Questo post descrive un'altra bella esperienza vissuta assieme agli amici dell'Associazione "G.A.F.A." (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana), svoltasi a principio dell'estate 2010, avente per oggetto la riscoperta degli antichi impianti ferroviari sopravvissuti nella nostra zona.
Oggi a distanza di tredici anni da quell'evento, che sottolineo fu estemporaneo, perchè per nulla organizzato, possiamo dire che esso fu unico e irripetibile, perché capitato a pochissimi altri appassionati e curiosi, considerando anche l'ingeneroso epilogo subito dal ponte di Capodichino...!
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Spesso, nel pomeriggio, quando ritornavo da lavoro con la mia auto, ero solito percorrere viale Umberto Maddalena, a Capodichino. Durante questo percorso, la vista dei tralicci superstiti della ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife (che si possono osservare ancora oggi, sul lato sinistro della carreggiata), immancabilmente mi ispiravano tanti cari ricordi, con al centro il magico trenino...
Il primo di questi tralicci (ancora oggi presente ai margini del viottolo interno che un tempo collegava al deposito della "Ferrarelle"), risulta essere molto antico, perché presenta la mensola ricurva all'estremità. Esso risale, infatti, ai primi anni di costruzione e di esercizio della ferrovia, quando furono messi in campo dalla compagnia francese "C.F.M.I." (Chemins de Fer du Midi et de Italie), intorno all'anno 1905... Oltre a questo particolare traliccio, sono presenti almeno altri cinque o sei tralicci supersiti, disposti lungo il tragitto che mena verso il ponte di Capodichino. Questi tralicci, purtroppo (come risulta anche oggi), giacevano da anni in mezzo a "montagne" di rovi infestanti, che rendevano impenetrabile l'area e non lasciavano intravedere i binari e la massicciata...
Un pomeriggio di quell'estate 2010 (credo che eravamo nel mese di giugno), sempre al mio viaggio di ritorno dal lavoro, mi accorsi che
le erbacce erano state asportate e si intravedevano bene i
binari della linea ferroviaria!
Informai subito i miei amici del G.A.F.A. (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana) della novità e subito mi adoperai per organizzare un sopralluogo di ricognizione... Scelsi un giorno infrasettimanale, verso il tramonto, di quello che doveva essere uno spensierato e assolato mese di giugno.
Rispose
all’appello solo l'amico Biagio, perchè gli altri soci avevano degli impegni e non potevano partecipare nell'immediato. Insieme a Biagio organizzammo quindi l’ispezione,
utilizzando degli insoliti mezzi di ricognizione: le nostre montain bike...!
Partimmo dalle nostre rispettive abitazioni ed ecco che, in un batter d'occhio, entusiasti, ci trovammo all'avanscoperta, nel sito inesplorato! Credo che agli occhi di qualche abitante del posto dovemmo apparire proprio come due "Indiana Jones", per il nostro insolito e curioso modo di procedere durante l'escursione... Raggiungemmo il sito
accedendo dalla strada pubblica e, poi, attraverso una stradina collegante alcuni caseggiati e
fabbricati industriali, posti a ridosso di Calata Capodichino.
L'area di sedime della vecchia linea ferroviaria era delimitata da un muretto di cemento, che da un lato era sormontato da una cancellata, mentre, dalla parte opposta, era più basso e privo di recinzione e risultava quindi valicabile... Riuscimmo a superarlo, ma non senza fatica, soprattutto per il pesante carico determinato dalle nostre biciclette, che trasportavano "a spalla"...
Una volta superato il muretto, come per magia, ci trovammo sui binari della ferrovia!
Iniziammo a camminare, ancora increduli, sulle pietre della antica massicciata, che stranamente si presentava ancora bianca; tuttavia, i binari erano alquanto arrugginiti. Molte
traversine di legno erano marce e diverse erano come disintegrate. Sul selciato c'erano molti chiodi e piastre di blocco delle rotaie, pure esse arrugginite (queste piastre di serraggio sono chiamate in gergo ferroviario "chiavarde"), tuttavia molte di queste erano ancora in buono stato...
Provvedemmo a recuperarne alcune, considerandole come nostro "bottino" d’escursione...! Recuperammo
anche due chiodi d'acciaio, che un tempo erano infissi nel centro di ciascuna traversina di legno. Sulla testa di ogni chiodo era stampigliato l’anno di installazione della traversina. Nel nostro caso si leggeva ancora bene il numero “72” (ossia posate in opera nell'anno 1972)!
I binari in questo tratto di ferrovia non
erano più paralleli, forse perché i pesanti mezzi utilizzati per la bonifica dell'area dalle piante infestanti, avevano urtato in più punti le rotaie,
facendole deformare.
Proseguimmo l’ispezione diretti verso la mèta ambita, che era rappresentata dal ponte ferroviario di Capodichino!
Prima del ponte, incrociammo lo scheletro di una pensilina di
acciaio, posta sulla banchina di quella che un tempo rappresentò la fermata facoltativa di Capodichino.
La struttura conservava ancora il cartello di acciaio, con sopra scritto "Fermata Facoltativa". Altro elemento che destò la nostra attenzione, sempre perché a noi sconosciuta, fu una scala in muratura, scavata nel terrapieno, che un tempo permetteva l’accesso ai viaggiatori, direttamente dalla strada Calata Capodichino. La scala terminava con un cancello in ferro, che dava direttamente sul marciapiede della strada.
Pochi passi ancora
e ci trovammo finalmente sul mitico ponte!
Tutto si presentava stranamente in ordine, come se qualche ora prima fosse
transitato il treno della Piedimonte! Il piano di calpestio era stato pulito, le traversine di legno, ancora ben conservate, erano curiosamente poste in asse ai binari
e incastonate nella struttura di cemento del ponte.
Più avanti, oltre il ponte, il binari scomparivano interrati, anche se era conservata la sagoma in rilevato, che fu la sede della linea ferrata.
Al ritorno, sul ponte, fummo assaliti da uno sciame di api... Sembrava che queste protestassero contro la nostra invasione! Chissà da quanti anni quel luogo era rimasto isolato e incontaminato! Per fortuna non ci fecero niente.
Un altro stupendo post di Salvatore che spolvera un argomento amato da tanti, come noi che hanno vissuto quel momento storico in cui la Piedimonte d'Alife fece la storia del nostro territorio della cinta nord di Napoli.
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