Il toponimo di un luogo ha quasi sempre origini incerte e misteriose, che si perdono nella notte dei tempi; spesso è legato alla sua fondazione o a qualcosa di notabile presente o al nome di una famosa famiglia residente oppure a una pratica o usanza svolta. Il toponimo di un luogo è un dato essenziale della storia di una comunità, perché diventa l’emblema e il simbolo nel quale si identificano nei secoli i suoi abitanti, che poi, come si sa, finiscono per assumere indirettamente l'identificazione, come napoletani per Napoli, cumani per Cuma, aversani per Aversa, ecc.
Analizziamo in questo post la storia del toponimo del territorio che più da vicino ci riguarda: Piscinola.
Sviluppo dell'acquedotto Augusteo |
Nonostante il chiarissimo riferimento
all’acqua, ancora del tutto oscure e incerte sono l’ubicazione e le funzioni di
tale vasca o vasche. Tre sono le ipotesi avanzate fino ad oggi
dagli storici: forse serbatoio di raccolta delle acque per un sistema di
irrigazione dei campi o di una cisterna ad uso degli abitanti, oppure elemento
appartenente ad un complesso sistema idraulico o di bonifica.
La mappa del littorale di Napoli, di Antonio Rizzi Zannoni, 1793 |
La mappa del littorale di Napoli, di Antonio Rizzi Zannoni, particolare |
A causa della posizione orografica di Piscinola e del suo circondario (mediamente circa 130 metri sul livello del mare), essa non può essere stata alimentata in antichità direttamente dall'Acquedotto del Serino, che fu una grandiosa opera romana costruita in epoca Augustea (30 dicembre 10 a.C.), perché attraversava la collina di Capodimonte più a valle, a un livello inferiore. Chiamato anche Fontis Augustei Aquaeductum), con i suoi 160 km circa (considerando anche le diramazioni), viene considerato il più lungo acquedotto romano costruito fino al V secolo d.C.
Piscinola, vista aerea, foto anno 1943 |
Ponti Rossi, in una mappa ottocentesca |
Considerata la particolare struttura
orografica del territorio di Piscinola, è certo che nei secoli si sono formati dei canali di scolo che
hanno permesso il defluire delle acque meteoriche provenienti dalle
alture delle colline circostanti. Spesso, in coincidenza di eventi piovosi
eccezionali, si formavano le cosiddette “lave”, ossia torrenti impetuosi, che
trasportavano verso il territorio di Piscinola e verso altri territori
adiacenti, acqua mista a gran quantità di fango e di altri sedimenti.
Nell’anno 1877, ad esempio, si ebbe un
evento piovoso così catastrofico al punto che molti Comuni a nord di Napoli,
come quello di Giugliano, dovettero chiedere aiuto al Parlamento Italiano.
In un altro documento (regio decreto n. 4538 del 17 marzo 1838), viene disciplinato l'acquisto da parte di un privato dei detriti fini, tipo sabbia (detta lava), che l'acqua erodendo trasportava attraverso Chiaiano e Piscinola ed era accumulata in alcuni punti del territorio di Melito. Questi tipi di inerti venivano impiegati per realizzare intonaci e altre opere edili.
In un altro documento (regio decreto n. 4538 del 17 marzo 1838), viene disciplinato l'acquisto da parte di un privato dei detriti fini, tipo sabbia (detta lava), che l'acqua erodendo trasportava attraverso Chiaiano e Piscinola ed era accumulata in alcuni punti del territorio di Melito. Questi tipi di inerti venivano impiegati per realizzare intonaci e altre opere edili.
L’acqua meteorica, con il suo scorrere in maniera impetuosa, ha quindi eroso nel corso dei
secoli il territorio, realizzando dei veri e propri canali con sponde di
terreno in rilevato, i cui letti sono poi diventati le strade attuali. Queste
strade, proprio per la loro conformazione, sono indicate ancora oggi con il
termine di “cupe”, forse perché sulle due sponde erano piantate alberi dalle
poderose chiome (come noci, nocelle), che sopraelevandone lo sviluppo, ne
rendevano il percorso buio e quindi cupo, anche di giorno. Alcune delle
primitive “cupe”, anche se sono state urbanizzate nel corso dell’ultimo secolo,
conservano ancora alcune tracce orografiche originali ben identificabili, come:
Via Vecchia Miano, Vico II V. Veneto (ora Via Giorgio Amendola), Via SS.
Salvatore, Via V. Emanuele, Via Napoli e Via Madonna delle Grazie.
Ponti Rossi, in un dipinto ottocentesco |
Quest’opera idraulica risulterebbe realizzata in Via Cupa Acquarola nei primi anni del 1900 e doveva comprendere circa una quarantina di postazioni per lavare i panni.
Della presenza di questi acquitrini, spesso
invasi da fitti canneti, si hanno notizie già a partire dal Medioevo; infatti
nelle cronache dell’epoca si trovano citazioni ricorrenti sull’esistenza di
numerosi canneti che erano presenti intorno ai villaggi di Piscinola, di
Marano, di Mugnano e di Chiaiano. Anche l'antico locus di "Sanctis Sossii at Cannitum" (Cannito), che leggiamo nei documenti medioevali, è sicuramente derivato dalla particolare morfologia del luogo, ancora oggi chiamato Cannito, situato tra Piscinola e Mugnano, che doveva essere a quei tempi acquitrinoso e coperto densamente da canne.
Nel libro “Indicazioni del più rimarcabile in Napoli e contorni - Nuova edizione …” edito nel 1835, l’autore, Andrea de Jorio, esaminando i ruderi dei Ponti Rossi, che da tutti erano attribuiti all’Acquedotto “Claudium” (sic!); condotta collegante le sorgenti del Serino a Baia, fino ad alimentare la Piscina Mirabilis), mostra delle forti perplessità circa l’esatta attribuzione di quelle vestigia e invita ad eseguire ulteriori approfondimenti archeologici.
Nel libro “Indicazioni del più rimarcabile in Napoli e contorni - Nuova edizione …” edito nel 1835, l’autore, Andrea de Jorio, esaminando i ruderi dei Ponti Rossi, che da tutti erano attribuiti all’Acquedotto “Claudium” (sic!); condotta collegante le sorgenti del Serino a Baia, fino ad alimentare la Piscina Mirabilis), mostra delle forti perplessità circa l’esatta attribuzione di quelle vestigia e invita ad eseguire ulteriori approfondimenti archeologici.
Ponti Rossi, in una mappa ottocentesca |
Ecco il testo: “[…] Come questo sospetto
porterebbe l’idea di altri condotti superiori di livello a quello dei Ponti
Rossi e ai quali l’acqua si sarebbe immessa in quella della grotta di Pozzuoli
e da questo in altri, cosi come si dovrebbe esaminare tanti ruderi di simile
natura che esistono a Piscinola, sopra Capo di Monte e nelle alture di
Pianura, tutti di un livello assai elevato di quello di Ponti Rossi […]”.
Questo libro fornisce due preziose
informazioni che riguardano da vicino Piscinola: la prima pone seri
dubbi sul percorso ipotizzato dall’acquedotto “Augusteo”, invitando a
verificare altri percorsi verso Piscinola e Pianura; mentre, con
la seconda informazione fornisce una testimonianza significativa, circa la
presenza a Piscinola di ruderi e resti di opere idrauliche assimilabili
ad un acquedotto.
Considerando, poi, la presenza nell’antico territorio di Atella
di una vasca di raccolta delle acque convogliate da una ramificazione dell’acquedotto Augusteo, che si diramava nella nostra zona, potrebbe esserci una possibile
correlazione tra quest’opera e le vasche ed i condotti sotterranei edificati a
Piscinola ed a “Piscinella”.
Ponti Rossi, in una mappa ottocentesca |
Tutti questi indizi potrebbero essere la
chiave di lettura che spiegherebbe univocamente l’origine del toponimo di
Piscinola e la presenza di quelle infrastrutture misteriose che vedremo nella seconda parte di questo post.
Agli archeologi ed agli speleologi l’arduo
compito di reperire indizi e prove documentarie, che potranno avvalorare o
smentire queste nuove ipotesi. (segue
nella seconda parte)
Salvatore Fioretto
Gran parte del contenuto del presente post è stato tratto dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, 2010.
Gran parte del contenuto del presente post è stato tratto dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, 2010.
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