Tra i tanti
ricordi della mia felice infanzia, affiorano con vivacità, nitidezza, freschezza, e spesso con prepotenza, tutti
quelli impressi dagli splendidi, suggestivi, strani e misteriosi luoghi che
circondavano la mia masseria, nonché gli stupendi paesaggi che da essa si
potevano ammirare.
È lì che sono
nato e ho vissuto fino a ventitré anni, ed è lì che sono ritornato migliaia di
volte sempre volentieri e gioia.
Sto parlando delle rigogliose e meravigliose selve di castagni e di ginestre, che popolavano ed ancora ornano le pendici della collina dei Camaldoli, site ad ovest di Chiaiano, ricche di leggendarie e misteriose caverne, con piccoli pozzetti pieni di acqua sorgiva, chiamati impropriamente fontane.
Sto parlando delle rigogliose e meravigliose selve di castagni e di ginestre, che popolavano ed ancora ornano le pendici della collina dei Camaldoli, site ad ovest di Chiaiano, ricche di leggendarie e misteriose caverne, con piccoli pozzetti pieni di acqua sorgiva, chiamati impropriamente fontane.
Questi tesori
si nascondevano nei profondi canaloni di quelle selve, difficilmente
accessibili e noti solo a pochissime persone, che ne ignoravano completamente
il grande valore.
La più nota e frequentata
caverna era la “Grotta e Fontana ‘e Maletiempo”, ma la più famosa era "La
Grotta dei Briganti”.
Queste due
grotte erano ancora rimaste vive nella mia memoria, che aveva avuta la fortuna
di registrarle in tempo nella loro interezza e originalità.
Solo in seguito ho scoperto che una di queste mitiche grotte è stata risparmiata dalle ruspe, che hanno distrutto anche intere colline con tutti i tesori, che in esse erano nascosti (Siamo nel 1995). Una distruzione che, purtroppo, nonostante le mie ed altrui denunce e proteste, continua tuttora, alla faccia di tutte le leggi vigenti in materia ambientale.
Per raggiungere queste caverne, si doveva fare molta strada, attraversare impervi sentieri, percorrere delle mulattiere con un fondo stradale, praticabile solo in certi periodi dell’anno, e comunque sempre molto pericolose per le persone abituate a vivere in città.
Solo in seguito ho scoperto che una di queste mitiche grotte è stata risparmiata dalle ruspe, che hanno distrutto anche intere colline con tutti i tesori, che in esse erano nascosti (Siamo nel 1995). Una distruzione che, purtroppo, nonostante le mie ed altrui denunce e proteste, continua tuttora, alla faccia di tutte le leggi vigenti in materia ambientale.
Per raggiungere queste caverne, si doveva fare molta strada, attraversare impervi sentieri, percorrere delle mulattiere con un fondo stradale, praticabile solo in certi periodi dell’anno, e comunque sempre molto pericolose per le persone abituate a vivere in città.
Andavo a
visitarle attraverso due itinerari: o raggiungevo le selve, che si trovavano al
confine della mia campagna, scendendo nel canalone per un ripido costone di
olmi e querce, fino ad un luogo chiamato “Tre Vie”, o passavo per la strada che
porta al paese e, poi, giunto vicino ai “Monti dei cani”, svoltavo a destra per
la Cupa Vrito.
Da qui,
partivano altri due canaloni, uno in direzione nord, chiamato Canale o Cupa
Vrito, e un altro in direzione ovest, chiamato Canale o Cupa di Fontanarosa.
Proseguendo per il Canale Vrito, dopo circa duecento-trecento metri, si
raggiungeva la Fontana di Maletiempo,
sita sul costone di sinistra, a cinque o sei metri dal livello del fondo
stradale, che fungeva da mulattiera e da letto per un fiume che rendeva
inagibile o troppo pericolosa la strada nell’epoca delle piogge.
Questo pozzetto fungeva anche da abbeveratoio per tutte le bestiole della zona ed era una preziosa riserva di acqua, fresca e pulita, per tutti coloro che raramente frequentavano quella solitaria zona e per tutti quelli che in tempi antichi erano probabilmente vissuti nella contigua grotta.
Lo si deduce
dal fatto che sul lato sinistro della cosiddetta fontana, ad un livello di
circa mezzo metro più alto, c’era una strana caverna ricavata nel tufo del
ripido costone.
Non era molto grande, ma sufficiente per la dimora di un’intera famiglia, anche se numerosa. Si affacciava a picco sul canalone e vi si accedeva con degli scalini ricavati nel tufo, che erano molto consumati, non tanto dall’uso, quanto dal tempo e dalle intemperie.
Non era molto grande, ma sufficiente per la dimora di un’intera famiglia, anche se numerosa. Si affacciava a picco sul canalone e vi si accedeva con degli scalini ricavati nel tufo, che erano molto consumati, non tanto dall’uso, quanto dal tempo e dalle intemperie.
Questa
scalinata era assai sdrucciolevole, perché sempre bagnata dall’eterno e sonoro
sgocciolio dell’acqua che scendeva lungo tutte le sovrastanti pareti di tufo,
quasi verticali, assolutamente inaccessibili, senza l’aiuto di idonee
attrezzature. Nei periodi invernali particolarmente rigidi, quella grotta e
quella fontana si presentavano ai miei occhi di ragazzino come uno spettacolo
unico, fantastico, che mi riempiva di meraviglia.
Si formavano ghiaccioli di tutte le dimensioni, alcuni così grandi che non si riusciva a staccarli dalle pareti e nemmeno ad abbracciarli per interi.
Noi ragazzi ci
divertivamo un mondo ad abbattere tutti quei ghiaccioli raggiungibili con le
mani e a farli cadere giù anche con le pietre e bastoni. E non smettevamo
finché ne rimaneva ancora qualcuno appeso.
In quei
periodi, era molto pericoloso raggiungere quella fontana e quella caverna, ma
io, mio fratello Biuccio ed i vicini di casa, più grandi di noi due, eravamo
tutti degli spericolati. Figli di contadini, eravamo abituati ad arrampicarci
dovunque, senza mai temere i pericoli.
Ad ogni costo,
dovevamo salire lassù per sostare in quella strana grotta almeno qualche minuto
per riposare e provare delle strane emozioni. Sembrava che qualcuno fosse
ancora là dentro vivo, dietro quelle pareti, tutte ricoperte da un spesso
strato di polvere e ragnatela.
Si aveva
l’impressione di avvertire l’alito degli spiriti di quegli antichi abitanti
della spelonca, che cercavano di comunicare con noi.
Messaggi che
non giungevano alle nostre orecchie, ma direttamente al nostro piccolo cuore
che batteva forte.
Erano messaggi
incomprensibili come quei segni strani che stavano incisi sulle pareti e che
scambiai per antiche scritture.
Purtroppo
quella Fontana e quella Grotta sono state distrutte dalle ruspe e con esse anche
quei strani segni rimasti impressi nella mia memoria.
dott. gen. Giovanni Baiano
Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati agli autori, ai sensi della legislazione vigente.
dott. gen. Giovanni Baiano
Ringrazio
il caro dott. G. Baiano, per aver contribuito con questo suo bel racconto alla
ricostruzione di un altro pezzo di storia del nostro territorio, in particolare della bella Selva di Chiaiano.
S.F.
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N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente tratte dai siti web dove erano state inserite, con il solo scopo di favorire la libera diffusione della cultura.
Stupenda rivisitazione dell'amico Giovanni, che è sempre innamorato della sua terra!!
RispondiEliminaBellissimo racconto della cosiddetta vita bucolica dei nostri territori
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