Lo scrittore e giornalista Giuseppe Marotta |
Pubblicò un libro dal titolo "Di riffe o di raffe", tipica e intraducibile espressione napoletana, che raccoglieva le sue recensioni cinematografiche. Articoli riferiti a film, a volte pessimi, ma che costituivano solo lo spunto per permettere a Marotta di raccontare i "fattarielli" della sua Napoli, come ben seppe fare poi in seguito anche Luciano De Crescenzo col suo Prof. Bellavista. Era conosciuto dalle maschere di tutti i migliori cinema di Napoli, quel signore che si sedeva nelle ultime file, e scriveva con una strana penna, formata da due parti, la penna e vera propria e la parte superiore, che montava una piccola torcia a pila, che gli permetteva di prendere appunti nel buio della sala, mentre seguiva il film.
Io quella penna l'ho vista...!!
O almeno credo di averla vista. Allora pensai che fosse una sorta di arma impropria, come una canna di pistola sormontata da una specie di mirino, che fuoriusciva dal taschino di una giacca.
Ricordatevi questo particolare...!
Lo scrittore Giuseppe Marotta |
Il fondo di don Mimì Del Forno era coltivato da mio zio, che chiamavo zio Peppe, e spesso da piccoli frequentavamo.
Don Mimì Del Forno, che tutti
chiamavamo "'O signore", era solito accompagnarsi nella tenuta di
Piscinola con alcuni amici ed amiche, tutte bellissime, che sfoggiavano
eleganti vestiti e cappellini fatti con stoffe ricercate che abbagliavano
letteralmente le mie cugine. Io e Carminiello eravamo più abbagliati dalle
signorine. Gli uomini avevano sempre nomignoli vezzeggiativi, un po’ come il “Barone
degli Ulivi” di Totò, in "Signori si nasce", che si faceva chiamare
Zazzà.
Un vezzo dell'epoca per i nobili:
venivano sempre in calesse. Oltre a Don Mimì, mi ricordo un don Ciccio e un don
Alfò. E c'era anche un Don Peppino... Era quello che mi incuriosiva di più,
perché portava sempre con sè uno strano oggetto, come una canna di pistola col
mirino che fuoriusciva dal taschino della sua giacca. Ve la ricordate quella
strana penna che Marotta usava nel buio delle sale cinematografiche…!?
Doveva, o poteva essere, lo
stesso oggetto.
Giuseppe Marotta con il cantante Aurelio Fierro |
Giuseppe Marotta, benché nato a
Capodimonte, aveva vissuto la sua infanzia in Via Materdei, dove tornava spesso
a trovare i sui amici di una volta, tra cui alcuni erano nobili. Coincidenza
vuole che il palazzo della famiglia Del Forno, ubicato tuttora tra piazzetta
Materdei e Via S. Gennaro a Materdei, era vicinissimo alla povera abitazione di
Marotta. Potrebbe trattarsi di un'amicizia d'infanzia, di quelle che durano nel
tempo. Vorrà dire qualcosa? Per me si.
Portale di ingresso al tenimento della famiglia Del Forno a Piscinola |
Chissà se durante quelle passeggiate in calesse con i suoi nobili amici, non avesse conosciuto una giovane e bionda contadina a cui dedicare: "L'ombra te veste, ma te spoglia 'o sole, si' d'oro comm'o grano...". Poi continuava con: "Dorme nu bosco e canta na surgente, sisca nu treno sott'a na muntagna, va sbarianno c'o viento, na palomma cà e la". Se si trovava al S. Paolo, quella farfalla doveva essere scappata da un'altra canzone, magari di Dorelli: "vola la farfalla impazzita oh oh...". Il treno era chiaramente la "Piedimonte", di cui parleremo più in là e le montagne, senza i palazzoni attuali, erano le colline del casertano che si intravedevano all'orizzonte.
E la sorgente? Non era una licenza poetica: c'era anche quella! I piscinolesi erano ingegnosi. Le strette stradine del paese, lastricate di basoli lavici, erano tutte in pendenza: 'Ncopp 'o monte, era via Madonna delle Grazie, 'O Cap 'e coppa, via Vittorio Emanuele, Abbascio Miano era Via Napoli, i vicoli primo e secondo Plebiscito erano le due "Venelle" di 'O Cap 'a Chianca, Via G. A. Campano era 'Ncopp 'a Vianova 'e Chiaiano. Areta Vigna oggi è storpiata in Via Dietro la Vigna, che anche i documenti ufficiali confondono ancora con una inesistente Via Pier delle Vigne. Le acque piovane raccolte lungo queste strade, tutte in pendenza, confluivano Abbascio all'Acquarone, e da qui immesse in una grandissima vasca detta piscina, da cui Piscinola, ubicata al centro del paese.
Palazzo della famiglia Del Forno, a Materdei |
Con Carmeniello trovai anche una tartaruga ('a cestunia), che riuscimmo a salvare, dal divenire un ottimo secondo piatto...
Queste erano, o avrebbero potuto essere, le sorgenti descritte nel testo della canzone.
Troppe cose combaciano, ma non ci sono prove storiche.
Voi che ne dite?
La pensate come l'esimio Prof. Vittorio Paliotti, che sostiene che la canzone fu ispirata a Marotta dal prato del S. Paolo? Io, certo, con qualche forzatura, un po’ di fantasia, ma tanto amore verso questo quartiere, sono portato a pensare che i versi di "Mare Verde" siano la perfetta descrizione di quello che furono questi luoghi.
Fosse anche solo per poterne continuare ad intonare il finale: "...e ce perdimmo pe' stu mare verde...".
Pasquale di Fenzo
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Particolareggiata e suggestiva la tua testimonianza storica, caro Pasquale. AnnaMaria
RispondiEliminagrazie a Salvatore Fioretto che ha riordinato questi mie ricordi
RispondiEliminaPasquale Di Fenzo
Ce' ancora molto da imparare. ancora un nuovo tassello di storia Piscinolase grazie all'amico Pasquale
RispondiEliminaL'amenità dei tuoi racconti, Pasquale, non solo ci conduce dolcemente a rivivere il passato
RispondiElimina.... ma ci astrae da un presente, fatto di altri (dis-) valori, restituendoci, anche se per pochi felici momenti la bellezza delle nostre origini!
RispondiEliminaGrazie Rosa per le belle parole. Le stesse tue sensazioni le ho recepite leggendo il libro dell'amico Gigi Sica ('o tabbaccaro) nel suo "Il borgo perduto", dove puoi trovare decine di piccoli racconti narranti la "gens piscinolese"
RispondiEliminaP.le Di Fenzo