Peperoni farciti al forno |
Quest'anno, approssimandosi la "festa delle feste", così essa era considerata dai "piscinolesi doc", abbiamo pensato di narrare un aspetto della festa di un tempo, che rappresentava e rappresenta ancora oggi, una tradizione familiare, ovvero la preparazione del pranzo, con alcuni piatti tipici locali, tramandati di generazione in generazione.
Peperoni farciti al forno |
A Piscinola la festa e quindi il pranzo, un tempo era un'occasione per riunire tutta la famiglia, come a Natale e a Pasqua, perchè molti piscinolesi, che avevano abbandonato il quartiere per lavoro o per altro motivo personale o familiare, solevano far ritorno a Piscinola, per riunirsi alle rispettive famiglie, proprio per la ricorrenza della festa patronale.
Processione del SS. Salvatore in piazza Tafuri, foto anni '50 |
Ingredienti:
- peperoni
grandi e carnosi (sia gialli che rossi)
- pane raffermo tagliato a pezzetti
- melanzane
- capperi
- olive di Gaeta
- acciughe sotto sale
- prezzemolo tritato
- aglio
- olio d’oliva/sugna
- sale e
pepe q. b.
Preparazione: Mettere ad arrostire i peperoni lavati e asciugati su una "fornacella" con carboni ardenti, appoggiati a una grata. I peperoni si devono girare più volte, fino a che la "pelle" esterna di questi non sia abbastanza "bruciacchiata".
Banco di vendita della Zuppa di Cozze (foto di repertorio) |
A cottura ultimata togliere i peperoni dalla "fornacella", e attendere che raffreddino. Successivamente, occorre togliere la pellicina (spellarli), completamente con accuratezza, facendo molta attenzione a non romperli. Togliere poi il tòrsolo con i semi, conservando la forma chiusa dell'ortaggio, perché dovrà essere riempito con la farcitura.
Farcitura (Imbottitura): Tagliare a dadini le melanzane e poi
friggerle in una padella. A parte, si soffrigge il pane con dell’olio
d’oliva (ne basta davvero poco), con 2 spicchi d’aglio schiacciati, aggiungendo a essi, le olive
snocciolate, i capperi e le acciughe aggiunte. Prima di togliere il
soffritto dal fuoco, aggiungere le melanzane e fare insaporire il tutto qualche istante. Condire il "ripieno", così preparato,
Banco di vendita della Zuppa di Cozze (foto di repertorio) |
Infornare e fare cuocere per circa venti minuti, a 160°.
Sfornare e servire, senza frazionare i peperoni...!
Non si crederà ma in passato i peperoni erano racchiusi con il loro riempitivo, utilizzando ago e filo di cotone...!
Tagliolini all'uovo fatti in casa |
Banco di vendita della Zuppa di Cozze (foto di repertorio) |
Il dolce, quando previsto, era molto semplice, ma genuino; di solito si preparava la torta di gelato al caffè.
Era questa un semifreddo preparato con biscotti duri (da noi chiamati pastarelle), che venivano disposti a strati in un vassoio, dopo essere stati inzuppati singolarmente nel caffè amaro, reso tiepido. Tra i vari strati di biscotti si inseriva una sorta di crema preparata a base d'uovo. Dopo aver completato i vari strati, si cospargeva la sommità del semifreddo con dei confettini colorati di varie dimensioni, distribuiti su uno strato di albume montato; poi si metteva il contenitore nel frigo, aspettando che diventasse gelato.
Zuppa di cozze tipica |
Banco zuppa di cozze per la festa, foto Sarnacchiaro |
Ogni postazione stradale comprendeva l'esposizione di banchi, di pentolame e di decorazioni, finalizzati alla cottura e alla vendita di zuppe di cozze.
Questi tipi di allestimenti era molto belli e particolari, perché erano composti da grossi e caratteristici pentoloni di rame lucidati a specchio, muniti ognuno di grossi manici e sormontati da variopinti e decorati festoni di carta colorata, sottilissima, tipo velina (realizzati in colori vivacissimi: bianco, rosso, giallo, verde, rosa, blu, azzurro... Curatissima era anche l'illuminazione, inizialmente con fiammelle a gas e, poi, con lampadine elettriche. Per preparare la zuppa si usavano le freselle, detti anche biscotti, ovvero dei biscotti rustici di grano, molto duri, che venivano disposti alla base dei piatti piani, dopo essere stati inzuppati con acqua calda ricavata dalla cottura dei polipi.
I polipi, che erano veraci e giganti, erano messi a cuocere in grossi pentoloni, in bagnomaria, fin dal primo pomeriggio. A parte, poi, si cuocevano anche gli altri "frutti di mare", necessari per il completamento e il decoro della zuppa: cozze, fasolari, vongole, telline, capesante, lumache (marruzzielli 'e mare), ma anche le "marruzze di terra" di stagione.
Le lumache dovevano essere sapientemente fatte "spurgare" alcuni giorni prima della cottura, come pure i frutti di mare, per eliminare la presenza di sabbia. Il condimento finale, che completava la zuppa, era ovviamente la salsa concentrata, a base di peperoncino piccante.
Caratteristici erano anche i tavolini e le sedie disposte per gustare la zuppa, tutti rigorosamente di tipo unificato, realizzati con listelli di legno, colorati di rosso, giallo o blu e tutti necessariamente pieghevoli per facilitare il trasporto e agevolarne l'immagazzinamento durante l'anno.
Ma non tutti si recavano a mangiare la zuppa di cozze ai tavolini, perchè erano in tanti quelli che, muniti di tovaglioli e zuppiera, portati da casa, acquistavano le zuppe di cozze al banco e, poi, una volta giunti a casa, dividevano con il resto della famiglia il succulento piatto... seduti comodamente nella propria sala da pranzo, lontani dallo schiamazzo della festa...
Il giorno preferito per gustare la zuppa di cozze era la domenica sera della festa, dopo lo spettacolo dei fuochi che si svolgeva in piazza, a conclusione della processione del Salvatore.
Dobbiamo aggiungere una parentesi per l'argomento: lo spettacolo pirotecnico domenicale era detto "Ciuccio 'e ffuoco", perchè a differenza delle esibizioni pirotecniche con le bombe di mortaio (esplosi il lunedì), i fuochi erano fatti esplodere in un angolo della piazza, ed erano formati da petardi e vari tipi di botti, sistemati a pochi metri di altezza, sorretti su fili di ferro oppure su telai di legno. A questi si aggiungevano delle "girandole di fuochi", delle "scritte" colorate, sempre composte con i fuochi e di altri dispositivi pirotecnici (forse si simulava anche qualche figura di animale, da cui il termine "Ciuccio 'e ffuoco"). Come per i fuochi pirotecnici esplosi in aria (con bombe a mortaio), anche per il "Ciuccio 'e fuoco" erano previsti dei premi, assegnati da una apposita giuria, alla più bella e particolare esibizione.
Banco di vendita della Zuppa di Cozze (foto di repertorio) |
Si racconta che ogni anno (negli anni '50), a vincere questo premio era sempre lo stesso fuochista, originario del quartiere di Miano, che aveva per soprannome "Musso a musso", anche se i piscinolesi facevano ovviamente il tifo per il loro concittadino, il fuochista cav. Piccolo (al quale abbiamo dedicato un post l'anno scorso).
Ritornando al rito della zuppa di cozze, ricordiamo che erano tantissime le persone che preferivano degustarla alla sera del lunedì della festa, prima che si svolgesse la gara pirotecnica, quando in piazza si conduceva la cosiddetta "Venneta", che poi era la vendita all'asta dei doni offerti al Comitato dei festeggiamenti, da parte di commercianti, da contadini e da semplici cittadini.
Banco espositivo trippa e carne cotta (foto repertorio) |
C'era ovviamente anche la banda musicale di Piscinola, che suonava sul palco degli intermezzi musicali, tra un'aggiudicazione e l'altra. Era piacevole ascoltare i vari passaggi della Venneta durante questa parentesi conviviale, perchè erano simpaticamente condotti da un esilerante banditore, spesso era il celebre "Eugenio cu 'e lente" (Eugenio Pragliola, detto Cucciariello), di cui abbiamo già narrato la storia in questo Blog.
Tutto lo spettacolo era diffuso attraverso l'impianto audio-amplificato, ramificato in ogni angolo o strada del quartiere, attraverso delle gigantesche "trombe".
Non mancavano, poi, le postazioni dove si vendeva anche la trippa e la "carne cotta" ('O pere 'e 'o musso). Quest'altro piatto tipico era composto da parti di bovini e di ovini (mucca, agnello e capretto), opportunamente bolliti, ridotti a pezzetti e conditi con sale e limone in abbondanza. Erano offerti dentro a involucri di carta, tipo "oleata", chiamati "coppetelli". In piazza B. Tafuri era celebre e apprezzatissima la postazione ambulante di don Pascale, soprannominato "Pascale, callo 'e trippa".
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Molti ricordano ancora che la sua caratteristica bancarella, che negli anni '50 era illuminata con una lampada ad acetilene dall'odore caratteristicamente acre... ma i prodotti offerti erano a dir poco squisitissimi!
Tutti questi piatti caratteristici della festa erano ovviamente "innaffiati" con delle bevande fredde. Nei pranzi casalinghi si offriva ai commensali vino semplice e casareccio, tipo: il Perepalummo, un vinello bianco nostrano o lo Sferrazzuolo... (Il Perepalummo era il celebre Piedirosso, mentre lo "Sferrazzuolo" era un vino locale leggerissimo, ricavato da un mix di uve prodotte a Piscinola, bianche e nere).
Blocco di ghiaccio prodotto a livello industriale |
Non mancavano le percoche di stagione, "affogate" nel vino rosso... Nelle cantine e nelle postazioni ambulanti esterne, invece, erano offerti i vini di qualità, vesuviani, aversani o dei Campi Flegrei, tipo: Gragnano, Asprinio, Lettere, Falanghina o altro. Come pure non mancavano le birre alla spina o in bottiglia e le classiche gassose, sempre in bottiglia... Per conservare le bibite fresche, si preparavano delle capienti tinozze di legno, riempite di scaglie di ghiaccio; una volta disposte al loro interno le bottiglie, si copriva il tutto con dei teli di canapa bagnati (sacchi). Il ghiaccio lo si trovava presso dei rivenditori specializzati ed era venduto a blocchi, di misura prestabilita.
E c'era pure qualcuno, a Piscinola, che in un piccolissimo esercizio sito nel vico Cupa Acquarola, si era "industriato" a produrre una gassosa artigianale, con tanto di bottiglia e nome etichettato sul vetro, per la vendita al dettaglio!
Poi c'erano anche gli ambulanti che offrivano taralli di sugna e pepe, zucchero filato, figurine (fichi d'india) e altro ancora...
Famoso era il venditore di taralli, chiamato "don Cosimo 'o tarallare", piscinolese, originario di vico I Plebiscito, il quale, con l'immancabile cesta piena di taralli, girava le strade di Piscinola, specialmente dove erano posti i tavolini dei "Cuzzecari" e dava la sua voce-richiamo caratteristica, che faceva: "'o bbuono 'e sempe bbuono!"
La mattina della festa, le famiglie che avevano tra i componenti un congiunto di nome "Salvatore", solevano preparare del cioccolato fondente, che erano offerto ad amici e a parenti che si recavano per porgere gli auguri al festeggiato; il cioccolato era offerto in tazze, associato a dei biscotti molto friabili, chiamati "Savoiardi".
Lo sparo dei mortaretti della Diana, che preannunciava la giornata della festa del Salvatore, rendeva quel momento suggestivo, molto sentito e gratificante per l'intera comunità, sentendosi coesa e parte integrante dei festeggiamenti.
E c'era pure chi riceveva la "serenata" in musica, da parte di una minibanda organizzata, i cui componenti, in maniera sorprendente, conoscevano a memoria tutti i nomi dei piscinolesi festeggiati in quel giorno e le loro abitazioni...!
Altro dolce che era d'obbligo acquistare e gustare durante la festa del Salvatore era il torrone. All'epoca c'era solo la versione classica, quella bianca con nocciole. Il torrone era venduto sulle classiche bancarelle in forma sfusa, in grosse o piccole scaglie, oppure del tipo a mattoncino incartato.
Il torrone dell'epoca era comunque molto duro da masticare, anche se aveva un sapore e una dolcezza indescrivibile...! La versione "mini" del torrone era chiamato "tudaretto 'e San Biase", chiamato così perché era offerto in un formato tondeggiante ed era distribuito solitamente durante la festa di San Biagio a Mugnano.
Immagine SS. Salvatore - comitato fest. 1968 |
Il "Tudaretto" fu ripreso anche a Piscinola, e veniva distribuito, come a Mugnano, principalmente dal "Comitato dei festeggiamenti" (mastri 'e ffesta - maestri della festa), quando nelle settimane precedenti la festa, essi si recavano casa per casa (questuando), in cerca di offerte e doni.
A ogni offerta ricevuta, i "mastri" ricambiavano donando un'immagine grande, a colori, del SS. Salvatore, che riportava scritto l'anno dei festeggiamenti e anche un torroncino "Tudaretto di San Biase".
In passato, non c'era famiglia a Piscinola che non conservasse, appesa sull'uscio di casa, un'immagine del SS. Salvatore, specie quella stampata per la festa dell'anno corrente. Altri tempi, purtroppo!
Banco Zuppa di Coppe, foto di repertorio |
Auguri a tutti i lettori che si chiamano "Salvatore" e auguri a tutti i piscinolesi, soprattutto a quelli che sono lontano da Piscinola per motivi di lavoro, di studio, di viaggio o per famiglia.
Auguri a tutti ... Evviva Gesù Salvatore!
Salvatore Fioretto
Ringraziamo gli amici: Pasquale Di Fenzo, GiovanniBattista Mele, Michela Sarnella e Imma Cuozzo, per la loro gentilissima collaborazione.
Per i lettori interessati a leggere tutti i post dedicati negli anni, in questo Blog, alla festa del SS. Salvatore a Piscinola, ecco il link che riporta il riepilogo di tutti i documenti, i filmati, i documentari e le dediche pubblicate. Buona lettura!
http://piscinola.blogspot.com/2021/08/elencodi-tutti-i-lavori-e.html
Cena conviviale di piscinolesi, nel giardino esterno della trattoria Sarnacchiaro (foto Sarnacchiaro) |
Non sto qui a ripetere che Salvatore ci incanta sempre con le storie di questa meravigliosa terra piscinolese, ma aggiungo solo che stavolta mi ha messo un grande appetito. Grazie Sal.
RispondiEliminaGrazie, allora buon pranzo tradizionale!
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