domenica 21 maggio 2023

Il gioco con le biglie... detto "'a pallino"... Regole e curiosità di un gioco antico, un tempo molto praticato!

Abbiamo già descritto in un apposito post, pubblicato alcuni anni fa, i giochi che i bambini e i ragazzi del territorio conducevano nei cortili e per le strade del nostro quartiere. Tra questi giochi di società, quelli più in voga tra i maschietti erano sicuramente quello con le biglie, detto "'a pallino" e quello con le figurine dei calciatori, detto "'o pacchero".
Dedichiamo questo post alla descrizione di quanto concerne il primo di questi due giochi, ovvero il gioco con le biglie, chiamato qui da noi: "'o ghiuco a pallino"; gioco che era praticato sulle superfici libere dei cortili e sui marciapiedi stradali.
Aprendo un piccolo inciso storico, possiamo affermare che il gioco delle biglie è antichissimo, probabilmente risalente al periodo dell'Antico Egitto, quando le biglie erano ricavate da piccole pietre tondeggianti raccolte sulle sponde del Nilo e opportunamente levigate dai fanciulli, fino a farle diventare sferiche. Si passò poi alla realizzazione di biglie in terracotta e qualcuno soleva ricavarle anche dagli ossicini di animali, opportunamente lavorati.
Con i secoli rimasero in uso le biglie in terracotta, ma erano estremamente fragili e soggette facilmente all'usura. Dobbiamo giungere ai primi decenni del secolo '900, per trovare la diffusione di biglie in vetro, con dimensioni standard e variabili, da 1 a 3 centimetri circa.
Per praticare il gioco delle biglie occorreva avere a disposizione un'estesa e libera superficie di suolo, alquanto piana, liscia e con assenza di buche. Tra i giocatori non era infrequente annoverare anche le ragazzine.
Per organizzare il gioco, oltre a possedere le biglie, occorreva realizzare una buca, che doveva essere unica e posta in posizione pressoché centrale rispetto all'area libera disponibile. Essa doveva avere delle dimensioni stabilite per condurre il gioco in maniera regolare, ossia non troppo profonda e abbastanza capiente, quindi avere delle dimensioni tali da poter recuperare agevolmente con una mano le biglie che vi si raccoglievano durante il gioco.
Le regole del gioco appaiono, alla lettura di oggi, non semplici e abbastanza complicate, ma in effetti queste procedure per i giocatori all'epoca dovevano apparire alquanto ovvie e scontate, perché in uso corrente, specialmente durante i periodi dell'anno con il bel tempo.
Il numero dei partecipanti al gioco potevano oltrepassare anche i dieci giocatori, tuttavia era però sconsigliabile organizzare gare affollate, per permettere una gestione ordinata delle sequenze di gioco.
Entrando nel dettaglio, per descrivere le regole del gioco, iniziamo col dire che i giocatori si dividevano in due categorie, chiamate: "cacciatori si" e "cacciatori no". Si diventava "cacciatore si" solo se si era riusciti a centrare la buca con la propria biglia, e quindi acquisendo il diritto di conquistare il "pallino" degli avversari, quando si riusciva a colpirlo con la propria biglia.
Ogni giocatore disponeva di una sola biglia e poteva abbandonare il gioco solo se aveva acquisito il titolo di "cacciatore si", e solo dopo aver recitato la formula, ad voce alta: "so' cacciatore e m'aizo" (sono un cacciatore e mi ritiro), altrimenti il giocatore doveva restare in gioco, fino a quando i giocatori avversari colpivano la propria biglia.
Praticamente da "non cacciatore" (cacciatore no) si poteva solo difendere e non si poteva ritirare. Ma se si riusciva ad andare in buca, si acquisiva il diritto di "chiamare" in buca un "non cacciatore", che poteva avvicinarsi alla buca, anche con l'opzione di uno o più palmi di mano di distanza (il "palmo" era uno dei sistemi di misura utilizzato), il cui numero lo decideva il "chiamante". Se riusciva ad andare in buca o avvicinarsi con dei palmi stabiliti, vinceva la posta il "pallino" del "chiamante", altrimenti ci si rimaneva esposti ad essere colpiti, perché avvicinati troppo all'avversario. Altro metodo di misura per le distanze tra le biglie era quello chiamato "zerracchio", che consisteva nella distanza formata tra l'estremità del pollice e quella del medio, in posizioni distese.
Se nel corso del gioco, il "pallino" dell'avversario era coperto da qualche oggetto estraneo, tipo un sassolino oppure un legnetto, il "cacciatore" aveva il diritto di pulire il campo di gioco, se recitava prima dell'avversario la formula: "cip se leva", oppure: "cip se sta".
Come per le regole del gioco che, come si è visto erano molto rigide, anche le dimensioni e la natura delle biglie erano standardizzate e avevano un proprio nome, generalmente riconosciuto.
Esistevano due tipologie di biglie, a seconda del materiale utilizzato per la loro realizzazione, e potevano essere di vetro o di porcellana. Le biglie di vetro avevano nel proprio interno "un'anima" colorata, che s'intravedeva dall'esterno e serviva per identificare le biglie appartenenti ai diversi giocatori, che in quel momento erano in competizione; a tale scopo anche le biglie di porcellana avevano dei colori distintivi, ma dipinti sulla loro superficie esterna bianca. Le biglie di porcellana avevano pressochè un'unica dimensione e venivano chiamate singolarmente: "'a purcella" (di porcellana), anche se non era raro trovare biglie più piccole.
Per le biglie di vetro, invece, si partiva dalla più piccola (all'incirca un centimetro), che era chiamata "Semmenzella", per poi passare via, via, alle misure più grandi, chiamate: "Mezzanella", "Mezzana", e "Pallino", fino ad arrivare a quella più grande in assoluto, chiamata "'o Palluottolo", avente un diametro di circa tre centimetri. Queste varie tipologie di biglie erano anche oggetto ad un mercato di scambio tra i giocatori, infatti ciascuna di esse aveva un valore multiplo rispetto alle biglie di dimensioni inferiori; ma c'e da dire che il loro valore era anche condizionato dal loro stato superficiale, ovvero se presentavano incrinature o imperfezioni, anche di origini costruttive, come nel disegno interno, oppure la presenza di bolle d'aria. Il loro valore era condizionato anche dalla loro disponibilità temporale al commercio minuto. Altri due parametri influenti erano la dimensione e la levigatezza, ovvero la "maneggevolezza" delle biglie, caratteristiche determinanti, a giudizio dei giocatori esperti, che permettevano di avere maggiori probabilità ad andare a segno... Per esempio, per avere un'idea del valore loro di scambio, la biglia più grande, chiamata "'o palluottolo", valeva dalle otto alle dieci biglie normali...
Considerato il commercio sostenuto di biglie, così come avvenne nel periodo compreso tra gli anni '50 e '70 del secolo scorso, molti commerciati del territorio, quali mercerie, ferramenta e anche quelli del commercio di detersivi, si erano organizzati e approvvigionavano constantemente discrete quantità di biglie dal mercato all'ingrosso, per poi vendere al dettaglio ai ragazzi giocatori.
Le biglie, che erano offerte in colori multi-diversificati, erano contenute a centinaia in sacchetti di plastica, di tipo a retina, che venivano mostrati nei negozi, appesi a rastrelliere, principalmente vicino ai banchi di vendita. Questi sacchetti a retina avevano un foro laterale (praticato nei negozi), che permetteva ai rivenditori di prendere le biglie agevolmente con una mano. Anche i ragazzi si erano attrezzati a contenere il loro bottino di biglie, per il trasporto e per mostrarle con orgoglio ai coetanei; spesso si faceva uso di vecchi calzini di lana spaiati, che si portavano a mo' di borsette, appesi alle cinture dei pantaloni o dei pantaloncini.

Questo post è stato scritto in collaborazione dell'amico Pasquale di Fenzo, che in passato ha scritto diversi post in questo blog; in particolare Pasquale ci ha aiutato a ricordare le regole adottate nel gioco delle biglie.

Salvatore Fioretto

1 commento:

  1. Purtroppo ora tutti i giochi sono racchiusi in quella scatoletta chiamata cellulare. I ragazzi non si imbrattano più di terriccio e i pochi spazi vuoti nei nostri centri urbani restano vuoti. Noi giocavamo all'aria aperta, quelli di quest'epoca all'aria digitale. Comunque ottimo post affinché il passato non muoia del tutto. Grazie Salvatore.

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