Il
locale "Villa Fiorita", situato in via Vittorio Veneto, a Piscinola (per
noi abitanti ”Miez''a via nova”), fu aperto nel 1960 su idea di mio padre
Raffaele Silvestri, che trasformò il tanto amato orto di mia madre, per
tutti la signora Bianchina, in sala di ricevimento.
Fu un successo, c’era sempre il pieno e spesso si doveva rifiutare
qualche matrimonio perché il locale era già prenotato.
La formula
organizzativa era quella del "catering", che non corrispondeva
effettivamente a quella odierna, non era una ditta specializzata che
portava dolciumi e rustici, ma c’erano tutti prodotti fatti in casa che
arrivavano in grosse ceste di vimini coperte con tovaglie da tavola.
Andavano per la maggiore i biscotti chiamate “anginetti”, durissimi,
coperti con glassa di zucchero, c’erano poi le pignolate, sempre
biscotti dolci con pinoli. Ho provato ad assaggiarli ma per me erano
immangiabili. Non potevano mancare i taralli sugna e pepe e il
casatiello. Anche la torta nuziale era fatta in casa e spesso era un
regalo di qualche invitata più esperta.
Tutto lo smistamento del
commestibile e delle bevande avveniva nel cantinato adibito a sala
organizzativa, dove i camerieri, vestiti con camicia bianca e papillon,
sistemavano, pulivano, preparavano i vassoi per portare il buffet ai
tavoli. Tutto questo io lo osservavo dal mio balcone posto al piano
ammezzato perché, quando era in procinto l’arrivo degli invitati, mia
madre ci proibiva di scendere perché non voleva che potessimo
infastidire gli invitati e gli sposi. All’epoca eravamo quattro marmocchi uno
più piccolo dell’altro, per quegli anni, dopo ne sono nati altri tre, sette
figli in tutto, belle famiglie numerose di una volta!
Durante lo svolgimento della cerimonia, ci era concesso di guardare
attraverso i vetri chiusi del balcone, a patto che non litigassimo a
chi doveva stare più avanti.
Alla fine della serata, invece c’era di nuovo via libera e io scendevo
nel cantinato, dove c’era un assordante rumore di bicchieri e di coppe
di alluminio che venivano lavati dai camerieri alla velocità della
luce.
L’odore del vermouth si espandeva per tutta la sala e io ero incuriosita
da questa bevanda che i grandi gradivano molto, infatti c’erano sulle
mensole tantissime bottiglie vuote,
per cui una sera, di nascosto, mi rubai una coppa da cui aveva bevuto
qualche invitato, ma per me al momento non era un problema, e
finalmente assaggiai quel liquido che sembrava profumato ma al sapore mi
risultò imbevibile e capii che i grandi avevano dei gusti orrendi!
Accanto al cantinato, mio padre aveva trasformato il rifugio notturno
delle galline in spogliatoi, qui gli sposi si cambiavano di abito per
indossare il vestito per il viaggio di nozze.
Poiché ero una bambina un po’ irrequieta, un giorno pensai che avrei
voluto vedere la vestizione degli sposi e sbirciai lo spogliatoio della
sposa ma fui subito beccata e rimandata da mia madre che non riusciva a
spiegarsi in che modo ero riuscita ad evadere la sua sorveglianza.
Penso che qualche schiaffetto ci fu!
Che malinconia vedere ora il mio cantinato pieno di cose inutili e
impolverate, senza più quella vitalità, quelle voci, quei rumori che
suscitavano tanta allegria.
Ricordo i preparativi che venivano fatti al mattino, da un ragazzo di
nome Vincenzo che sistemava le sedie, adornava i tavoli con fiori
sempre freschi.
Adoravo il pomeriggio perché arrivavano i musicanti per le prove e mi
intrufolavo tra i tavoli per ascoltare la musica...
Mio padre aveva pensato a tutto e per i giorni di pioggia aveva comprato
dei tendoni che scorrevano lateralmente sui binari.
Il nome “Villa Fiorita” fu scelto da mia madre che ha sempre avuto il
pollice verde e una passione per i fiori, ce n’erano tanti, soprattutto
rose, ortensie e gerani che ancora ci sono. Fece arrivare da Sorrento
dei vasi di maiolica bellissimi e tutti colorati in cui piantò delle
cigas per rendere l’ambiente elegante e raffinato.
L’attività si è svolta fino al 1966 quando i miei genitori, nonostante
una folta clientela, decisero di chiudere perché troppo impegnativa.
Mi è pesato per molto tempo quel silenzio che, all’improvviso, assordava
il mio giardino.
Se i lettori volessero qui condividere il ricordo di un loro evento familiare svolto in questo locale, potranno inviarci i loro scritti nei commenti di Piscinolablog e, magari, corredati anche di foto.
Ringraziamo l'insegnante, Tina Silvestri, per averci trasmesso questo suo bel racconto, che pubblichiamo con piacere per i lettori di Piscinolablog. Villa Fiorita fu una delle poche esperienze imprenditoriali che risultarono vincenti nel quartiere di Piscinola, durante il cosiddetto "Boom Economico"; peccato che sia durata solo pochi anni.
S.F.
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