Dipinto nella casa di Marianella, Francesco de Geronimo predice il futuro Santo |
Chi lo conosceva bene, poteva ammirare, non senza stupore, il suo genio precoce, che spaziava tra la conoscenza delle scienze e le più nobili arti: dall'astronomia, alle lingue antiche e moderne (toscano, latino, greco, francese e spagnolo), dalla filosofia, alla musica (suonava a perfezione il clavicembalo), dalla pittura (degno allievo del grande Solimena, dipingeva soggetti realistici), all’architettura (progettò la chiesa di Pagani), dalla scherma all’equitazione; insomma, come si suole dire oggi, era l’immagine della perfezione in persona, ed aveva, poi, il privilegio di essere il primogenito di una grande famiglia, nobile e ricca, a cui spettava di diritto tutta l'eredità del casato e un posto in un Sedile del governo della città (Alfonso e il padre Giuseppe appartenevano al Sedile dei nobili di Portanova).
Stemma nobiliare della famiglia Liguori |
Castel Capuano in un dipinto (particolare) |
In tutta Napoli e dintorni si era subito diffusa la sua fama di brillante avvocato... In soli sette anni di esercizio legale, ricevette un gran numero di cause da patrocinare, e le vinceva tutte! Una dietro l'altra...!! Un portento!
Tutti conoscevano la grandezza di questo giovane rampollo dei cavalieri Liguori, che per i suoi successi aveva dato una lezione di stile ai tanti avvocati veterani del Regno, tanto da essere già considerato, nonostante la giovanissima età, un "Principe" del Foro di Napoli. Ma l'effimera giustizia degli uomini non tardò a colpirlo...!
A soli 26 anni (nel 1723), gli capitò un’occasione straordinaria per la sua carriera forense, fu chiamato a difendere gli interessi della nobile famiglia napoletana degli Orsini, duchi di Gravina, in una causa intenta contro la famiglia dei Medici, Duchi di Toscana, riguardante la rendita di un feudo abruzzese, quello di Amatrice.
I due attori erano Filippo Orsini duca di Gravina e il granduca di Toscana, Cosimo III dei Medici. Gli interessi in gioco erano ingenti, ammontavano a circa seicentomila ducati....!
Era in gioco, ovviamente, anche il prestigio delle due importanti e nobili casate. Alfonso, vista l'importanza della vertenza in gioco, si immerse subito a capofitto nello studio delle carte; le lesse e le rilesse per oltre un mese... Analizzò ogni particolare. Fin dall'inizio e con rigore, come era solito fare, analizzò tutti gli aspetti, per valutare se l'incarico potesse essere da lui accettato, rispettando quell'etica deontologica che si era imposto nel suo “decalogo” (non difendere le cause inique e trattare le cause degli altri come le proprie).
Il nocciolo della contesa, da cui pendeva il giudizio, era quello di stabilire se il feudo di Amatrice fosse stato un "feudo antico" (ossia soggetto alle regole angioine e longobarde) oppure un "feudo nuovo". Alfonso non aveva più dubbi, doveva sostenere nel dibattimento che era un "feudo antico", tesi che premiava e rendeva giustizia al suo assistito, Filippo Orsini.
Lo sostenne in tribunale con forza e veemenza, mettendo in campo tutta la retorica e l’eloquenza che possedeva.
Sala dei Busti in Castel Capuano |
Sala dei Busti (part.), la freccia indica la lapide di dedica a Sant'Alfonso |
La
burrasca stava per piombare imminente sulla testa del povero Alfonso…!!
I
biografi, non a caso, fanno riferimento a un dono singolare, notato da tante
persone in quel periodo: una coppia di orsetti, che il cardinale viceré fece
recapitare al presidente del tribunale, perché potesse “chiudere
un occhio”...
Nel
giorno dell’udienza finale, Alfonso si recò in tribunale impettito, sicuro di
avere la vittoria in pugno... Eh che vittoria!! Addirittura sulla casa dei
Medici, sul Granduca di Toscana…!
Alzatosi in piedi nell’aula, pronunciò un’appassionata arringa, dimostrando tutto il suo assunto, con prove, evidenze, citazioni di leggi e atti vari.
Ecco cosa scrive un suo biografo (*) a riguardo: “E’ facile immaginarcelo giostrare con intelligenza e forza, profondendo testi e riferimenti storici, secondo l’uso del tempo, per mettere in evidenza il principio che vedeva d’accordo i migliori giuristi:
“Un feudo antico, che assume una nuova qualità, non diventa per
questo nuovo”. Poi dovette sottolineare il palese atto di ingiustizia che aveva
privato dei loro diritti gli Orsini di Gravina, creditori ipotecari di
Amatrice, mentre lo stesso sovrano non poteva sottrarre titoli di proprietà a
dei terzi innocenti.
Alzatosi in piedi nell’aula, pronunciò un’appassionata arringa, dimostrando tutto il suo assunto, con prove, evidenze, citazioni di leggi e atti vari.
Ecco cosa scrive un suo biografo (*) a riguardo: “E’ facile immaginarcelo giostrare con intelligenza e forza, profondendo testi e riferimenti storici, secondo l’uso del tempo, per mettere in evidenza il principio che vedeva d’accordo i migliori giuristi:
Francobollo commemorativo, in occasione dei 200 anni dalla morte |
Al
termine della sua splendida oratoria, tutti erano convinti del suo successo. Tutti, meno
che l’avvocato dei Medici, un certo Maggiocchi, che senza nemmeno fare
l’arringa di replica, invitò semplicemente il suo “distratto” collega a
rileggersi le carte della transazione del feudo, e a prestare la sua attenzione
su quel “codicillo”, inserito nel documento, che recitava semplicemente “in novum feudam”, ossia "secondo un feudo
nuovo".
Cappella presso la casa natale di Marianella |
Facciata della chiesa Redenzione dei Captivi, in via S. Sebastiano |
Confuso,
come stordito da un colpo ricevuto alla testa, giunse a casa, senza ricordare
per quale via o mezzo utilizzati, si chiuse in camera sua senza voler vedere
nessuno, saltando il pranzo e la cena, nonostante i richiami e le suppliche
della madre, del padre e di tutta la casa sconvolta!
Interno della chiesa, l'altare della Madonna della Mercede è a sx della foto |
Passata
la burrasca, Alfonso si congedò da tutti i suoi clienti, ruppe le sue relazioni
mondane e non frequentò più né amici né parenti. Divideva il suo tempo tra la
chiesa della Madonna della Mercede, l’ospedale degli Incurabili e la sua
stanza, dove si immergeva lungamente nella preghiera o nella lettura delle vite
dei santi, e, ancora, recandosi nella chiesa delle Sacramentine o in altre chiese, nelle quali avevano luogo
l’adorazione del SS. Sacramento.
Statua della Madonna con spadino di S. Alfonso, cucito ai piedi dell'abito |
Disse
un giorno a Don Giuseppe Capecelatro: “Amico
mio, la nostra vita è troppo amara, troppo pericolosa; noi facciamo una vita
infelice, e passiamo pericolo di fare mala morte. Io voglio lasciare i
Tribunali, che non fanno per me, perché voglio salvarmi l’anima”.
Chiesa Redenzione dei Captivi, cappella delle reliquie alfonsiane |
Si recò nella chiesa della Redenzione dei Captivi, per gettarsi ai piedi della immagine della Madonna della Mercede, consacrando in quel luogo, il voto di farsi sacerdote.
Alfonso dona lo spadino di cavaliere alla Madonna della Mercede |
Questo spadino d’argento fu poi venduto e il ricavato servì a far modellare la corona d’argento che sovrasta il capo della Vergine (sull’altare, al suo posto, fu messa una copia, poi in seguito rubata).
Per la cronaca, alcuni anni dopo, quando Alfonso era già diventato sacerdote, in un tribunale di Vienna si svolse il processo d’appello, e la sentenza questa volta fu favorevole alla famiglia degli Orsini… Alfonso aveva dimostrato ancora una volta di aver visto bene… La causa sarebbe stata vinta, se non ci fosse stata la discussa influenza politica…!
Sono trascorsi tre secoli circa dall'esperienza vissuta da Alfonso avvocato, un'esperienza di vita che la dice lunga, se rapportata al nostro tempo, perchè non tanto dissimile riguardo alle illusioni e alla caducità delle cose del mondo, tuttavia la morale finale che ne traiamo da questo racconto è quella che un
“Codicillo”, apposto sull’atto di transazione, forse in maniera truffaldina (come ci indica il biografo), strano a dirsi, ci ha fatto un grande e magnifico
dono..., invece di aver consegnato alla storia della giurisprudenza napoletana un
grande magistrato (sarebbe stato uno tra i tanti avuti nei secoli), ci ha reso invece un grande Santo, un Dottore
della Chiesa universale, che fa onore a Marianella, a Napoli e alla Campania in tutto il Mondo: Sant’Alfonso Maria de Liguori.
Questa volta il male ha portato tanto bene!
Questa volta il male ha portato tanto bene!
Salvatore Fioretto
(*) Per il racconto è stato preso in riferimento il libro biografico dal titolo: "Il santo del secolo dei lumi" di Theodule Rey-Mermet, parte prima.
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