venerdì 20 gennaio 2023

Il principino di Canosa chiede aiuto ai Casali, per difendere sua maestà il re dai Francesi…

Il primo post del 2023 è dedicato al ricordo di un personaggio che fu importante nella vita politica e culturale del Regno di Napoli, nel periodo a cavallo l'occupazione francese e la restaurazione borbonica, ci riferiamo al nobile napoletano rimasto nella storia con l'appellativo di "Principino di Canosa", discendente dell'antica e nobilissima famiglia napoletana dei Capece Minutolo. Da questa Casata, sono nati diversi porporati e rappresentanti alla vita politica e amministrativa del Regno; la famiglia Capece Minutolo è legata, come vedremo anche alla storia del Casale di Mugnano, nel quale la famiglia possedeva un consistente tenimento, con annessa la loro residenza nobiliare, di utilizzo nel periodo estivo o per far nascere i propri rampolli, come avveniva nella nostra zona per tante altre famiglie nobili.
Ma chi era il "Principino di Canosa"?
Il principino di Canosa era don Antonio Capece Minutolo, che nacque a Napoli, il 6 marzo 1768, ma il suo nome completo di battesimo era Antonio, Luigi, Raffaele; Antonio era figlio di don Fabrizio Capece Minutolo e della nobildonna Rosalia di Sangro, figlia del famoso don Raimondo di Sangro, principe di Sansevero.
Il padre di Antonio, don Fabrizio, era nato nella residenza di Mugnano, nel giugno del 1738 (dove nacquero molti altri membri di questa famiglia); alla sua dipartita, avvenuta nel 26 dicembre del 1817, Antonio divenne il quarto principe di Canosa. Il feudo di Canosa fu acquistato nel 1704 dal trisavolo Fabrizio, ad una asta, dai creditori della famiglia Affaitai, per la somma di 48.000 ducati, con il privilegio a partire dal 3 luglio 1712.
Antonio Capece Minutolo passò gran parte della sua giovinezza a Roma, a intraprendere gli studi di filosofia, presso la scuola dei Gesuiti e, successivamente, in quelli di giurisprudenza.
La cultura religiosa appresa negli ambienti scolastici lo tennero distante dalle idee illuministe che attecchivano nelle classi aristocratiche, come pure difese la religione e le sue idee cristiane cattoliche, contro le correnti gianseniste che imperversavano nella società dell'epoca.
Antonio ebbe due matrimoni, il primo nel 1791, con donna Teresa Galluccio dei duchi di Toro, e il secondo,  nel 1821, con Anna Orselli. Dal primo matrimonio nacquero cinque figli: Fabrizio, Maria Rosaria, Rosalia, Riccardo e Matilde, mentre, nel secondo matrimonio, nacque don Enrico.
Nei mesi che precedettero l'invasione francese del Regno, finanziò a sue spese la resistenza, dando man forte ai lazzari, che cercavano di porre resistenza all'invasore. Per questa sua azione antifrancese, fu arrestato e condannato a morte durante le fasi della Repubblica Napoletana, ma riuscì a fuggire. Fu ancora condannato a 5 anni di galera per non aver ubbidito a generale Pignatelli, ma fu successivamente graziato. Nella seconda invasione francese fuggì assieme alla corte reale a Palermo, e successivamente fu designato dal Re a difendere le isole napoletane rimaste ancora in mano borbonica.
Antonio intraprese la carriera politica e diplomatica, fu due volte ministro della polizia napoletana del Regno delle Due Sicilie, nel 1816 e nel 1821, anche se per ciascun mandato restò in carica solo un'annualità.
Fu noto pensatore politico e autore di importanti saggi sullo stato della società e dell’amministrazione del Regno delle Due Sicilie della sua epoca, tra i quali citiamo:  L’utilità della monarchia nello stato civile  (1795), Riflessioni critiche sull’opera dell’ avvocato fiscale Signor Don Nicola Vivenzio attorno al servizio militare dei baroni in tempo di guerra  (1796),  Discorso sulla decadenza della nobiltà  (1801),  I pifferi di montagna  (1820) e l'Epistola contro Pietro Colletta.
Interessante è la sua azione di propaganda antifrancese e di raccolta di volontari che intraprese per i casali a settentrione di Napoli, assieme al sacerdote Betti, della quale abbiamo trovato questa interessante testimonianza, che riguarda il nostro territorio:
[…] E comparsa nel cratere di Napoli la flotta Francese, il Principino di Canosa, sebbene infermo si trovasse sopra Capodimonte, fu tra i primi che, calato a bella posta in Napoli, si presentò al signor Generale Acton per essere impegnato nel Real Esercito per difendere la causa di Sua Maestà e pubblica: ond’è che fu ascritto al reggimento del Sannio.
E ritrovandosi dopo qualche tempo i giusti sospetti d’invasione per la illealtà dè francesi, volendo S.M. impinguare con novella reclutazione i Reali suoi eserciti, fu il Principino di Canosa chiamato dal Sign. Generale Pignatelli in unione di altri patrizi per muoverla, ed egli, pronto per il Real Servizio, tosto si condusse né Casali di Polvica, Chiajano, Piscinola, Panicocoli, Mugnano, Calvizzano, Marano, conducendo seco il sacerdote Prospero Betti. Pubblicamente in quei luoghi predicò, infervorò gli animi di tutti. Sparse vari fogli stampati in distribuzione delle massime scellerate dè Francesi, e dimostranti l’esterminio, che da per tutti faceano, e nello spazio di otto giorni raccolse cinquanta reclute in circa con suo massimo dispendio, attivandosi in quel momento a pagare le reclute sino a cinquanta ducati l’una […]”.
Questo episodio dovrebbe risalire al periodo compreso tra il 1798 e 1799 e la descrizione è tratta dall’opera: “Il magistrato di Città e la difesa del Principino di Canosa per i fatti del novantanove”, di G. Beltrami, Napoli 1901 (estratto dall'Archivio Storico per le Provincie Napoletane).
Antonio Capece Minutolo continuò a svolgere la sua passione di scrittore a Pesaro, fino alla fine dei suoi anni, infatti morì in questa cittadina, il 4 marzo dell'anno 1838.
La residenza mugnanese dei Capece Minutolo passò successivamente al marchese di Turi, fu infatti acquistata da don Ottavio Venusio, della famiglia nobile originaria di Venosa. Questa residenza è ancora esistente a Mugnano, prende il nome di "Villa Venusio", anche se trovasi in decadente stato conservativo, stato che non rende degna memoria alla storia del territorio e delle due famiglie nobili a cui essa è appartenuta. Interessanti solo le opere di architettura contenute, nella residenza, tra cui, oltre all'elegante ma sobrio cortile-porticato interno, ricordiamo la bella e singolare cappella gentilizia di famiglia, dedicata a San Biagio, patrono di Mugnano e la scalea a torretta, anch'esse situate all'interno della struttura.

Salvatore Fioretto


Cappella di San Biagio, in villa Venusio, già Capece Minutolo

Esterno delle dimora nobile

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