"C'era una volta, ....", così incominciavano le più belle fiabe che abbiamo appreso nella nostra infanzia, e tutte continuavano con la frase, "ma tanto tempo fa...", come per sottolineare la straordinarietà del racconto e per marcare il filo sottile che divideva la realtà dall'immaginario...; però, nella fiaba che stiamo per raccontare, che poi fiaba non è, possiamo modificare l'introduzione classica, con questa frase temporale: "C'era una volta, ma fino a qualche tempo fa...", perché la nostra storia, la nostra pseudo fiaba, ha avuto termine in un tempo relativamente recente, e non è stato un finale a lieto fine, come avviene nelle più belle fiabe ricordate...!
Piennoli di Pomodori appesi per la conservazione |
Il ciclo dell'anno si concludeva con l'approssimarsi dell'inverno. L'addio alla bella stagione volgeva con l'accorciarsi delle ore di luce e, poi, con l'arrivo delle piogge e del freddo induceva il rallentamento di quasi ogni attività umana all'aperto. Le persone del Borgo rimanevano più a lungo in casa, nel torpore e nell'intimità della famiglia, spesso davanti a un camino scoppiettante, luminoso e caldo, per il fuoco accesso. Si attendeva così l'arrivo della solennità più attesa dell'anno: quella del Santo Natale.
Struffoli |
Già con l'arrivo dell'Avvento incominciavano a vedersi i primi zampognari girovagare tra i vicoletti e i caseggiati. Spesso si incontravano fin nelle numerose e lontane masserie. Il loro era un girovagare accompagnato dal suono di melodiose novene, sovente esibite davanti a semplici presepi allestiti nelle case oppure al cospetto delle innumerevoli cappelline stradali.
Formato di letterina natalizia |
I pastori si acquistavano presso un improvvisato rigattiere della zona, che li barattava in cambio di ferri vecchi e di altri rottami metallici o di stracci dismessi.
I zampognari, dopo le loro esibizioni musicali, ricambiavano sovente le offerte ricevute, con dei caratteristici cuocchiarotti (cucchiarelle) di legno, da essi realizzati con abile lavorio d'intarsio. Il breve manico di queste caratteristiche posate di legno terminava con una specie di uncino, utile per appenderle alle rastrelliere delle cucine.
Patate cotte sotto la cenere ardente |
Queste "letterine", spesso decorate con cornici dorate e argentate, con figure di natività e di angeli, iniziavano sempre con la frase: "Natale, 19..., Cari genitori, mammà e papà...".
Le mamme e le nonne avevano già avviato al cruento destino i poveri capponi, scegliendoli nel gallinaio (vallenario), tra i più "prestanti" galli. Gli aspiranti capponi venivano poi alimentati giornalmente con abbondante porzione di granoturco. Il "granone" veniva fatto letteralmente ingoiare ai poveri volatili, con aiuto di listelli di legno...
Pigne di Pino |
Spighe di granoturco |
Il "ruoto" (tegame di rame) contenete il cappone veniva poi inserito nel forno a legna, accompagnato con patate e spezie profumate raccolte dai giardini: salvia, rosmarino, prezzemolo e un bicchiere di vino buono, quello di Pere 'e Palummo nostrano...
Ma i cento e più forni a legna che ogni cortile, ogni masseria e ogni casa colonica del Borgo, accoglievano per la cottura altre prelibatezze del palato, degne di una cucina nostrana che, oltre che semplice, potremmo definire genuina e dal profumo invitante...! Ovviamente il lardo e lo strutto erano gli unici tipi di grasso utilizzati nei condimenti.
Il combustibile principe dei forni era rappresentato dalla storica fascina, composta da rami di Pioppo (Chiuppete), da "vitecaglie" (tralci di vite) e rami di potatura di alberi da frutta e da ceppaie varie. Le fascine erano legate a forma di fuso, per farle passare agevolmente attraverso la piccola "bocca" del forno.
Piennolo di sorbe |
Queste e altri rami di potatura, erano abilmente accesi e fatti bruciare nel forno per portare la temperatura al punto necessario per cuocere pizze di scarole, pizze di pomodori e origano selvatico e "ruoti" di coniglio o di pollo alla cacciatora, ma anche l'immancabile ppane 'e rrane (pane di grano integrale) e di freselle.
Per i dolci natalizi, tra quelli che più richiedevano tempo e attenzione nella preparazione, c'erano gli immancabili Struffoli: cubetti di impasto all'uovo, fritti nell'olio bollente e rifiniti con miele, cedro e confettini dai mille colori e forme, che si chiamavano "Diavulille", perchè "saltellavano" ovunque...! C'era anche qualcuno che preparava la Pastiera, anche se in inverno non era facile trovare a quei tempi il grano germogliato, la ricotta fresca e le essenze necessarie.
Cappone |
Mentre le donne, le "maestre" di casa, erano affaccendate a preparare il pranzo di Natale, gli uomini, che erano intenti a scaldarsi al cospetto del camino, mettevano delle patate a cuocere sotto la cenere oppure delle salsicce ad arrostire sulla fiamma scoppiettante. Le salsicce si trovavano sempre appese su un travetto di legno posto al lato del camino. In quell'angolo le salsicce e gli altri insaccati erano posti ad "asciugare" (a ridurre il grasso) ed erano profumati con l'aggiunta di foglie d'Alloro...
Sapori e odori unici questi, che il trascorrere del tempo ha reso questa cucina semplicissima e umile, un mito, alla guisa di una scomparsa archeologia culinaria...!
Altro piatto tradizionale era "l'insalata di rinforzo": un piatto di contorno preparato con le papaccelle sotto aceto (specie di peperoni piccoli che venivano conservati in recipienti di terracotta pieni di aceto di vino), assieme a olive di Gaeta, cavolfiori e carote lessate e tagliate a pezzetti.
Cappone farcito (detto "'mbottonato") |
Ma la preparazione più impegnativa e anche rischiosa era quella dei pinoli che erano utilizzati nelle polpette e nelle braciole del ragù domenicale e nella rinomata pizza di scarole, considerata la pizza rustica natalizia per eccellenza. I pinoli erano ricavati dalle pigne raccolte tra novembre e dicembre dai poderosi alberi pino, di cui un tempo era ricco il territorio intorno al nostro Borgo. Per raggiungere le chiome degli alti alberi, si utilizzavano, fino a una certa quota, degli scalilli (scale strette, alte fino a 15 metri) e poi, per raggiungere la quota operativa per la raccolta delle pigne, occorreva scalare il restante tronco dell'albero con le sole forze delle braccia e dei piedi nudi, affrontando la prova rischiosa, con tanta acrobazia ed equilibrio!
Le pigne raccolte si facevano "aprire" sulle carbonelle ardenti e, poi, con la sapienza del movimento delle mani e delle dita, si riuscivano ad aprivano i gusci, a uno a uno, per trarre i semi, rischiando di bruciarsi i polpastrelli delle dita!
Riscaldamento delle pigne |
Ma il lavorio per ricavare i pinoli non era ancora finito, perche i preziosissimi pinoli dovevano essere tratti dal guscio nero che ricopriva i semi. L'operazione era condotta con certosina pazienza da donne e bambini, quando essi erano ancora caldi; spesso la sera, riuniti nella cucina.
A distanza di anni abbiamo capito perché i pinoli costano così tanto anche oggi...!
L'uva passa si comprava presso i negozi specializzanti nella vendita delle spezie o in salumeria, anche se qualcuno riusciva a riprodurla in proprio, dall'essiccazione degli acini d'uva locale, tipo Mangiaguerra o Pere 'e Palummo.
Pigne e Pinoli |
La frutta natalizia che offriva il territorio era costituita prevalentemente da mandarini e arance. In ogni masseria e in ogni giardino del Borgo non potevano mancare gli alberi di questi agrumi, naturalmente accompagnati dai limoni chiamati di Sorrento. Qualcuno si vantava di possedere anche "'e limme" (ossia il Limo, una specie di Bergamotto, che forse qui era autoctono) che, per il suo particolare e intenso profumo, era usato per preparare liquori e dolci. Il resto della frutta proveniva dai piennoli (frutta appesa a spaghi), che erano opportunamente preparati a metà autunno e quindi appesi ai balconi, suppigni (porticati) e androni di palazzi e masserie.
"Piennoli" di pomodoro |
Tra questi c'erano: i caki (Diasporo), le sovere (Sorbo), i melloni verdi e grappoli di uva sultanina. L'"appesa" si completava con i piennoli di pomodori, mazzi d'aglio nostrano, cipolle e anche le spighe di granoturco, conservate per la successiva semina primaverile.
Finalmente giungeva la sospirata festa: Natale!
Già di buon mattino, la visita ai genitori e ai suoceri era una usanza che costituiva quasi un obbligo per mariti e mogli, che usavano portare in dono agli anziani genitori un cesto di vimini pieno di generi di prima necessità e anche qualche dolce; il cesto veniva chiamato semplicemente: "'O canisto".
La mattina della Festa si aveva il tempo anche per ricordare i genitori defunti, recandosi al cimitero per portare loro dei fiori, spesso prendendo una delle corse della ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife ('a Piedimonte), per quelli che si trovavano sepolti a Mugnano o a Marano.
Diaspori, chiamati comunemente "Caki" |
Piatto centrale del pranzo di Natale erano gli immancabili Capitoni e il Baccalà fritti, come dalla più genuina tradizione napoletana. Seguiva l'insalata di rinforzo con Papaccelle (peperoni) sottoaceto, cavoli lessi e olive. Concludevano, poi, la frutta secca (di noci, nocelle, semi di zucche e castagne del monaco) e, poi, mandarini e arance. Al termine del pranzo era usanza far bruciare le scorze dei mandarini e della frutta secca nel camino; pratica che donava un inconfondibile profumo a tutta la casa! La sera di Natale, come nei giorni seguenti, era d'obbligo giocare alla Tombola. Per segnare i numeri sulle cartelle di faceva uso di chicchi di granoturco o fagioli, oppure cocci di ceramica ricavati da qualche piatto rotto. Ogni numero che era estratto dal cestino (panariello) veniva ironicamente commentato in base al significato attribuito dalla tradizione napoletana, nella Cabala.
Melone per la conservazione invernale |
Per il Capodanno si soleva ripetere un po' quello che si faceva a Natale, con la variante di buttare la notte dell'ultimo giorno dell'anno, dal balcone o attraverso la porta, oggetti vecchi non più usati, quelli rotti e anche l'ultimo foglio del calendario dell'anno vecchio.
La Befana era l'unica festa dell'anno dedicata ai bambini; pochi erano i dolciumi che venivano loro donati: qualche caramella e spesso mandarini, noci e nocciole.
Suggestiva era la processione del Bambinello che la parrocchia di San Nicola a Polvica, organizzava ogni anno per le strade del quartiere, portando in processione una bella statuetta di Gesù Bambino. All'evento annuale veniva sempre invitata a suonare, in testa alla processione, la storica banda musicale di Piscinola.
Questa tradizione natalizia si è perpetuata in questo antico Borgo fino a qualche decennio fa, a cui si è poi aggiunta negli ultimi anni anche la Maratona di San Silvestro, che era una corsa podistica, disputata per le strade principali, nel tardo pomeriggio dell'ultimo giorno dell'anno, tra spari di mortaletti e di bengala.
Ecco, questo era il Natale di una volta, quello "nostro", così come si svolgeva fino a pochi decenni fa...,
"Insalata di Rinforzo" |
Baccala fritto |
Buon Natale 2021 a tutti!
Salvatore Fioretto
Un augurio di buona Epifania e feste passate (anche se in ritardo).
RispondiEliminaGrazie per questo blog
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