Ancor prima dell’ultimo conflitto mondiale, i ragazzini del nostro quartiere solevano festeggiare la ricorrenza dei defunti, con un’usanza dai connotati tipicamente locali, ma sicuramente di origini antichissime. Nel corso della mattinata, i bambini e i ragazzi più grandicelli si recavano di masseria in masseria, di cortile in cortile, bussando a ogni porta, per chiedere in nome dei morti, dolci e leccornie, monetine e anche noci, nocciole e castagne, un po’ come fanno oggi i ragazzi americani quando si festeggia la ricorrenza di Halloween. Alcuni, in gruppetti, si posizionavano anche davanti all'ingresso del cimitero di Miano. Preparavano delle cassettine di legno, che provvedevano a decorare apponendo sul lato a vista, dove era ricavato il foro per accogliere le monete, una piccola croce; questo particolare contenitore veniva chiamato "'a cascettella". Durante il girovagare per vicoli e per masserie piscinolesi, i bambini ogni tanto pronunciavano, a voce alta, un’espressione tipica, diventata poi l’emblema della tradizione, che era:
“‘E mmuorte e ‘o puveriello...! ’E mmuorte e ‘o puveriello!”,
ossia “per i morti e per i poveretti”. Questa
curiosa usanza è stata praticata fino al decennio successivo alla fine dell’ultima guerra
mondiale.
Altra usanza un tempo praticata nel giorno della commemorazione dei defunti era quella di recarsi
al cimitero per onorare la memoria degli avi e delle persone care; al rituale partecipavano tutti i componenti della famiglia: dai nonni, ai genitori, ai figli, fino ai nipoti più piccoli. Tuttavia, specialmente per questi ultimi, era un’occasione ghiotta per gustare i prelibati frutti di stagione, che noi chiamavamo “'e ggranate”, vale a dire i melograni. Per tale usanza, fuori al
cimitero di Miano, sostavano almeno un paio di bancarelle che esponevano in ceste questa
particolare frutta di stagione, suscitando la golosità dei pargoli e non solo...! Il fatto curioso era quello che l'area circostante alla postazione del venditore era praticamente ricoperta da una coltre formata da tantissimi pezzetti di paglia sminuzzati, che provenivano dai contenitori della frutta: erano diffusi, sia per il continuo prelievo dei melograni e sia per il vento che favoriva la disseminazione lungo il marciapiede e la strada.
Ripresa dell'usanza delle "cascettelle". Foto di F. Kaiser, 2023 |
Almeno fino a cinquant'anni fa l'usanza di comprare e regalare torroni e torroncini in occasione della commemorazione dei defunti non era ancora arrivata dalle nostre parti, tuttavia qui da noi si usava preparare un altro tipo di torrone, diciamo un po’ più rustico e semplice, specialmente per la scelta degli ingredienti, perchè richiedeva solo dello zucchero, di canna o raffinato. Lo zucchero veniva posto sul fuoco in un pentolino, continuamente girato, fino a essere portato allo stato di fusione, per renderlo caramellato.
Una volta raggiunto il giusto punto di preparazione, veniva versato su un piccolo marmo bianco di Carrara e disteso con l'aiuto di posate, per realizzare uno spessore piccolo ed uniforme. Successamente, quando era ancora caldo, si tracciava con la punta di un coltello una maglia a forma quadrettata, che facilitava sia il distacco che la degustazione. Mangiarlo era tuttavia un'impresa non da poco, perchè questo dolce di presentava molto duro alla masticazione...!
Sappiamo che l'emblema che contraddistinguere la ricorrenza di Halloween è la zucca, svuotata e adattata con le decorazioni e l'illuminazione, naturalmente nella nostra tradizione non troviamo niente di simile a questa, perchè essa è una usanza importata alcune decine di anni fa dai paesi d'oltralpe. Tuttavia c’è da aggiungere che, fino a poche decine di anni fa, le zucche erano coltivate in maniera intensiva nelle campagne di Piscinola, Scampia e dintorni, ma il loro utilizzo era esclusivamente riservato all'uso alimentare, domestico o per l'allevamento del bestiame.
Si coltivavano diverse varietà di zucca, sia per colori, per forme e per dimensioni, passando da quelle tondeggianti e schiacciate a quelle oblunghe; anche i colori variavano: dal giallo paglierino, all’arancione acceso. Si coltivava, inoltre, una particolare varietà di zucca molto utilizzata per l'alimentazione del bestiame. Questo tipo di zucca, di grosse dimensioni e di forma pressocchè sferica, manteneva immutato il colore esterno di verde scuro anche quando era matura e presentava il pregio di avere un notevole quantitativo di semi contenuti. Nel periodo di fine estate le zucche venivano raccolte nei campi e portate nelle masserie, con l'utilizzo di carri, quindi depositate all'aria aperta, in un angolo dell'aia. Successivamente, all'occorrenza, venivano tagliate, asportando i semi contenuti, mentre il guscio era dato in pasto alle mucche, oppure aggiunto nel cibo ("pastone") dato ai maiali, assieme ad avena, patate, granoturco e agli avanzi domestici.
I semi di zucca (qui detti “’e samienti”), venivano puliti, lavati e messi ad asciugare al sole. All’occorrenza venivano tostati nei forni, assieme a nocelle, a noci e alle mandorle, oppure degustati al naturale, al termine dei pranzi domenicali e, soprattutto, durante le festività natalizie. L’insieme della frutta secca assortita erano chiamate “'e ciociole”.
La prima parte di questo post è stata tratta dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore" di S. Fioretto, ed. The Boopen, 2010.
Per la scrittura di questo post di ricordi piscinolesi, ringraziamo l'amico Pasquale di Fenzo che, come è tradizione, collabora a Piscinolablog ogni volta che gli chiediamo aiuto, specialmente per rinverdire molti ricordi piscinolesi delle passate generazioni. Ringraziamo anche l'amico Ferdinando Kaiser per averci fornito la foto dell'evento rievocativo delle "cascettelle".
Salvatore Fioretto
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