Per questa rubrica dedicata ai racconti ambientati tra i treni della ferrovia Napoli Piedimonte D'Alife, ecco altre due belle testimonianze, tratte dai resoconti di due associazioni italiane, e pubblicati sui loro periodici. Il primo dalla "Rivista del Club Alpino Italiano, dell'anno 1915, e il secondo dagli "Atti dell’XI Congresso Geografico Italiano", dell'anno 1930.
Buona lettura
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Rivista del Club Alpino Italiano (Pubblicazione Mensile Per cura del Consiglio Direttivo della sede centrale. Redattore Gualtiero Laeng– Volume 34- 1915 (pag.125 e 126)
Il racconto che segue è il resoconto di una escursione organizzata per i 21 soci, della sezione napoletana, del Club Alpino Italiano. Le due comitive intraprendono il viaggio partendo da Napoli, a bordo del treno della ferrovia Napoli Piedimonte d’Alife; la ferrovia era stata appena inaugurata da pochi mesi…
Sezione Napoli - “Lago del Matese (m. 1007) – Monte Miletto (m. 2050). 9-10 gennaio 1915
A causa delle numerose iscrizioni
fu necessaria, per la buona riuscita dell’escursione, la divisione in due
categorie.
La categoria A diretta dal socio conte Riccardo
Candido Filangieri partiva il 9 gennaio da Napoli alle ore 8 per la nuova
ferrovia Napoli Piedimonte d’Alife, dove giunse alle 13 ½ (Il treno giunse alla
stazione terminale di Piedimonte).
Alle ore 14 la
comitiva di 11 persone si mise in marcia sotto una insistente pioggia,
percorrendo la mulattiera S. Gregorio, S. Croce, e valicato il Monte Raspato (m. 1211)alle ore 18
giunse alla Casina delle Brecce (della società Ticinese) sulla riva Sud Ovest
del Lago, dove ebbe luogo il pranzo e pernottamento. Alle 6 ½ del giorno 10,
data la persistente nebbia in alto che non permise di uscire più presto, la
comitiva passando a Nord di Serra Spina e dopo aver contornato il lago che
arriva quasi alla Masseria Risorto (per le
recenti piogge l’acqua aveva raggiunto la quota di 1010,50 mentre il livello
normale è 1007), risalì il canalone che mena alle Torme, indi per il costone
N.E. di Monte Miletto, denominato Serra del Cane (m. 1850) pervenne alle ore 10
alla base del cono terminale.
Qui, dopo una
esasperata alternativa di nebbia e nevischio, si mise decisamente a nevicare, e
perché oltre al vento impetuoso si era formato uno spesso strato di neve
ghiacciata, il direttore della gita ritenne opportuno rinunciare al raggiungere
la vetta, anche per l’ora avanzata.
Girando a destra sul
versante orientale la comitiva scese al Campo dell’Arco (m. 1584) dove, dopo
una breve colazione al sacco, alle ore 11 seguendo la stessa via dell’andata,
alle ore 13 ½ pervenne di nuovo alla Casina delle Brecce, dove incontrò la
comitiva B. Questa partita da Napoli il giorno precedente alle ore 13, dopo
aver pernottato a Piedimonte all’Albergo Matese, aveva mosso la mattina del 10
alle ore 6 ½ sotto la direzione del socio barone De Angelis e composta da 10
persone, seguendo la stessa via della prima comitiva era giunta al lago alle
ore 11 e si era colà trattenuta percorrendone i dintorni.
Alle 13 ½ le due
comitive riunite, seguendo lo stesso itinerario della salita discesero a
Piedimonte d’Alife, dove giunsero alle 16 ½. Dopo un cortese ricevimento in
casa del conte Goffredo Gaetani alle ore 17 ripartirono alla volta di Napoli,
dove giunsero alle ore 21.”
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Atti dell’XI Congresso Geografico Italiano, Volume 4. Tipografia del Regio Istituto Sordo-Muti, 1930.
Il racconto che segue è il resoconto di una escursione organizzata per i 113 congressisti che, a bordo di quasi 30 automobili, sono portati a visitare varie parti della Campania: riportiamo il viaggio tra Caserta e Piedimonte d’Alife… pag. 251-253
L’escursione al Matese
“La mattina del 29
nel solito luogo di convegno si raccolsero i 113 congressisti che parteciparono
a questa escursione: ed erano molti tra essi coloro che avevano compiuto anche
le precedenti.
Ora, dunque,
l’attrattiva era costituita dalla maestosa montagna che si solleva, al limite
settentrionale della Campania, fino ad altezze ignorare nel resto di questa
parte d’Italia; ed era arduo come fu osservato, il proposito di giungervi,
penetrarvi e ritornare in un solo giorno.
Appena usciti dalla
città, le macchine s’indirizzavano a nord: a nord per il vialone di Caserta; a
nord dentro il Parco meraviglioso della Reggia, lungo i viali che fiancheggiano
i laghi e le cascate.
Una sosta di pochi
minuti si fece in quel parco, perché si potesse ammirare il complesso più pregevole di opere d’arte ivi racchiuso, il Bagno di Diana, ai piedi della
cascata principale: poi si riprese la corsa verso nord. E correre si doveva,
perché la via questa volta era assai lunga rispetto al tempo, che era breve.
Appena uno sguardo a
S. Leucio – che interessa per la singolarità della sua origine piuttosto
recente – mentre s’imboccava la via di Caiazzo; la quale è eccellente, per
certo migliore di tante grandi vie che sono alle porte di Napoli. E le macchine
possono correre, sicché sembrano rincorrersi, come in una gara. Ciascuna
vorrebbe, infatti, superare le altre, ma l’ordine è rigoroso e va rispettato.
Ecco il Volturno: si
vede da lontano e vi si giunse in un attimo.
Un rallentamento sul
ponte di Annibale. Quel nome ci dice che siamo in uno dei principali campi di
azione del fiero nemico di Roma. Ma pesa sul ponte che ne porta il nome come un
triste destino. L’antico Ponte di Annibale, cioè il romano, cadde e se ne
possono lì vicino scorgere i ruderi: il moderno, che è un’opera pregevole, non
è sicuro.
Le macchine, dopo
quel necessario rallentamento, ripresero la corsa verso Caiazzo.
E qui una breve
sosta: la colonna si ricomponeva prima che iniziasse, colla discesa di Caiazzo,
la marcia verso Piedimonte d’Alife.
Un po’ di pioggia
cominciò a far temere per il successo di questa escursione, ma durò assai poco.
Tuttavia Piedimonte era ancora lontana.
Una sosta a un
passaggio a livello. In breve una trentina di macchine poderose rombavano
dietro a un misero cancello, guardato da una fanciulla succinta, che con molta
grazia prometteva sempre l’arrivo del treno.
Oh quel treno! Si
sentiva sempre e non si vedeva mai la povera macchina impastoiata, che saliva
ansando e come vergognosa di mostrarsi a quelle altre che divorano la via.
Quasi qualunque via.
Finalmente giunse e
se ne vanno anche gli escursionisti attesi già a Piedimonte. Passa Alvignano;
passa Dragoni: ancora il Volturno ed un gran ponte: il Ponte Umberto e
Margherita.
Un po’ più in là
incomincia il grande rettifilo, che sembra sbarrato da primo bastione del
Matese e che effettivamente termina a Piedimonte.
Piedimonte è quasi
in festa pei congressisti. Quando mai si erano viste ai piedi del Matese tante
macchine insieme? E colla pretesa, per giunta, di farsi ancora più in là,
attaccando – come si dice – la grande montagna carsica. [...]".
Abbiamo cercato con questi due racconti, recuperati e ambientati attorno alla ferrovia Piedimonte, di trasmettere al caro lettore come doveva apparire al viaggiatore il territorio tra Napoli e Caserta, all'inizio del '900. Semplicità, natura e tranquillità, queste sono le prime sensazioni percepite...! E se pensiamo, poi, che fino al 1943, da Piscinola, Marano, Mugnano ecc., era possibile con una linea ferroviaria diretta (seppur con i tempi dell'epoca) raggiungere le località amene ai piedi del Matese, allora ci assale pure una giustificata tristezza...!
Salvatore Fioretto
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