco di Marianella, per gli encomi che egli poco gradì, ecco quanto riporta Padre Antonio Tannoia nel libro "Della vita
ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso M. de Liguori...."
"Essendosi sgravato tra questo
tempo in Marianella D. Marianna Capano Orsini sua cognata, avendolo partorito
un bambino, volle la consolazione il di lui Fratello D. Ercole, che col
Battesimo, per mezzo suo, il bambino rinato fosse alla Grazia.
Lo compiacque Monsignore; e volle D.
Ercole, per sua maggiore consolazione, che anche Alfonso nominato si fosse.
Saporito è quello accadde con quel Parroco. Assistendolo questi, ripetevali
l'Eccellenza in ogni voltata di lingua. Soffrillo Monsignore la prima, e seconda
volta, per non interrompere la funzione; ma più non potendo, Signor Parroco, li
disse, se mi volete dare l'Illustrissimo, fate come volete, o trattatemi da tu
a tu, che fate meglio."
E ancora:
"[...] Il 5 agosto 1767, in
pieno soggiorno napoletano di Alfonso, venne al mondo un terzo figlio e lo zio,
condotto a Marianella, gli diede il battesimo e il nome: Alfonso Maria.
Nel 1780 il fratello di Sant'Alfonso
muore nella casa di Marianella:
"[...] Il fratello Ercole era
morto improvvisamente a Marianella l’8 settembre 1780 e la primogenita Maria
Teresa, consigliata dallo zio, con scelta matura, era entrata nel convento di
S. Marcellino, facendovi la professione il 2 luglio 1783".
Prima di concludere c'è da aggiungere che Alfonso fu contemporaneo del barone Gennaro Maria Sarnelli, anche egli giovane avvocato del foro di Napoli, il cui genitore aveva un tenimento sito tra Polvica e Chiaiano, nel quale dimorava con la sua famiglia a Napoli. Considerando l'antica amicizia che regnava tra i due, sicuramente nei verdi anni della giovinezza Alfonso e Gennaro si sono frequentati e hanno trascorso insieme il loro tempo libero, esplorando e percorrendo il territorio tra Chiaiano, Marianella, Piscinola e Mugnano. Purtroppo di tutto questo non abbiamo testimonianze scritte. Il padre di Gennaro, il Barone Angelo Sarnelli, donò poi a Sant'Alfonso un'ala del suo castello a Ciorani, che costituì la prima casa dei padri Redentoristi. Gennaro abbandonò anch'egli la toga di avvocato per seguire Alfonso nelle sue opere. Gennaro Maria Sarnelli è stato beatificato nel 1994.
E' nostro auspicio aver, con le suddette testimonianze raccolte, colmato il vuoto biografico che esisteva in merito al personaggio Alfonso, soprattutto in rapporto alla Sua terra natia e di aver quindi risposto alla domanda iniziale. Noi speriamo che altri volenterosi ricercatori ci potranno deliziare in futuro, con altre notizie inedite, affinché Alfonso possa essere ancora di più stimato e venerato nella Sua cara Marianella e nell'intera Area Nord di Napoli.
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
Con la solennità di sant’Alfonso, si ricorda il dottore, l'asceta, il vescovo, il predicatore, il teologo, il musicista, il poeta, il confessore, lo scrittore di 111 opere .... nato a Marianella, ma per noi rappresenta un grande concittadino del nostro territorio…!
La gloria di Sant'Alfonso (casa natale di Marianella) |
Ottima biografia!
RispondiEliminaciao salvatore ti ringrazio per il lavoro storico che hai fatto e stai facendo sulle tradizioni della "Nostra"bterra.... su sant'alfonso so alcune cose che nessuno ne parla... (ti daro' notizie....) a presto.
RispondiEliminaDurante la causa di beatificazione, l'avvocato che si opponeva (oggi si chiamerebbe PM), sosteneva che Alfonso, fin dalla giovane età avesse il vizio del fumo, perchè furono trovate alcune borse contenente tabacco nella sua abitazione. L'avvocato difensore, che perorava la beatificazione, riuscì a provare che Alfonso non fumava il tabacco, ma si limitava a sentirne l'odore mettendosene piccole quantità sotto le narici, la qual cosa gli fu prescritta dal suo medico curante per facilitare la respirazione.
RispondiEliminaPasquale Di Fenzo
Grazie Pasquale Di Fenzo.
RispondiElimina