venerdì 15 novembre 2024

Quelle gite a Montevergine di tanti anni fa…!

Nel libro storico-antropologico "Piscinola la terra del Salvatore", saggio più volte richiamato in questo blog, sono contenute tante tradizioni e feste che un tempo erano celebrate dagli abitanti del borgo, fino alla fine degli anni '50 del secolo scorso; alcune di queste tradizioni risultano essere molte singolari e caratteristiche, come quella che stiamo a descrivere in questo post, legata al divertimento e allo svago dei giovani piscinolesi, ma anche di quelli del territorio circostante a Piscinola. Questo post è dedicato alla memoria dei cari anziani dell'antico borgo, che purtroppo non sono più tra noi, i quali ci narravano spesso, non senza commozione, di questi loro semplici e ingenui momenti di svago, goduti nella loro gioventù dopo mesi di duro lavoro nei campi, nel settore dell'edilizia o dell'artigianato locale. Buona lettura!

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"All’inizio dell’estate, quando il tempo era bello e afoso e soprattutto quando in campagna non c’era molto da lavorare, i giovani piscinolesi organizzavano, insieme ad amici e conoscenti, una gita in bicicletta al santuario di Montevergine.
Questo santuario, dopo quello di Pompei, rappresentava la meta più ambita a quei tempi dalla gioventù piscinolese. Vi si poteva trascorrere qualche giorno spensierato, dopo le fatiche di un intero anno trascorso nei campi. Il viaggio era organizzato rigorosamente in bicicletta!

Giovani dell'Associazione catt. "Madonna di Loreto" in vico Operai a Piscinola, anni '50

Si partiva il pomeriggio di un giorno infrasettimanale, quasi sempre il venerdì e si percorreva la strada Statale “Nola–Avellino”. Gli anziani di oggi ricordano ancora con “timore” la fatica che si doveva sostenere allora per superare la salita di Monteforte, considerando anche la qualità scadente delle bici di cui si disponeva.

La sera si giungeva in un ostello o anche “affittacamere” di Ospedaletto, località posta in vicinanza della cittadina di Mercogliano. Inutile dire che essi vi giungevano molto stanchi e sudati. Dopo una cena frugale, si andava a dormire presto.
All’alba, verso le ore quattro, i giovani pellegrini riprendevano il viaggio, affrontando i ripidi e tortuosi sentieri della montagna del Partenio. Verso mezzogiorno si giungeva al Santuario della Madonna e si partecipava alla celebrazione eucaristica.

Dopo aver fatto delle offerte al Santuario, portando anche tutte le preghiere e le offerte affidate dai parenti e dai conoscenti, si provvedeva a fare la “provvista” di castagne secche (castagne d’ ’o monaco), di torrone e di nocciole. Non mancavano le altre leccornie, che venivano anche regalate come “souvenier” alle anziane mamme, alle fidanzate e ai nipotini. Non dovevano mancare naturalmente i ricordi del Santuario, che riportavano l’immagine miracolosa della Madonna di Montevergine.

Nella stessa serata si faceva ritorno a casa, naturalmente sempre molto stanchi, ma accolti tra il giubilo dei familiari, rimasti ad attenderli con trepidazione ed ansia.
Spesso si organizzavano anche gite collettive per Montevergine, a cui partecipavano intere famiglie. Si noleggiavano, nei primi tempi carri e solo, più recentemente, automobili capienti e decappottabili, che per l’occasione erano addobbate a festa, con fiori e mostrini colorati. Alla partenza si ricevevano gli applausi dai viandanti e dalle persone affacciate ai balconi. A volte si facevano esplodere dei mortaretti per augurare loro buon viaggio! "

Salvatore Fioretto 

Nella foto degli anni '50 si riconoscono tanti giovani di Piscinola, tra i quali il pugile Agostino Cossia



mercoledì 13 novembre 2024

Della serie i racconti della Piedimonte: "Ferrovia e paesaggio: matrimonio perfetto!", di S. Fioretto (2^ parte)

(segue dalla prima parte)

"La stazione di Piscinola era costituita da una casetta a due livelli, con tetto a capriata in tegole rosso scuro e con i muri portanti in tufo. L’intonaco esterno era dipinto in un color giallo paglierino. Essa era posta alla fine di un vialetto, a cui di accedeva facilmente dalla vicina piazza Bernardino Tafuri di Piscinola, attraversando la via Ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife e un piccolo vialetto costeggiato da due negozi. Uno di questi era una pasticceria, che possedeva anche un laboratorio per la produzione di dolci e rustici: era l’antica pasticceria “Marra”. Ricordo il profumo che emanavano i dolci appena sfornati: un bell’odore di vaniglia e di cacao...! Ma anche il profumo di rhum e di caffè espresso…
Spesso, in attesa del treno, ci fermavamo a sedere nel salone della pasticceria, dove mia madre mi comprava una "graffa" o una sfogliatella… Avevano quei dolci un sapore delizioso ed una fragranza che non ho più ritrovato negli anni della maturità.
La pasticcera, una bella signora che si chiamava Clotilde e conosceva perfettamente lo stato di esercizio dei treni, informava mia madre di eventuali ritardi accumulati nelle precedenti corse. Le piaceva parlare con la gente e spesso si intratteneva a lungo con mia madre, discutendo del più e del meno. I dolci li compravamo anche per i nonni, che erano la meta dei nostri viaggi per Mugnano.
Nel primo piano della stazione era presente l’alloggio del capostazione, mentre al piano terra erano presenti due ampi locali.
Il primo era costituito dalla sala viaggiatori, realizzata da un unico stanzone con due porte contrapposte ed un’unica panca di legno addossata al muro, che abbracciava le due pareti intere, per circa 15 metri.
Nella parete contrapposta alla panca, c’era lo sportello della biglietteria, costituito da una luce ad arco nel muro ed una mensola di legno, posta alla base per far appoggiare i viaggiatori mentre ritiravano i biglietti.
Nell’altra sala adiacente a quella dei viaggiatori, c’era il bigliettaio seduto ad uno sgabello, con a lato una rastrelliera di legno piena di biglietti, ordinatamente divisi per stazione di destinazione.
Davanti allo sportello aveva uno strano aggeggio meccanico, che serviva a punzonare i biglietti. I biglietti erano fatti di cartoncino bianco, detti “Edmondson”.
Nello stesso locale c'era anche l'ufficio destinato alla sosta del personale di esercizio. Ricordo l’ufficio con le scrivanie e gli armadi di legno: forse era il posto del capostazione e di qualche altro addetto all’esercizio della stazione. Sulle scrivanie c'erano dei telefoni di colore nero pece, che squillavano in continuazione. Quando il treno tardava e i telefoni squillavano, mi balenava l’idea che era il macchinista ad avvisare del ritardo il capostazione… per questo i telefoni squillavano in continuazione... Erano fantasie di un bambino…!
Spesso, a bordo del treno, mi divertivo a scrutare, attraverso il finestrino, la mia casetta posta tra il verde della campagna, sperando di vedere qualche personaggio a me familiare… invece niente...! Non ho mai visto nessuno!
Quando, invece, ero nella campagna ed il treno transitava, mi piaceva salutarlo, insieme ad altri amichetti di infanzia: agitavamo vistosamente le braccia e le mani e urlavamo a squarciagola: ciaoooooo!!...... ciaooooooo......!
Non ricordo quando e perché iniziammo con questa consuetudine di salutare il treno; probabilmente, essa ci fu trasmessa da piccoli dai nostri genitori.
Spesso dalla vettura, si vedeva qualche passeggero rispondere al nostro saluto con le mani e a volte ci ritornava la risposta: ciaoooooo!!.........ciaooooooo......!"

Salvatore Fioretto