Proprio in questi giorni, svolgendo una visita guidata a delle scolaresche di bambini di Piscinola, ho pensato di narrare a loro la storia di Piscinola dando particolare risalto alle fiabe e alle leggende legate al nostro quartiere. Quindi, per prepararmi all'evento, ho ripreso a leggere la fiaba pubblicata 18 anni fa, dal titolo "Il Mago nel Pozzo (una fiaba su Piscinola), tratta dall'opera teatrale: "L'Albero dei Cento Piani", scritta da Salvatore Nappa e da Luigi Sica. Come è noto, mi piace raccontare questa fiaba al momento di illustrare il palazzo "Don Carlos" di Piscinola, che si trova in via Vittorio Emanuele, meglio noto come 'o Cape 'e Coppo. Raccontare la presenza di misteriosi cunicoli, un tempo dimostratisi presenti ed esplorati dai piscinolesi, suscita sempre un alone di mistero, che è rimasto nel leggendario collettivo magico-popolare, quindi risulta efficace ed anche affascinante associare questa fiaba al luogo che ha uno stretto rapporto con l'acqua e con le radici comunitarie del quartiere. Ebbene, leggendo l'opera, mi ha colpito ancora di più la prefazione, che è una esortazione sulla memoria e sulle radici comunitarie.
Lo scritto rappresenta anche le speranze della gioventù di un tempo, che conservava ancora un legame forte con la campagna, con le tradizioni contadine e con gli anziani. Quello che si trova scritto in merito allo stretto legame generazionale, affinchè si tramandino le tradizioni tra padre e figlio, ovvero tra l'oratore (il vecchio) e l'uditore (i figli, bambini/ragazzi), lo constato e lo provo sempre anche nelle mie iniziative di rievocazioni storiche comunitarie, così come l'ho provato anche ieri mattina, durante l'ultima visita guidata ai bambini della scuola.
Mi piace questa settimana riproporre questo brano, per mostrare tutta la sua bellezza, ricco di passione ed amore per le radici del luogo natio, e invitare i lettori a leggere l'opera il "Mago nel Pozzo":
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"Qualche tempo fa, quando arrivavamo a Piscinola, provenienti da Miano, Chiaiano o Scampia e cioè dal Cap''a Chianca e da Abbascie Miano, sempre ci sorprendevano le lapidi toponomastiche in marmo, zancate ai muri dei primi palazzi, parevano bastioni o roccheforti e ti saresti aspettato che qualcuno calasse un porte levatoio.
Queste due lapidi, recanti la seguente scritta, scavata nel marmo e riempita con piombi nero, in bellissimo carattere italico romano:
VILLAGGIO DI
PISCINOLA
SEZIONE
SAN CARLO ALL'ARENA
Di fronte a queste due lapidi non abbiamo mai pensato di essere nativi e/o residenti del quartiere o della Sezione San Carlo all'Arena, quella precisazione, già marginale sul marmo, diventava inesistente nella mente leggendo "Villaggio di Piscinola" che già ci permeava d'orgoglio ed onore per il fatto d'essere indigeni.
Piscinola si situa a 127 metri sul livello del mare, su un digrado del picco tufaceo dei Camaldoli che su adagia nella pianura della Campania felix del casertano o dei mazzoni a nord e con i meravigliosi Campi Flegrei ad ovest.
Noialtri piscinolesi siamo quindi gente di promontorio, un po' alpini, un po' marinari, mezzi montanari e mezzi pescatori, o forse né l'uno e né l'altro. Nel nostro dna c'è però la campagna, ecco siamo gente di pianura, di campagna, gente di terra ovvero di valori veri.
Comunque l'essere piscinolese non si può spiegare in tre parole.
E' una cosa complessa poichè impone un raffronto difficile, con il nostro passato (i vecchi), il nostro futuro (i figli), mettendo soprattutto la faccia nel nostro quotidiano presente.
Ora se vogliano restare in tema e tornare un po' indietro nel tempo, in cui non c'era la televisione, ecco che anche lo spessore della fiaba, favola, leggenda o cunto, differisce quasi totalmente da quello delle vicine contrade litoranee ed orientali. La nostra tipologia di cunto, favola o leggenda, è singolarmente autoctona, diremmo speciale, provenendo da una stirpe contadina, che diversamente narra e s'anima di elfi, gnomi, streghe, draghi, demoni.
Infatti il nostro vecchio mentre racconta al bambino si premura di sottolineare che nemmeno lui "s'arricorde bbuono". Perchè il racconto è testimonianza di cosa appresa "de relato", per la quale un popolo tramandando a memoria la sua genesi, costruisce una identità di popolo, di nazione, di stato ed anche di intelligenza. Uno stato che si regge su delle favole, potenza delle fiabe, dei cunti.
Nessuno di noi ricorderà mai bene se non ha mai saputo ascoltare, né sarà ricordato se non avrà saputo farsi ascoltare.
Nel nostro caso il vecchio ha bisogno d'essere ascoltato per specchiarsi negli occhi del bambino per tornare a sua volta bambino, per sentire la sua musica di fondo che gli canterà la nenia, una specie di ruga d'amore che canterà: io ero come tu sei, mentre il bambino ascoltando il vecchio penserà, io vorrò essere come tu eri. E ciascuno dei due canta un'elegia alla morte perchè sa di far parte di un ciclo vitale che comprende l'inizio e la fine.
Ma se il vecchio od il bambino che sarà vecchio non lascia una storia, una traccia della sua vita, una memoria ai posteri, sarà vissuto inutilmente. Gli stessi nostri cari morti ci ammoniscono: la vita dei morti sta nel ricordo dei vivi.
Alcuni di questi predecessori hanno lasciato loro memoria nei nostri ricordi.
Noi vogliamo propalarli affinchè rivivano e richiamati dall'esoterismo delle favole, ci accompagnino e correggano i nostri errori.
Le vecchie favole che ci raccontavano avevano sempre un incipit, misterioso, affascinante, coinvolgente che recitava più o meno così:
Na vecchia e 'nu viecchio
arete a 'nu specchio
arete a 'nu mare,
arete a 'nu mont'
aspiette lloco
ca mò to ccont'.
Gli autori"
(Salvatore Nappa e Luigi Sica)
Ringrazio, come sempre faccio, gli autori del testo, Salvatore Nappa e Luigi Sica, miei amici, che sono stati anche miei compagni in diverse iniziative e progetti culturali e spero che in futuro possano essere svolte insieme tante altre belle cose, sempre di questo spessore ed argomento.
Salvatore Fioretto
Sei un divulgatore a tutto tondo, ed è cosa grande quella di erudire gli studenti, offrendo loro la conoscenza della storia locale. Sicuramente tutto questo gratis, solo per amore della tua terra
RispondiEliminaGrazie caro amico, devo dire che anche tu hai fatto tanto e speso tanto delle tue energie per la tua cara e affezionata Mugnano. Amore puro!
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