La bella storia della squadra “Virtus
Piscinola”
La storia della nostra squadra inizia
nell’autunno del 1943, con l’arrivo degli Americani.
Siamo in una Piscinola per tre quarti
ancora coperta da fertili campagne, con tanta povertà e miseria; società uscita
da poco da una guerra dolorosa e distruttiva.
Gli Americani, che avevano il loro quartier
generale di zona insediato nella scuola “Torquato Tasso”, portarono molte loro
usanze, oltre alla “coca-cola”, al “chewing gum” da masticare,
alle scatolette ed al “boughi-boughi” anche un’altra cosa, che per Piscinola
non era poi tanta una novità: la pallacanestro!
Infatti, già dal 1938, la “Gioventù
Italiana Littorio” (G.I.L.) aveva fissato al muro dell’edificio scolastico
due rudimentali canestri e organizzava campionati, ma gli imminenti eventi
bellici allontanarono i giovani da questo sport.
Gli Americani trasformarono il largo di
Piazza B. Tafuri, davanti alla scuola “Torquato Tasso”, in un vero e proprio
campo di basket. Terminato il servizio giornaliero, i soldati disputavano tra
loro accese partite, sotto le luci di potenti riflettori.
Un campo regolamentare fu realizzato
nell'accampamento di Scampia, verso le caserme di Miano. Lì, tra i tanti
spettatori degli incontri di basket, ci furono anche don Salvatore Nappa e don
Domenico Severino, quest'ultimo ancora seminarista. Ai due subito balenò l’idea
di “italianizzare” questo sport, coinvolgendo la gioventù piscinolese.
Ecco cosa scriveva nel libro "L'Assistente"
il compianto prof. Gerardo Della Corte, amico d'infanzia di Don Mimì
e allenatore per tanti anni della squadra di pallacanestro della Virtus:
Primi incontri di pallacanestro nella "Sede" |
Divenuto sacerdote, egli (don Mimì) prete
giovane si inserì subito tra i giovani e "inventammo" la
pallacanestro a Piscinola.
Sembra presuntuoso questo termine
"inventammo", ma non lo è poiché non avevamo nessuna nozione di
questo sport.
Alcuni di noi, compreso, don Mimì, un
giorno ci accorgemmo che al campo americano (ora 167, verso le caserme) si
giocava questo sport e per parecchio tempo all'esterno della rete di recinzione
osservavamo questo nuovo gioco, nuovo per noi.
Un bel giorno, quando ormai gli americani
stavano evacuando, lasciarono un pallone abbandonato sull'erba. Fu tutto uno il
pensare e il fare; scavalcammo il recinto e ci impossessammo di questo
pallone.
Per noi fu come aver trovato un tesoro; ci
mettemmo all'opera e in breve tempo creammo uno spazio nel cortile della casa
parrocchiale "o Cape 'e coppe" attaccando al muro con dei chiodi due
cerchi di botte e lì incominciò a sudare tutte le sere per correre e passare la
palla per farla entrare in questi due cerchi appesi al muro.
Dopo un certo periodo volemmo confrontarci
ed ecco l'idea d'iscriverci al CSI per pallacanestro e corsa campestre.
Don Mimì aveva preso a cuore, perché vedeva
che ci eravamo appassionati a questo sport: si doveva provvedere alle
magliette.
Chiamò Maria Varriale, la mamma di Mimì
Esposito e fece confezionare 10 casacche verdi, con numero in petto, e ci
chiamammo “Fulgor Piscinola”.
Di tecnica non se ne parlava perché non si
aveva la minima idea di un regolamento. Via via ci fu l'esigenza di un campo e
Don Mimì convinse Antonio Fioretti a metterci a disposizione un pezzetto di
terra che aveva a via Acquarola.
Incontro di basket organizzato in piazza B. Tafuri, lato via del Plebiscito |
Sotto con pale, zappe, picconi ed asce a
sradicare gli alberi e livellare il terreno, e così per parecchi anni si gioca
su terra battuta, con il sottoscritto allenatore improvvisato, senza nessuna
competenza.
Poi si nomina anche il presidente del
gruppo sportivo; ma chi guidava tutto era Lui, Don Mimì Severino, molto
caparbio.
Credeva in quello che voleva, credeva nello
sport come veicolo di avvicinamento per i ragazzi verso la chiesa. E quando poi
siamo cresciuti come squadra, fino agli allori della serie "B",
allora vi era impegno per tutti.
Ci eravamo "dirozzati" per
equipaggiamento (ricevendo maglie vere di basket dalla Virtus Bologna); per
tecnica perché io ero aggiornato frequentando corsi di allenatore. [...]
Sono convinto che Don Mimì da lassù sia
contento che questa invenzione sia andata avanti e quel tempo impegnato durante
la sua vita terrena per la formazione dei giovani attraverso la pallacanestro
produca buoni frutti ancora per parecchie generazioni a Piscinola. [...]
Logo della Virtus Piscinola |
I due religiosi, con un manipoli di ragazzi
che li seguivano, decisero così di allestire un rudimentale campo di basket nel
cortile interno all’edificio, sede dell’”Azione cattolica”. L’Azione Cattolica,
intitolata a “San Giovanni Bosco”, si trovava allora al numero 71
di Via Vittorio Emanuele, sobborgo di Piscinola, meglio conosciuto con il
toponimo di “‘o Cape ‘e Coppe”. Comprendeva un edificio con quattro
locali, due al piano terra e due al primo piano e un cortile interno, sul quale
i locali si affacciavano.
Natale Mele fu tra i fondatori della
nascente esperienza sportiva, ed ecco la sua testimonianza:
"[...] La prima attività che prese
subito corpo fu l'animazione dei gruppi di Aspiranti. Ragazzi di 5 Elementare e
di Scuola Media rapidamente coinvolti nei GREST (GRuppi ESTivi).
Spinto dalla fiducia accordatami
organizzammo giochi all'aperto, tornei di Pallacanestro, serate delle stelle e
passeggiate insieme.
[...] Fui letteralmente contagiato dalla
esperienza sportiva. Portai in Seminario l'amore per la pallacanestro;
organizzai con il CSI i trofei natalizi e quello per il 4° Centenario del
Seminario di Capodimonte. Don Severino vedeva in me crescere l'amore per la
pallacanestro e più di una volta mi chiamava al dovere di collocare sempre al
primo posto l'Apostolato, perché mai lo sport e fine a se stesso."
Il basket rappresentò sicuramente una
grande novità per la comunità piscinolese. Il campo di gioco era in terra
battuta ed i canestri furono costruiti con molta approssimazione. Iniziarono
così a pervenire le prime adesioni di giocatori e a svolgersi i primi
allenamenti.
Un altro pallone in dotazione della squadra
fu ricevuto in dono proprio dai soldati americani grazie all'interessamento di
don Salvatore Nappa. Ben presto rimase solo don Mimì a guidare i
giovani, perché don Salvatore Nappa fu chiamato a reggere la parrocchia di
Poggioreale e da allora don Mimì fu per sempre e per tutti i giovani di
Piscinola semplicemente “l’Assistente” e così continuavano a chiamarlo
tutti.
Incontro di basket organizzato in piazza B. Tafuri, lato via del Plebiscito, anni 50 |
Man mano che trascorrevano i mesi, molti
giovani dell’Azione Cattolica si entusiasmarono per la pallacanestro e
giocavano interminabili e animate partite nel minuscolo campetto del “Cape
‘e Coppe”.
Giuseppe de Rosa nel suo libro "Virtus
Piscinola Basket... ma non solo", ricorda i pionieri della nostra
compagine che furono tra i tanti: Peppe Vastarella, Peppe Tomo, Ciccio
Quinterno, Pasquale Basso, Donato Severino, Gennaro Arco, Ciccio Longobardo,
Ferdinando Silvestri, Agostino Cossia, Donato e Gennaro soprannominati
"'e Carmusine", Ciro Montesano, Gerardo Della Corte, …
La “cosa” cominciò a crescere, fino al
punto da rendere inadatto lo spazio disponibile. Dopo vari tentativi condotti
in vari palazzi piscinolesi, si trovò uno spazio attrezzato, che i soldati
americani avevano lasciato libero sgombrando Piscinola. La struttura si trovava
un po’ fuori mano e senza servizi, perché situata verso Scampia, ma
l’entusiasmo dei giovani superò anche quelle difficoltà. In pochissimo tempo
Piscinola ebbe finalmente un vero e proprio campo di basket regolamentare.
Stella di bronzo del CONI al merito sportivo |
Enzo Mele fu giovanissimo atleta e tra i
primi cestisti della squadra piscinolese. Ecco cosa scriveva della sua
esperienza con la pallacanestro di Don Mimì, nel libro
"l'Assistente":
"I ricordi legati alla pallacanestro
sono veramente tanti; la comune gioia delle vittorie, l'amarezza delle
sconfitte, il dolore covato nel cuore e letto sul viso di Don Domenico Severino
quando io e Pasquale Cuozzo cedemmo alle lusinghe della Partenope di Currò,
cosa questa che durò solo pochi giorni; ritornammo infatti a testa china a
Piscinola.
Solo qui con tutti i disagi esistenti
riuscivamo a divertirci in una squadra fatta di amici. Alla Partenope, anche se
eravamo bravi, ci sentivamo come pesci fuor d'acqua.
Come dimenticare, poi, l'episodio che mi
capitò in un torneo delle festività di Pasqua a Pozzuoli? Don Severino era
seduto sulla panchina ed io accovacciato davanti a lui. L'arbitro fischiò in
modo inopportuno ed io mi lascia andare ad una espressione nei confronti del
direttore di gara, diciamo così... pittoresca. Mi sentii mollare uno schiaffone
così forte che..., ancora oggi mi brucia. "Da te non me lo sarei aspettato!"
mi disse. [...].
In uno degli ultimi incontri, a casa sua,
quando le sue condizioni di salute erano diventate assai precarie, mi regalò
una coppa, che conservo gelosamente e mi disse: "Prendila, ti appartiene,
contribuisti anche tu quando la vincemmo. La coppa è targata 1957."
Il primo incontro della nascente squadra fu
disputato con la squadra dell’ILVA di Bagnoli e fu diretto dall’arbitro
federale Ugo Hutter, che allora era uno dei migliori fischietti napoletani.
Nel 1947 la squadra si iscrisse al
campionato provinciale del CSI, insieme alle squadre della “Fulgor Puteoli”,
“Vomero”, “Guido Negri” e “Tenax”.
La squadra e don Mimì Severino nel campo di via Cupa Acquarola |
Ben presto si ripresentò ancora il problema
del campo di gioco, perché il terreno su cui insisteva il campo donato dagli
americani era stato rivendicato dal contadino che lo coltivava prima
dell’occupazione americana. Così la squadra Piscinolese ritornò di nuovo alla
ricerca di una propria “casa”. In tale stato di precarietà, si giocava nei
locali di Via Vittorio Emanuele e in qualche cortile piscinolese.
La squadra quell'anno si riscrisse al
campionato, anche se costretta a giocare sempre in trasferta, per la mancanza
di una propria struttura capiente. A quei tempi la denominazione della
compagine piscinolese era “Gruppo Sportivo Aurora” e con tale nome si
iscrisse al Campionato CSI, nella categoria ragazzi.
Si andò avanti con alterne vicende fino a
metà anni ‘50, quando, per abbattere la scaramanzia, fu deciso di cambiare nome
e la squadra fu chiamata “Fulgor”.
Ancora Giuseppe De Rosa che scrive: "Quei
giovani volevano per la loro terra qualcosa che la illuminasse e la presentasse
più visibilmente in una luce più forte, ed ecco che la chiamarono Fulgor, come
quella luce splendente che volevano per il loro borgo e per se
stessi".
Stella d'argento del CONI al merito sportivo |
Nel 1956 la “Fulgor” fu iscritta al Campionato
CSI Seniores. Fu trovata finalmente una sede stabile, attrezzando un campo
in Via Cupa Acquarola, nel pieno centro di Piscinola.
Il campo fu battezzato “Palestra AIACE”.
Questo momento storico segnò l’inizio di
una serie di gloriosi e insperati successi per la squadra piscinolese.
"Il nostro primo campo
regolamentare, che presentava per pavimento terra battuta e per soffitto il
cielo, era contrassegnato da linee segnate con calce in polvere, quattro pali a
sorreggere i canestri e delle funi per rudimentali transenne. Era divinamente bellissimo
e per anni è stato temuto spauracchio per tutte le società che lo raggiungevano
per disputare partite, il cui epilogo per gli avversari più accorsati, era
segnato in partenza. Inoltre, era un autentico banco di prova per arbitri
straniti, tanto che, in quel tempo nell'ambiente arbitrale, le voci di
corridoio sostenevano che per essere promossi alla categoria superiore,
bisognava guadagnarsi il lasciapassare solo superando, indenni, la classica
partita "tosta" in quel di Piscinola" (dal libro di De Rosa,
Virtus Piscinola Basket...).
Il nuovo periodo iniziò, infatti, con
l’aggiudicarsi la “Coppa Chiarolanza” nel 1956 e con il cambio della
denominazione sociale in “Virtus”. Circa l’origine del nome, pare che
don Severino, per far fronte alla cronica mancanza di attrezzature e dotazioni,
scrisse alla storica “Virtus Bologna”, la quale di buon grado inviò sei
magliette nere, con una vistosa “V” sul petto. Fu questo un bel pretesto per
favorire il cambio della denominazione sociale; infatti pare che a Don Mimì
il nome “Fulgor” non piacesse molto.
Stella d'oro del CONI al merito sportivo |
Con il nome di “Virtus” incominciò
l’epoca più gloriosa della pallacanestro a Piscinola che, con alterne vicende,
dura ancora fino ai nostri giorni.
Nel 1956 la squadra si aggiudicò il “Campionato
Provinciale del CSI” in un quadrangolare che si disputò a Pozzuoli,
vincendo nella semifinale contro la favorita forte squadra del Partenope.
Nella finale la Virtus vinse contro la UCAG, per 45 a 43.
Ecco quanto riporta Carmine Montesano nel
suo libro "Storia di Periferia": La vittoria nel campionato di prima
divisione, prima tappa importante, rivive nel racconto di Enzo Mele e Gennaro
Cappiello, "Al sconcentramento finale furono ammesse quattro squadre:
Virtus Piscinola, A.P. Partenope, Akragas ed una squadra di Salerno. Nelle
semifinali della mattina, battemmo la Partenope (che annoverava tra le sue fila
Abbate e Brancaccio della serie A), mentre l'Akragas batteva i salernitani.
Informati telefonicamente del risultato, i tifosi piscinolesi si riversarono in
gran numero sul campo di Pozzuoli, in tempo per assistere, dopo un
entusiasmante gara, al trionfo della Virtus sull'Akragas di Deker, il quale
militava in serie A".
Nel 1958 si laureò Campione di
Prima Divisione Campana FIP, con gli atleti: E. Mele, G. Russo, L. Pinci, S. De
Rosa, C. Barrese, G. Cappiello, G. Biancardi, M. Quinterno.
Nel 1959 vinse il Campionato Promozione,
dopo un drammatico spareggio con la squadra del “Marigliano” a Maddaloni,
mentre nel 1960 disputò il “Campionato di Serie B regionale”.
Stella d'oro del CONI al merito sportivo |
"La società visse alcuni momenti più
belli e gloriosi della sua lunga storia. La pallacanestro entrando nelle case
di tutti i piscinolesi, aveva coinvolto, di fatto emotivamente l'intera
comunità. Le partite venivano seguite da decine e decine di persone che
vivevano l'attesa partita con apprensione, cominciando a far conoscere
l'attaccamento dei propri tifosi ai colori sociali" (dal libro di De Rosa,
Virtus Piscinola Basket...).
Nel 1963 Gerardo Della Corte lasciò il
posto di allenatore a Peppe Vastarella. Fu Vastarella a condurre la squadra
agli ambiti successi. Poi, nel breve giro di due anni, sotto le presidenze di
Giuliano e Sica, arrivò l’ammissione alla “Serie C Nazionale”.
Nel frattempo grandi cambiamenti avvennero
in casa: il campo di terra battuta lasciò finalmente il posto all’asfalto, per
allinearsi alle direttive federali. In quegli anni la “Virtus Piscinola”
e la “Partenope” erano le uniche compagini a difendere l’onore della
pallacanestro partenopea.
Nel settembre del 1965, avversata dalla
sfortuna e dai cronici motivi economici, la società fu costretta ad ammainare
la bandiera e per cinque anni restò fuori dalle competizioni di alto livello.
Anche se per i primi due anni qualche incontro fu disputato a livello cittadino
e provinciale.
Nonostante le difficoltà, Pierino De Lisa,
con forte entusiasmo, ristrutturò il campo di Via Cupa Acquarola, costruendo
gli spogliatoi in muratura, con tanto di impianto di illuminazione
regolamentare.
Don Salvatore Nappa |
"Ognuno con le sue capacità, apportò
il suo contributo, passando giorni e settimane a ripulire il vecchio campo di
gioco e spazi circostanti, da erbacce, fogliame arbusti e rifiuti. I più
giovani trascurarono persino gli studi travolti dall'entusiasmo e tanti adulti
che rientravano dal lavoro viravano sul campo invece di tornare alle proprie case.
[...]
A Pierino del Lisa va il merito d'aver
operato quella specie di miracolo che permise, dopo soli tre anni e nessuna
speranza, il ritorno della pallacanestro a Piscinola." (dal libro di De Rosa, Virtus Piscinola Basket...).
L’esordio della rifondata squadra avvenne
nel mese di agosto del 1970, nel corso dei festeggiamenti patronali in onore
del SS. Salvatore. La società fu chiamata “Basket Club Piscinola”. La
sede della società fu stabilita nel palazzo “Chiarolanza”. (segue nella seconda parte)
Salvatore
Fioretto
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