(segue dalla prima parte)
"La stazione di Piscinola era costituita da una
casetta a due livelli, con tetto a capriata in tegole rosso scuro e con i muri
portanti in tufo. L’intonaco esterno era dipinto in un color giallo paglierino.
Essa era posta alla fine di un vialetto, a cui di accedeva facilmente dalla
vicina piazza Bernardino Tafuri di Piscinola, attraversando la via Ferrovia
Napoli-Piedimonte d’Alife e un piccolo vialetto costeggiato da due negozi. Uno
di questi era una pasticceria, che possedeva anche un laboratorio per la
produzione di dolci e rustici: era l’antica pasticceria “Marra”. Ricordo il profumo che emanavano i dolci appena sfornati:
un bell’odore di vaniglia e di cacao...! Ma anche il profumo di rhum e di caffè
espresso…
Spesso, in attesa del treno, ci fermavamo a sedere
nel salone della pasticceria, dove mia madre mi comprava una "graffa" o una
sfogliatella… Avevano quei dolci un sapore delizioso ed una fragranza che non
ho più ritrovato negli anni della maturità.
La pasticcera, una bella signora
che si chiamava Clotilde e conosceva perfettamente lo stato di esercizio dei
treni, informava mia madre di eventuali ritardi accumulati nelle precedenti
corse. Le piaceva parlare con la gente e spesso si intratteneva a lungo con mia
madre, discutendo del più e del meno. I dolci li compravamo anche per i nonni,
che erano la meta dei nostri viaggi per Mugnano.
Nel primo piano della stazione era presente
l’alloggio del capostazione, mentre al piano terra erano presenti due ampi
locali.
Il primo era costituito dalla sala viaggiatori, realizzata da un unico
stanzone con due porte contrapposte ed un’unica panca di legno addossata al
muro, che abbracciava le due pareti intere, per circa 15 metri.
Nella parete contrapposta alla panca, c’era lo
sportello della biglietteria, costituito da una luce ad arco nel muro ed una
mensola di legno, posta alla base per far appoggiare i viaggiatori mentre
ritiravano i biglietti.
Nell’altra sala adiacente a quella dei viaggiatori,
c’era il bigliettaio seduto ad uno sgabello, con a lato una rastrelliera di
legno piena di biglietti, ordinatamente divisi per stazione di destinazione.
Davanti allo sportello aveva uno strano aggeggio meccanico, che serviva a
punzonare i biglietti. I biglietti erano fatti di cartoncino bianco, detti “Edmondson”.
Nello stesso locale c'era anche l'ufficio destinato
alla sosta del personale di esercizio. Ricordo l’ufficio con le scrivanie e gli
armadi di legno: forse era il posto del capostazione e di qualche altro addetto
all’esercizio della stazione. Sulle scrivanie c'erano dei telefoni di colore
nero pece, che squillavano in continuazione. Quando il treno tardava e i
telefoni squillavano, mi balenava l’idea che era il macchinista ad avvisare del
ritardo il capostazione… per questo i telefoni squillavano in continuazione... Erano
fantasie di un bambino…!
Spesso, a bordo del treno, mi divertivo a scrutare,
attraverso il finestrino, la mia casetta posta tra il verde della campagna,
sperando di vedere qualche personaggio a me familiare… invece niente...! Non ho
mai visto nessuno!
Quando, invece, ero nella campagna ed il treno
transitava, mi piaceva salutarlo, insieme ad altri amichetti di infanzia: agitavamo
vistosamente le braccia e le mani e urlavamo a squarciagola: ciaoooooo!!......
ciaooooooo......!
Non ricordo quando e perché iniziammo con questa
consuetudine di salutare il treno; probabilmente, essa ci fu trasmessa da
piccoli dai nostri genitori.
Spesso dalla vettura, si vedeva qualche passeggero
rispondere al nostro saluto con le mani e a volte ci ritornava la risposta: ciaoooooo!!.........ciaooooooo......!"
Salvatore Fioretto
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