Tabula Choronographica Neapolitani Ducatus, di Bartholomeo Capasso |
La trattazione storica viene suddivisa per questioni di spazio in quattro parti, ecco la prima parte.
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L’origine dei Casali
Particolare della mappa di B. Capasso, copia a mano a cura S. Fioretto |
In antichità i primi insediamenti agricoli sorti
attorno alla città di Napoli erano detti “Pagus” e indicavano villaggi di tipo rurale oppure erano detti “Villa” e indicavano gli stabilimenti
agricoli con annesse abitazioni patrizie. In seguito, sempre per indicare i
primi insediamenti, fu usato anche il termine barbaro di “Vicus”.
Il termine di “Casale” si pensa che derivi
dalla parola “Casati”: allocuzione usata tra i secoli VIII e IX, in riferimento
alla presenza di “Terzatori”, i quali erano i primitivi
abitanti dediti a vigilare e a coltivare la terra a loro affidata e denominati così in ragione della regola stabilita per la suddivisione dei beni e dei raccolti.
Tra i Casali
vicini a Napoli e la linea di fortificazione presente attorno alla città, si
contrapponevano i “Castra” od “Oppida”, che avevano invece delle funzioni
difensive della città. Non dimentichiamo che per tale scopo difensivo, nei tempi più antichi del ducato napoletano, fu tracciato anche uno sbarramento artificiale, chiamato "Fossato Napoli", che nel lembo di territorio più vicino a noi, si sviluppava attraversando i casali di Melito e Mugnano (l'etimologia del toponimo di Melito (Mellito) risalirebbe proprio al termine arcaico di "Fossato").
La necessità di raggrupparsi per migliorare
la sicurezza e, nello stesso tempo, il bisogno di essere vicino ai terreni da
coltivare, spinse i contadini che abitavano in povere abitazioni sparse nelle
campagne, a concentrarsi in caseggiati o villaggi, intorno alle primitive
chiese presenti o intorno a palazzi feudali.
Carlo I d'Angiò, facciata Palazzo reale Napoli |
Nacquero così i Casali. Il processo fu lento
e graduale nel corso dei secoli e si stabilizzò in seguito alla pace avvenuta
tra i Napoletani e i Longobardi, cioè verso la fine del VII secolo.
Questo evento
storico diede pace e tranquillità a un vasto territorio fertile: la “Liburia”.
Lo storico Bartolommeo Capasso scrive a tal proposito: “Lenta
e graduale dovette essere a mio credere l’origine di tutti i villaggi della
Liburia che durante il Medioevo sursero nell’agro napoletano ed aversano […]”.
In età Normanna, molti Casali perdettero la
loro autonomia, diventando “Casali Feudali” (o Infeudati), perché dipendenti da
feudatari. Mentre, altri Casali, come quello di Piscinola, divennero “Casali Demaniali”, dipendenti
cioè dal Demanio.
Gli Svevi, diversamente, inasprirono l’imposizione
fiscale. Il re Federico II stabilì una tassa di tre tarì all’anno per ogni
abitante e fece compilare un elenco dei Casali e dei loro abitanti.
In questo periodo, con l’unificazione del Regno,
venne a mancare il bisogno di difesa dei “Castra” e da allora in poi il termine
corrente per indicare i territori confinanti con la città rimase solo quello di
“Casale”. Di questi elenchi, come abbiamo già riferito, ne rimane una copia
quattrocentesca, chiamato il “Cedolare Angioino”.
Durante il periodo Normanno-Svevo, molti Casali, tra i quali il
Casale di Piscinola, acquistarono una certa autonomia amministrativa, tuttavia, furono sempre obbligati a pagare le varie gabelle,
tra cui: la tassa di uso dei campi per il pascolo (nonostante avesse l’accesso
alle aree demaniali), la tassa del “Macellatico” sulle carni, la tassa del “Plateatico”
sull’occupazione di suolo pubblico, il “Catapania” sui pesi e sulle misure e la
“Portolania” sui passi e sulle strade, oltre alla tassa per la manutenzione delle fortificazioni (mura cittadine).
Gli Angioini continuarono questa politica
esattiva, obbligando il pagamento delle tasse anche agli abitanti dei Casali,
che si erano trasferiti a Napoli per evitarne il pagamento. Quest’ultimi
venivano chiamati “Revocati”. Tale politica favorì il ritorno di questi
cittadini ai loro Casali di origine.
In questo periodo l’imposizione fiscale si
mostrò molto gravosa, tanto che molti contadini per poter sopravvivere, furono
costretti a vendere tutto il loro raccolto in città. Le tasse erano raccolte
direttamente dalla Regia Corte, mediante i “Catapani” ed i “Baglivi”. In epoche
successive furono i nobili ad avere questo privilegio, dopo aver comprato il
“servizio” ad un’asta pubblica.
Solo i “Casali Demaniali”, che intanto
furono chiamati “Regi”, pur con le limitazioni accennate, avevano la
prerogativa di amministrarsi autonomamente, con la libera facoltà di
raccogliere in esclusiva i tributi.
La trasformazione dei Casali di Napoli nello
status di “Casali Regi” avvenne dopo la vittoria degli Angioini sugli Svevi, a
Benevento nel 1266. Carlo I d’Angiò, prima di partire per Palermo, fece generose
concessioni a coloro che gli avevano mostrato devozione e avevano collaborato
per la conquista del Regno. L’elenco fu trascritto in un libro chiamato “Liber Donationum”
e fu affidato a un cavaliere di nome Giozzolino della Marra.
Tra le concessioni e le donazioni di feudi,
è da segnalare la scrittura relativa ai Casali di Napoli: “[…] diede molte castella nell’uno, e nell’altro Reame a Gerardo, e
Bertrando di Artus, e a Rinaldo e Pietro di Cauda, anch’essi cavalieri francesi
della provincia di Borgogna, Specchio, Castel Pagano, San Lotterio e la
Volturana, e tutti i casali di Napoli, sotto nome di Governatore Regio, per la
vita di uno di essi […]".
Anche il Casale di Piscinola passò allo status di “Casale Regio” e,
come gli altri Casali Regi, godeva delle stesse prerogative della città di Napoli, dipendendo
solo dall’autorità reale.
Non sappiamo invece quando i Casali divennero “Università”,
ossia Comune (Universitas - Commune), tuttavia già in alcuni documenti del 1542 al loro toponimo è
associato il termine di “Universitas”. (continua nella seconda parte)
Salvatore Fioretto
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